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Autore: PaleMagnolia    20/09/2010    3 recensioni
Credere di essere migliori degli altri è un potente catalizzatore di eventi. E frequentare le persone sbagliate può condurre a scelte pericolose."[...]“Con questo, naturalmente, non voglio dire che non debbano avere le stesse opportunità di istruzione di tutti gli altri”, stava dicendo lei. “Però non si può nemmeno negare che le classi con un’alta percentuale di nati Babbani siano parecchio indietro col programma. Insomma, come si può parlare di Cura delle Creature Magiche, quando metà della classe non è nemmeno sicura che le creature magiche *esistano davvero*?”...".
Cosa possono condurti a fare le cattive compagnie lo sa fin troppo bene Severus Snape, che vive tormentato dai rimorsi per le sue azioni. Non lo sa altrettanto bene Altea Von Wasser, la cui giovane, suggestionabile mente sarà profondamente condizionata dall'incontro con uno studente dagli occhi neri... E quando quel ragazzo emaciato le ricomparirà davanti qualche anno dopo, adulto e perseguitato dai ricordi, nei panni austeri dell'insegnante di Pozioni...
PS: sto cercando di mantenere Snape IC. E' un tentativo disperato e uno sforzo quasi disumano (per una Snapeaholic come me), ma ci sto provando. Apprezzate l'impegno :)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mangiamorte, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Non posso dire che questo capitolo mi convinca del tutto (anzi), ma ormai l'ho maneggiato e riveduto e ritoccato e cincischiato talmente tante volte che, ormai, provando a migliorarlo faccio più danni che altro.
Quindi ho deciso che va bene così, e amen.
Lo so, potrebbe essere molto migliore di quel che è (cioè ridondante, e in certe parti un po' banale) ma, davvero, ormai ho la nausea a forza di rileggerlo.
Fra l'altro, è abbastanza probabile che ci sia qualche ripetizione/errore/incongruenza: scrivendo e ri-scrivendo le stesse parti troppe volte sono sicura che ci sarà rimasta qualche sfasatura, ma ormai ho riletto talmente tante volte che - non so come dire - *non vedo* più il testo, ma vado praticamente a memoria e quindi gli errori mi sfuggono... Capite cosa voglio dire, vero? (no, eh) (oh, be', fa lo stesso) (comunque, i suggerimenti/le segnalazioni di errori/le critiche sono benvenuti).

Negli anni, Altea cementò sempre di più il suo legame con gli altri componenti del gruppo

Negli anni, Altea cementò sempre di più il suo legame con gli altri componenti del gruppo.

Formavano una strana compagnia: chiusa, più simile ad una setta o una casta che ad un gruppo di amici; i suoi membri erano così strettamente dipendenti l’uno dall’altro, così forti del reciproco sostegno, che sembrava impossibile potessero esistere come individui separati.

All’osservatore casuale, i sei ragazzi potevano sembrare interscambiabili, tanto simili erano: attraenti e alteri, dai lineamenti regolari e dai movimenti fluidi, le voci egualmente basse e piacevoli.

Elessa, Serpeverde fino al midollo, cresceva in fretta, e la ragazzina bionda e graziosa che aveva la dote di aggregare gli altri attorno a sé lasciò gradualmente il posto ad un’adolescente ambiziosa, brillante, dalla notevole predisposizione al comando; coi soffici capelli biondo miele dalla riga laterale, gli occhi azzurro cupo e il carattere deciso e carismatico, Elessa Black era un’accentratrice, una delle studentesse più ammirate della scuola. Ciò che lei diceva, a Hogwarts era legge: lei lanciava le mode, lei decideva cosa era giusto e cosa sbagliato: anche chi la detestava temeva un suo sguardo di disapprovazione.

Nat Burke era pazzo di lei, avrebbe fatto qualsiasi cosa per compiacerla: scuro di capelli e di occhi, il viso stretto e scaltro, volpino, era attraente in un modo ambiguo, oscuro. Snello, sempre pronto a indossare qualcosa di elegante ogniqualvolta poteva evitare di portare l’uniforme della scuola; con le sue camicie col monogramma e i pantaloni su misura, era quasi troppo raffinato per essere solo un ragazzo: ma questo era il suo modo di distinguersi dai nati Babbani in jeans e maglietta - di ribadire costantemente la sua superiorità, la purezza delle sue origini.

Lena Prewett (o Lenny, come veniva chiamata) diventava alta e snella, fin troppo magra anzi, con un’aria quasi mascolina; vivace, dall’aria maliziosa, aveva gambe lunghe e capelli ramati, e col suo humour e incessante chiacchiericcio – parlava in continuazione, di qualsiasi cosa, con una voce acuta e sonora, inconfondibile anche da lontano - contribuiva a mantenere un tono leggero nel gruppo, a evitare che i suoi compagni si prendessero troppo sul serio. Era una delle poche persone che sapeva far ridere Altea.

Norma e Lucien Macmillan condividevano i capelli castano miele e i grandi, umidi occhi nocciola. Avevano entrambi una voce bassa e dolce, lo sguardo trasognato; Norma era graziosa, dalle forme morbide, con la grande bocca rossa e un neo tondo sulla guancia, e la sua ingenuità e la sua timidezza erano stranamente attraenti: i ragazzi della sua Casa la invitavano spesso ad uscire, ricevendo da lei cortesi ma fermi rifiuti.

Aveva una sua piccola andatura sognante, la tendenza a divagare e una passione (più unica che rara, date le caratteristiche soporifere dell’insegnante) per la Storia della Magia e, in generale, per tutto ciò che era nebuloso e impreciso: più confuso e indeterminato era l’argomento - più vaghi erano i suoi confini con la leggenda e le favole - più lei poteva perdersi ad infiorare le sue relazioni (straordinariamente lunghe e articolate, ricevevano sempre il massimo dei voti) con oscuri particolari e informazioni nebulose scovate in biblioteca.

Lucien, candido e timido come la sorella, era attraente in un suo modo femminile, delicato: le ragazze della sua classe erano tutte piuttosto infatuate di lui, che aveva un viso regolare, parole gentili per tutti, e fini capelli lisci che gli ricadevano sugli occhi.

Altea, eccezione fra i suoi attraenti compagni, continuava ad essere abbastanza insignificante. Dotata di uno straordinario talento in Incantesimi e anche (unica fra i suoi compagni, che la trovavano terribilmente noiosa e non frequentavano le lezioni) in Aritmanzia, era entrata presto – come tutti loro, del resto, Elessa in testa – nello Slug Club; ma mentre Elessa o Norma facevano strage di cuori durante le “festicciole” del professore, e incantavano l'insegnante (immancabilmente deliziato dalla personalità di Elessa, dalla vivace intelligenza di Lena, e perfino, in misura minore, dalla sognante dolcezza di Norma) Altea restava, verso chiunque a parte i suoi amici, la ragazzina solitaria e scostante che era ad undici anni.

Era una presenza lievemente inquietante, con i capelli nerissimi e pesanti raccolti in acconciature fuori moda, e gli occhi troppo chiari, cristallini: il viso affilato e regolare era forse piacevole, in un suo modo spigoloso, algido, ma così inespressivo e sprezzante da dare i brividi.

Arrogante nella sua intelligenza, caustica, con un senso dell’umorismo tagliente come un coltello, la giovane non aveva certo molti ammiratori; in compenso, per qualche strana ragione nota soltanto a lui, il dolce Lucien le era devoto in modo fanatico, la seguiva come un cucciolo di cane: le portava i libri, le teneva il posto accanto a lui a pranzo.

 

Quel giorno – una bella, luminosa domenica nel settembre 1980, appena prima dell’inizio della scuola (le foglie degli alberi colorate di gloriosi rossi e arancio contro il cielo puro e limpido come vetro) – Altea e gli altri sedevano, come al solito, sotto le querce del cottage dei Von Wasser.

Le ragazze erano tutte vestite di bianco, come figure di un quadro impressionista, gli uomini con bretelle e scarpe di tela; dalla finestra aperta della casa giungeva, affievolito, il suono di un vecchio vinile (il padre di Altea amava la musica, e spesso suonava i vecchi brani dolci e malinconici che la moglie aveva amato), che girava su un grammofono d’ottone malconcio.

Elessa, indolentemente sdraiata sull’erba, gli occhi socchiusi sotto il braccio e la bionda chioma lucente aperta a ventaglio sull’erba, stava parlando con voce monotona e piacevole, lievemente roca. Era una giornata bellissima, meravigliosa, e Altea era intenta a guardare i fili d’erba, che si stagliavano uno ad uno con opprimente chiarezza nell’aria trasparente; seduta sul prato con la testa di Lucien in grembo, la ascoltava distrattamente, cogliendo qualche frase qua e là.

 “... insopportabilmente mediocri. Davvero, io proprio non capisco per quale motivo dobbiamo vivere in questo ambiente in decadenza, circondati da gente così limitata, ordinaria...

Le venature di ogni foglia nitide e perfette come in un sogno, il cielo talmente azzurro da fare male. Altea prese un sorso d’aria profumata di ginestra, acutamente, dolorosamente consapevole di essere viva e giovane in una giornata splendida come quella, di essere ricca e intelligente e circondata di persone pari a lei in capacità e condizione; una privilegiata in ogni frangente.

Poteva avere qualsiasi cosa, si disse; non aveva che da allungare la mano e prendere ciò che voleva. Successo, potere, felicità: tutto a portata delle sue dita, tanto vicini che poteva sfiorarli.

Qualsiasi cosa...

Altea si ritrovò a pensare, stranamente, ad un uomo che se n’era andato tanto tempo prima, e non aveva mai più rivisto. Non l’aveva mai dimenticato completamente, quel giovane oscuro e tormentato con cui aveva parlato soltanto una volta: ci pensava anzi spesso, chissà perché.

Il grammofono gracchiava con suono dolce e roco una vecchissima canzone. Altea chiuse gli occhi: le parole di quella canzone, la cadenza lenta e strascicata le sembravano, stranamente, riflettere il suo stato d’animo, contenere chissà come un messaggio per lei, una voce che le parlava attraverso la polvere del tempo.


Summertime and the livin' is easy
Fish are jumpin' and the cotton is high
Oh your Daddy's rich and your Ma is good lookin'
So hush little baby, don't you cry


“... chi viene da famiglie antiche e prestigiose come le nostre non dovrebbe essere costretto a condividere i suoi studi con persone così grossolane - senza la minima conoscenza della nostra storia, delle tradizioni del mondo magico, senza coscienza di...

L’aria tiepida e carezzevole, il dolce monotono frinire delle cicale sullo sfondo.

 “... e non intendo solo i nati Babbani, penso piuttosto a quelle famiglie che non si curano affatto delle usanze e dei modi che sono stati dei maghi per secoli, per generazioni e generazioni... come quegli Weasley, ad esempio – scusa, Lena, ma è così – o quegli altri Longbottom...

Altea giocherellava coi capelli di Lucien.


One of these mornings
You're goin' to rise up singing


“... nessun rispetto per la nobiltà, la bellezza, l’arte... tutto quello a cui pensano i maghi e le streghe di oggi è compiacere quegli sciocchi Babbani, dimostrare a tutti che non li considerano inferiori - oh, non sia mai, anzi: che i Babbani sono pari a noi, no, no, che dico: superiori... La virtù di oggi è l'umiltà: i maghi non devono sentirsi migliori dei Babbani, oh, non sia mai!, come se non avessimo dav-ve-ro" Elessa scandì la parola sferzando l'aria con la mano "qualcosa in più di loro." Elessa cominciava a scaldarsi. "No, perché invece non strisciamo ai loro piedi come se fossimo i loro servi, i loro giullari, come se l'antica magia dei nostri padri fosse un gioco, un trucchetto da prestigiatore per divertirli...?

La voce di Elessa si stava alzando, ma Altea – gli occhi chiusi, la testa gettata all’indietro sulle spalle, era invece (complice l'aria dolce e immobile e il profumo di ginestre, la bellezza languida di quel pomeriggio di fine estate) stranamente rapita dalla voce sottile che cantava per lei dal polveroso giradischi.


Yes, you'll spread your wings
And you'll take the sky


“... per questo io credo davvero che dovremmo pensare, e seriamente, all’opportunità di unirci a quel mago... sapete chi intendo... Lord Voldemort.”

Altea rialzò di scatto la testa, improvvisamente vigile.

Anche gli altri avevano alzato gli occhi di scatto, interrompendo qualsiasi cosa stessero facendo, ed erano rimasti congelati nella loro posizione, gli occhi sbarrati: muti e attoniti come animali notturni abbagliati dai fari di un’auto.

Tutti guardarono verso Elessa, che, un braccio a schermarsi gli occhi dal sole autunnale, rimase sdraiata come se niente fosse sull’erba verde smeraldo,


Per il gioco interattivo di oggi,

“Entra Nel Mondo Decadente, Dandy ed Elitario di Altea e Dei Suoi Ricchi Amici Pureblood”


potete ascoltare la canzone citata (preferibilmente circondati da affascinanti rampolli di famiglie Purosangue, e con un elfo domestico che vi porta limonata fresca), cliccando qui:

  http://www.youtube.com/watch?v=J8jRgPcO7JQ

 

E poi non dite che non penso a voi: io vi vizio, lettori miei adorati, io vi vizio...

Per quanto riguarda la musica, mi baso sull'assunto che - come succede per altre cose nel Potterverse: le figurine, i giornali, gli sport etc. - quella del mondo magico e quella Muggle si influenzino a vicenda; fate finta quindi che quello linkato sia un pezzo magggico, cantato da una bisnonna di Celestina Warbeck.
D'altronde, se non c'è qualcosa di magggico nel jazz, non so dove altro potrei trovarlo... XD
  
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