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Autore: samskeyti    19/09/2010    8 recensioni
Soteriologico, verosimile e disperatissimo sogno nato dall'analisi del rapporto che lega Matthew e Dominic verso un solo destino: amarsi,
e farlo nel modo meno sereno e più silenzioso possibile, abnegando una vita normale in nome di un unico, risucchiante ed ineluttabile bisogno speciale.
Tra vergogna, sbagli e paura, l'infinita lotta di due uomini invincibili.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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•SPECIAL NEEDS•

"Carve your name into my arm
Instead of stressed, I lie here charmed,
'Cause there's nothing else to do,
Every me and every you."

[Placebo, Every me, every you.]


 

Nono Capitolo: You wanted for more than i was worth.


(2000-2001.)

Matt uscì dal parrucchiere soddisfatto ed orgoglioso della sua ultima trovata. Si specchiò nel vetro di una vetrina e sorrise davanti al riflesso di quei capelli biondi, sparati per aria e solidi di gel. Erano innaturali e sgargianti, molto appariscenti, quasi fosforescenti, però gli rischiaravano il volto e donavano quasi un aspetto angelico, presto tradito dalla faccia furba e attenta di un diavoletto. Non aveva considerato neanche per caso la possibilità di chieder consiglio a qualcuno; non gli importava per niente dell'opinione altrui, almeno per quanto riguardava il suo look. Comunque era una tinta passeggera; l'avrebbe presto tramutata nel rosso sangue, ma voleva, diciamo, preparare il suo pubblico. Si domandò fin da subito se fosse meglio informare prima Gaia, ormai da qualche settimana la sua fidanzata, oppure Dom. In quell'arco di tempo aveva girato senza meta, mai però facendo tappa a Londra. Di conseguenza, era quasi un mese che non vedeva l'amico; probabilmente si stava dedicando alle registrazioni di batteria, mentre Chris pensava al basso, ma non ne era certo.
Con Gaia, aveva viaggiato per una decina di giorni in Italia. Lei gli aveva mostrato la capitale, che lui reputò fin da subito un vecchio cimelio affascinante, ma sorpassato, e qualche spiaggetta deliziosamente incontaminata, per quanto potesse esserlo in un paese industrializzato. Sul lago si erano dedicati a lunghe passeggiate perditempo e piacevoli dibattiti sui più svariati argomenti; lei aveva una cultura solida e andava tutto a suo vantaggio agli occhi di Matt che, per quanto non laureato, vantava una certa conoscenza, piuttosto approfondita in determinati campi. Lei aveva acquistato Showbiz e lui trovò questo gesto ridicolo; ovviamente il prossimo cd glielo avrebbe regalato e chissà se si poteva far venire in mente altre trovate per rallegrarla. Capitò che ascoltassero le canzoni composte da lui e alcune domande giungevano fastidiose alle sue orecchie, come: "Di chi parli in Unintended?", "A cosa ti riferisci con Escape?", "Cosa intendi con my Cave?".
Lui sviava le conversazioni, farfugliando scuse preconfezionate da quattro soldi davanti a cui lei abbassava gli occhi demotivata. Spesso si sforzava di essere stupida, pur di accecarsi e non vedere lampanti ovvietà.
D'altro canto, mentirle era sicuramente meglio di ammettere che "Unintended" descriveva Dom confrontato con la sua ex, "Escape" rimproverava sua la codardia, la sua tendenza a fuggire dalle situazioni scomode e un'incompatibilità che aveva sempre riscontrato con tutti tranne che con Dom, e "Cave" consisteva nell'immaginarsi... cose poco ortodosse da esplicitare, soprattutto alla sua fidanzata.

In ogni caso, il problema di Matt era: prima lei o lui? Si trovava per puro caso a metà strada, zona Parigi. Era andato da solo poiché aveva sempre sostenuto che le scelte più importanti vanno prese da soli. Quindi, ora si scervellava circa la priorità che potessero avere Gaia o Dom nello scoprire quel biondo ossigenato che gli brillava in testa. Sapeva che Dom gli avrebbe solo fatto complimenti, mentre Gaia forse avrebbe disapprovato un cambiamento così radicale, però non gli importava né di critiche né di complimenti. La realtà era che un grande senso di colpa lo perseguitava nel pensare che era un mese che tralasciava Dom, che non sentiva il suo profumo delicato mentre si avvicinava o non vedeva i suoi occhi grigi, i più sinceri del mondo, limpidi come un faro nella notte. Per questo respingeva l'idea di raggiungerlo, ma, appena presa la decisione, un senso di sconforto s'impossessava di lui e gli impediva anche di andare da Gaia.
Non si vergognava di avere compiuto gesti preoccupanti, negli ultimi tempi. Spesso capitava che prendesse un telefono, componesse il numero di casa sua e di Dom a Londra, poi, appena l'amico rispondeva, lui riattaccava. Gli bastava udire quel "pronto?" per dedurne l'umore di Dom; se addirittura si percepiva un respiro o un lontano rumore, allora Matt si poteva dire compiaciuto. Dom, comunque, capì chi fosse l'autore di quelle telefonate mute. Lo capì per caso, quando, prima che riattaccasse, si sentì una musica, un concerto di Chopin, in sottofondo. Infatti una volta osò aggiungere:
Matt, sei tu? Però, non ricevendo risposta, aveva abbandonato l'impresa, arrendendosi a rispondere, dire "pronto?" e sentire, impotente, chiudere la chiamata.
D'altronde era Matt ad avere in mano le redini del loro rapporto; era sempre stato così e, per quanto fosse più piccolo di quasi un anno, più insicuro, instabile, problematico, così sarebbe sempre stato. Ma a Dom piaceva, in modo masochista, venir sottomesso e arrendersi dolcemente ai capricci e agli sbalzi di Matt. Con il passare del tempo, aveva imparato a vivere con la stessa filosofia che adotta un cane nei confronti del padrone; l'unica differenza consisteva nel fatto che, fortunatamente, per uno strano meccanismo incontrollabile, il padrone non fosse questo gran despota, visto che soffriva delle sue stesse cattiverie e sentiva, ogni giorno di più, la schiavitù invertirsi e trascinarlo verso un rapporto morboso col suo sottoposto.

Una sera, dopo aver salutato Gaia ed essere andato a dormire in hotel, particolare si era spaventato perché, nell'atto della masturbazione, cosa che compieva senza ossessioni, ma come un normale suo coetaneo di tanto in tanto, gli era sopraggiunta l'immagine di Dom e l'effetto era stato positivo, oltre che immediato. Al momento non se n'era accorto, ma ripensandoci a freddo si pose molte domande. Non aveva mai fantasticato su un rapporto sessuale con un uomo e la cosa lo faceva indietreggiare, tuttavia... se, onestamente, prendeva in considerazione che la sola idea abbinata a Dom lo aveva fatto eccitare moltissimo, quasi in modo reale, un paio di domande erano d'obbligo alla sua coscienza.
Non se lo seppe spiegare, anzi, ragionandosi sopra la cosa perdeva d'importanza.
Altro discorso valeva per Dom, il quale ormai aveva accettato da anni il suo desiderio implacabile; lui voleva molto bene a Matt, lo amava nel senso puro del verbo, ma, detto in totale sincerità, anche il risvolto fisico della questione gli allettava i sensi. Era umano e la carne ha le sue debolezze da dover assecondare. Aveva sempre represso queste voglie, cercando di limitarle a sguardi famelici lanciati ad insaputa dell'amico o abbracci un po' troppo lunghi e stretti, però era ormai un uomo e gli pesava dover negare queste sensazioni a priori, senza neanche sapere se avessero potuto essere sfogate.

Durante il mese d'assenza di Matt, aveva dato in escandescenza. Oltre ad aver ripercorso mentalmente il pomeriggio sul balcone sotto la pioggia migliaia di volte, si era costruito film romantici, tristi, erotici, malinconici, di ogni genere su Matt. A volte li appuntava, oppure tentava di inscenarli con qualche donna di passaggio. Inutile; si sentiva quasi pericoloso. Non avrebbe più sopportato, per esempio, di condividere lo stesso letto, se mai fosse ricapitato, senza avere la possibilità di toccarlo. Più ci neghiamo qualcosa, più lo desideriamo. Considerate dove potevano portare quasi 7 anni di repressione...

«Gaia?» chiese Matt, alla cornetta di un telefono pubblico.

«Amore, sei tu?» rispose la donna, dalla sala di casa sua.

«Sì, e sono a Londra. Passo il fine settimana coi ragazzi, ti spiace?»

«No, tranquillo, anche io ho da fare. Chiamami tu, d'accordo?»

«Okay, un bacio.»

Matt camminava verso casa con fare spavaldo; aveva preso la decisione migliore, anzi, sperava che Gaia non li avesse mai visti quei capelli. Invece Dom se li meritava. E magari avrebbe alleggerito la tensione di chi, ripresentatosi dopo un mese, stava suonando al campanello come un estraneo, nascondendo in tasca un piccolo pensierino.
Dom era appena uscito dalla doccia. Vagava, in cerca dei vestiti puliti, con addosso l'accappatoio. In quei trenta giorni non aveva combinato granché; qualche registrazione, nuova conoscenza, uscita con Joe e Adie. Il campanello suonò con quell'insistenza riconoscibile e il cuore si risvegliò dal torpore, balzò in gola come ai vecchi tempi, quando Matt gli citofonava a casa Howard e lui usava correre alla finestra per vedere da lontano l'amico.

«Chi è?» domandò stupito, mentre dall'occhiolino si vedeva una macchia gialla.

«Sono io.»

La porta s'aprì e finalmente i loro occhi si rincontrarono; avvenne il solito tuffo del blu nel grigio e poi il buio, la vertigine, il vuoto.

«Vieni qui» disse con un fil di voce Dom, gettandogli le braccia al collo.
Matt si abbandonò a quella stretta che non si aspettava; se fosse stato al posto di Dom, avrebbe prima chiesto spiegazioni e infierito fino ad ottenere le giuste scuse. Invece il bello di Dom era che sorvolava tutti questi preamboli. Giungeva alle cose importanti senza pensarci, e in un abbraccio sembrava che il male del mondo potesse passare come un temporale estivo.

«Dominic...» sussurrò, affondando il volto fra i capelli profumati ed umidi dell'amico.
Adorava l'odore del suo doccia-schiuma. Sapeva di bosco di montagna, era intenso e maschile, ma davvero buonissimo. Ne annusò fino a sazietà, se poteva essere mai sazio, e strinse fra le mani fredde la stoffa spugnosa dell'accappatoio.
Dom invece faceva scorrere le braccia lungo la schiena di Matt, come per scaldarlo. Tastava ossa e una pelle troppo sottile sotto la stoffa della maglietta; l'istinto di proteggere quel corpicino, d'altronde, non era una scoperta. Ebbe la dannata voglia di lasciar cadere una mano più sotto, giusto sopra a quel rigonfiamento rotondeggiante sotto i jeans, un posteriore che aveva tutta l'aria di essere sodo e piacevole al tatto.
S'immaginò cosa sarebbe accaduto. Una tragedia greca, probabilmente, una cascata di insulti e qualche occhiataccia. Accantonò la voglia in quel reparto vastissimo chiamato "Matthew", ormai una prigione di desideri e parole mai dette.

«Ma quanto sei bello con questi capelli biondo platino!» esclamò, appena si sciolse la stretta e Matt entrò in casa, chiudendosi la porta dietro.
Il chitarrista si girò sorridente e alzò le spalle inavvertitamente, bambino felice che non era altro di quel complimento.

«Giuro, sei molto bello, inoltre ti dànno un'aria così... birichina!» continuò, puntandosi le mani sui fianchi, per avere l'aspetto di un critico d'arte, nonostante l'accappatoio e le ciabatte lo tradissero.

«Birichina? Ho ottenuto l'effetto contrario!» rispose, ancora convinto che sembrasse più angelo che diavolo.

«No, allora hai sbagliato colore. Ti consiglio di vestirti di rosso, saresti un vero fig...voglio dire, saresti carino proprio» corresse all'ultimo momento quel complimento un po' spinto, più adatto per una ragazza.

«Mi vestirò di rosso, così la mia ragazza s'ingelosirà di tutte le fan!»

«La tua ragazza? Sai, in un mese di assenza, si rimane indietro con le news...» e per la prima volta da quando si erano rivisti, sul volto di Dom affiorò tutta la tristezza che aveva soffocato per settimane.

«T-ti capisco, è che», ma venne interrotto da Dom.

«No, tu non capisci. Non immagini nemmeno» disse, voltandogli le spalle e avviandosi verso il divano.

«Aspetta, io, ecco» abbozzò Matt, rincorrendolo.

Dom si sedette sul sofà e Matt al suo fianco. Il vero biondo, incurante della propria nudità appena celata dall'accappatoio, appoggiò la schiena ad un bracciolo e divaricò le gambe con fare scocciato. Matt invece si sedette nervosissimo, gambe accavallate e mani strette in gesto di preghiera.

«Ti prego, io ho perso il controllo e...» disse, sentendosi davvero uno stronzo (riporto la parola che pensava fortemente Dom, mentre lo guardava con occhi trapassanti).

«Non raccontare balle, me ne accorgo.» E si sporse per prendere dal tavolino lì davanti un pacchetto di Malboro rosse, da cui ne estrasse una.

«Sì e chi vuole mentirti!» squittì preoccupato Matt, che sperava la situazione fosse meno grave.

«Ah, non so, tu! Ormai stai diventando bravo, credo.» Accese la sigaretta e se la portò alla bocca un paio di volte, cercando col fumo di calmare quella tentazione costante di prenderlo a schiaffi.

«Ora non esagerare. Sono sempre Matty, ricordalo.»

«Un Matty sempre più carino e famoso può cambiare.»

«Ma tu mi avevi promesso che Dommeh avrebbe accettato qualunque cosa, se non erro.»

«Vero, per questo ora sei qui e non fuori dalla porta.» Un soffio di fumo finì dritto sulla faccia di Matt, il quale lo spazzò via agitando la mano.

«Okay, ti spiego. In questo mese sono stato con Gaia» -Benissimo! pensò Dom. «E ho girato l'Italia, poi l'Europa con lei. Non abbiamo ufficializzato niente però, solo una cenetta romantica sul lago.»

«Risparmiami i particolari sul dopo cenetta, grazie» sbottò Dom, azzannando il filtro della sigaretta.

«Ovvio. Però ora dovremmo anche registrare e riprendere a suonare dal vivo, quindi eccomi tornato.»

«Ma la casa con lei o cose del genere?»

«No, non se ne parla per ora. Ci seguirà in tour, sicuro, ma non so assicurare altro. Tu?» e non poteva esserci domanda peggiore.

«Come vedi, fumo ancora.» E tirò particolarmente forte dalla sigaretta ardente.

«Ah, deduco quindi solo scappatelle.»

«Esatto.»

Il silenzio occupò un minuto intero e l'interrogatorio morì lì. La scena patetica in cui ognuno confessava le proprie colpe era terminata. Poteva tornare la leggerezza. Dom fece canestro col mozzicone nel portacenere. Si allungò sul divano, toccando con i piedi nudi le gambe di Matt.

«Ho un sonno!» ammise, massaggiandosi le tempie.

«Problemi d'insonnia?»

«Quando non sai dov'è la persona a cui tieni più al mondo, il letto è di fiamme e fuoco» disse, distendendo anche le gambe, che s'intrufolarono nello spazio fra la schiena di Matt e la fine del divano.
L'accappatoio era aperto sul petto, stretto in vita e poi ancora sulle gambe, coprendogli a mala pena la parte più intima. Matt fece scivolare gli occhi lungo quel metro e settanta di corpo e pensò a cosa sarebbe accaduto se in quella situazione ci si fosse trovato con Gaia.

«Io avrei portato una cosa...» sussurrò, portandosi una mano dentro alla tasca destra.
Dom, occhi chiusi, annuì distratto.

«...una cosa da Amsterdam.»

«Siete andati ad Amsterdam?» domandò il batterista, incuriosito.

«Una tappa veloce. Lei per qualche museo, io per altro.»

«Hai i funghi?» chiese Dom, quasi deciso a mettersi seduto.

«No, questa volta no. Ma io me li sono fatti tante volte, in hotel, a insaputa sua.»

«Cosa? Matt, diamine, è pericoloso!» disse, tirandogli un calcetto. Si ricordava ancora della prima, terribile esperienza.

«Lo so, tranquillo, ne prendevo piccole dosi. Una volta, visto che l'effetto ritardava, ho fumato marijuana nel frattempo e ho avuto delle visioni incredibili, non le racconto neppure!»

«Il giorno in cui ti suiciderai senza volerlo, ti verrò a raccogliere col cucchiaino. Scemo, imprudente e drogato.» Urlò arrabbiatissimo Dom, scagliandogli un cuscino in faccia.

«Fermati, ti ripeto che sono avvenimenti rari! Vuoi o no sapere cos'ho per te?» chiese, ghignando come un diavolo tentatore.
Dom annuì.

«La white lady.»

«Prego? Non sono pratico del gergo, scusami.»

«Cocaina, Dom» ed estrasse un sacchettino bianco.

«Non se ne parla nemmeno. Buttala nel cesso.»

«Cosa? Sapessi quello che mi è costata. È roba buona, ben tagliata.»

«Non mi interessa. Buttala prima che lo faccia io» gridò, indicando la direzione verso il bagno.

Matt scosse la testa, senza capirlo. Pensava che avrebbe accettato una botta di vita. Alla fine non gli aveva proposto l'eroina, era solo una dose ridotta di cocaina. I suoi effetti non causano dipendenze, men che meno la prima volta. Inoltre la usa chiunque, dal politico all'attricetta.

«Sentimi, Matthew James Bellamy. Io sono d'accordo sul fumarci una canna, sul bere fino a diventare ubriachi, anche su qualche pasticca magica presa una volta nella vita, se ti piace tanto. Ma niente funghi, acidi, cocaina o loro cugini di secondo grado. Non ti voglio vedere ridotto ad un Jim Morrison e non tollererò un lento suicidio alla Kurt Cobain. Altrimenti ti dico addio e la finiamo qui, vediamo se sa fare di meglio la tua Courtney Love.»
Le ultime parole le disse sempre più basse, fino a ridurle ad un sussurro dettato dal profondo del cuore.

Matt, per amore dell'amico, si alzò. Andò in bagno, svuotò il sacchettino nel water e tirò l'acqua fino a che ogni granello scomparve. Gettò il sacchetto nel cestino della cucina e tornò sul divano.

«Hai visto che bravo?» domandò, mentre però quel gesto gli era costato una fatica immensa. Avrebbe voluto sniffarsi quella polvere fino a bruciarsi le narici.

«Sì, ma si vede che lo hai fatto contro voglia. Non importa; ti preferisco svogliato che drogato.»
Matt, senza pensarci due volte, gli si lanciò sopra. Si distese interamente, fino a ricoprirlo col suo corpo dalla testa ai piedi. Probabilmente, se gli aveste chiesto "Perché?" lui vi avrebbe risposto: "Questo ragazzo mi vuole troppo bene" e poi si sarebbe messo a piangere, come faceva ogni volta che capiva di essere amato per quello che era.
Strinse fra le mani il suo collo e lo baciò alla cieca, sulle orecchie e fra i capelli. Dom rispose chiudendogli le braccia attorno alla vita, mentre tremava ad ogni carezza di quelle labbra rosse.

«Ho bisogno di te,» bisbigliò Matthew, lasciando che la sua bocca baciasse dove capitava, senza più controllarla, «di te che sei speciale.»

«Anche io, ho bisogno di te, da morire» sussurrò Dom, prendendo per la prima volta iniziativa.

Mentre con un braccio ancora gli cingeva la vita, alzò l'altro e appoggiò il palmo sulla nuca di Matthew. Si abbassò leggermente e finalmente baciò il collo caldo dell'amico; Matt vibrò come una corda di chitarra al tocco del maestro.
Le labbra di Dom si socchiusero e la lingua, bollente, premette dura contro quella parete venosa. Matt si morsicò pur di non emettere nessun suono da quella bocca che avrebbe voluto gemere di piacere. Dom, con una mano gli strinse i capelli all'attaccatura, con l'altra gli sfiorò il posteriore, timidamente. Il pianista non si mosse, sentendosi un giocattolo nelle mani di un giocatore esperto. Allora il batterista toccò la stoffa dei jeans con più forza, come per avvicinarsela, e, involontariamente, inarcò la schiena per far aderire le due erezioni.

Quel gesto gli costò la fine dell'incantesimo. Matthew, non appena sentì le proprie parti intime, indurite a dismisura, premere contro quelle, praticamente nude, di Dominic, si spaventò moltissimo. Terminò la fase rem, nella quale il cervello spento aveva liberato i sogni proibiti, e tornò l'intransigente razionalità a comandare. Il chitarrista si scaraventò per terra, sbattendo la testa contro pavimento gelido. Dom, non capendo assolutamente nulla, si coprì solo quella sporgenza fra le gambe.

«Ahi!» gridò Matt, controllandosi la punta del gomito che aveva particolarmente assorbito il colpo.
Aveva ancora la calda saliva di Dom sul collo e quel maledetto profumo sulle mani, nelle narici, nella testa. Gli sembrava ancora di percepire il tocco della sua mano sul posteriore e cercò di scacciare quell'illusione.

«Matthew, stai bene?» e si mise seduto.

«Sì, sì» farfugliò Matt, tentando di rialzarsi.

«Cosa...» domandò Dom, mettendosi in piedi, un po' instabile.

«Non chiedermi nulla,» tagliò corto Matt, dirigendosi verso camera da letto, «sarebbe stato meglio sniffare.»
Chiuse la porta a chiave. Una piangente tristezza si sollevò nell'aria, lamentosa come un airone morente...


Il concerto di Eurockeennes si svolse grandiosamente. All'aperto, davanti ad una moltitudine di fan, sotto un cielo azzurro splendido; la scaletta era quella classica di Showbiz più estratti nuovi, ma fu eseguita con grande maestria.
Matthew indossava occhiali dalla lente rossa, rossa come la camicia; Chris si era un po' trascurato, preso via dalla donna che amava, sfoggiando un look molto grunge; Dom, dietro la batteria, batteva energico, scuotendo il capo leggermente tendente al bordeaux.
Il carisma di Matt mandava semplicemente in visibilio la folla; ma sapevano che dietro alle quinte lo aspettava la sua ragazza? Probabilmente era meglio non dirlo alle tante ragazze che si agitavano nelle prime file, innamorate di quei tre uomini impossibili. Dom era aveva sicuramente molto successo e un gran numero di donne a disposizione, però non ne trovava una che lo convincesse abbastanza. Diciamo pure una che riuscisse a togliergli dalla mente qualcun altro.
L'unica "donna" della sua vita sarebbe stata la batteria, se lo sentiva ormai da qualche anno.

Dopo lo show, Gaia corse ad abbracciare il suo eroe e lui ricambiò allegramente, pienamente soddisfatto della sua performance.
«Sei stato bravissimo...tutti e tre lo siete stati!» esclamò lei, appena li raggiunsero Dom e Chris.

«Grazie, qual è il tuo pezzo preferito?» le domandò Chris, mentre Dom non sprecava nemmeno il tempo di risponderle.

«Scelta ardua, ma penso che Sober sia stata eseguita meglio che in studio!»

«Non esagerare» la corresse Matt, cingendole la vita.

«Andiamo a festeggiare?» proposte poi la donna di Chris, appena arrivata.

«Ottima idea!» rispose Gaia, mentre Matt e Chris approvavano.

«Sei dei nostri?» chiese il bassista a Dom, il quale si era tenuto in disparte.

«No» disse sbrigativo, già vedendo in lontananza uno sciame di fan in avvicinamento. «Firmo qualche autografo e vado a casa.»

«Ah, te la vuoi spassare con qualche ragazzina, eh?» commentò Chris allora, indicando un gruppetto di bionde.

«Pensala come ti pare» concluse, andandosene a passi svelti e sicuri.
Chris sbuffò. Capiva dalle spalle basse e lo sguardo sbarrato dell'amico quanto stesse male. Se provava a spiegarselo, in un modo o nell'altro dava la colpa a Matt. Perché? Forse perché lo stava guardando andare via in uno strano modo, stringendo Gaia, ma avendo negli occhi una malinconia immensa, come per dire al mondo: «Io ho la fidanzata, vedete? È lui che non riesce a superare il passato...».

-Bugie, Matt vive in una bugia continua. Concluse mentalmente, lanciandogli uno sguardo di rimprovero. Matt capì. Capì che lui sapeva. D'altro canto, era pur sempre il loro migliore ed insostituibile amico Chris.


Il calendario segnava metà Febbraio 2001. Tra cinque mesi sarebbe stato pubblicato il loro secondo album, "Origin of symmetry", ma alcune tracce dovevano ancora essere ultimate. Si erano affidati ancora a Leckie, ma come casa discografica avevano scelto la Mushroom Records. Bliss era la canzone che Matt pensava meglio riuscita. Oltre che dal punto di vista musicale, lui amava quel testo. Ci aveva messo il cuore, il cervello e l'anima: tutto quello che aveva, ma il risultato era stato grandioso, presto la critica lo avrebbe confermato.
Ma non gli importava più di tanto della critica; ciò che più lo rallegrava, era pensare al volto di Dom quando aveva sentito quelle parole per la prima volta. Fin dalla prima riga, "Everything about you is how I wanna be", era stato un colpo. Dom si era messo a sedere nello studio, mentre riascoltavano la registrazione, e, reggendosi il capo fra le mani, tremava impercettibilmente. La consapevolezza di essere lui quel "you" generico cantato da Matt era stravolgente.
Gaia fortunatamente non aveva neppure osato dire: «È per me?». La ragazza nell'udire "Everything about you is so easy to love" era stata sul punto di lasciarlo. Non perché sospettasse chissà cosa, ma non poteva riferirsi a lei dicendo una frase così pesante, che solo a chi Matt conosceva bene e a fondo da anni poteva essere dedicata. Lei non era né omofobica né sciocca, però se realmente avesse capito che Dom c'entrava, si sarebbe spiegata perché il batterista la evitasse tanto e avrebbe lasciato Matt, in quanto che appartenente a qualcun altro.

Dom non sapeva come rispondere a questo genere di dichiarazioni, se così si possono definire quei testi meravigliosamente ermetici e svianti. Sapeva che quello di cui aveva bisogno il loro rapporto era un approccio fisico, ma non sapeva come ottenerlo. C'era troppa teoria in Matt; la pratica scarseggiava e finché così rimaneva, oltre che un senso di frustrazione, sarebbero stati perseguitati da due paroline simpatiche che impediscono alle persone di vivere:
«E se...», seguite da un'infinità di supposizioni.
Sicuramente capitava che si sfiorassero la mano, o il piede, ma non erano all'asilo, dove una margherita ti sa dire se la persona che ami ricambia, loro erano due uomini ormai, per quanto la componente infantile sia incancellabile.
Capitava che ripensassero a quel pomeriggio autunnale in cui si erano abbandonati all'istinto, dopo che Matt aveva gettato la droga; Dom rimpiangeva di non essere stato più determinato.

Una sera, passando per motivi tecnici in Italia, si fermarono a mangiare una pizza. Alla tavolata sedevano i Muse, qualche amico e le fidanzate. Matt e Dom erano l'uno di fronte all'altro e le loro ginocchia quasi combaciavano. Bastava un nonnulla per farli sprofondare nei ricordi. Se Gaia traduceva loro la lista delle pizze, quando nominava i mushrooms, subito scappava sui loro volti un sorriso; imbattendosi nel nome Nirvana di una pizza, probabilmente perché ritenuta talmente buona da distaccare il fortunato assaggiatore dalla realtà, le loro menti volavano al primo concerto insieme, per il compleanno di Dom.
Le conversazioni erano uno spasso.

«Ti piace il viola, Matt?» chiedeva Gaia, indicandogli la sua nuova maglietta.

«No, cioè, ti sta bene, ma n-non mi piace molt-o...» balbettava lui, mentre il Lago Viola s'impossessava d'ogni pensiero e lo stravolgeva, ricollegandolo al passato e a Teignmouth.
Oppure:

«Dom, non pensi che quella felpa verde sia un po' vecchiotta?» indagava qualche amico, riferendosi alla felpa che Matt gli aveva regalato anni addietro e ogni tanto portava ancora.

«Vecchio non è sinonimo di brutto, anzi, di caro...» divagava lui, soppesando i loro sguardi dubbiosi.
E Matt sentiva stringersi il legame ossessivo fra loro due, quasi ridotti a fantasmi intrappolati in un tempo che non è il loro.
Dom prese il cellulare, un mattoncino esteticamente orribile, uno dei primi tentativi della tecnologia, e scrisse lentamente un messaggio che inviò su quello di Matt.
"Le cose che non sono state ci accompagnano per tutta la vita", recitava il testo.


Il diciassette luglio 2001 uscì "Origin of Symmetry", album che si sarebbe presto guadagnato l'invidiabile posto numero tre nelle classifiche inglesi. Era più rock e complicato del primo, viveva una complessità interiore molto particolare.
Quel pomeriggio, Matthew e Dominic stavano prendendo un tè in giardino, dopo aver discusso con gli altri riguardo alle date del tour imminente. La loro casa aveva un giardino sul retro che poi s'univa ad un campo abbandonato, conferendo un aspetto selvaggio al paesaggio. La teiera fumava sul tavolo e affianco c'era un piatto contenente biscotti al cioccolato. Loro due si rilassavano in silenzio, conservando le energie per la sera in cui in programma c'era un mega party in chissà quale posto. Matt canticchiava "Hyper Music", rallentando il tempo e soffermandosi sul peso di quelle parole.

«You think I was scared, you need a proof. Who really cares anymore? Who restrains?» sussurrava, mentre soffiava sulla tazzina bollente che aveva fra le mani.

«Chissà come andranno le vendite» commentò Dom, masticando un biscotto.

«Poco importa, ma sono ottimista. Piuttosto, voglio tingermi i capelli di nuovo.»

«Bene, ti accompagno, se vuoi.» Se sperava di poter aver voce in capitolo, si sbagliava. Matt avrebbe scelto da solo il colore.

«No, farò come la scorsa volta, da solo.»

«Aria di cambiamento?»

«Forse, anche perché gireremo alcuni video e avrei alcune idee.»
Dom sorrise. Era curioso di quelle iniziative e pensava facessero bene a Matt; lo distraevano dalle sue turbe psicologiche.

«Se ti chiedessi di guardarmi mentre mi getto in una sorta di pozzo infinito, lo faresti?» domandò il cantante, guardandolo dritto negli occhi.
Dom, allungò una mano e, chiudendola sopra a quella esile di Matt appoggiata sul tavolo, annuì.

«Ti verrei anche a riprendere nel fondo di quel pozzo.»
Matt ebbe un sussulto involontario quando la morbida, ma muscolosa mano di Dom ricoprì la sua. Non reagì in altro modo.

«Lo hai già fatto, metaforicamente parlando» constatò Matt, occhi erranti verso il giardino verdeggiante.

E, mentre il sole cadeva pigramente dietro le case all'orizzonte, le loro mani rimasero strette su quel tavolo, l'una sopra l'altra, poi l'una dentro l'altra.
«...I don't love you, I never did...» bisbigliava Matthew, senza accorgersi che fra i due era più lui a stringere la presa. «...I don't want you, I never will...»
La notte sopraggiungeva, incurante di quel quadro di tenerezza in cui due ragazzi cercavano solo un po' d'indulgenza dandosi la mano segretamente e constatando che quel bisogno speciale non avrebbe mai avuto fine.

Questo perché anche due stelle, accese sopra di loro e separate da un fascio buio di miliardi di chilometri di anni luce, non rinunciarono a brillare, a combattere quella lotta di luci contro tenebre.



NDA: Ho fatto in fretta, vero? Non è da me! Potrebbe essere un segnale? Forse di un peggioramento, chissà...I don't care :D Sinceramente sono così stanca e abbattuta che non so più dove sbatter la testa.
E cosa fanno i nostri beniamini? Uno si finge etero, l'altro è più evanescente di un sogno. Cosa starà succedendo è mistero. ANTEPRIMA: nel prossimo capitolo...arriverà...il vero e proprio...BELLDOM! Non dico altro, ma preparate i vostri occhietti...


Il mio nuovo nome spero non crei disturbo!

Annotazioni:
-Non so se i video furono girati prima della pubblicazione dell'album, se così fosse prendetela come una libertà personale;
-Ovviamente non so se Gaia già sospettasse di quello strano rapporto fra Matt e Dom chiamato BellDom che io amo tanto. E voi pure!
-Non so se abusarono mai di cocaina. Spero di no.

Ora le mie predilette:

MusicAddicted: allora, ho letto la tua email, ma tu hai ricevuto la mia? Temo di no... oddio, il web è contro di noi! Come facciamo? Scrivimi se hai saputo qualcosa della mia email! Recensione come al solito molto gradita... sono felice, troppo felice di sapere che leggi il mio "gioiello" e lo apprezzi così! <3 Sentiamoci presto, tesoro.

Nishe: Ciao! Piacere di conoscerti! Grazie dell'incoraggiamento :D

MuseLover: Eh già, putroppo Gheia è arrivata. Tranquilla però, troverò il modo di...distruggerla xD No, dai, vedrai mia cara.

DyingAtheist: Sei troppo buona! Vediamo cosa ne pensi di questo. Ma ci conosciamo su fb? ;)

LillaWright: Oddio, temo che ti sto facendo sempre più arrabbiare...ma aspetta il prossimo capitolo e vedrai che roba <3

LetiziaHale: Pianto addirituttra? Stellina mia, noooooooo :(

Deathnotegintama: Bè, do I need to say anything else? Ci parliamo già altrove, ma... le tue recensioni sono stupende perché mostrano quanto e come bene leggi la mia storia. Poi capisci sempre tutto, non è giusto! <3 Ci sentiamo, cara mia.

Patrilawliet: *stritola* Ciao, bella!!! Io non so davvero come faccia a piacerti così tanto! Davvero, sei carinissima... spero di poter farmi sentire sulla tua storia. Stay BellDom!

Valerika: Greendayer, che ci fai qui? Ahah, scemotta, quando recensisci tu la storia ha più senso ;)

Cheers.

  
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