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Autore: Melanto    21/09/2010    5 recensioni
Fuggire. Reazione immediata dinanzi ad un dolore troppo grande per essere affrontato a viso aperto. Camuffare la sofferenza in voglia di lavorare. Poi partire. Cambiare persino continente per ricostruire precari equilibri su cui camminare in punta di piedi. Dimenticarsi di tutto: amici, famiglia... assopire i ricordi e cullarli come bambini, perché non facciano troppo male, per ricaricare le certezze. E poi... e poi tornare, per affrontare il passato ed i sensi di colpa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Yoshiko Yamaoka
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Huzi - the saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Comincia qui il penultimo capitolo di “Huzi”.
Sissignore, avete capito bene.
Tenetevi ben stretti alle sedie, ragazze e ragazzi, e con i popcorn a portata di zampa perché il Fuji sta per dare il meglio di sé.
Buona lettura!

Huzi

- Capitolo 23 (Parte I) -

Taro aveva ragione: il traffico era terribile e lui aveva dovuto cambiare strada più volte e nelle maniere meno ortodosse per non restare imbottigliato.
Inoltre, le linee telefoniche sembravano completamente fuori uso e non c’era stato verso di mettersi in contatto con l’FVO o qualsiasi altro membro della sua squadra.
Yuzo continuava a sterzare bruscamente, cercando di evitare quanto più possibile gli ostacoli che si trovava davanti. Sembrava di fare una gara di slalom perché le auto incidentate e abbandonate per le strade assieme alle macerie, crollate in seguito alle scosse, ormai non si contavano più. Un paio di volte aveva anche rischiato di investire le persone che si erano gettate in strada disperate ed in cerca di aiuto.
“Maledizione!” sbottò, lanciando definitivamente il cellulare sul cruscotto dopo l’ultimo tentativo fallito di prendere la linea. Ormai non poteva fare altro che arrivare all’FVO per controllare che i suoi colleghi fossero ancora lì e in salvo.
D’improvviso, sentì la strada muoversi sotto le ruote ed ondeggiare, tanto che non fu più in grado di controllare il Pick-up il cui muso sbandò prima che lui riuscisse a tenerlo con un enorme sforzo. L’inchiodata dei freni tracciò la lunga scia nera delle gomme sull’asfalto per poi fermarsi del tutto, ma non furono le sole. Le altre vetture, nella coda che s’era creata, zigzagavano proprio davanti a lui.
Un’altra scossa seguì quella appena trascorsa, lasciandolo immobile con una mano stretta al volante e l’altra pronta per mettere in moto appena si fosse accorto del definitivo passaggio dello sciame.
Fu allora, nell’attesa caratterizzata da orecchie ben tese e occhi sbarrati, che il rumore di quel boato riuscì a fargli tremare il cuore. Istintivamente abbassò il capo per proteggerlo dietro al volante, mentre, all’esterno, le urla della gente furono sostituite dal tintinnare e addirittura infrangersi dei vetri. Anche Dante tremò, investito da un’invisibile onda d’urto e Yuzo fu sul punto di credere che perfino il parabrezza stesse per spaccarsi, ma riuscì a tenere.
Quando sollevò la testa, già sapeva cosa fosse avvenuto, ma non avrebbe mai pensato di poterlo vedere con i suoi occhi, un giorno.
Il Fuji era esploso.
L’esterna copertura fredda, ammantata di neve, e l’ostruzione che riempiva parte del condotto, ricordo delle precedenti eruzioni, erano stati scagliati via dalla forza dei gas sottopressione, essoluti dal magma fluido in risalita. Sottoforma di bolle, s’erano infilati fra le fratture. La pressione del magma da un lato, la pressione del materiale incassante dall’altro, la pressione all’interno delle stesse bolle dove i gas premevano per espandersi. Poi, la presenza dell’acqua della copertura nevosa in contatto con le alte temperature aveva fatto scattare il grilletto ed il condotto era esploso come la canna d’un fucile.
I primi litici vennero lanciati in aria come proiettili, larghi addirittura metri. Yuzo li vide percorrere perfette parabole prima di ricadere prossimali al vulcano, mentre altri, ad altezze sempre maggiori, venivano sparati dalla regione di gas thrust[1].
Sembravano gli stami di centinaia di fiori, le scie nere che tracciavano nelle traiettorie erano miriadi di pistilli, l’enorme nube che si levò sospinta dalla forza della pressione dei gas finalmente liberi di espandersi tra i petali che si aprivano improvvisamente in ogni direzione, allungandosi verso l’infinito, neri come mai se n’erano visti, e letali, destinati a divorare aria e cielo e tutto ciò che si trovava loro attorno.
La colonna eruttiva si levò velocemente come un filmato che veniva mandato avanti col tasto ‘fwd’, guadagnando metri a vista d’occhio. Sembrava non dovesse mai fermarsi. E la sua ascesa, la consistenza quasi morbida delle forme che si evolvevano e partorivano altre curve aveva un che di ipnotico.
Così, con gli occhi fissi su quello spettacolo che non gli era sconosciuto, ma che aveva sempre il potere di lasciarlo carico di meraviglia, soprattutto se a farlo era il Fuji, Yuzo mise di nuovo in moto cercando di allontanarsi da lì. Ma il caos, ora, sembrava totalmente indomabile.
La gente correva senza nemmeno guardare la strada, gli occhi costantemente rivolti alle proprie spalle perché era da lì che il vero pericolo sarebbe arrivato e il Prof sudò più delle famose sette camicie per non ferire nessuno. Un’auto, nel senso contrario al suo, sbandò perché la terra ancora tremava a causa delle esplosioni freatiche e la ruota anteriore urtò il marciapiede che divenne come una rampa di lancio. La vettura si impennò, ricadendo di schianto su un fianco e percorrendo così l’asfalto, tra grida e scintille.
La vide scomparire dagli specchietti e continuò a guidare cercando di non ripetersi che tutto quello non sarebbe dovuto accadere. In città non avrebbe dovuto esserci più nessuno a parte loro e le forze dell’ordine ed invece, mentre continuava ad avanzare, la gente scivolava attorno a Dante come la piena d’un fiume; aggiravano macerie di case dai tetti spioventi crollate in toto o in parte sotto le ultime, ripetute e violenti scosse, mentre gli edifici in cemento sembravano aver tenuto, ma qualcuno aveva perso la facciata, altri erano sfregiati da crepe profonde come cicatrici indelebili. E mentre vedeva e tentava di ignorare al contempo tutto questo, sapeva che per Nankatsu non ci sarebbe stato nulla da fare.
Una bomba vulcanica impattò ad un paio di metri da Dante e lui imprecò, sterzando di colpo. Si sporse verso il volante per poter osservare il cielo. Una nuova imprecazione, più aspra della precedente, trovò fiato nella sua gola: era cominciata la pioggia di balistici.
Gli enormi frammenti della copertura ricaddero, schiantandosi con violenza tra cose e persone e tracciando una scia di polveri nere lungo il percorso. Alcune centrarono gli edifici ancora in piedi, frammentando il cemento che schizzava via come sciami di proiettili più piccoli e letali. Altre ricaddero sull’asfalto, perforandolo con solchi profondi più di trenta centimetri. Una pompa di benzina saltò in aria, innalzando una vigorosa fiammata e poi una intensa colonna di fumo tra i tetti delle case.
Yuzo e Dante zigzagarono, evitando la traiettoria delle bombe, quando il vulcanologo scorse una lussuosa vettura nera ferma a metà su un marciapiede. Il muso distrutto dall’impatto contro un palo ed il guidatore di mezzo busto fuori dal parabrezza, tra vetro e sangue.
La riconobbe subito.
“Kishu?!”
Era convinto che si fosse già messo al sicuro, ma a quanto pareva non era stato fortunato. Yuzo accostò, scendendo dal Pick-up ma lasciando acceso il motore.
Rapidamente raggiunse l’autista ma non gli ci volle molto per capire che non ci fosse nulla da fare per lui e, a giudicare dal buco nel tettuccio, doveva essere stato preso in pieno proprio da una bomba. Priva di controllo, l’auto era poi impattata contro il palo, fermando la sua corsa.
“Kishu!” chiamò Yuzo a gran voce, tentando di aprire la portiera posteriore il cui meccanismo sembrava essere stato bloccato in seguito alla botta. Non ottenne risposta, ma non demorse. Un piede puntato contro la ruota per fare da perno e la portiera cedette, aprendosi lentamente e con sforzo. “Kishu, sta bene?”
Yuzo scorse la figura del Vice Prefetto che si teneva la fronte con una mano e con l’altra restava appoggiato al sedile davanti a sé. Doveva aver preso una bella botta perché gli parve disorientato.
“Che… che cosa… è successo?”
“Il Fuji ha eruttato, siete stati colpiti da una bomba e vi siete schiantati.” fu il sintetico riassunto di Yuzo e l’altro gli rivolse uno sguardo ancora più confuso. Un rivolo di sangue lungo la tempia.
“Cosa?”
“Glielo spiego più tardi, ora venga fuori da lì!”
Kishu non se lo fece ripetere e non senza una certa difficoltà riuscì a guadagnare l’esterno dove il frastuono delle grida terrorizzate, delle auto che cercavano di allontanarsi e delle sirene lo investirono, facendolo barcollare. Aveva un continuo ronzio nelle orecchie, come un fischio, e poi un tuonare interminabile.
“I-il… mio autista…” la voce era ancora pastosa, ma sentì benissimo la risposta di Yuzo.
“Mi dispiace, ma era già morto quando sono arrivato.”
Kishu rivolse all’uomo, che scorse per metà riverso fuori dall’auto, un’occhiata colpevole perché sapeva che se avesse agito prima non sarebbe accaduto. Molte cose non sarebbero accadute.
La voce del giovane scienziato lo distolse dalle sue recriminazioni.
“Riesce a camminare?”
Annuì adagio per evitare che la testa gli girasse troppo velocemente.
“Allora stia accanto a me e mi segua: piovono bombe.”
Tatsuya inarcò un sopracciglio con sarcasmo. “Bombe? Cosa siamo in guerra?”
“Beh, di sicuro Nankatsu, dopo, sarà un vero campo di battaglia.”
E solo in quel momento, come se l’ovatta che aveva nel cervello fosse scomparsa del tutto, si rese conto di cosa fosse davvero accaduto. Con la bocca semiaperta e gli occhi sbarrati, si volse a guardare il Fuji: una minacciosa e nera nube eruttiva continuava ad alzarsi dal suo cratere centrale, fagocitando l’aria circostante ed espandendosi come un mostro.
Istantaneamente, il rumore tonante che credeva fosse solo nella sua testa trovò una spiegazione, così come il famoso fischio. Vide un qualcosa di nero passare sopra la sua testa e schiantarsi al suolo tra cemento e polvere e lui sobbalzò.
“Q-quella è una bomba?!” ma Yuzo nemmeno lo sentì, afferrandolo per un braccio e tirandoselo dietro.
“Forza, mi segua! Dobbiamo andarcene da qui! La porterò al primo posto di blocco che-”
“Mi lasci venire con lei.” di nuovo in pieno possesso di tutte le sue facoltà, Tatsuya si fermò accanto alla portiera di Dante, attirandosi lo sguardo di Yuzo.
“Cosa?!”
“Quello che ho detto, lasci che l’aiuti.” insistette il Vice Prefetto, ma lui scosse il capo.
“Non se ne parla è troppo pericoloso e lei-”
“Buona parte di quello che sta succedendo è colpa mia, per favore…” -…mi permetta di fare ammenda…- “…posso esserle utile. Sono stato nell’esercito prima di dedicarmi alla politica, non sono uno sprovveduto.”
Yuzo fissò intensamente lo sguardo fermo dell’altro, indeciso sulla scelta da prendere, quando l’impatto d’un’altra bomba, non troppo distante da loro, gli ricordò che doveva muoversi.
“Va bene, salga presto!” accordò ed ambedue scomparvero all’interno di Dante che riprese, sgommando, la sua corsa verso l’FVO.
Mentre fissava la montagna dall’interno del Pick-up, Kishu non poté fare a meno di domandare: “Crede che… che quel lahar sia già…”
“In rotta verso Nankatsu? Non lo so. Forse sì, deve essersi già staccato dal vulcano, ma abbiamo ancora un po’ di tempo prima che raggiunga la città.” e Yuzo sperava che fosse il più possibile, sufficiente da permettere alla popolazione ancora rimasta di mettersi al riparo.
Di permettere a Yoshiko di raggiungere un luogo sicuro. Oddio. Pensare che fosse ancora in città lo faceva diventare pazzo e riusciva a calmarsi solamente ricordando a sé stesso che fosse con Taro.
Con gesti nervosi cavò le sigarette da una tasca del giaccone, porgendole a Kishu.
“Fuma?”
“No, grazie.” rifiutò l’uomo.
“Fa bene.” e ne afferrò una tra le labbra direttamente dal pacchetto per poi metterlo via. La nuvola di fumo si infranse contro il vetro appena la accese.
Il Vice Prefetto lo fissò in silenzio per qualche attimo, notando come i suoi occhi si muovessero dalla strada al vulcano per tenerlo costantemente sottocontrollo. Poi tornò a guardare, avanti a sé, la pioggia di ‘bombe’, come le aveva chiamate il vulcanologo; quegli affari avevano causato la morte del suo autista ed il solo pensiero d’aver perso uno dei suoi gli risultò pesante.
“Lo so che dirlo adesso non serve a nulla, ma: mi dispiace. Lei aveva ragione ed io torto. Non l’ho ascoltata e questo è il risultato.”
Yuzo abbozzò un sorriso, togliendo la cicca dalle labbra. “Apprezzo che se ne sia reso conto, ma recriminare adesso non serve a nulla. Cerchiamo di fare il possibile per aiutare la gente ancora rimasta, prima che il lahar ci raggiunga.”
Tatsuya annuì lasciando che il silenzio tornasse a separarli per qualche altro istante.
“Mi dispiace per sua moglie.” riprese d’un tratto “Anche io sono sposato e non oso immaginare che cosa farei se non potessi più rivedere lei e mia figlia.”
Yuzo lo inquadrò con la coda dell’occhio, leggermente sorpreso. “Ha una figlia?”
“Sì, Kazuki.” un sorriso affettuoso distese le labbra dell’uomo e quell’espressione paterna fece sorridere anche il Prof, che tornò a guardare la strada, mentre il Vice Prefetto seguitava. “Le ho promesso che sarei tornato presto e saremmo andati tutti e tre al Luna Park.”
“Lo farà.”
La convinzione con cui Yuzo lo disse, fece accentuare la smorfia sulle labbra di Tatsuya, convincendolo che avrebbe potuto farlo davvero alla fine di quell’incubo.
“Sì, lo farò.”
Ma intanto la colonna eruttiva continuava a sollevarsi e divenire sempre più minacciosa. Trecento anni di pressione accumulata fin nelle viscere della terra non erano destinate ad esaurirsi tanto presto. Con ferocia e ruggendo, raggiunse la regione delle correnti a getto, ma non si fermò.
Yuzo percepì la formazione d’un piccolo ombrello che iniziò a spingere il materiale in direzione di Tokyo, mentre il cielo si era fatto grigio cupo attorno alla montagna, la cui bocca gli sembrò più ampia di quando l’evento era cominciato, probabilmente si era allargato il condotto e avrebbero dovuto aspettarsi il lancio di altre bombe.
D’un tratto vide il bagliore d’un lampo attraversare la nube e squarciare il cielo col suo suono crepitante.
“Che diavolo era?!” sbottò Kishu, cambiando posizione sul seggiolino. Gli occhi fissi al vulcano ed i muscoli tesi.
“Fulmini.” spiegò Yuzo “Sono normali, i gas e le particelle entrano in contatto con l’atmosfera e generano scariche elettrostatiche. Tutto qui.”
Tutto qui?” fece eco Tatsuya con una certa ironia. “Se lo dice lei.”
Ed il Prof abbozzò un sorriso senza perdere di vista il Fuji. Alla base della colonna vide lo scivolare di piccoli flussi piroclastici mescolarsi alla neve che ammantava i fianchi, farla franare e scioglierla.
Lahar.
Rivoli di fango liquido mescolati a vecchi e nuovi prodotti vulcanici si diramavano come piccoli torrenti pronti a confluire in un unico, grande fiume. Quello era il boia di Nankatsu e stava arrivando.
“Si regga!” esclamò Yuzo, effettuando l’ultima curva a tutta velocità sulla strada quasi sgombra. Kishu si aggrappò alla portiera. “Ormai ci siamo, l’FVO è-” ma ammutolì di colpo quando scorse l’edificio dell’Osservatorio e ciò che vide divorò le sue parole. Lo stridio delle gomme di Dante che inchiodavano fu l’ultimo rumore che si sentì all’interno dell’abitacolo prima che calasse il silenzio.
Kishu s’affacciò alle spalle di Yuzo, osservando la situazione con espressione grave. La costruzione accanto all’FVO era crollata, probabilmente in seguito alle forti scosse, falciando parte dell’Osservatorio. Quest’ultimo si trovava ora coricato su di un fianco e  non si capiva dove finiva e cominciavano le macerie dell’altro edificio.
“Crede che siano ancora lì dentro?”
Yuzo serrò con forza le mani attorno allo sterzo senza rispondere, ma infilando velocemente Dante nel parcheggio sotterraneo. Buona parte di esso era occupato dalle macerie per le pareti crollate e l’illuminazione era intermittente nelle poche lampade ancora funzionanti, altre penzolavano dal soffitto facendo piovere scintille dove i fili erano spezzati, andando in corto circuito.
“Dio Santo, che sfacelo.” masticò Kishu, mentre il Pick-up rallentava fino a fermarsi dove prima c’era la porta che, dai garage, portava ai piani superiori. Ora l’ingresso era totalmente occupato da cemento, lamiere ed il pezzo d’una trave crollata. Era impossibile entrare dall’ingresso principale e, a quanto pareva, nemmeno da lì si poteva passare.
“Maledizione!” Yuzo sbatté con rabbia il pugno sul volante, scendendo rapidamente.
“Magari i suoi colleghi sono andati via prima che avvenisse il crollo.” ipotizzò Tatsuya in un ruvido tentativo di rassicurarlo e, dentro di sé, Yuzo sperò ardentemente che avesse ragione. Avanzò mani ai fianchi di qualche altro passo, pestando frammenti di vetro ed intonaco e fermandosi a guardare dove fino a poco tempo fa c’era stata una porta.
Stava andando peggio del previsto e non erano che all’inizio dell’eruzione. Sospirando pesantemente, abbassò lo sguardo passandosi una mano sul viso e fu in quel momento che, tra i calcinacci ed il metallo divelto, scorse le dita di una mano spuntare sotto a tutto. Di colpo, il Prof smise di respirare guardando quei pochi centimetri di pelle con gli occhi sbarrati.
Tatsuya lo raggiunse e notò la sua espressione.
“Che succede?” ma non ottenne risposta, lo vide solo avanzare ancora e poi cominciare a prendere macerie a piene mani e scavare. “Morisaki… che diavolo sta facendo? È inutile restare ancora, qui è pericoloso e non c’è più-” ma quando scorse la mano si azzittì, rimanendo immobile ad osservare.
Quando Yuzo riuscì a liberare il braccio capì subito chi fosse rimasto sepolto ben prima che riuscisse a far emergere la testa.
“Shiguro.” esalò in tono sofferente e con le labbra piegate verso il basso, da sotto uno squadrato blocco di cemento emerse finalmente parte del viso, sporco di polvere e sangue, dal cranio fracassato. Yuzo sospirò pesantemente, scuotendo il capo. Lo conosceva da così tanto tempo; Shiguro era guardiano dell’Osservatorio da prima che lui venisse assunto, ed era sempre stato un uomo fedele al proprio lavoro e ligio. Una morte simile ad un passo dalla pensione non era giusta.
“Ma è la guardia.” affermò Kishu, riconoscendo il cadavere.
“Sì.” il Prof lo osservò ancora per qualche momento, rimanendo in ginocchio prima di guardarsi attorno con un sopracciglio inarcato e l’espressione scura, nuovamente preoccupata.
Quando s’accorse che ciò che cercava con gli occhi era ancora lì, ebbe la conferma anche della sua ipotesi.
“Dobbiamo entrare.” disse fermamente, rimettendosi in piedi e raggiungendo il muro di macerie che ostruiva l’ingresso dell’FVO. Ignorando completamente la perplessità del Vice Prefetto si mise a spostare i grossi blocchi di cemento e lamiere, per quanto possibile.
“Entrare dove?” fece eco Tatsuya, ancora fermo presso il cadavere della guardia.
“Nell’FVO.”
“Che cosa?! E per quale motivo? Non ci sarà più nessuno ormai!”
Ma Yuzo non si volse né si fermò.
“Hideki e gli altri sono ancora lì dentro.” il crepitare dell’incastro perfetto tra le macerie che venivano smosse dal loro equilibrio, mentre rotolavano lungo i fianchi del cumulo, infastidì il politico che si passò una mano nei capelli, solitamente tirati indietro con la gelatina, ma ora in totale disordine.
“E come fa ad esserne tanto sicuro?” domandò con ironia, sperando che l’altro non volesse combattere contro i mulini a vento.
“Conosco Yoshikawa meglio di lei, e so che non lascia mai indietro nessuno. Non avrebbe mai lasciato l’FVO se non fosse stato sicuro che gli altri erano già fuori.”
“Lodevole da parte sua, ma il palazzo può essere crollato dopo che loro se ne sono andati, non crede?”
Yuzo si volse, indicando il fondo del garage col mento.
“Se le dicessi che le loro auto sono ancora tutte qui, sarei più convincente?”
Tatsuya osservò il punto indicato dal vulcanologo e, in effetti, c’erano ancora delle auto parcheggiate, di cui alcune sommerse di calcinacci, e in una situazione come quella non avrebbe avuto senso andarsene a piedi.
“Accidenti.” sibilò, mentre Yuzo aveva già ripreso a togliere il possibile per cercare di aprirsi un varco ed infilarsi nell’edificio.
“Allora vuole darmi una mano o no?” lo incitò con impazienza e l’altro non se lo fece ripetere.
Entrambi si misero a lavorare di buona lena, per quello che potevano, ma con quella trave davanti c’era poco da fare: seppure fossero riusciti a creare uno spiraglio, non ci sarebbero mai passati.
“Hideki!” chiamò Yuzo d’un tratto, il cemento che continuava a venire lanciato alle loro spalle e non era assolutamente intenzionato a mollare, soprattutto, non era intenzionato a credere che non fossero ancora vivi e in attesa di soccorsi. “Hideki! Ricardo! Mi sentite?” ma ancora silenzio provenne dall’altra parte. Forse erano bloccati al terzo piano, ancora.
Accanto a lui, il Vice Prefetto continuava ad aiutarlo seppur non con la stessa speranza nutrita da Yuzo. Aveva detto che lo avrebbe aiutato e visto il casino che aveva combinato era proprio l’ultima persona a potersi permettere di iniziare un discorso per tentare di farlo ragionare e fargli capire che, probabilmente, nessuno era sopravvissuto.

Quando Ricardo riprese conoscenza, la prima domanda che si pose fu: quando e perché l’aveva persa?
Tutto ciò che ricordava era di aver afferrato Rita per un braccio, trascinandola con sé giù per le scale, poi il Fuji aveva eruttato e lo spostamento d’aria aveva spaccato i vetri della parte di edificio esposta in direzione del vulcano. E poi… poi il boato, certo, anzi, in quel momento aveva avuto come la certezza che i boati fossero stati due: uno più distante, ovviamente il Fuji, ed uno molto, molto più vicino che però non aveva avuto la minima idea di che diavolo fosse.
Tastando alla cieca avvertì sotto le dita e anche sotto al culo solo ed esclusivamente cemento ed improvvisamente l’ultimo frammento di ricordo balenò davanti ai suoi occhi, svegliandolo del tutto: le scale erano crollate, mentre loro le stavano ancora scendendo.
“Ehi!” biascicò con la bocca pastosa ed il sapore della polvere. “Tutto bene, ragazzi?”
Il primo a rispondere fu Hisui ed il suo tono lamentoso lo rassicurò.
“Ti pare che possiamo stare bene? E’ venuto giù il finimondo!”
“Non lagnarti, Meteo-man, ringrazia Dio che sei ancora vivo, piuttosto.” lo ammonì Toshi chissà da dove, tentando di liberarsi dalle macerie che lo tenevano intrappolato. Rick lo comprese dal rumore dei massi che venivano smossi.
“Tu stai bene?” domandò il geochimico e l’ingegnere tentò di mettersi almeno seduto.
“Sì, più o meno. Ho un pezzo di cemento piantato nel culo.”
La voce di Rita lo raggiunse poco lontano da lui.
“Non mi sembra il momento di mettersi a fare strani giochetti sadomaso.”
¡Cariño! Stai bene?”
“Potrei stare meglio.” sbuffò la sismologa. “Per poco non mi ammazzavi! Mi hai tirato così, di botto, tanto che stavo per cadere dalle scale.”
“Ci sei caduta lo stesso, visto che sono crollate.” ci tenne a precisare Hisui, mentre Rick si difendeva.
“Ammazzarti?! Ma se ho cercato di salvarti!”
“Oh, mio eroe, la prossima volta non disturbarti, faccio da me.”
Ricardo sbuffò, incrociando le braccia al petto. “Mi denigri sempre.”
“Povero cucciolo.” ironizzò Rita, quando una quinta voce si levò più lontana.
“Potreste mettere da parte la vostra corrispondenza di amorosi sensi e darmi una mano? Credo di avere una gamba rotta!”
L’ingegnere tentò di mettersi in piedi come poteva nell’angusto spazio semibuio, dove la luce arrivava solo tra gli spiragli delle macerie.
“Arrivo capo, tenga duro, la tiro fuori!”
“Ma qualcuno di voi ha capito che diavolo è successo?” rimuginò Toshi, mentre Hisui lo aiutava a venire fuori da alcuni pezzi di marmo degli scalini.
“Credo che lo scopriremo solo una volta fuori.” e il meteorologo non aveva tutti i torti, ma la sua affermazione non fece che evidenziare un problema ben più urgente: come avrebbero fatto ad uscire? La confusione delle scale crollate era tale che non si capiva nemmeno più da che parte era il sopra e il sotto.
“Ragazzi, ho bisogno di voi!” Ricardo richiamò l’attenzione dei colleghi. “Hideki è bloccato, mi serve aiuto!”
Il burbero aveva una gamba, quella rotta, incastrata sotto un grosso blocco di cemento. Hisui e Toshi lo raggiunsero, mettendosi alle spalle di Ricardo per valutare la situazione.
Lo spazio per muoversi era talmente angusto che tutti e tre restavano in ginocchio.
“Bel modo di arrivare alla pensione.” borbottò il capo dell’FVO.
“Non si preoccupi, adesso ci pensiamo noi.”
“E’ proprio questo che mi preoccupa!”
Ed i tre soccorritori ridacchiarono, mentre Rick dava disposizioni.
“Toshi, aiutami a sollevare quel coso. Hisui, appena la gamba è libera, tira via il capo.”
“Ok.” risposero in coro e ognuno raggiunse la posizione più favorevole. Il meteorologo si sdraiò per riuscire a mettersi alle spalle di Hideki, mentre Rick e Toshi si avvicinarono al grosso blocco pronti a spingerlo via.
“Al mio tre.” disse l’ispanico. “Uno, due…” e al ‘tre’ insieme fecero forza con tutte le energie che avevano in corpo, mentre il burbero tratteneva tra i denti il dolore del peso che si spostava sopra la gamba ferita.
“Ci siamo quasi! Ancora uno sforzo!” incitò Rick, spingendo più che poteva. Al momento giusto, Hisui afferrò Hideki da sotto le braccia, tirandolo via.
“Ce l’ho, mollate!”
A quel richiamo, i due scienziati non se lo fecero ripetere e tirarono un profondo sospiro, recuperando fiato. Il blocco di marmo e cemento tornò al proprio posto con un tonfo e qualche frammento più piccolo che rotolò via.
Rita accorse per prestare soccorso ad Hideki. “Non parrebbe scomposta, ma ho bisogno di qualcosa con cui steccargli la gamba.”
“Non vedo legno nei paraggi.” fece presente Toshi. "E a dire il vero, è già tanto se riesco a vedere qualcosa."
“Vanno bene anche delle barre di ferro.”
Hisui si mise a tastare alla cieca attorno a sé, avanzando carponi fin dove poteva spingersi in quell'insieme di macerie. Le dita graffiate facevano presa sugli oggetti cercando di carpirne le forme nella penombra. Toccò qualcosa di metallico e ne seguì la forma per un po'. Sembravano barre, quelle che facevano parte della struttura armata del cemento. Non erano perfettamente dritte, ma potevano andare bene. Cercò di tirarle via dalla loro allocazione come poté, perché in parte spezzate dal troppo peso che aveva superato lo sforzo massimo sopportabile. Prese a sbatterle contro una parete crollata per ripulirle, il più possibile, dalla maggior parte di cemento che ancora vi restava saldamente attaccata. "Queste vanno bene?" propose infine, passandole a Rita.
“Perfetto!” esclamò la donna e con della stoffa rimediata dalla giacca che stava indossando, le fissò ai lati della gamba di Hideki.
“Che provetta crocerossina.” scherzò lo stesso Meteo-man.
“E’ solo momentaneo. Al primo ospedale faranno di meglio.”
Rick si guardò attorno con piglio critico. “Il problema è: come usciamo di qui?!” e il resto della squadra tacque perché nessuno aveva la risposta giusta a quella domanda.
“Quando… quando le scale sono crollate.” tentò Hideki con uno sforzo. “Io, Sugihara e Aoki eravamo più avanti, mentre tu e Fusco eravate poco dietro di noi. Quindi, significa che di là” ed indicò avanti a sé “si scende verso il garage. Mentre dalla parte opposta si sale.”
Rick annuì. “Almeno iniziamo ad orientarci. Hisui, controlla se è possibile accedere al piano e cerca di capire se siamo al primo o al piano terra. Io vado a dare un’occhiata in basso. Toshi, Rita: mettete comodo il burbero.”
“Burbero?!” fece eco il diretto interessato. “Non approfittartene troppo solo perché sono ferito, Manzanares!” ma l’altro ridacchiò, non prestandogli ascolto e andando in avanscoperta.
Poco dopo, Hisui tornò, ma non aveva buone nuove.
“Più sopra le macerie sono così ben incastrate che se provassimo a smuoverle, crollerebbe tutto.”
Nemmeno Rick fu più fortunato.
“C’è un blocco enorme costellato da altri più piccoli. Nemmeno se ci mettessimo tutti e quattro a spingere riusciremmo a spostarlo. Comunque, credo di aver capito dove siamo. Dabbasso filtravano degli spifferi d’aria fredda ed umida, credo sia il garage.”
“Questo dovrebbe consolarci?” sbottò Toshi. “Siamo bloccati qui dentro come dei ratti!”
“Manteniamo la calma, Shiguro sa che siamo ancora qui.” intervenne Rita “Manderà qualcuno a liberarci.”
“E chi? A quest’ora la città sarà deserta! Non lo sentite? Il Fuji sta facendo il suo show!”
“Non me ne parlare.” borbottò Hideki che, nonostante il dolore, ebbe da lamentarsi di ben altro. “L’eruzione del secolo e ce la stiamo perdendo.”
Anche se circondati da marmo e cemento il suono basso e rombante del vulcano riusciva ad arrivare anche a loro, e fu mentre era concentrato su quel cupo rumore che Rick riuscì a sentire qualcos’altro, mentre gli altri seguitavano a discutere.
“Zitti tutti!” intimò con un gesto e rimanendo in ascolto.
“Hi… ki… cardo… mi… tite?”
Un sorriso gli distese le labbra nello sbottare con sicurezza: “E’ Yuzo!”
“Cosa? Yuzo? E dove? Hai le traveggole?” Hisui parve non comprendere.
“Deve averlo contattato Shiguro!” Rick si precipitò verso il fondo, rispondendo al richiamo con tutto il fiato che aveva in gola. “Yuzo! Yuzo siamo qui!”
Non avrebbe lasciato morire quella possibilità di salvezza per nulla al mondo.

“Ehi! Ha sentito?” Yuzo afferrò il Vice Prefetto per un braccio, facendogli cenno di fermarsi e ascoltare. Ma oltre al continuo rombare dell’eruzione che imperversava all’esterno, Kishu non sentiva nulla.
Tatsuya sospirò. “Morisaki, io non credo-”
Sh!” Yuzo lo zittì con decisione, seguitando a rimanere in ascolto. “Sono convinto di aver sentito una voce.”
Il Vice Prefetto si passò il dorso della mano sul viso per cercare di liberarsi dalla polvere sollevata dal continuo spostare di macerie, che gli stava bruciando gli occhi. Non sentendo nient’altro, Yuzo riprese a togliere quanto più materiale possibile.
“Ricardo! Rita!” chiamò ancora, imperterrito, e Tatsuya stava per fermarlo definitivamente quando, stavolta, anche le sue orecchie captarono quel flebile: “…’zo…”
Il Prof lo guardò trepidante e con un mezzo sorriso sulle labbra. “L’ha sentito anche lei, vero? Adesso non può negarlo!”
E no, non poteva davvero, tanto che si rimise subito a scavare ed insieme riuscirono ad aprire finalmente uno spiraglio per poter guardare dall’altra parte delle macerie. Ora, la voce arrivò forte e chiara.
“Yuzo! Yuzo siamo qui!”
“Rick! Tutto ok?” il Prof lo riconobbe subito ed un senso di sollievo lo fece sospirare profondamente, riuscendo a frenare la preoccupazione.
“Adesso sì, grazie a Dio.”
Yuzo scrutò nello spiraglio ma non riuscì a scorgerli.
“Che diavolo è successo?”
“Stavamo abbandonando l’FVO quando il Fuji ha eruttato e al boato del vulcano se n’è unito anche un altro che non siamo riusciti a capire.”
“Era l’edificio accanto all’Osservatorio, vi ha preso in pieno mentre crollava.”
“Ecco perché d’un tratto le scale sono franate!” riuscì a capire l’ispanico. “Noi siamo rimasti bloccati tra il piano terra e i garage.”
Yuzo si guardò intorno con fare accigliato, seguitando a parlargli. “D’accordo, adesso cercheremo di fare il possibile per tirarvi fuori.”
“Ti ha detto Shiguro che eravamo ancora dentro?”
E a quella domanda il Prof non rispose subito, scambiando un’occhiata col Vice Prefetto.
“Shiguro è morto.” disse poi, in tono fermo.
“Merda!”
“C’è Kishu con me.” e, un po’ più debole ma perfettamente comprensibile, si levò quel sorpreso: “Il cagacazzi in doppio petto?!”
“Proprio quello.” replicò Tatsuya, arricciando le labbra.
“Rita! Ma ti pare il momento di offenderlo?! Quello ci lascia qui!” la rimproverò Ricardo e la sismologa borbottò qualcosa in dialetto che nessuno dei due, all’interno del garage riuscì a sentire, ma Yuzo fu felice di sapere che stavano tutti bene e si concesse un sorriso più rilassato.
“Ok, adesso cercheremo un modo per liberare il passaggio. Purtroppo c’è una trave che lo blocca e non sappiamo come spostarla.”
“Va bene, aspetteremo tue disposizioni.” accordò l’ingegnere e Yuzo scese dal cumulo di macerie per guardarsi attorno e trovare qualsiasi cosa potesse rivelarsi utile, ma lì sotto era un caos e nulla sembrò far al caso suo.
“Che ha intenzione di fare?” domandò Kishu, facendo vagare lo sguardo anche lui per rendersi utile.
“Dobbiamo trovare qualcosa che ci aiuti a fare da leva. Se la infilassimo in quello spiraglio-”
“Seppur trovassimo ciò che ci serve avremmo bisogno di altre quattro braccia per riuscire a spostare una trave di quelle dimensioni.”
Il Prof si passò una mano tra i capelli impolverati con nervosismo. Il Vice Prefetto aveva ragione, ma loro erano solo in due e sarebbero dovuti bastare.
“L’unico modo sarebbe farla saltare.” concluse il politico e Yuzo ebbe l’idea. Con vigore gli afferrò il braccio, attirandosi la sua attenzione.
“Giusto! Il Tovex[2]!”
“Avete del Tovex?!”
“Certo! Altrimenti come le facciamo le prove sismiche in foro?”
“Con qualcosa di meno pericoloso, magari?!” replicò Kishu come se fosse ovvio.
“Non sempre è possibile. Su, mi segua.”
Yuzo si mosse rapidamente verso l’uscita del garage e Tatsuya gli tenne dietro con ancora l’espressione tra il perplesso e lo sconcertato. Decisamente, la gente di quell’Osservatorio – ma anche di tutta la categoria – non era proprio sana di mente.
“E si può sapere dove lo tenete?”
“Qui dietro.” il Prof si mise a rovistare nel voluminoso mazzo di chiavi che portava sempre con sé e al quale erano attaccate anche quelle di casa. Praticamente privato e lavoro erano una cosa sola per lui; inscindibile.
Tatsuya stava per mettersi le mani nei capelli, invece.
“In pieno centro cittadino?! Voi tenete il Tovex-”
“Kishu, per la miseria! Non ci prenda per degli incoscienti o, peggio, per degli imbecilli! Il magazzino è a prova di catastrofe, il Tovex non è dinamite e non ne conserviamo in quantità industriali, che cavolo!”
Al vulcanologo venne da ridere: non si sarebbe mai aspettato che fosse tanto impressionabile. Ma ogni traccia di ilarità scomparve non appena si trovarono fuori ed il rombo li avvolse con una forza devastante. Yuzo e Tatsuya si volsero entrambi, uno di fianco all’altro, per valutare la situazione che il primo definì con un’imprecazione masticata, focalizzandosi solo sul problema di più immediata risoluzione. Il passo, da affrettato, divenne una corsa per raggiungere il magazzino.
L’altro, invece, rimase rapito a fissare quel mostro nero che continuava a divorare il cielo e scaricare folgori. Ceneri e polveri avevano oscurato tutto verso Tokyo e continuavano ad espandersi e salire in alto. A Nankatsu sembrava stesse calando la notte e il Fuji non sembrava intenzionato a perdere intensità, anzi, lo scorrere del tempo non faceva altro che renderlo più spaventoso e forte, enorme.
Erano solo all’inizio, ricordò Tatsuya a sé stesso, ma quanto ancora li avrebbe separati dalla fine? E cosa sarebbe rimasto quando il Fuji avesse finalmente acquietato la sua furia? Che scenario l’avrebbe atteso dall’altra parte della montagna?
Per un attimo si rese conto di non volerlo sapere e di non volersi trovare ancora lì quando la fine sarebbe giunta. Con decisione mosse un passo indietro, voltando le spalle al nero dragone impazzito per raggiungere Yuzo, che si era già allontanato.
Lo rincorse ed insieme aggirarono l’edificio, pendente come la torre di Pisa. La casupola adibita a magazzino era miracolosamente ancora in piedi.
Yuzo armeggiò velocemente tra chiavi e lucchetto, riuscendo ad aprire la porta, ma la corrente era saltata e quando pigiò sull’interruttore, l’ambiente rimase buio.
“Sa già dove si trova?” domandò Kishu, facendo capolino all’interno. Era ben più grande di quanto avesse immaginato, alcune delle alte scaffalature in metallo si erano inclinate a causa delle scosse, riversando al suolo il loro contenuto. Mentalmente il Vice Prefetto ringraziò che il Tovex non fosse sensibile ai movimenti, altrimenti sarebbe già saltato tutto in aria.
Yuzo avanzò con maggiore decisione, rovistandosi nelle tasche alla ricerca delle sigarette.
“Sì, venga. E stia attento a dove mette i piedi.”
“Si vedesse qualcosa, almeno.” protestò Tatsuya.
“Mi dia un momento.” borbottò il Prof, continuando a tastare gli abiti fino a che non trovò il pacchetto con soddisfazione. “Eccole! Possibile che io le perda sempre?”
“Che cosa?”
“Le sigarette.”
Kishu lo agguantò per un braccio. “Non vorrà mettersi a fumare qui dentro?”
Yuzo ridacchiò. “Vice Prefetto, lei sta offendendo la mia intelligenza, lo sa?” e prima che l’altro potesse replicare, gli puntò sul viso la luce della piccola torcia posta nella parte inferiore dell’accendino. “Cosa non si inventano di questi tempi, eh?”
Tatsuya si passò una mano sul viso, sbuffando. “Mi scusi, oggi è una pessima giornata.”
Stavolta, il Prof rise davvero. “Non lo dica a me.” poi puntò la luce al suolo, rischiarando i loro passi e gli oggetti sparsi: scatoloni dal contenuto riversato ovunque e frammenti di plastica e vetro. “Dovrebbe essere in fondo.”
Velocemente si mossero nell’ambiente dominato dalla penombra e fesso dalla luce solo ai punti in cui i vetri oscurati delle finestre, poste alla sommità delle pareti, si erano frantumati per le troppe vibrazioni.
Scavalcarono il metallo caduto al suolo, arrivando al loro obbiettivo anch’esso a terra.
“E’ in una scatola con scritto: ‘Maneggiare con cura’.”
“Peccato che il Fuji non sappia leggere.” ironizzò Kishu cominciando a rovistare tra gli oggetti.
La famosa scatola la trovò per caso. Dopo aver messo le mani praticamente dappertutto, Tatsuya urtò col piede quello che fece lo stesso rumore del cartone. Di colpo si immobilizzò, sudando freddo. Vero era che il Tovex esplodeva – di solito! – solo se detonato, ma dare un calcio a dell’esplosivo non era proprio un’emozione da provare.
“Morisaki!” il tono gli uscì più allarmato di quanto avrebbe voluto. “Faccia luce qui, presto. Credo d’aver appena urtato la scatola che stavamo cercando.”
Ed infatti, il vulcanologo confermò entusiasta, illuminandolo con la piccola torcia.
“Bel colpo, Vice Prefetto!”. Cavò i tre candelotti rimasti. Erano più che sufficienti per quello che avrebbe dovuto fare. “Venga, torniamo nel garage.”
“Aspetti: e i detonatori?”
“Ce li ho sul Pick-up.”
“E lei ha dei detonato-” ma si interruppe, alzando le mani ormai rassegnato. “Ci rinuncio.”
“Saggia decisione.”
Una volta fuori, percorsero il tragitto inverso ancor più velocemente, scomparendo all’interno del garage.
“Rick!” chiamò Yuzo appena fu abbastanza vicino.
“Sì! Era ora, ma che fine avevi fatto?”
“Abbi pazienza! Cercheremo di spaccare la colonna con i candelotti di Tovex. Voi state il più lontano possibile da questa parte di muro.”
“Ok, col… col COSA?! Ma vuoi salvarci o ammazzarci?! No perché in tal caso è più facile che ci ammazzi tutti!”
“Non lamentarti e lasciami fare.” lo rimbrottò Yuzo e l’altro si arrese con più condiscendenza di Kishu.
“Va bene, sei tu il capo. Comunque sappi che non te ne vorrò qualora dovessi seppellirmi vivo.”
Il vulcanologo rise e svelto raggiunse Dante. Abbassò il portellone posteriore, salendo sul rimorchio, e con un gesto deciso tolse il telo che lo ricopriva.
“Quanta fiducia da parte del suo gruppo.” il Vice Prefetto cercò di fare dell’ironia, nonostante la situazione fosse drammatica, mentre Yuzo rovistava sotto le tremila cianfrusaglie che aveva nel vano. Da sotto metri e metri di cavetti, geofoni e pale emersero i fili per detonare ed il piccolo telecomando.
“Ho la patente per maneggiare questa roba, Ricardo lo sa, ma deve fare un po’ di scena, altrimenti non è contento.” spiegò Yuzo, saltando giù dal mezzo e tornando ad occuparsi di cose più pratiche “Questo lo metta in basso a sinistra della colonna.”. Gli mollò il candelotto in mano assieme al cappuccio del detonatore.
Tatsuya fissò l’oggetto con le sopracciglia aggrottate e poco entusiasmo per qualche momento, prima di tirare un profondo respiro e mettersi al lavoro. Ormai non era più tempo di recriminare, ma solo di agire, anche se in maniera poco ortodossa come quella.
La giornata era ben lungi dal finire.
Con le competenze acquisite con gli anni vissuti nell’esercito, Kishu infilò il cappuccio detonatore al candelotto, posizionando quest’ultimo nella crepa sotto la colonna. Srotolò il cavo muovendosi a ritroso mentre Yuzo scendeva dal cumulo di macerie dopo aver sistemato il secondo candelotto nell’angolino in alto a destra.
Si ritrovarono al lato opposto del Pick-up che avrebbero usato come scudo durante l’esplosione, si sedettero a terra, uno accanto all’altro, e spalle al mezzo. Yuzo inserì le estremità dei cavi nell’esploditore, accendendo il dispositivo. Le luci dei primi due slot si illuminarono di rosso emettendo un sonoro ‘bip’, segno che i cavi erano stati correttamente inseriti e le cariche erano pronte per esser fatte brillare.
“Si turi le orecchie e ripari la testa.” avvisò il Prof ed il Vice Prefetto ebbe solo il tempo di raccogliersi su sé stesso e portare le mani ai lati del volto, poi il boato lo assordò completamente, facendogli tremare perfino le ossa. Il Pick-up traballò, investito dall’onda d’urto, tanto che i finestrini esplosero, lasciando che una pioggia di vetri rovinasse su di loro. Attorno, la nube di polvere li inghiottì assieme al mezzo. Rimasero immobili per alcuni minuti lunghissimi, coprendosi il viso come meglio poterono, mentre le orecchie erano tese ad ascoltare – oltre l’ovatta che sembrava ricoprirle – il rumore di cemento e macerie che crepitavano. Qualcuna aveva colpito la fiancata di Dante, producendo l’inconfondibile rumore metallico, altre avevano superato il Pick-up ed erano volate alte oltre le loro teste.
“Tutto bene?” la voce di Yuzo raggiunse il Vice Prefetto tra i colpi di tosse.
“Sì.” tossì l’altro di rimando. “Più o meno. Dice che ha funzionato?”
“Non ci resta che scoprirlo.” il Prof emerse dal suo nascondiglio, cercando di scrutare attraverso la cortina di polvere e sperando d’esser riuscito almeno a smuovere la trave che bloccava la via di fuga dei suoi colleghi.
Attraverso la polvere che lentamente si faceva più rada, fuggendo verso l’uscita del garage, entrambi poterono scorgere le macerie che erano state lanciate in avanti, facendo quasi una sorta di colossale pulizia di quelle che, in principio, avevano formato il cumulo. La trave era stata spaccata in tre punti, che avevano preso a separarsi tra loro ed era ben di più di quanto Yuzo avesse sperato.
Subito agguantò due pale da dentro il Pick-up, dandone una a Kishu.
“Faccia perno con questa!”
E si misero a lavoro con maggiore lena.
Il ruzzolare di un terzo della colonna risuonò per tutto il garage, andando a morire con un tonfo sul pavimento.
“Ci siamo ragazzi! Tra poco sarete fuori!” avvisò Yuzo e Ricardo rispose prontamente: “Grazie per non averci ucciso, lo apprezziamo molto.”
Il secondo terzo di colonna andò a fare compagnia al primo, spinto da Tatsuya, mentre il Prof scavava per togliere le macerie più piccole e spostare le altre. Lo spiraglio divenne sufficiente per permettere il passaggio di una persona.
La prima ad uscire sana e salva, coperta di polvere di cemento, fu Rita.
Yuzo l’aiutò a venire fuori dal passaggio creato tra le macerie.
“Yuyù! Metterò il tuo santino assieme a quello di San Gennaro!” esclamò, sgranchendosi finalmente le gambe e la schiena anchilosate e doloranti per essere state a lungo rinchiuse in quello spazio angusto e per i lividi.
Poi scoccò un’occhiata a Kishu, indicandolo col pollice. “E mo’ l’avesse pure ringrazià?!”
“Beh, direi.” affermò Yuzo “Mi ha aiutato a tirarvi fuori.” mentre l’uomo, che aveva intuito cosa la donna avesse detto, sollevò le mani, inarcando un sopracciglio e sorridendo ironicamente.
“Non si dia pena. Come se l’avesse già fatto.”
Ma Rita gli si fece ugualmente vicino, togliendosi la polvere e lanciandogli un’occhiata divertita da sopra le lenti da vista.
“Non male per un cagacazzi.”
Il secondo ad uscire fu Hisui, seguito da Toshi che però rimase presso l’apertura. Insieme a Yuzo aiutarono il passaggio di Hideki.
“Fate attenzione alla gamba del burbero.” si premurò Rick dall’interno “E’ rotta.”
“Ancora con questa storia?! Io non sono burbero!” sbraitò Hideki, facendo ridere i suoi giovani sottoposti.
“Sì, sì certo.”
“Non ti ci mettere anche tu, ragazzo!” borbottò ancora verso il Prof. Toshi si fece passare un braccio dell’uomo dietro al collo, mentre Tatsuya accorse all’altro lato.
“Mettetelo sul sedile posteriore del Pick-up.” ordinò il vulcanologo. “Rita, monta con lui e tu, Hisui, sgombra il vano coperto di Dante da tutte le cose inutili.”
Entrambi annuirono, mettendosi subito al lavoro.
“Ah! ¡Dios mio! Aria!” nel mentre, Ricardo aveva appena messo fuori la testa. L’attimo dopo era finalmente libero ed in piedi all’interno del garage, il braccio che veniva fatto ruotare adagio per controllare che non avesse niente di rotto, a parte la botta che aveva preso nello schianto delle scale.
Yuzo lo guardò con un sorriso. “Tutto bene?”
¿Qui eres tu? ¿Un Santo?” scherzò l’ispanico, prima di scambiare con lui un abbraccio sollevato. “Stavo per diventare claustrofobico lì dentro.”
“Non stento a crederlo. Ma ora muoviamoci, il Fuji sta dando spettacolo.”
“Già mi sono perso l’inizio, vorrei almeno godermi il resto!”
Ma il loro entusiasmo venne interrotto quando avvertirono uno strano tremore provenire dall’interno dell’edificio. Entrambi si guardarono attorno con circospezione fino a che non notarono una serie di crepe diramarsi velocemente in tutte le direzioni delle pareti e del soffitto.
“Yuzo.” chiamò Rick, annuendo lentamente. “…credo che tu… abbia esagerato col Tovex.”
“Già…”
Adagio si volsero l’uno verso l’altro, scambiandosi uno sguardo d’intesa.
“Fuori di qui!” sbottarono in coro, correndo verso il Pick-up, dove l’esclamazione allarmata s’era attirata lo sguardo perplesso di Kishu.
“Che succede adesso?”
“Proprio sicuro di volerlo sapere?!” Yuzo montò su Dante senza nemmeno degnarlo d’una occhiata. L’altro fece una smorfia.
“Certo che sì, gliel’ho appena-” ma la risposta la ebbe non appena ebbe alzato i suoi occhi al soffitto dove le crepe si delineavano come neri serpenti sottili, raggiungendo e superando le loro teste. Non gli ci volle molto per capire.
“Oh, merda!”
“Andiamo, Kishu! Salga su!”
Tatsuya non se lo fece ripetere due volte. Come un fulmine montò su Dante, nel seggiolino accanto al guidatore, occupato da Yuzo. Nei sedili posteriori c’erano Rita e Hideki, mentre nel vano, Toshi, Hisui e Rick restavano seduti e ben attenti a proteggersi dai crolli.
“Reggetevi!” fu l’ordine del vulcanologo che partì sgommando, facendo una poco ortodossa inversione tra le colonne ancora in piedi del garage e quelle ormai a terra. Nella scia, il soffitto cominciò a crollare. Yuzo poteva vederlo dallo specchietto retrovisore e sentire il ticchettare di alcuni frammenti sul tettuccio.
Davanti a lui, la rampa che portava all’uscita venne presa col piede premuto a tavoletta sull’acceleratore. Nonostante il posteriore del Pick-up sbandasse leggermente e lui facesse un terribile sforzo per riuscire a tenerlo, non avrebbe rallentato. La luce della salvezza era sempre più vicina.
Alla fine della rampa, Dante perse aderenza con l’asfalto, spiccando un piccolo balzo ed atterrando subito dopo, tra i gridolini di Rita e dei tre compagni nel vano, mentre Hideki emetteva un ringhio di dolore per la gamba.
“Siamo fuori.” disse Yuzo, quasi a convincersi del fatto che ce l’avessero fatta e, per quanto all’esterno li stesse aspettando un altro, enorme problema, al momento erano salvi. “Siamo fuori.”
L’attimo dopo, il rombo della parte inferiore dell’FVO che crollava separandosi definitivamente da quella coricata su un fianco, sancì che Nankatsu aveva appena perso definitivamente il suo Osservatorio Vulcanico.
“Questa la spiegherai tu alle alte sfere del VRC, ragazzo.” affermò Hideki, osservando la nuvola di polvere dal vetro della finestrella comunicante col vano aperto.
Yuzo ruotò gli occhi al cielo. “La prossima volta ti lascio lì!” borbottò, inquadrandolo dallo specchietto retrovisore.
Kishu intervenne, la mano ancora serrata alla maniglia della portiera. “Gradirei che non ci fosse una seconda volta!”
E Yuzo scosse il capo, dando disposizioni a Rita. “Dai una voce agli altri tre, vedi se stanno bene.”
“Ok.” ridacchiò la sismologa, aprendo proprio la piccola finestrella che sostituiva il classico lunotto posteriore.
“Sì, tutto ok qua dietro.” spiegò Rick una volta interpellato “Ma quello che sto vedendo è incredibile.”
Ora che erano fuori dall’FVO, mentre il Pick-up scivolava svelto tra le strade deserte e disastrate, il Fuji entrò finalmente nel raggio visivo del gruppo di scienziati, che lo avevano già individuato a causa della enorme nuvola nera che formava la colonna e la regione ad ombrello. Aveva già da tempo raggiunto la zona delle correnti a getto e tutto il materiale veniva spinto in direzione Est. Su Tokyo doveva già essere iniziato l’inferno della pioggia di lapilli, visto che da loro si stava riversando materiale piroclastico, anche se in quantità minime.
Frammenti di pochi centimetri incandescenti caddero sul mezzo, cominciando a coprire il parabrezza.
“E questa cos’è? La seconda piaga?” Kishu era esasperato. Quell’incubo sembrava non avere mai fine.
“Lapilli.” precisò Yuzo “E finché possiamo, consideriamoli il male minore.”
Rita si sporse dal finestrino per osservare il vulcano, imitata da Hideki che, con maggiore sforzo, tentò di guardare dalla finestrella.
“Fantastico.” esalò la sismologa. La colonna eruttiva del Fuji si ergeva enorme e minacciosa nel pieno del suo vigore. Ad occhio e croce, l’eruzione avrebbe potuto continuare per delle ore e quel pensiero non piacque al vulcanologo. Un’attività così intensa, tutta in una sola volta, avrebbe potuto svuotare pericolosamente la camera magmatica e far crollare l’intera struttura. Yuzo sospirò, distogliendo lo sguardo dallo specchietto retrovisore.
“Avete una concezione di ‘fantastico’ davvero tutta vostra.” borbottò il Vice Prefetto ed Hideki sbuffò una risata.
“Benvenuto nel Club.”
“Ah, per carità! Questa esperienza è stata sufficiente.” e se alla fine di tutto quello fosse riuscito a restare in politica, promise a sé stesso che avrebbe fatto qualsiasi cosa affinché non si ripetesse mai più una simile tragedia. Lanciò un’occhiata al vulcanologo e vide il suo sguardo fermo e serio.
Le dita picchiettavano nervosamente sul volante.
“Dove stiamo andando ora?” decise di chiedere poiché non ne aveva idea.
“Devo portarvi in uno dei centri d’accoglienza, che sia al sicuro però. Aspetterete lì il passaggio del lahar e l’arrivo dei soccorsi.” poi ringhiò “Che spero facciano presto, cazzo! Non si vede nemmeno uno stramaledetto elicottero!”
Kishu parve sorpreso. “Non lasciamo la città?”
“Non ce la faremmo in tempo, il traffico è concentrato tutto nelle vie di fuga da Nankatsu, resteremmo imbottigliati e senza via di scampo. Andremo invece in un campo e vi lascerò lì.”
Il sopracciglio di Kishu si inarcò lentamente. “E lei?”
Yuzo lo osservò per un attimo per poi tornare a fissare la strada.
“Io ho una cosa da fare.”
Una cosa cui aveva pensato costantemente per tutto il tempo. Una cosa che se non avesse verificato con i proprio occhi, non si sarebbe mai dato pace. Doveva accertarsi che Yoshiko stesse bene. Sapendo che probabilmente era ancora in città, doveva raggiungerla, trovarla e restare con lei. Convincersi che non corresse più alcun pericolo e non lasciarla sola.
Il suo rimuginare venne interrotto da dei concitati colpi sul tettuccio.
Yuzo osservò Rita dallo specchietto. “Vedi che vuole Rick.” ma non ci fu bisogno che la giovane facesse da tramite perché come aprì il piccolo vetro divisore, la testa di Ricardo si infilò nello spazio, sbraitando come un disperato.
¡Madre! Yuzo, fermati e esci a guardare! Sta arrivando!”
L’ispanico non dovette specificare cosa, perché il Prof comprese all’istante.
Inchiodò il mezzo d’improvviso, costringendo il Vice Prefetto a fare perno con le mani per  non tirare una testata sul cruscotto.
“Mapporca!” imprecò. Gli occhi che, furenti, saettarono al giovane accanto a lui. “Di che diavolo state parlando?!”
“Del motivo per cui volevo far evacuare l’intera città!” sbottò Yuzo, scendendo di fretta dal mezzo e guardando in direzione del Fuji. Perfino Hideki costrinse gli altri a dargli una mano, perché voleva vederlo con i propri occhi e lo spettacolo, stavolta, per quanto scientificamente fantastico, ghiacciò a tutti il sangue nelle vene.
Yuzo avanzò meccanicamente di qualche passo, arrivando al limitare di Dante. Negli occhi gli sembrò che l’immagine trasfigurasse nei contorni di un incubo e, per un attimo, il Fuji divenne il Nevado del Ruiz, facendogli realizzare che la situazione era addirittura peggiore.
Ricardo spezzò il silenzio, dando voce a quelli che erano anche i suoi pensieri. “Questo batte Navidad, non è così?”
Sì. Lo batteva.
Stava arrivando da lontano, non si distingueva nemmeno da dove fosse cominciato o se fosse il solo, perché tutto il fianco del Fuji era stato coperto da materiale piroclastico ed il candore della neve era stato divorato e sciolto dal calore. Restavano solo lingue sporadiche, ma presto sarebbero scomparse anche quelle. L’acqua che impregnava la terra si era mobilitata nel tumulto eruttivo e non era più stata capace di tenersi aggrappata ai pendii. Il terreno non era più stato in grado di trattenerla e assorbire quella prodotta dalla neve sciolta.
Ora, in un fronte larghissimo e grigio, veloce come una carica di guerra, si stava muovendo lungo le pareti del vallone alla base del quale c’erano loro e l’intera Nankatsu.
Kishu trasalì, la gola secca ed il peso della paura sulle spalle. “Volete dirmi che quello… quello è un… lahar?”
“E’ enorme.” constatò Hisui con la bocca semiaperta, mentre Toshi realizzava cosa avrebbe comportato quel muro inarrestabile di acqua, roccia e lava, fango e alberi. Quella calata barbarica paragonabile alla violenza degli Unni.
“Nankatsu è spacciata.”
Kishu scattò come una molla. “Che cosa?! Mi state dicendo che verrà spazzata via? Rasa al suolo? Sepolta?!”
“Per buoni venti metri, sì.” confermò Hideki, con un distacco raggelante, ma non era l’unico a sembrare quasi refrattario a quella notizia. Su i visi di ciascuno dei membri della squadra di Yuzo, Tatsuya non lesse il minimo sconcerto, come se la scomparsa di un’intera città non fosse un evento tanto eclatante e lui non comprese, trovando l’insieme troppo assurdo per essere vero.
“Ma non è possibile! Quella è solo-”
“Solo acqua?” gli fece il verso Yuzo, ripetendo le stesse parole che lui gli aveva detto nemmeno ventiquattro prima, sembrava passata un’eternità. E fu in quella frase e nello sguardo consapevole della distruzione che sarebbe arrivata e dell’impossibilità di impedirla che si rese conto di quanto l’unico superficiale tra tutti fosse stato soltanto lui. Tatsuya fissò per qualche altro attimo l’espressione del Prof, attraverso la quale trapelava l’eco d’un dolore lontano, prima di distogliere lo sguardo e puntarlo nuovamente verso il boia della città.
“Quanto tempo abbiamo prima che ci raggiunga?” domandò Rick, inginocchiandosi alla fine del vano. In piedi, lì accanto, Yuzo sospirò pesante.
“Un’ora, se ci va bene, ma forse di meno.”
“Così poco?” Ricardo si passò la mano nei capelli in un gesto carico di frustrazione. “Cosa ci resta da fare?”
“Dovremmo avvisare la popolazione!” sbottò Kishu, raggiungendo i due scienziati.
Yuzo inarcò un sopracciglio. Faceva uno strano effetto tale affermazione sulla bocca del politico, soprattutto visti gli avvenimenti.
“Questo lo so anche io, ma non so come fare.”
“Ma… non ce l’ha una radio in questo transatlantico?! Mi basterebbe mettermi in contatto con il capo della Protezione Civile.”
“Certo che ce l’ho! Ma la tengo nel-” d’improvviso, il vulcanologo sembrò avere un’illuminazione. “Hisui!” chiamò concitatamente e l’interpellato alzò le mani, bloccandolo prima che potesse chiedere.
“Ovvio che non l’ho tolta, mi avevi detto di sgomberarlo solo delle cose inutili.” svelto rimestò nel fondo, cavando la scatola con dentro l’apparecchio. “Non sono mica così scemo.”
“Grande Meteo-man!” approvò Toshi, dandogli una sonora pacca sulla spalla che trovò subito il lamento di Hisui.
“Per carità, fai piano! È già un miracolo che non mi sia rotto niente col crollo delle scale, non esagerare!”
Dal canto suo, Yuzo prese in consegna l’oggetto. “Speriamo che funzioni.” auspicò, tirando fuori la radio, mentre Kishu accanto a lui pareva esasperato.
“Come sarebbe?!”
“Che vuole, sono quattro anni che non la uso!”
Il politico scosse il capo afferrando con decisione il congegno dalle sue mani e lasciando il Prof con tanto d’occhi per l’autorità del gesto.
“Lasci fare a me. Ci penso io.”
“Non me lo dica: Reparto Comunicazioni?”
“Perspicace.” replicò Tatsuya, eclissandosi nuovamente nell’abitacolo della vettura e pronto a spolverare tutto quello che aveva imparato sotto le armi. Nel frattempo, Yuzo ordinò agli altri di salire sul Pick-up e tenersi pronti a ripartire, prima di raggiungere il Vice Prefetto.
Quest’ultimo aveva rapidamente allocato la radio sopra il cruscotto e stava collegando i cavi all’alimentazione.
“Provi ad accenderla.” ordinò e Yuzo obbedì.
Ci fu un attimo di falso contatto, ma poi le spie si illuminarono e i canali cominciarono a frusciare.
“Ci siamo.” il Vice Prefetto ebbe un moto di soddisfazione. “Ora vediamo di trovare la giusta frequenza.”
I rumori di fondo aumentavano e diminuivano al ruotare della manopola e ciascuno di loro restava con le orecchie tese per non lasciarsi sfuggire nessun possibile segnale.
Una voce gracchiò per un attimo e poi scomparse al cambiare della frequenza.
“Aspetti!” Yuzo bloccò Tatsuya. “Torni indietro lentamente.”
Il fruscio si assottigliò e poi, di nuovo, la voce di prima tornò a sentirsi forte e chiara. Kishu alzò il volume.
“…a tutti gli uomini, ripiegare e allontanarsi dal vulcano. Ripeto: ripiegare. Passo.”
Hideki affermò con sicurezza: “E’ il capo della Protezione Civile, Itou!”
Il Vice Prefetto non si lasciò sfuggire l’occasione. “Itou! Itou sono il Vice Prefetto Kishu, mi riceve? Passo.”
“Kishu?” borbottarono all’altro capo dopo qualche momento. “Con tutto il rispetto, signore… ma che diavolo ci fa ancora a Nankatsu?! L’ho vista andare via con-”
“Glielo spiegherò più tardi, Itou, mi faccia una sintesi sulla situazione attuale. Passo.”
“Non è buona, signore. Mi trovo nei pressi di una delle tre vie di fuga, lungo la statale che porta a Fujinomiya.”
Il cuore di Yuzo saltò un battito nel sentire che era proprio per dove Yoshiko era andata via.
“Ed è il caos. Le strade sono intasate, la gente ha abbandonato le vetture e sta cominciando ad allontanarsi a piedi. Io personalmente sto provvedendo all’evacuazione di uno dei campi d’accoglienza. Lo sto trasferendo al Kumori Parking perché, stramaledizione!, il responsabile medico dice che uno dell’Osservatorio Vulcanico gli da ordinato di fare così!”
Tatsuya cercò conferma nello sguardo di Yuzo e lui si ricordò subito dell’uomo, quando aveva portato Yoshiko a farsi medicare. Svelto pensò al parcheggio: era in cemento, di circa otto piani, era perfetto. Annuì con vigore al Vice Prefetto che riprese subito la parola.
“Faccia esattamente quello che ha detto il medico.”
“Cosa?! Ma, signore-”
“Questo è un ordine!” tuonò in tono talmente raggelante che lasciò colpito anche Hideki, prima che sghignazzasse. “La situazione sta precipitando, il lahar è in arrivo a meno di un’ora dalla città.”
“Gli dica di ordinare a tutti i cittadini di salire più in alto possibile.” disse Yuzo e Tatsuya ripeté le parole del vulcanologo.
“Sì, signore.” accordò l’uomo. “Lei dov’è, ora?”
“Poco lontano dall’FVO.”
“E’ troppo pericoloso, deve immediatamente recarsi in uno dei centri, il più vicino a lei è nello Stadio Ozora.”
“Lo Stadio?” fece eco Yuzo, dando una sonora manata di disapprovazione sul volante. “Maledizione, quella gente è in trappola, non ha vie d’uscite!”  ma Kishu non sembrò pensarla allo stesso modo, anzi, lo afferrò saldamente per un braccio.
“Ed invece è perfetto!”
“Ma che dice? Gli spalti sono a rischio di crollo per la cenere e l’impatto col lahar, il fango riempirà il campo e le persone-”
“Lo Stadio ha una struttura curvilinea che permetterà più facilmente al materiale di scivolarle attorno, inoltre, la pianta è maggiore della sua altezza ed è più solida. Resisterà all’urto.”
“Come può esserne tanto sicuro? Il lahar di Armero si portò via interi edifici!”
“Perché ho studiato la sua architettura fino alla nausea, visto che avrebbe dovuto ospitare il comizio perfetto che avrebbe sancito la vittoria di Terobashi alle elezioni e mi avrebbe aperto le porte per la candidatura a Primo Ministro. Mi creda, so esattamente di cosa parlo.”
Quella era la prima volta che Tatsuya discorreva apertamente di quelli che erano stati i suoi reali obiettivi fin dall’inizio. Ora che avevano perso tutto il loro significato di fronte a quel terribile evento eruttivo, gli sembrò inutile fingere d’esser stato un politico integerrimo; tanto loro erano sempre stati gli unici ad aver capito subito il suo arrivismo. “Ora come ora, quell’affare verrebbe giù solo con l’Apocalisse.”
Yuzo si passò una mano sul mento, pensieroso, non ancora del tutto convinto.
“E come pensa d’ovviare al fango che divellerà le porte, invadendo l’interno della struttura?”
“Vi è un sistema di serrande che corre lungo tutto il perimetro dell’ingresso principale. Dopo la prima fila di porte a vetri c'è una sorta di anticamera ed un secondo sistema di entrata più stretto. Se noi rinforzassimo quella zona di mezzo con tutto ciò che di pesante e metallico riusciamo a trovare, dovremmo essere in grado di rallentare l’avanzata del lahar, qualora dovesse sfondare le saracinesche, impedendogli di entrare e raggiungere il campo.”
“Potrebbe funzionare.” Rick aveva la testa infilata nella finestrina del lunotto posteriore. “Le serrande sono più elastiche di una parete di cemento, tenderebbero a deformarsi riducendo la resistenza opposta al flusso. Potrebbero addirittura resistere fino alla fine.”
“Inoltre, l’ingresso agli spogliatoi, l’ingresso al campo, l’ingresso agli spalti e le uscite posteriori e di sicurezza sono composte da porte antipanico a chiusura quasi ermetica. Rinforzeremmo anche quelle.”
“Ma è uno stadio o un bunker?!” sbottò Hideki, trovando l’appoggio anche di Rick e Rita.
“Vice Prefetto Kishu? Vice Prefetto è ancora lì? Passo.”
Il capo della Protezione Civile tentò di mettersi nuovamente in contatto con loro, dopo che la linea si era improvvisamente interrotta.
A quel punto, Yuzo annuì, mettendo in moto. “Va bene, vi ci porto e che Dio v’assista.”
Annuì anche Tatsuya, che rispose alla radio. “Sì, ci sono. Ci stiamo dirigendo allo Stadio Ozora. Faccia diramare l’ordine ai suoi uomini di stanza lì di dire a tutta la gente nei paraggi di raggiungere immediatamente lo Stadio, ha capito?”
“E’ sicuro, signore?”
“Sicurissimo, ormai non abbiamo più né tempo né altre possibilità.”
“D’accordo, Vice Prefetto, e buona fortuna.”
“Anche a lei. Chiudo.” e la comunicazione venne interrotta del tutto.

Fu terribile scoprire che c’era ancora tutta quella gente in giro, quando arrivarono allo Stadio Ozora.
Gli agenti della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco erano nel vivo dell’azione per aiutare i cittadini che si trovavano ancora nel quartiere a raggiungere il centro d’accoglienza. Nel momento in cui Yuzo fermò Dante davanti la struttura, un furgoncino della Protezione parcheggiò poco distante e da dietro scesero almeno una decina di persone.
“Merda! Ce ne sono ancora nelle case? Avevo ordinato a tutti di evacuare!” fu l’esclamazione contrariata di Kishu, mentre Hideki affermava.
“La paura ci fa perdere di lucidità e ci fa fare cose stupide.”
Yuzo scese in fretta dal mezzo, imitato dal Vice Prefetto e dagli altri membri della squadra. Aiutato da Toshi, fece scendere Hideki mentre Hisui andava a chiedere l’aiuto di qualche paramedico.
L’attimo dopo, Tatsuya si sostituì al Prof per sorreggere il burbero.
“Lasci fare a me, adesso.” disse con sorpresa del vulcanologo “Lei ha detto di avere una cosa da fare e deve essere importante. Non ha più molto tempo, veda di fare in fretta. E buona fortuna.”
Yuzo annuì adagio. Kishu aveva ragione, era una cosa davvero importante, fondamentale e non poteva più restare lì.
“Si occupi lei di questa gente.” affermò, dandogli per la prima volta fiducia. Anche se i loro rapporti erano stati per lo più dominati da tensioni ed incomprensioni, Yuzo aveva capito già da un po’ di che pasta era davvero fatto Tatsuya Kishu e, strano a dirsi, secondo lui sarebbe stato davvero un ottimo Primo Ministro, se fosse riuscito ad arrivare alla poltrona.
“Ci penso io.” accordò l’uomo e detto questo gli volse le spalle per raggiungere lo Stadio davanti a loro e andare incontro ai due paramedici della Protezione Civile che avrebbero preso Hideki in consegna. Quest’ultimo cominciò a sbraitare, agitando animatamente un pugno.
“Yuzo! Dove credi d’andartene, eh, sbarbatello? Non metterti nei guai con i tuoi soliti colpi di testa, ragazzo! Mi hai capito?! Yuzo Morisaki!” ma né Toshi né Tatsuya si fecero muovere a pietà dai suoi improperi e lo trascinarono via.
A quella scena, il Prof sorrise, indietreggiando di qualche passo. Alle sue spalle, la solidità di Dante sembrò dirgli che doveva salire e darsi una mossa. Lui recepì il messaggio e con un gesto deciso chiuse lo sportello, pronto a mettere in moto, quando la voce di Ricardo lo raggiunse dal finestrino ormai rotto dopo l’esplosione del Tovex.
“¿Adonde vas?” chiese grave, con le sopracciglia aggrottate e l’espressione di chi, sotto sotto, la risposta la conosceva già.
“Devo andare da Yoshiko.”
“Chi ti dice che sia ancora a Nankatsu? Potrebbe già essere arrivata addirittura a Fujinomiya.”
Yuzo avrebbe dato tutto l’oro del mondo per avere la certezza dell’affermazione di Rick, ma purtroppo sapeva che non era così.
“Hai sentito anche tu cosa ha detto Itou. Il traffico è fermo, la gente si sta muovendo a piedi. Yoshiko è in città, lo so, ed io devo trovarla.”
Rick capiva il peso delle sue parole e la necessità che il vulcanologo aveva di andarla a cercare per ricongiungersi a lei ed affrontare insieme l’arrivo del lahar. Una sorta di ‘esorcizzazione del passato’, per poterlo cancellare per sempre. Spostò lo sguardo altrove per qualche momento, la mano a massaggiare la nuca, poi sbuffò e tornò ad osservarlo.
“Niente eroismi.” lo ammonì con decisione.
Yuzo sorrise. “Anche tu.” poi mise in moto ed il Pick-up s’allontanò dallo Stadio a tutta velocità.
Ricardo rimase ad osservarlo scomparire, lungo le strade cittadine, con le mani ferme sui fianchi.
“Dove sta andando, quel pazzo?” Rita comparve alle spalle dell’ispanico, la polvere ancora intrappolata nella riccia massa di capelli e le lenti sporche, ma che non erano in grado di mascherare la preoccupazione delle sue iridi. La stessa si poteva leggere in quelle di Ricardo.
“Sta andando ad evitare che la storia si ripeta.”



[1]GAS THRUST: è la regione che si solleva per alcuni metri sopra la bocca eruttiva dalla quale i gas sparano verso l’alto e si espandono a gran velocità.

[2]TOVEX: è un tipo di esplosivo (più sicuro della dinamite e non tossico) che viene usato per indagini geofisiche in foro (viene fatta brillare una carica in un foro nel terreno e si registrano gli arrivi delle onde sismiche prodotte. Lo studio dei tempi d’arrivo delle onde e le velocità permettono di ricavare informazioni sul tipo di terreno in esame e le sue variazioni.)



 

…E poi Bla, bla, bla…

Lo so, avevo detto che avrei fatto il possibile per darvi il capitolo tra la fine di Luglio e l’inizio di Agosto, ma tra esami e poi le (meritate XD) vacanze non ho avuto affatto modo di mettere penna sul foglio (sì, io scrivo alla vecchia maniera XD), e per dedicarmi a questo capitolo avevo bisogno di tempo e calma, visto che – come avete potuto notare – è piuttosto complesso.
Succedono tante cose in questo penultimo cap, che mi sono vista costretta a dividere in due parti, altrimenti vi sareste dovuti sbobbare trentasei pagine. XD Lo avreste mai fatto? Non credo proprio. XDDDDD
E così, l’Ultimo Colpaccio di “Huzi” lo leggerete nella seconda parte, ovviamente XD.

Azione, azione, azione!
AH!
Come godo! *_*
Se c’è una cosa che amo di più nelle storie è l’azione. L’eccessivo spissicoleggiare va bene in una oneshot, ma in una long bisogna saper dosare bene le pippe mentali e la sana azione, altrimenti si rischia di annoiarsi. O, almeno, io mi annoierei da morire. *ridacchia* Ma so bene di avere dei gusti tutti miei.
In questo capitolo (detesto averlo dovuto dividere, davvero T_T) di azione ce n’è quanta ne volete.
C’è un vulcano che sbotta, palazzi che crollano, colonne che esplodono, lahar che imperversano. Davvero di tutto, e la seconda parte non sarà affatto da meno.
Avremo eroi, fango e tefra, e tanto ammmmmmore. E il Colpaccio. E le vostre bestemmie. XD
Ma veniamo a questa parte!
C’erano delle cose che volevo mostrarvi.
Come il Tovex. Questo è un candelotto di Tovex. Come detto nella nota è un tipo di esplosivo più stabile della dinamite e non tossico, composto da nitrati d’ammonio, sodio, ammonio metilico, calcio e un sacco d’altra roba. Ogni candelotto è di circa mezzo chilo, quindi Yuzo ha usato un chilo di Tovex, che poco non è XD. Non so se fosse proprio sufficientissimo per far crollare l’FVO, ma va detto che l’edificio era già più di là che di qua XD, quindi, passatemela per buona (se usavo più Tovex morivano tutti XDDDDD, quindi, non ho potuto eccedere).
Come esploditore ho pensato ad un modello simile a questo usato dall’Esercito Italiano. E’ piccino e maneggevole, mi sembrava adatto.

Poi… i fulmini *w*
I fulmini nella nube eruttiva *w* *adora*
Premesso: io ho il terrore dei fulmini XD sono stati l’unico motivo che mi ha fatto disinteressare ai Tornado (che pure amo tantissimo) e focalizzarmi sui vulcani. Ma qui mi stanno anche bene, visto che sono localizzati esclusivamente all’interno delle nubi vulcaniche, questo perché è lì che si concentrano le cariche elettriche dovute alle particelle emesse dall’eruzione che entrano in contatto con l’atmosfera. Ho studiato questo fenomeno anche durante la mia tesi di laurea triennale: durante l’eruzione del ’44 del Vesuvio, si ebbero queste belle manifestazioni elettriche.
Io mi sono un po’ ispirata a quella meraviglia dell’eruzione dell’Eyjafjallajokull (noto ai più come il ‘vulcano islandese’. MAH. Come se l’Islanda avesse solo quello. XD)
Lo so che in migliaia l’hanno bestemmiata, ma io faccio parte di tutt’altra categoria ed ogni volta che la facevano vedere ero lì adorante: “*-*”.
Come si fa a non rimanere estasiati davanti a immagini come: questa, questa, questa e questa?
E’… è assolutamente… spettacolare! *_*
Tutta l’Islanda lo è, in generale, ma le sue manifestazioni eruttive credo siano tra le più belle del mondo. E’ l’unica ad avere eruzioni fissurali, le mie preferite e non avete idea di quanto avrei pagato per poter assistere allo spettacolo dell’Eyja. T_T Ovviamente mi rendo conto dei disagi degli islandesi, anche perché la cenere è vetro vulcanico e respirarla, beh, bene non fa XD.

Infine, volevo mostrarvi un piccolo schema di come è composta una colonna eruttiva: QUI.
Dunque, cominciamo dal basso: il magma è una miscela fluida composta da liquido e gas perfettamente fusi. Quando il magma comincia a risalire all’interno del condotto, la pressione litostatica (della roccia incassante) diminuisce, quindi i gas – che sono più solubili – cominciano a fuoriuscire dal fuso formando delle bolle. Questa è il livello di essoluzione.
Una volta giunti ad una certa altezza nel condotto avviene la frammentazione delle bolle (livello di frammentazione) che innesca, quindi, l’esplosione ed i gas liberati vengono emessi velocemente attraverso la regione di gas thrust (o getto turbolento, come viene segnata nell’immagine).
Una volta emessi, i gas e le particelle ascenderanno all’interno della zona convettiva fino ad una certa altezza oltre la quale si formerà la ragione ad ombrello (zona di espansione laterale, come indicata in figura) dove particelle e gas si muoveranno per inerzia, raggiungendo la quota massima dalla bocca eruttiva.   
Quella che viene chiamata Colonna Eruttiva non è che la somma della Regione di Gas Thrust e della Regione Convettiva.

Ok, credo d’aver ciarlato abbastanza anche per questa volta XD
Come se ne sentiste il bisogno, poi, visto quanto chilometrico era il capitolo!

Angolino del “Grazie, lettori, grazie! XD”:

Eos: hai visto che alla fine si sono ritrovati lo stesso?! XD Non ti preoccupare, io calcolo sempre tutto… anche se alla fine del prossimo capitolo NON so effettivamente quale sarà la reazione generale. ** E’ il capitolo topico; per me “Huzi” sarebbe potuta finire pure lì! XDDDD *LOLLAMMORTE*
Ma ne riparleremo poi, nel frattempo: sono felicissima di esser riuscita a mantenere la tensione alta, era quello che volevo e che spero perdurerà anche in questo capitolo e poi nella successiva parte.
Staremo a vedere, nel frattempo ti ringrazio tantissimo, come sempre, del tuo supporto e affetto per questa storia! :*****

Hikarisan: LOL!!!! XD Sulla distruzione di Nankatsu sappi che ti prenderò in parola, perché sono una catastrofista nell’animo e se faccio eruttare il Fuji è OVVIO che gli faccio distruggere qualcosina, nel mentre XD.
Beh, ma se Yuzo non è un principe azzurro, almeno un eroe facciamolo essere XD, è stato in stand-by per tutto ‘sto tempo!!! *ridacchia*
*_* spero che i botti di questo capitolo ti siano piaciuti! Immaginarli, descriverli, studiarli è stato divertente e piacevole (solo io trovo piacevole pensare ad un’eruzione, lo so XD) e spero d’aver reso bene l’idea dell’evento e della forte maestosità di una pliniana (anche se di media entità e non al massimo. Purtroppo il Fuji non è uno dalle eruzioni plateali XD).
Grazie ancora del sostegno, Hikari!!! :****

Kara: XD MA POVERA YOKO!!! Perché ti sta sulle balle?! XD Povera! E’ gggggiovine, è inespeeeeerta XD Non trattarla male, io ci sono tanto affezionata a lei *-*
Allora, ho soddisfatto la tua curiosità eruttiva? *_* Ovviamente, le pliniane con i controcoglioni fanno anche qualcosa di assurdamente più figo quali i flussi piroclastici, ma nella storiografia eruttiva del Fuji non ce ne sono XD quindi, fuffa. Ne ho messo qualcuno piccino solo lungo la parte sommitale del cono perché lì è più facile che si verifichino. Però quelli plateali, tipo il St. Helens sono assurdi da paura.
Rick e Rita *mwahahahah* al prossimo capitolo avrai di che gongolare, promesso!!! XD Sono i miei spupacchi originali e gli voglio bene, gli renderò merito e tu sarai contenta! *alzapugno*
Grazie mille per tutti i complimenti a questa fic. T_T commossa. :********
(però voglio la banconota da un euro! XD)

Sakura-chan: ma io ti faccio prendere anche i bucatini, quando mi ci metto di impegno. *blink* e tu lo sai, visto che il capitolo l’hai letto per intero. *blink*
E comunque… è OVVIO che gli voglio bene  a Yuzo *_* se non gliene volessi, non gliene farei certo passare di peste e corna! Non lo calcolerei proprio! (so che lui preferirebbe l’anonimato a me, ma ormai è destinato XD).
E poi ho anche rimesso ‘tutto a posto’ come hai detto tu *_* si sono ritrovati… e poi si sono riseparati, va beh XD cose che capitano, non si può mica avere tutto dalla vita!
Grazie mille, tesò, per tutto il lavoro che hai svolto come mia Be(t)tina; ormai la piaga è quasi finita, abbi pazienza XD. Sì, sì, poi c’è Elementia, quindi non ti libererai di me… ma almeno si cambia genere XDDDDDD (no, non sarà meno chilometrica, mi spiace! *_* ma ti voglio bene!) :********************

Sandie Rose: è stato un piacerissimo leggere la tua recensione, davvero **! Sono contenta d’esser riuscita a rendere l’evoluzione di entrambi i protagonisti, perché ci tenevo molto e le tue parole mi hanno fatta felicissima! *_*
Così come sono contenta d’aver reso bene Taro e Madre nei loro ruoli e di averti fatto piacere quella squadra guastatori!!! XDDD Creare pg originali da inserire nelle fic mi piace molto, e se poi sono secondari li coccolo ancora di più perché io adoro i pg secondari a prescindere. X3
Quindi, non posso che ringraziarti per le tue parole ed i tuoi complimenti a questa storia che, davvero e non l’avrei mai detto visto il tema e i personaggi, mi ha dato tanto; ben più di quello che sperassi. E se è riuscita a dare qualcosa a voi lettori, beh, ne sono ancora più felice! :*** Grazie!

Ok, that’s all!
Vi rimando alla seconda parte di questo capitolo…
…intanto mi scavo la fossa! XD

   
 
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