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Autore: Fiamma Drakon    19/09/2010    5 recensioni
Le rose erano qualcosa di assolutamente sublime da contemplare: possedevano un certo fascino proibito e pericoloso di cui tutti gli altri fiori mancavano.
Tagliò un rametto sporgente e si soffermò ad osservare un bocciolo poco distante: alla sua “vista superiore”, i suoi petali apparivano semplicemente come velluto rosso modellato dalla natura per trasformarlo in un’eccelsa opera d’arte.
La prese tra le mani con delicatezza, osservandola con il suo consueto sguardo freddo, indifferente.
«Sono la rappresentazione dei demoni sulla terra» commentò tra sé e sé, quasi casualmente.

[Claude/Sebastian (accennato)]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Claude Faustas, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You're just like a crimson rose Il sole, alto nel cielo, illuminava il grande giardino di villa Trancy, dove una persona tutta sola era intenta ad occuparsi dell’area dov’erano stati piantati grandi cespugli di rose rosse, ora in piena fioritura.
Impugnando un grosso paio di cesoie, Claude si dilettava nel potare le siepi cosparse di quei meravigliosi fiori scarlatti che gli ricordavano in modo tanto vivido il sangue. Le rose erano qualcosa di assolutamente sublime da contemplare: possedevano un certo fascino proibito e pericoloso di cui tutti gli altri fiori mancavano.
Tagliò un rametto sporgente e si soffermò ad osservare un bocciolo poco distante: alla sua “vista superiore”, i suoi petali apparivano semplicemente come velluto rosso modellato dalla natura per trasformarlo in un’eccelsa opera d’arte.
La prese tra le mani con delicatezza, osservandola con il suo consueto sguardo freddo, indifferente.
«Sono la rappresentazione dei demoni sulla terra» commentò tra sé e sé, quasi casualmente, passando a potare un’altra piccola porzione di siepe.
Era un passatempo, quello, cui si dedicava più che volentieri, nei momenti in cui il suo signore non richiedeva la sua assidua presenza al suo fianco - ovvero in occasioni più uniche che rare. Il perché era piuttosto banale: stare in giardino, attorniato solo dalle “incarnazioni floreali” della sua demoniaca essenza, lo rasserenava alquanto.
Tagliando qui e tagliando là, il tempo iniziò a scivolare via senza che lui se ne accorgesse, come se fosse circondato da una sorta di bolla esterna a tempo e spazio.
Il sole moriva sull’orizzonte. Il cielo era striato da molteplici strisce sovrapposte di colori e tonalità che andavano dal giallo splendente allo scarlatto.
Claude, nel potare un ramoscello, trinciò inavvertitamente anche una rosa, che precipitò silenziosa nel vuoto, fino a toccare il suolo, dove giacque, come morta.
Il maggiordomo inclinò lievemente la testa per osservare il fiore, lo sguardo duro ed inflessibile come sempre. La sua attenzione si focalizzò sul bocciolo caduto solo per pochi secondi, prima di tornare sulla siepe, che riprese a potare, imperturbato.
Sembrava un re senza misericordia che abbandonava un suddito al quale aveva arrecato un danno irreversibile per errore.
«Dovresti prestare più attenzione quando maneggi le cesoie: le rose sono fiori delicati».
L’espressione neutra del maggiordomo dei Trancy non mutò affatto neppure quando si volse verso la figura che era comparsa al suo fianco, che stava accarezzando dolcemente con le lunghe dita affusolate i petali della rosa caduta.
«Sebastian Michaelis. Che cosa ci fai qui?» chiese, apatico.
«Obbedisco agli ordini impartiti dal signorino» replicò l’altro, senza perdere tutta la sua tranquillità - né tantomeno smettere di carezzare il fiore.
Lo sguardo di Claude mutò impercettibilmente, mentre si voltava di nuovo per riprendere ad occuparsi della siepe.
«Il conte Trancy è nella villa» rivelò con tutta calma, tagliando grossolanamente un altro ramo, quasi decapitando un’altra povera rosa indifesa.
«Un maggiordomo non dovrebbe tagliare in modo tanto approssimativo» lo ammonì Sebastian.
Prima che potesse dire o fare qualsiasi altra cosa, Michaelis gli tolse di mano le cesoie ed iniziò a ridefinire meglio qua e là tagli che non lo convincevano pienamente.
Claude, nell’osservarlo lavorare, colse non solo la dedizione con cui stava svolgendo il compito, ma anche - e soprattutto - il suo sguardo: le sopracciglia erano inarcate nell’espressione tipicamente rilassata di chi affronta un lavoro già fatto migliaia di volte con tranquillità e disinvoltura assoluti.
Quando il maggiordomo dei Phantomhive si sporse per tagliare un ramo più in alto, il suo viso si accostò di molto ad una grande e bellissima rosa.
«I suoi occhi hanno lo stesso colore» commentò tra sé Claude, sorpreso addirittura d’essere riuscito a formulare un simile pensiero.
Il suo modo di muoversi attorno alla siepe e di tagliare i rami sporgenti aveva un che di estremamente aggraziato ed elegante, quasi ultraterreno - cosa ovvia, data la sua natura demoniaca - da lasciarlo perplesso, oltre che estasiato, in un certo senso.
La sua bravura era eccezionale e non poteva neanche negare che possedesse un certo fascino, benché non fosse propriamente “sano” - sessualmente parlando - che un uomo desse dell’affascinante ad un altro uomo.
«È come una rosa scarlatta: proibito, pericoloso ed immerso nel sangue» commentò di getto tra sé, non potendo fare a meno di paragonarlo ai “loro” fiori e, in effetti, la similitudine non era poi molto lontana dalla verità.
«Perché noto certe cose?» rifletté un istante dopo, cercando di riacquisire una certa parvenza di serietà: non poteva permettersi di perdere la faccia in quella maniera, con certe osservazioni poco pertinenti - e virili - nei confronti di un altro demone.
«Ah...!».
Il sussurro che sfuggì dalle labbra di Sebastian lo distrasse dai suoi pensieri e riportò la sua attenzione su di lui, in particolare sul rigagnolo scarlatto che era comparso trasversalmente lungo il suo indice destro.
Al vedere quel sangue, l’unico pensiero che Claude riuscì a formulare fu un: «Rosso come le rose».
«Ecco: è così che vanno potate le siepi» disse Michaelis, porgendogli di nuovo le cesoie, avvicinando il dito ferito alle labbra e leccandone la linfa che stava rapidamente scendendo lungo il palmo.
Faustus riuscì a rimanere fermo ad osservare la sua lingua passare lentamente e morbidamente sulla sua ferita solo per pochi istanti, prima di allungare una mano e prendergli il polso, allontanandolo dalle sue labbra.
«Claude...?» domandò Sebastian, inarcando un sopracciglio con fare perplesso.
Quello abbassò gli occhi e distolse lo sguardo, come se fosse stato ferito nell’orgoglio dal richiamo appena ricevuto, ed in effetti era così: si pentiva di essere intervenuto senza un logico motivo.
Perché gli aveva impedito di continuare a tergere in quel modo il sangue? Perché non aveva semplicemente preso le sue cesoie e se ne era andato senza dire una sola parola?
Forse il motivo era - molto banalmente - che vederlo passarsi la lingua sulla mano in quella maniera gli ricordava in modo incredibilmente vivido un gatto. Un bellissimo e misterioso gatto nero ferito che lo affascinava.
E mettere in una stessa frase i termini “Sebastian Michaelis”, “se stesso” e “affascinava” era una cosa che gli dava una sensazione di disagio per il senso complessivo che avrebbe assunto l’affermazione.
Eppure - e ciò lo spaventava letteralmente, benché non trasparisse dall’atteggiamento - non era la prima volta che si trovava ad osservare quanto Sebastian, nel complesso, lo affascinasse: aveva un carattere tutto particolare anche - e soprattutto - per gli standard dei demoni ed un’eleganza ed una compostezza più uniche che rare.
«Un vero maggiordomo non si lecca le ferite» asserì dopo un po’, cercando di riacquisire una certa normalità agli occhi dell’altro, senza però staccare i propri dal terreno.

Senza che Faustus lo notasse, Sebastian increspò le labbra in un sorriso, socchiudendo gli occhi.
«Hai ragione» ammise, svincolandosi gentilmente dalla sua presa «Allora sarà meglio tornare dal signorino e fasciarla come si deve» aggiunse.
Detto ciò, gli diede le spalle e si allontanò, scavalcando con un agile balzo felino una siepe in lontananza.
Claude si limitò a fissarlo, lo sguardo che aveva recuperato la sua consueta indifferenza.
«Non gli era stato ordinato di entrare a spiare il conte Trancy...?».





Angolino autrice
Oki, questa è la prima fic che scrivo su loro due -////- eppure mi sentivo in dovere, quasi, di scriverla. Perché come pair mi sembrano interessanti - e poi perché io insieme li adoro.
Ho cercato di mantenere quanto più possibile l'IC, ma dubito fortemente di esserci riuscita in pieno, comunque lascio al pubblico giudicare.
Ringrazio sentitamente in anticipo chiunque vorrà commentare.
F.D.
   
 
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