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Autore: Kimberly Anne    20/09/2010    1 recensioni
Com'è essere la quintogenita della famiglia reale? Per molti potrebbe sembrare un sogno, ma per Akiko è un autentico incubo. Non viene considerata dai suoi genitori, le sue sorelle la trattano come un rifiuto e lei stessa non riesce a far altro che ferire l'unica persona al mondo che le sia amica. E' proprio con lui, Ojiro, che Akiko vorrebbe scappare via dalla sua famiglia e dalla sua vita. Eppure...
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«No... non possiamo farlo.»
Con lo stesso tono pacato e appena un po' freddo che lo avevo sentito usare così tante volte, durante i nostri pomeriggi spesi a bighellonare per il giardino del castello, Ojiro stava ora demolendo ogni mia speranza di libertà.
«Perché no? Lo sai come sono loro, nessuno verrebbe mai a cercarmi. Sono l'inutile quintogenita, non gli è mai importato niente di-»
«Non è questo il punto!» L'improvvisa ira nella sua voce mi lasciò senza fiato per replicare. Mai avevo visto quella luce, nei suoi occhi azzurri, perché mai il mio amico d'infanzia si era permesso di alzare la voce con me. «Credi che giri tutto intorno a te? Prima, quinta, sessantesima, pensi davvero che importerebbe, se tutt'un tratto scomparissi? Sei una principessa, Aki. Ti verrebbero a cercare fino in capo al mondo. E la sai la cosa divertente? Poi la colpa sarebbe mia
Quelle parole mi pietrificarono. All'improvviso, mi resi conto di quanto stupidamente egoistica fosse stata la mia richiesta, di quanto poco avessi pensato alle conseguenze, di quanto lui fosse sempre un passo avanti a me... di quanto tutto questo mi facesse battere il cuore senza controllo.
Poi, così com'era venuta, la rabbia di Ojiro sembrò svanire. La sua espressione si addolcì un poco. Allungò una mano verso di me, fermandosi però a mezz'aria, senza toccarmi. «Aki... su, non piangere, ora...» mormorò, forse pentendosi di ciò che aveva appena detto.
Mi sfiorai una guancia, scoprendola solo allora bagnata. Stavo piangendo, eppure non me n'ero neanche resa conto. «Scusa.» dissi, in un singhiozzo che non capivo. «Io non... come al solito, non ci ho affatto pensato. Non penso mai... ai problemi che ti creo... coi miei stupidi capricci...» Non riuscivo a mettere tre parole in fila senza che il mio petto sobbalzasse violentemente, per poi sentire i miei occhi riempirsi ancora di più di lacrime. E non capivo perché. Non volevo piangere. Quelle lacrime erano l’ultima cosa che mi serviva, in quel momento... ma semplicemente non riuscivo a fermarle. «Sono talmente... stupida... hanno ragione... a non volermi...»
Le dita di Ojiro, che mi osservava con crescente apprensione, accarezzarono l'aria accanto alla mia guancia, senza ancora avere il coraggio di sfiorarmi. «Non dire così... non è affatto vero. Tu sei...» scosse la testa, per poi fissare lo sguardo a terra. «Io sono uno stupido. Avrei dovuto trovare un modo più delicato per...»
«No... no, tu hai... assolutamente ragione.» tirai su col naso, tentando invano di frenare le lacrime almeno un po'. «Mi tratti sempre coi guanti... mentre io non penso mai ad altri che a me stessa. Sempre a me stessa.»
Vidi chiaramente l'esitazione di Ojiro nel tentare di negare le mie parole. Aprì la bocca, sussurrò un "no" tra sé e poi la richiuse. Il braccio proteso verso di me gli ricadde lungo il fianco, il suo sguardo ancora non si decideva ad incontrare il mio. Passarono diversi secondi, e nessuno di noi disse nulla. I miei singhiozzi sfumarono lentamente in un pianto silenzioso.
Ero un tale fallimento. Come principessa, come figlia, come amica... come essere umano. Perfino il mio migliore amico non trovava modo di negare il mio innato egoismo.
«Avrei dovuto solo... andarmene per conto mio e sparire.» sussurrai, più a me stessa che a lui.
Ojiro alzò lo sguardo. La sua espressione era indecifrabile, un misto di dolore e... paura, forse. Non riuscii bene a capirlo, ma mi si strinse il cuore. Se avevo pensato di aver già toccato il fondo, mi ero sbagliata. Dipingere un'espressione del genere sul viso della persona che più amavo al mondo era di gran lunga la cosa peggiore che avessi mai fatto.
Lui allungò di nuovo una mano verso di me, questa volta poggiandola sulla mia guancia e andando con il pollice ad asciugare le lacrime che ancora rotolavano lungo il mio volto. «Ti sbagli.» disse piano, regalandomi uno dei suoi rari e malinconici sorrisi. «Solo che... non riesco nemmeno a dire a parole quanto ti sbagli.»
Scossi leggermente la testa, senza osare sottrarmi al suo tocco gentile. «Ma io non-»
«Ti ho fatto una promessa, tanto tempo fa. Ho promesso che, anche quando il mondo avesse deciso di voltarti le spalle, sarei rimasto con te.» Il suo fu solo un sussurro, ma i nostri volti erano così vicini che lo potei sentire distintamente. «Fuggi con me, Akiko.»

   
 
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