«No... non
possiamo farlo.»
Con lo
stesso tono pacato e appena un po' freddo che lo avevo sentito usare così tante
volte, durante i nostri pomeriggi spesi a bighellonare per il giardino del
castello, Ojiro stava ora demolendo ogni mia speranza di libertà.
«Perché
no? Lo sai come sono loro, nessuno verrebbe mai a cercarmi. Sono
l'inutile quintogenita, non gli è mai importato niente di-»
«Non è
questo il punto!» L'improvvisa ira nella sua voce mi lasciò senza fiato per
replicare. Mai avevo visto quella luce, nei suoi occhi azzurri, perché mai il
mio amico d'infanzia si era permesso di alzare la voce con me. «Credi che giri
tutto intorno a te? Prima, quinta, sessantesima, pensi davvero che
importerebbe, se tutt'un tratto scomparissi? Sei una principessa, Aki. Ti
verrebbero a cercare fino in capo al mondo. E la sai la cosa divertente? Poi la
colpa sarebbe mia.»
Quelle
parole mi pietrificarono. All'improvviso, mi resi conto di quanto stupidamente
egoistica fosse stata la mia richiesta, di quanto poco avessi pensato alle
conseguenze, di quanto lui fosse sempre un passo avanti a me... di quanto tutto
questo mi facesse battere il cuore senza controllo.
Poi, così
com'era venuta, la rabbia di Ojiro sembrò svanire. La sua espressione si
addolcì un poco. Allungò una mano verso di me, fermandosi però a mezz'aria,
senza toccarmi. «Aki... su, non piangere, ora...» mormorò, forse pentendosi di
ciò che aveva appena detto.
Mi
sfiorai una guancia, scoprendola solo allora bagnata. Stavo piangendo, eppure
non me n'ero neanche resa conto. «Scusa.» dissi, in un singhiozzo che non
capivo. «Io non... come al solito, non ci ho affatto pensato. Non penso mai...
ai problemi che ti creo... coi miei stupidi capricci...» Non riuscivo a mettere
tre parole in fila senza che il mio petto sobbalzasse violentemente, per poi
sentire i miei occhi riempirsi ancora di più di lacrime. E non capivo perché.
Non volevo piangere. Quelle lacrime erano l’ultima cosa che mi serviva, in quel
momento... ma semplicemente non riuscivo a fermarle. «Sono talmente...
stupida... hanno ragione... a non volermi...»
Le dita
di Ojiro, che mi osservava con crescente apprensione, accarezzarono l'aria
accanto alla mia guancia, senza ancora avere il coraggio di sfiorarmi. «Non
dire così... non è affatto vero. Tu sei...» scosse la testa, per poi fissare lo
sguardo a terra. «Io sono uno
stupido. Avrei dovuto trovare un modo più delicato per...»
«No...
no, tu hai... assolutamente ragione.» tirai su col naso, tentando invano di
frenare le lacrime almeno un po'. «Mi tratti sempre coi guanti... mentre io non
penso mai ad altri che a me stessa. Sempre a me stessa.»
Vidi
chiaramente l'esitazione di Ojiro nel tentare di negare le mie parole. Aprì la
bocca, sussurrò un "no" tra sé e poi la richiuse. Il braccio proteso
verso di me gli ricadde lungo il fianco, il suo sguardo ancora non si decideva
ad incontrare il mio. Passarono diversi secondi, e nessuno di noi disse nulla.
I miei singhiozzi sfumarono lentamente in un pianto silenzioso.
Ero un
tale fallimento. Come principessa, come figlia, come amica... come essere umano. Perfino il mio migliore amico non trovava
modo di negare il mio innato egoismo.
«Avrei
dovuto solo... andarmene per conto mio e sparire.» sussurrai, più a me stessa
che a lui.
Ojiro
alzò lo sguardo. La sua espressione era indecifrabile, un misto di dolore e...
paura, forse. Non riuscii bene a capirlo, ma mi si strinse il cuore. Se avevo
pensato di aver già toccato il fondo, mi ero sbagliata. Dipingere
un'espressione del genere sul viso della persona che più amavo al mondo era di
gran lunga la cosa peggiore che avessi mai fatto.
Lui
allungò di nuovo una mano verso di me, questa volta poggiandola sulla mia
guancia e andando con il pollice ad asciugare le lacrime che ancora rotolavano
lungo il mio volto. «Ti sbagli.» disse piano, regalandomi uno dei suoi rari e
malinconici sorrisi. «Solo che... non riesco nemmeno a dire a parole quanto ti
sbagli.»
Scossi
leggermente la testa, senza osare sottrarmi al suo tocco gentile. «Ma io non-»
«Ti ho
fatto una promessa, tanto tempo fa. Ho promesso che, anche quando il mondo
avesse deciso di voltarti le spalle, sarei rimasto con te.» Il suo fu solo un
sussurro, ma i nostri volti erano così vicini che lo potei sentire
distintamente. «Fuggi con me, Akiko.»