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Autore: Falling_Thalia    17/09/2010    0 recensioni
Cosa succede se tuo padre scopre il tuo segreto? Scopriamo cosa succede a Natsumi Kuchiki quando il suo padre trova una strana foto in camera sua...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Natsumi si era data alla fuga con un piccolo stratagemma per incastrare il povero Renji; ora il loro rincorrersi si era spostato dal Seretei alla parte sud, la più affollata. Nastumi correva tra la folla attenta a non scontrarsi con nessuno mentre Renji la seguiva dall’alto, sui tetti attento a non perderla di vista. Ad un certo punto la ragazza arrestò la sua corsa e si mise a pensare.
“ Qual è l’unico posto in cui non farebbero mai entrare un uomo? Ma sì, come non ho fatto a pensarci prima! “
In un secondo invertì il senso di marcia e fece rotta verso il Seretei. Renji la perse di vista e Nastumi acquisì giusto qualche secondo di vantaggio. Sfortunatamente fu costretta a correre sui tetti per cui rimase scoperta. Nel giro di poco raggiunse la sua destinazione: L’Associazione Femminile Shinigami! Era certa che lì nessun uomo sarebbe stato fatto entrare, tantomeno uno sospetto come Renji! Per sicurezza, invece di entrare dalla porta principale passò dalla finestra sempre aperta dell’ufficio della presidentessa. Natsumi atterrò elegantemente ai piedi della scrivania e si stupì quando vide Yachiru seduta dall’altro lato.
- Natsumi-chan! Come va? –
- Bene, bene. Piuttosto…com’è che non sei in giro a giocare con il tuo Ken-chan? –
- Ieri ho promesso a Nanao-Chan che sarei rimasta a finire di firmare questi documenti… -
- Ah, capito… Dimmi c’è Matsumoto? Ho bisogno di lei, è urgente. –
- Fino a cinque minuti fa era nel salone a farsi le unghie… -
- Grazie mille Yachiru-chan! –
Uscì dall’ufficio e si diresse nel salone principale. Come aveva detto Yachiru, Matsumoto era comodamente seduta su una poltrona e si stava facendo le dite dei piedi. Quasi non rovesciò lo smalto rosa sulla moket quando la vide apparire all’improvviso nella stanza.
- Da dove spunti tu? –
- Io? Sono entrata dalla finestra dell’ufficio –
- E perché mai? Guarda che esiste una porta! –
- …Come dire…era più sicuro entrare dalla finestra… -
- Stai giocando a nascondino con qualcuno? –
- Più o meno… -
- Chi è questa volta? Tuo padre che ti insegue perché gli hai bruciato un’altra sciarpa di seta? –
- No, anche se un’altra sciarpa gliela brucerei volentieri… -
- E allora, chi è? –
- …Renji… -
Matsumoto sobbalzò. Lo smalto stava per fare di nuovo una brutta fine ma lei lo riprese prima che potesse rovesciarsi. Anche se non sembrava aveva degli ottimi riflessi. Riprese a farsi le unghie, come se niente fosse successo.
- Come mai? Cioè, se non state giocando a nascondino, ci deve essere un motivo per cui ti sta inseguendo…anche perché ora mai è ora di cena e quello stupido non rinuncia al cibo per giocare a nascondino… -
- Bhe ecco vedi…BakaTo-san ha trovato il mio tesoro e voleva mostrarlo al diretto interessato. Per fortuna essendo una persona molto logorroica si è masso a fargli un discorsetto di circa tre ore così io ho fatto in tempo a impedirgli di fare una cazzata…purtroppo però sono dovuta scendere a patti con lui, cosa poco piacevole e, nel corso della discussione il nome di Renji è venuto fuori più volte così sicuramente vorrà sapere che centrava lui…però non posso mica dirgli “ Mio padre ha trovato nella mia camera una tuo foto mezzo nudo costatami ore di appostamenti fuori dal tuo bagno..” –
- Che storia interessante, davvero. Quello stupido è piuttosto ostinato e ti causerebbe non poche situazioni imbarazzanti per scoprire d che si tratta… -
- Ah… -
- Per come la vedo io ha due possibilità: o bruci la foto o ti inventi qualche valida scusa… -
- Mmh…ti creerebbe qualche problema se usassi il tuo capitano per il mio subdolo piano? –
- No, no. Però non credo che lui sarebbe d’accordo…ti ricordi che è successo l’ultima volta?-
- …ti riferisci a quando per noia ho detto in giro che era gay e lui ha congelato tutti i miei manga yaoi? –
- Esattamente. E tu non vuoi che succeda di nuovo vero? –
- No…Ah! Al diavolo lo eviterò finche non se ne dimentica! –
- Haha, buona idea! –
- Bhe allora io vado…BakaTo-san si starà spazientendo vedendo che non ritorno…Bye Bye Matsumoto! –
- Ciao, Natsumi-chan. –
Natsumi meno preoccupata di prima tornò a casa. 
- Tadaimà! –
- Ojo-sama! Finalmente è tornata! C’è un ospite per lei! –
- Kotomi-san…chiamami Natsumi, Na-Tsu-Mi! –
- Certamente Natsumi-sama. Il suo ospite sta aspettando –
- E chi sarebbe? –
- Il solito. –
- Eh? C’è Hana-chan? -
- No, l’altro “solito” –
Natsumi fissava Kotomi-san confusa. C’erano solamente due persone che andavano a trovarla di frequente: Hana-chan e Renji…Ah! Doveva immaginarselo! Per quanto stupido potesse essere, Renji aveva capito che l’unico posto da cui non poteva fuggire era casa sua.
- Ehm…per caso è Renji-san? –
- Si, esatto. Ma non è solo con lui ci sono anche Rukia-sama e Ichigo-sama. –
- Oddio! –
Ok, poteva ufficialmente considerarsi morta. È vero che nessuno l’avrebbe fisicamente uccisa ma, trovarsi nella stessa stanza con suo padre, Ichigo, Rukia e Renji tutti assieme era come buttarsi giù da un palazzo. Natsumi sospiro rumorosamente e prima di andare nel salone chiese di riferire che si sarebbe cambiata d’abiti prima di incontrarli. Nella sua stanza Natsumi si preparò psicologicamente mentre si cambiava d’abiti. Per non attirare troppo l’attenzione si mise un semplice kimono bianco non troppo lungo ma nemmeno troppo corto. Era abbastanza scollato ma non lasciava intravedere nulla. Era di seta decorato da dei bellissimi fiori di ciliegio ricamati su tutto l’abito. Le maniche erano color oro rifinite in rosa mentre il resto delle cuciture erano color oro. Sciolse i lunghi capelli neri e li lasciò cadere sulle spalle tirando indietro solamente la lunga frangia. Finito di prepararsi si avviò verso il salone. Ma fu solo prima di aprire la porta che si voltò ad osservarsi nello specchio: se il suo obbiettivo era quello di non attirare troppo l’attenzione quella tenuta dava l’effetto contrario. Rassegnata a non potersi cambiare di nuovo entrò nella stanza. Byakuya le sorrise, Rukia fece altrettanto, Ichigo scoppiò a ridere e Renji rimase a fissarla a bocca aperta. Conosceva Natsumi da quando era nata, le era molto affezionato, l’aveva vista crescere e diventare la donna bellissima che ora gli stava davanti. Suo malgrado fu costretto ad arrossire davanti a quella ragazza in kimono che sembrava una dea. Mentre lui le teneva gli occhi addosso Natsumi si avvicinò ad Ichigo e lo prese per le orecchie.
- Perché diavolo ti sei messo a ridere, eh Pel di Carota? –
Disse la ragazza tirandogli le orecchie.
- Ehi, lasciami!! Ho riso solo perché è strano vederti agghindata così. –
Ichigo rideva e cercava di liberarsi dalla piccola tortura nello stesso momento. Natsumi di rimando gli morse un orecchio per poi sedersi in braccio a lui.
- Paga pegno. Da adesso mi fai da poltrona. –
- Va bene, mi arrendo. Però stai davvero bene vestita così. –
- Grazie. È uno dei miei pregi stare bene con qualunque cosa. –
- Modesta come al solito vedo… -
- Certamente…Piuttosto che siete venuti a fare? –
- Ci ha chiamati Byakuya…non so nemmeno per quale motivo… -
- È vero. Nii-san perché siamo qui? –
- Vi devo parlare di una cosa… -
- E lui perché è qui? –
Chiese Natsumi costringendo Ichigo a girarsi verso Renji che se ne stava seduto appoggiato ad una parete senza staccare gli occhi dalla ragazza. Quando Natsumi lo guardò negli occhi lo vide arrossire .
“ Strano, che ha adesso? “
Pensava la ragazza. 
Non riusciva a trovare una spiegazione a quello che aveva appena visto. Nemmeno lui sapeva dire con certezza cosa gli stava accadendo: da quando Nastumi era entrata nella stanza non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Non era più la bambina che si divertiva a tirargli i lunghi capelli rossi, era già diventata una donna e, una volta sposata l’avrebbe persa per sempre.
“ Sto impazzendo… da quando la penso in questo modo? “
- È venuto perché deve parlarti, quindi se voi andate di là io parlo con loro due ok? –
- Certo To-sama. Andiamo? –
Natsumi si alzò dalle gambe di Ichigo e fece cenno a Renji di seguirla. Mentre usciva dalla stanza valutava i posti in cui poteva portarlo: la sua stanza era esclusa visto che la foto era esposta in bella vista e non avrebbe avuto il tempo di nasconderla; la cucina nemmeno, stare la dentro le faceva venire solo più fame del necessario. Pensò al Dojo ma cambiò subito idea quando si ricordò che era lontano dalla casa principale e quindi molto sconveniente. Alla fine la ragazza optò per il luogo più illuminato di tutta la casa, la biblioteca. Natsumi entrò per prima e si sistemò seduta sulla scrivania con la schiene appoggiata al muro. Renji rimase in piedi davanti a lei continuando a fissarla.
- Allora, di che volevi parlarmi? –
- Di quello che è successo oggi pomeriggio… -
- Spiegati meglio…ti riferisci alla conversazione con BakaTo-sama o alla mia fuga? –
- A entrambe…mi piacerebbe capire che centro io tutto questo… -
- Mi spiace doverti rispondere in questo modo ma non sono affari tuoi. La fuga è stata la scappatoia. Sapevo che volevi delle spiegazioni che io non avevo intenzione di darti. –
- Na-chan! S può sapere da quando mi nascondi tutto? –
“ Da quando ti amo da non riuscire quasi a respirare quando siamo soli. “
Voleva dirglielo ma non ci sarebbe in ogni caso riuscita. Sapeva che Renji era molto più grande di lei benchè nella Soul Society l’età non contasse molto si sentiva comunque troppo giovane e inadeguata per lui. Lui allo stesso modo pensava di essere troppo grande. Però quando il cuore si mette in mezzo gli anni o i secoli di differenza non avevano alcuna importanza. Il cuore avvicinava le anime e le anime avvicinava i corpi. Lei già lo amava e se lui stava cominciando a provare le stesse cose, salvo complicazioni, il finale sarebbe stato uno e uno solo.
- Non lo so, davvero. Credo che non sarebbe adatto raccontarti tutto quello che sto passando. –
- Mi manchi Na-chan –
Natsumi si girò verso di lui e lo fissò negli occhi. Era serio, lo si vedeva dalla sua espressione. All’improvviso fu come se il suo cuore avesse smesso di battere, come se i suoi polmoni non volessero più farla respirare, come se qualcuno le stese annodando lo stomaco. Erano li, soli, in una stanza lontana da tutti. Se non fosse stato per il fatto che non riusciva a muoversi o a respirare gli sarebbe già saltata addosso. Intanto Renji si avvicinava a lei continuando a fissarla negli occhi. Lei non muoveva un muscolo. Lo sguardo perso su di lui. Ad un tratto, quando Renji era a meno di mezzo metro da Natsumi, sul viso di lei cominciarono a scendere candide lacrime che le rigavano le guance. Istintivamente lui la prese in braccio e, sedendosi per terra la adagiò sul suo grembo, cullandola come quando ea una bambine. Natsumi dal canto suo piangeva perché sapeva che quello che lui stava facendo era solo un gesto fraterno, non c’era una briciola di sentimento romantico nelle sue carezze. Lo pensava davvero, ci credeva, almeno fino a quando si rese conto che il modo in cui la toccava era cambiato. Sentiva la pelle bruciare sotto le sue dita che disegnavano linee irregolari sul viso, sul collo e sulle braccia. Natsumi pensava di poter morire lì, il suo cuore aveva ricominciato a battere ma non le dava comunque tregua poiché aveva aumentato il ritmo, il rispiro si era fatto irregolare e quella sensazione alla bocca dello stomaco ancora più acuta. Nonostante questo si sentiva bene, le piaceva farsi toccare e accarezzare. Avrebbe voluto baciarlo, ma il suo corpo era immobile e rispondeva solo al contatto con le sue dita.
Renji non era affatto confuso, si sentiva sollevato e immensamente stupito da se stesso per quello che stava facendo. Era lì, con la sua non più piccola Na-chan tra le braccia. Sentiva il suo respiro irregolare, il battito veloce del suo cuore e voleva stringerla sempre di più, voleva tenersela per se per sempre. Non voleva che nessun altro vedesse quel lato di lei. Era suo e di nessun altro.
Dopo qualche minuto Renji appoggiò una mano sulla sua guancia e cominciò ad accarezzarle le labbra con il pollice. Natsumi fu scossa da un tremito e lui ebbe così la conferma di quello che ora mai era una certezza. Lentamente la prese per i fianchi e la fece sedere sopra di lui. Si trovavano ora mai a pochi millimetri di distanza uno dall’altra e potevano sentire i reciproci respiri sulla pelle. Entrambi, come se i movimenti fossero una cosa più naturale del respirare, si avvicinarono sempre di più fino a sfiorare le labbra dell’altro. Un bacio innocente che fu il preludio di un caldo ed umido patto. Semplice parole non dette, destinate a rimanere impresse in quel luogo per sempre: Non ti lascerò mai andare perché tu mi appartieni.

   
 
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