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Autore: JulyAneko    21/09/2010    1 recensioni
Un caso, un avvocato. Una nuova conoscenza, un vecchio legame. Cosa succederà al nostro team se le sue acque verranno scosse non solo da nuovi atroci casi?!
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CM 015

 

"L'amore non dà nulla fuorché sé stesso, e non coglie nulla se non da sé stesso. L'amore non possiede, né vorrebbe essere posseduto poiché l'amore basta all'amore" Kahlil Gibran.

Il caso Campingall era stato risolto senza altri cadaveri. Avevano trovato Felis che stava cercando di vendicarsi sui suoi superiori, una donna ed un uomo, che, secondo lui, non gli permettevano di far sbarcare le proprie idee ma che lo costringevano ad un lavoro inutile e semplicistico. La squadra era arrivata appena in tempo per poterlo prendere senza che nessuno si facesse male. E tutto era finito per il meglio… tutto insieme agli sguardi di Emily ed Aaron che erano stati incollati per tutta l’operazione.
Hotchner si era chiuso in ufficio quella mattina, il suo comportamento nel caso Campingall non gli era piaciuto nemmeno un poco ed adesso si stava punendo con fascicoli su fascicoli per riuscire a ritrovare il controllo… ma sapeva benissimo che non avrebbe avuto pace se ogni poco scostava il suo sguardo su quella scrivania dalla quale proveniva una fresca e rosea risata: Emily. Semplicemente Emily. Da quanto tempo erano sparite, piano piano, le formalità fra loro? Da quanto tempo andava avanti quella storia? Quanto?
Si portò una mano al volto, respirando profondamente. Forse era davvero giunto il momento che affrontasse tutto quello… non poteva lasciarlo ancora in sospeso. Il suo cuore chiedeva, strillando, di vivere. Vivere ed amare.

Era immersa nei suoi fascicoli e negli atti dei vari processi che stava seguendo quando, improvvisamente, alzò lo sguardo a sorridere a quegli occhi che la stavano osservando ormai da qualche tempo. Il rapporto con Spencer sembrava fosse ripreso come prima, piano piano… ma come se quel bacio non ci fosse stato. Sì, sicuramente esternavano più del solito il loro affetto in gesti e sguardi, ma tutto finiva lì. Niente di più, niente di meno.
Sbuffò facendo oscillare una ciocca di capelli che aveva davanti al viso mentre riportava l’attenzione sulle sue pratiche, visto che lo sguardo di Spencer si era, nuovamente, perso in ogni angolo dell’ufficio appena lei aveva posato gli occhi su di lui. Decisamente classico.
Stava per riconcentrarsi quando sentì una voce chiamare proprio la sua distrazione. Ed era una voce di donna.
Alzò nuovamente lo sguardo, incontrando anche quello sbalordito di Emily, cosa ci faceva quella ragazza lì? E perché stava chiedendo di Spencer Reid?
Spencer si alzò dalla scrivania senza capire bene cosa stesse succedendo, tirando un’occhiataccia a Derek che lo stava guardando alquanto sconvolto.
-Do…Dora. Cosa ci fai qua?-
La ragazza lo raggiunse sorridendo per poi fermasi davanti a lui e sfiorargli un braccio, -Non ho più avuto modo di vederti dopo il caso… volevo ringraziarti.-
-Oh, sì…- biascicò Spencer mentre il suo volto si era arrossato ed i suoi occhi stavano cercando di evitare la zona appena accanto alla sua sinistra, April.
-Possiamo parlare qua?- chiese la ragazza guardandosi attorno per poi sorridere agli altri.
-Parlare?- balbettò lui.
-Sì, avrei un invito da proporti.-
Al sentire quelle parole April deglutì a fatica, lasciando cadere la penna che aveva tra le mani sulla scrivania, e respirò profondamente. Andava tutto bene. Andava tutto bene. Andava tutto bene… si stava ripetendo mentalmente mentre cercava una qualche valida scappatoia per non parere così palesemente gelosa.
Scrollò la testa respirando a fondo mentre si alzava dalla scrivania e, con un sorriso stampato in faccia, si dirigeva da Penelope, senza sapere bene cosa dirle… ma il caffè l’aveva appena preso e in bagno c’era già stata. Non aveva altre scuse plausibili.
Appena arrivò all’ufficio di Garcia, restò qualche attimo ad osservare la porta chiusa poi, facendosi coraggio, bussò e dopo aver sentito un’allegra voce risponderle, entrò in quel regno che Penelope aveva addobbato e fatto completamente suo.
-Ciao bellezza!- sorrise l’informatica battendo alcuni tasti al computer, -Ti serviva qualcosa?-
-Ah…- biascicò April girandosi indietro e vedendo Spencer allontanarsi con quella ragazza appena arrivata, -In realtà era solo per…-
-…evadere?!- chiese Garcia sorridendole e afferrando uno sgabello e mostrandolo così che lei si potesse accomodare.
-Beh sì, forse…- sospirò April accucciandosi sullo sgabello e puntando lo sguardo a terra.
-Sai, qui siete tutti cervelloni psicologi e quant’altro… ma le risposte che stai cercando tu, non si trovano nei libri.-
-No…- mormorò portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, -Ed io non sono molto brava a sbrogliare la matassa di domanda che ho in testa.-
-Forse perché hai già la risposta, tesoro.- le sorrise ancora una volta Penelope.
April scosse la testa, mordendosi il labbro inferiore. In realtà, proprio, non lo sapeva.
Penelope la guardò amorosa per poi spostare lo sguardo dietro di lei e sorridere all’uomo che stava arrivando nel suo ufficio con due cappuccini fumanti.
-Vedi, sono sempre i piccoli gesti che ti fanno capire le cose!-
April alzò lo sguardo per poi girarsi e vedere Kevin che stava cercando disperatamente di non perdere nemmeno una goccia del prezioso liquido nero.
-E poi lo senti… qua.- finì Penelope portando una mano sopra il petto di Apri, all’altezza del cuore, -E senza essere un profiler ti dico che è quello che vedo ogni giorno, ogni istante nei tuoi e nei suoi occhi, ma… ma io non sono brava a dare consigli.-
A quelle parole April sorrise dolcemente all’amica, -Penelope, tu sei sempre la migliore!- esclamò alzandosi dalla sedia, regalandole un sincero complimento.
-Appena in tempo!- sorrise la collega, alzandosi e afferrando i caffè che Kevin era riuscito a portare fino al suo studio sani e intatti.
Erano sempre i piccoli gesti, anche i più assurdi… a far afferrare la verità.

Morgan si alzò dalla scrivania lanciando uno sguardo eloquente a Prentiss che, al vederlo, aveva scosso la testa e fatto spallucce. April era tornata e si era immersa nei suoi fascicoli senza più alzare un attimo la testa mentre Spencer ancora non era tornato.
Ticchettò con le dita sui pantaloni per poi andare nella saletta relax, senza dire nulla, senza far alzare lo sguardo a quella ragazza cocciuta che sembrava tutt’altro che contenta.
Entrò nella stanza e si fermò di colpo. Era davvero Spencer Reid quel ragazzo che se ne stava seduto con lo sguardo perso nel vuoto e un caffè ancora da bere davanti?!
Si passò una mano sulla testa per poi afferrare una sedia e sedersi a sua volta. Era pronto per ascoltare… sperava che il ragazzo fosse pronto per parlare.
Spencer scostò un attimo lo sguardo solo per assicurarsi che fosse davvero Derek poi, poi ripiombò nel suo senso di vuoto.
-Le eri sembrato un tipo spavaldo?- incominciò cauto ma senza riuscire a nascondere la propria malizia.
-A quanto pare…- borbottò inumidendosi le labbra, senza cambiare posa.
Derek alzò gli occhi al cielo. Forse non era quello il momento buono? Eppure gli era parso…
-Perché faccio capire a qualcun’altra ciò che vorrei far capire ad una sola ed unica persona?-
Finalmente aveva parlato. Si era deciso. Sì, era quello il momento buono.
Fece scorrere le dita sul tavolo, senza rispondere ma attendendo le sue parole. Ancora.
-Non avrei dovuto comportarmi così con Dora, l’ho mandata via… Io non avrei dovuto, non è da me…-
-...ma?- lo incitò.
-Ma era esattamente quello che volevo fare.- fece una pausa, -Sì, beh, poi… cioè, è anche giusto così, non avrei voluto…-
-Spencer!- lo fermò Derek, -Torna all’argomento principale.-
A quelle parole Reid alzò lo sguardo, lentamente, verso quello dell’amico.
-April.-
-A…April…- balbettò Spencer, respirando a fondo, -April è dove voglio andare.-
Sorrise.
Sorrise.
-April è la tua strada.-

Aveva finito quell’estenuante giornata chiuso nel proprio ufficio, non vi era mai uscito se non per qualche secondo e, soprattutto, senza mai soffermarsi nell’open-space. Mai.
Voleva affrontare il suo tormento ma appena decideva, appena credeva di essere pronto, cambiava idea. Non era paura quello che lo bloccava, non era il coraggio che gli mancava… era la consapevolezza di un futuro d’ostacoli. Era questo quello che voleva offrire alla donna che amava?!
Un leggero ticchettio lo distolse dai propri pensieri, appena in tempo per vedere un sorriso contagioso entrare nel suo ufficio, chiudendo la porta alle sue spalle e fiondandosi sul divanetto davanti alla sua scrivania.
-E’ tardi.-
-Non poi così tanto… manca ancora un po’ all’ora di cena.- replicò lui.
-Però hai da fare stasera.- continuò April, senza guardarlo.
-Uhm, non che ricordi…-
-Appuntamento col destino!- scherzò lei sorridendo per poi puntare il suo sguardo sulla sua figura, -O non te ne saresti stato tutto il giorno chiuso qua a vagare fra il tuo ufficio e quello di Dave!-
Fece per replicare qualcosa ma non aveva poi molto da dire, quella ragazza aveva centrato in pieno il problema e la soluzione.
-E tu farai lo stesso?-
-Puoi essere geloso di qualcosa che non hai?- chiese di rimando April.
-Dipende da quanto lo vuoi e da quanto senti tuo questo qualcosa.-
April arricciò le labbra, poggiando la testa alla pelle scura del divano, -Forse è giunto il momento di andare, allora.-
Aaron sospirò, alzandosi dalla sedia ed andando sul bracciolo del divano, accanto ad April. Un male comune era più facile da sopportare ma loro sembravano parlare della stessa identica cosa senza mai nominarla come se l’altro non ne fosse al corrente anche se, entrambi, erano consci del contrario.
-Andrà tutto bene.-

Raggruppò i fogli dalla scrivania, lanciando un sorriso ai colleghi che, anche loro, si stavano preparando per tornare a casa.
Derek si sarebbe ritrovato con Alexis per cena, era ormai qualche tempo che si frequentavano ed ancora non si erano stufati l’uno dell’altra, ancora non vedevano la fine di quella bella favola nella quale si erano immersi. Ancora si stavano amando.
Jennifer sarebbe tornata a casa dal suo William ed insieme si sarebbero accoccolati con Henry fra le braccia.
Penelope sarebbe uscita con Kevin ed insieme avrebbero fatto mattina presto a parlare e scherzare.
E David, David avrebbe contemplato la sua vita e avrebbe sorriso ad ogni errore, ricordandosi che nulla mai, era stato più importante di quel sentimento che sempre aveva provato nella decisione delle sue scelte.
Poi c’era lei. Lei. Emily. Invischiata in qualcosa che la tormentava e la faceva sussultare, senza volerne scappare ma andare sempre più affondo. Affondo… senza mai affogare ma volendo respirare in due quell’aria.
Lanciò uno sguardo all’ufficio di Hotchner e vide April uscirne con un volto stanco ma con un’espressione nuova negli occhi… le brillavano come non mai. Era la sua convinzione, la convinzione di giocarsi il tutto per tutto. E l’avrebbe fatto, non sarebbe crollata, non doveva crollare. E sicuramente ne sarebbe uscita vincitrice perché dall’altra parte c’ero un Spencer che, timido ed impacciato, aveva però finalmente capito cosa voleva veramente. Adesso se lo sarebbero giocato… il loro destino.
Sorrise mentre salutava e le sue gambe si muovevano da sole verso quell’ufficio buio, mentre le sue dita sfioravano la porta ghiaccia e mentre la sua mano apriva quella maniglia che la divideva dall’uomo di cui era innamorata.
-Volevo salutarti.- disse solo, facendo capolino in quella stanza e in quegli occhi che si erano bloccati sulla sua figura, -Non ci siamo ancora visti oggi, volevo solo salutarti, sto andando a casa.-
-Bene.- sorrise Aaron professionale, -A domani.-
-A domani.- sorrise ancora Emily, pensando a cosa aveva in testa quando le era venuta in mente quell’idea bislacca. Stava per richiudere la porta quando sentì la voce di quell’uomo richiamarla. Subito tornò in quell’ufficio, col sorriso sulle labbra.
-Emily…- aveva iniziato lui, stranito dallo stesso se stesso, -…mi chiedevo se ti andava di cenare assieme.-
Il sorriso di Emily si espanse e contagiò anche Aaron perché le parole che uscirono dalla sua bocca erano parole affermative, a confermare quella volontà di stare assieme. Loro e loro due e basta.

Si era preparato di fretta e furia anche se aveva scelto ogni abbinamento di tessuto e colore con estrema cura. Nemmeno andasse ad una festa. Andava a dare ripetizioni… già, ripetizioni. E lui si preoccupava, per la prima volta in vita sua, di avere il vestito giusto.
Salì di corsa le scale, indugiando su quella porta chiusa appena prima della sua meta. Vi era passato accanto talmente piano e drizzando le orecchie che aveva decisamente intuito che in casa non c’era nessuno. Una smorfia si disegnò sul suo volto ma, cercando di ricomporsi, bussò alla sua porta. La porta giusta.
Dei passi veloci e il portone si aprì, lasciandogli vedere un sorriso che mai avrebbe smetto di amare. Si bloccò di colpo, sfiorando con lo sguardo quel corpo coperto da un semplice vestitino verde che le ricadeva perfetto addosso. Quella ragazza era tutto ciò che aveva sempre desiderato… dall’attimo esatto nel quale i suoi occhi si erano posati sulla sua figura, nell’attimo esatto nel quale la sua voce gli aveva parlato, nell’attimo esatto nel quale i propri pensieri si erano fusi e le loro emozioni si erano avvolte in una danza dai passi sconosciuti.
-Sasha arriva subito.- sorrise April lasciandolo entrare.
-Ok…- biascicò lui ancora un poco confuso. Eppure… eppure non era quello che aveva sperato prima? Il trovala lì, il vederla, il sorriderle.
-Ah…- dondolò su se stessa lei, -…zucchero.- disse indicando la ciotolina che aveva in mano.
-Come?-
-Qua… ero qua per lo zucchero.- precisò lei, abbassando lo sguardo.
-Zucchero.- ripeté lui osservandola, prima di scostarle una ciocca di capelli che le ricadeva sul volto.
April abbozzò un sorriso, per poi guardare nel corridoio della casa, nessuna traccia di Sasha ancora.
-Dora era la nipote dei Cohen, voleva solo ringraziare.- disse veloce lui, senza pensare.
-Come?-
-Era solo… niente.-
A quelle parole April inclinò il volto come ad osservarlo meglio mentre le gote di lui si erano colorite di quel rossore che tanto amava. Sorrise, sorrise senza rispondere. Aveva capito. Aveva perfettamente capito.

Poggiò una mano sul volante, chiudendo gli occhi. Si erano fermati per dover andare al ristorante ma lui non era sceso e aveva lasciato bloccate le sicure della macchina. Emily lo stava osservando senza capire bene cosa stesse succedendo. Era già un mezzo miracolo che lui, lui, le avesse proposto quella cena che adesso non riusciva più a pensare, a ragionare a tutto ciò che poteva passar per la mente di quell’uomo.
-Credo di non essere stato sincero con te.- iniziò, lentamente.
-Aaron, non capisco… mi hai sempre detto tutto.- si poggiò meglio sullo schienale del seggiolino del suv nero.
-No… ti ho lasciato allo scuro della cosa più importante.- continuò, calmo, senza che la sua voce tremasse.
Emily sospirò dandosi della stupida. Non poteva essere quello che pensava.
Lo vide girarsi verso di lei e vide i suoi occhi fermi attraversati da un’emozione che non vi aveva mai visto prima. Deglutì a fatica. Non poteva essere, come era possibile?
-Avrei dovuto dirtelo tempo fa.- disse con voce più tremante. I suoi occhi nei propri gli facevano perdere il controllo, gli facevano perdere la cognizione di essere l’agente Hotchner e lasciavano scoperto solo e solamente Aaron.
Emily abbassò lo sguardo, -Forse non è una cosa da dire…-
-Non ad una collega.- ribatté lui, sospirando.
-Allora forse è meglio tacere tutto?- chiese, tornando però ad osservarlo, a combattere per quello che voleva e che aveva sempre voluto.
-E’ quello che ho cercato di fare in questo tempo.-
-Probabilmente abbiamo fatto la stessa cosa.-
A quelle parole Aaron rimase un attimo interdetto, non se le aspettava, e un sorriso comparve sulle sue labbra. Quel sorriso che, da un bel po’ di tempo, stava riservando solamente a lei.
Al vederlo Emily allungò una mano, inclinandosi verso di lui, e gli sfiorò le labbra, -Dovresti sorridere più spesso.-
-Se tu me lo permetterai, Emily.- le mormorò sul calore dei suoi polpastrelli, prima di annullare la distanza fra di loro e far unire le sue labbra a quelle di lei in un lento e dolce bacio.
Non se lo aspettava. Lasciò che la baciasse e si staccasse da lei in un soffio. Non se lo aspettava.
Alzò lo sguardo su quegli occhi vicini mentre la sua mano già si era andata a nascondere nei capelli di Aaron e l’aveva attirato a sé per far sì che le loro labbra si incontrassero di nuovo. Di nuovo. E di nuovo. In un lento, passionale bacio che non avrebbero mai dimenticato.

Aveva salutato con un sorriso Sasha e poi, una volta chiusa la porta, non aveva fatto più un passo se non girarsi vero l’unica porta che davvero gli interessava, quella di April.
Osservò lo spiraglio di luce venire dal fondo del portone e una leggera musica arrivargli alle orecchie. Mozart. Quello era senz’altro Mozart… d’altronde, il suo preferito.
Si avvicinò di qualche passo per poggiare la mano su quel legno caldo. Era come se riuscisse a sentire il calore di lei, a vedere il suo sorriso e ad emozionarsi.
Sospirò, doveva farlo, doveva riuscire a farlo… andare, parlare e uscire vittorioso da tutto quello. Voleva lei, voleva April, ormai ne era conscio… e tutti i suoi dubbi ora vagavano solo sulla sua figura. Lui, lui come poteva donare amore a quella donna? Ne sarebbe stato in grado? Lui… lui era…
Si stava solo arrovellando il cervello, doveva smetterla.
Aveva la schiena poggiata al muro e gli occhi fissi su quell’ombra al di là della porta. Aveva sentito Sasha salutare e questo poteva dire solo una cosa: Spencer. Spencer fuori dal suo appartamento.
Sospirò cercando di darsi forza, cercando di capire cosa stesse facendo quel ragazzo. La sua mente le stava solo urlando una parola, diretta proprio a lui: Suona, bussa, fa qualcosa!
Si morse il labbro inferiore, in trepidante attesa, senza riuscire a smettere di fissare quel punto del pavimento. Era arrivata proprio a quel passo, ad aspettare un uomo, un ragazzo… a volerlo così tanto da sussultare ad ogni rumore, ad ogni gesto, ad ogni fiato.
E adesso l’unica cosa che voleva era quella… quell’ombra oltre la porta. Quell’ombra che, velocemente, era svanita insieme a dei passi veloci che scendevano le scale.
Lasciò che la testa picchiasse sul muro, chiuse gli occhi. Ancora una volta era lì, sola.

Non era stata una decisione facile la loro ma per quella sera avevano deciso di seguire solamente i loro cuori. Nulla e nessuno avrebbe potuto farli desistere da quel loro intento. Si erano baciati e avevano fatto scorrere il loro amore nello loro anime fuse. Si erano ritrovati con i respiri uniti in un’atmosfera che volevano far diventare reale.
E così avevano deciso di cenare in casa, in tranquillità… a capire, parlare ed amarsi.
Emily aveva aperto la porta del suo appartamento e lui l’aveva trovato nuovo rispetto a quando vi era entrato l’ultima volta, l’aveva trovato diverso perché adesso, adesso, aveva il suo stesso sapore sulle labbra. Adesso aveva addosso quell’odore che tante volte aveva sognato e che, tutte le volte, aveva scacciato via, violentemente, dalla sua testa e dal suo cuore.
Emily lo guardò e gli sembrò quello stesso esatto uomo che le aveva sempre descritto April, quell’uomo di cui si era innamorata… di quei sorrisi a metà lasciati andare e resi meravigliosi dalla sua sola presenza.
Adesso era lì, con lei, nella sua casa, nel suo appartamento, fra le sue cose… e tutto questo non le pareva vero, era come l’inizio di una favola che, però, sapeva essere in salita. Niente castelli e cavalli bianchi ma solo quell’eterno e puro amore che era in loro. Perché adesso lo sapevano, adesso se lo erano detto, adesso se lo erano dimostrato. Adesso avevano amato.

Appena aveva aperto la porta del suo appartamento i suoi occhi si erano sgranati in un'espressione sorpresa. Cosa ci faceva lei là? Là con quell'inquietudine addosso, contorcendosi le mani e mordicchiandosi il labbro inferiore della bocca rosea? Cosa ci faceva là da lui?
Spencer si spostò un poco per farla entrare per poi chudere la porta e raggiungerla nel salotto arredato come fosse una casa di campagna.
April si stava guardando attorno scorgendo quello stile rustico con un sorrisetto sulle labbra ma i suoi occhi continuavano a trasmettere sempre tanta ansia. Appena sentì i passi del ragazzo raggiungerla si girò immediatamente verso di lui puntando per un attimo lo sguardo sulla sua figura per poi vagare nuovamente per quella stanza.
-Ehm..- abbozzò Spencer un po' a disagio. Perché non gli parlava? Perché evitava di guardarlo? -..vuoi qualcosa? Posso offrirti qualcosa..- domandò facendo per girarsi ed andare nel cucinotto ma la voce di April gli arrivò secca e immediata -No!- Si girò ad osservarla mentre incrociava le braccia al petto e fissava il suo sguardo su una parte non bene identificata del parquette.
-Scusami..- mormorò sospirando -Scusami se piombo qua così..-
Spencer continuò ad osservarla senza dire una parola. Non sapeva dove lei volesse arrivare ma sperava ardentemente che fosse lì per un motivo preciso. Lui.
-Sapevo che saresti andato da Sasha l'altro giorno..- incominciò lentamente evitando di guardarlo ma sentendo il suo sguardo su di lei.
La vide mordersi nuovamente il labbro inferiore prima di bersagliarlo con quelle parole dette con tanta fretta -Ne avevo un sacchetto pieno di zucchero, a casa..-
Restò in silenzio, ancora. In silenzio cercava di assimilare quelle parole che gli sembravano così lontane da lui. Quelle parole che gli stavano rivelando un mondo, una coscienza, un'emozione. Restò in silenzio con gli occhi puntati su quella figuretta che gli stava davanti, insicura.. ma nello stesso tempo determinata.
April rimase un attimo ad ascoltare le sue parole rimbombare fra quelle mura. Possibile che non avesse ancora capito? Velocemente spostò lo sguardo ad incrociare gli occhi di Spencer. La fissavano in una maniera che lei non aveva mai notato prima, un brivido le percorse la schiena. Strinse le mani a pugno scuotendo nervosamente la testa poi, sospiarando, si mosse repentinamente -Fa niente Spencer, era meglio che non fossi venuta..- disse girandosi e andando verso la porta di casa.
Fu come un flash. Non poteva lasciarla andare via. Non poteva rinunciare nuovamente. Non ancora una volta.
Velocemente la raggiunse e strattonandola per un braccio la fece girare verso di lui. La borsa che lei teneva in mano cadde pesantemente a terra facendo sobbalzare entrambi.
Spencer allora portò la mano che aveva sul braccio di April a circondarle la mano, non smettendo di guardarla negli occhi.. dove vedeva riflessa la stessa emozione e la stessa paura che si sentiva addosso. Posò l'altra mano sulla schiena di April, avvicinandola ancora di più a sé mentre sentiva la pelle delle sue dita fredde accarezzargli il volto.
Era come se il tempo si fosse fermato, i loro movimenti erano lenti e pacati, segnati da una delicatezza fin'ora repressa.
Spencer si abbassò quel poco da sfiorarle le labbra, sentendo la mano di lei avanzare verso la sua nuca e afferrargli i lunghi capelli. Lo spinse su di lei ad unire le loro labbra e a far parlare solo le loro lingue in uno strano linguaggio che sembravano conoscere solo loro, come se fosse stato custodito per tanto tempo e finalmente svelato.
Si baciarono per un lungo momento con una dolcezza infinita che quando si scostarono un poco l'uno dall'altra si sorrisero a fior di labbra, sentendo ognuno il respiro dell'altro sul proprio volto. Si sorrisero come mai avevano fatto prima e si guardarono nel profondo dell'animo prima di iniziare nuovamente una lenta danza che piano piano si stava trasformando in bruciante passione.

Era accoccolata nel suo abbraccio, con la testa poggiata sulla sua spalla mentre ascoltava le parole uscire dalla sua bocca con una lentezza che non avevano mai avuto prima.
Aveva preso un libro a caso e, sorridendo, aveva notato che era proprio quell’esatto libro che tanto le piaceva, che l’aveva fatta innamorare ed emozionare.
Sempre quel libro… che ripercorreva la loro storia, i loro momenti felici. Ed ora era lì, a farli compagnia.
Non ci aveva pensato due volte e aveva deciso che quello doveva essere il loro libro e così si era messo a leggerlo, ad alta voce, mentre sentiva il calore del corpo di lei stringersi al suo. Aveva portato un braccio dietro la sua schiena e con la mano carezzava e giocava con i capelli di April. Non le era mai sembrata così bella come quella sera, stretta nel suo vestitino verde che gli solleticava il ginocchio e gli sorrideva di un sorriso nuovo, di una luce che si rifletteva nei suoi occhi e andava nel suo profondo… perché provavano lo stesso identico sentimento: amore.
-Tu l'hai saputo prima di me. E' successo qualcosa, non è vero? E tu l'hai capito prima. E' come essere di fronte a una cosa talmente grande che non riesci a vederla. Ancora adesso non sono sicura di riuscirci. Ma almeno so che c'è. (*)- lesse le parole di Cecilia, così sentite, così profonde, così amate verso il suo Robbie.
Quello era il loro legame, il loro fuoco che ardeva e che non avrebbe mai smesso di bruciare.
Quella era la loro storia d’amore.

"Non sarai mai felice se continui a cercare in che cosa consista la felicità. Non vivrai mai se stai cercando il significato della vita" Camus.

IMMAGINE

 

* Frase ripresa dal libro "Espiazione" di Ian McEwan.

 

  
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