Crossover
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Autore: Siirist    23/09/2010    2 recensioni
Siirist Ryfon è un giovane ragazzo della città di Skingrad, figlio di benestanti agricoltori che sogna di entrare nella Gilda dei Guerrieri per ricevere onore e gloria. Ma non è una persona comune, discende da un'antica casata elfica, della quale fece parte millenni prima un Cavaliere dei draghi leggendario. Un giorno la sua vita cambierà drasticamente e verrà catapultato in un mondo di magia, tecnologia, intrighi politici, forze demoniache e angeliche, per poi affrontare la più grande crisi della storia di Tamriel. Questa fanfic è una crossover tra tre mondi fantasy che amo: Final Fantasy (di cui troviamo le ambientazioni, come Spira, Lindblum), "Il ciclo dell'eredità" di Paolini (di cui sono presenti molti dati, quale i draghi con i Cavalieri e il sistema della magia, ma l'ispirazione è molto libera) e The Elder Scrolls IV: Oblivion (di cui sono presenti le città). Oltre a questo ci saranno anche alcune citazioni di One Piece e di Star Wars. I personaggi principali sono tutti originali. Ci saranno alcune comparse da vari manga (Bleach, ad esempio) e in alcuni casi i nomi saranno riadattati (Byakuya), in altri saranno quelli originali (Kenpachi).
NB: il rating è arancione in quanto è adatto alla maggior parte della storia, ma in alcuni capitoli dove compaiono i demoni (non il primo che si incontra all'inizio, quello è ridicolo) gli scontri possono essere anche molto cruenti.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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OBLIVION

 

Il mattino dopo, Siirist si svegliò ancora abbracciato ad Alea, ella che respirava appena sul suo petto. Si girò e vide le tende del baldacchino chiuse.

‹Gilia deve essere rientrato.›

‹Sì. Ma non vi ha visti, sono stato io a richiuderle.›

‹Bravo, Rorix. Tu e Eiliis siete sul mio letto, vero?›

‹Come l’hai capito?›

‹L’ho percepito da te. Sto diventando bravo, eh?›

‹Era anche ora. Abbiamo un legame del 35%, dopotutto!›

«Possibile che la prima cosa che devi fare la mattina che ti svegli dopo la nostra prima volta, deve essere parlare con il tuo drago e non baciare me?»

«Come te ne sei accorta?»

«Ho avvertito nella tua mente che era in atto un dialogo telepatico e la frequenza che usavi era quella riservata a Vulcano. Devi imparare a chiudere più la tua mente.»

«Potrei provare a concentrarmi sul tuo corpo nudo, sono sicuro che l’immagine sarebbe più che chiara!»

«Io sto aspettando ancora il mio bacio.»

«E il mio alito? L’ultima volta mi hai buttato giù dal letto!»

«Te l’ho già detto ieri: parli troppo! Baciami!» e alzò la testa per incontrare la bocca di Ryfon con la propria.

«Se insisti.»

«Ora vatti a lavare i denti. Puzzi.» e ridacchiò.

«Spiritosa.»

«Ben svegliati, belli addormentati! Siate riconoscenti ad Althidon, visto la vostra “situazione particolare”, vi ha concesso di dormire e riposare oggi. Ma naturalmente questo significa che per il compleanno di Siirist non saremo liberi. Visto che è tra meno di tre settimane, ha pensato che poteva anche fare uno scambio di vacanze.» disse Gilia.

«Buongiorno anche a te! Come è andata con le ninfomani?»

«Benissimo, grazie! Suppongo che ora mi toccherà sopportarmele tutte da solo, vero?»

«Proprio così!» rispose euforico il biondo.

«Immagino siate poco vestiti lì sotto. Vi passo qualcosa da indossare?»

«Sì, grazie mille.» rispose Alea.

Corvinus prese gli accappatoi dei due amici e li passò tra le tende, voltandosi dalla parte opposta per non rischiare di vedere.

«Sei troppo gentile.» commentò la fanciulla.

«Tengo alla mia vita, tutto qui.»

«Ma sai che non ti farei mai niente! Attaccavo lui perché è un maniaco1»

«No, parlava di me. Se ti vedesse anche solo un millimetro di pelle di troppo, gli darei fuoco.»

«Esattamente. È uno geloso.»

«Eh?!» Alea non ci credeva.

«Solo delle cose a cui tengo molto.»

«Mi è bastato vedere come si è comportato con tutti quelli che ti corteggiavano ai due capodanni passati. Anche se non ho capito subito perché lo facesse; che stupido sono stato!»

«Sì, è vero!» e l’elfa rise.

 Una volta vestiti Siirist e Alea, i tre si apprestarono a lasciare la stanza per andare a fare colazione, trovandosi fuori però una piccola calca. I primi erano Adeo, Evendil, Althidon e Aulauthar.

«Finalmente!» disse il primo con la sua solita voce effeminata.

«Per quanto mi faccia schifo il pensiero, sono d’accordo con lui.» esclamò Thyristur.

«Spero tu non l’abbia messa incinta, sarebbe un problema per gli allenamenti.»

«Tranquillo, Althidon, tempo fa ho lanciato un incantesimo a Siirist per rendere i suoi spermatozoi infertili, così da evitare gravidanze indesiderate nelle sue avventure.» assicurò il Cavaliere omosessuale.

«Allora a posto.»

«Non vedo l’ora che lo sappia Elisar!» ridacchiò l’Anziano del Consiglio.

«Dite un po’, da quant’è che aspettate qui fuori per farci questa stupida scenetta?» chiese vistosamente alterato Siirist.

«Quarantadue minuti. Ma ne è valsa assolutamente la pena.» rispose il mezzo bosmer.

Ad un movimento della mano di Aulauthar, tutta la folla si disperse e lui e gli altri tre che avevano parlato si allontanarono ridendo. Alea era più simile ad una fragola che altro.

«Dovresti cambiare le lenzuola. Per quanto sia elfico, il sangue, specie proveniente da quelle parti, non ha un buon profumo. Si sente fin qui.» fece notare Gilia.

Ora la fanciulla era del colore di Rorix. Troppo imbarazzata per affrontare quella conversazione, ella corse fuori, seguita a ruota dalla dragonessa bianca che si ingrandì, la altmer le montò sopra e partirono. Lentamente Siirist si voltò verso l’amico, seriamente pensando se ucciderlo oppure no. No, meglio di no. Meglio torturarlo prima. Poi poteva ucciderlo. Sì, avrebbe fatto così.

«Ehi, non guardare me! È vero, potevo evitare questa battuta finale, anche se quello che ho detto è vero, ma quella folla non è stata colpa mia! Io l’ho solo detto ad Althidon per permettervi di dormire insieme fino a quando volevate voi senza dovervi svegliare, ma quella pettegola di Adeo ci ha sentiti parlare e ha chiamato tutti! Evendil per primo.»

«Chiaro. Ora però cosa le dico quando torna?»

«Hai voluto una storia seria?» prese in giro.

«Vuoi continuare a vivere?» infiammò la mano sinistra.

«D’accordo, pensiamo a qualcosa.»

Ma la fanciulla ritornò dopo poco, notevolmente più calma.

«Volare nella brezza estiva è rilassante, vero?» chiese rassicurato Siirist.

«Molto. Andiamo a mangiare? Sperando certo di non avere tutti gli occhi puntati addosso.»

«Ma che hai da vergognarti? Hai fatto sesso con un fico come me! Io so che entrerò a testa alta, visto che avrò al mio fianco la donna più bella di tutta Gaya!»

Alea sorrise piena di gioia e gli si avvicinò per baciarlo. Ma quella era la prima volta che accadeva con loro in piedi e Siirist non ci aveva mai riflettuto, ma lei era più alta. Che figura del cazzo.

«Io non ho fatto sesso.»

«Io me la ricordo diversamente.»

«Io ho fatto l’amore.» e gli si attaccò al braccio, appoggiando poi la testa sulla spalla.

“Fatto l’amore”? Ma non diciamo stupidaggini! Loro non avevano fatto “l’amore”! No, era stata una gran bella scopata per lui! No, un momento... Non lo era stata affatto. La notte precedente era stata più una questione di dolcezza e affetto che semplice piacere, non che esso fosse mancato. Ma “fare l’amore” non era esagerato? Lui dopotutto non provava quel tipo di sentimento. Eppure l’aveva sentita diversamente, non era niente come le sue avventure precedenti. Nemmeno come era mai stato con Keira. Che davvero avessero fatto “l’amore”?

«Tu pensi troppo.»

«E tu devi stare fuori dalla mia testa.»

Arrivarono alla mensa ed occuparono tre posti, due vicini e uno davanti, raggiunti poco dopo da Gilia.

«Allora, Siirist, com'è alzarsi in punta di piedi per baciare una ragazza?»

L'interessato, che stava bevendo il suo bicchiere di spremuta d'arancia rossa, tossì e sputò il suo sorso. Anche Alea ridacchiò sotto i baffi, cosa che fece imbestialire il biondo.

«Pure tu?! Allora sapete una cosa? – e si alzò, mostrando poi il dito medio di ciascuna mano ad entrambi gli amici. – Ridete su questi!»

«Eh...» rispose Alea con aria sognante.

«Dopo solo una notte, sei già una maniaca?!» Gilia non credeva alle sue orecchie.

«Questo perché è stata con me ed ha scoperto il vero significato di “piacere”!» si vantò Siirist.

«O perché il dito è più grosso del pisellino?»

«Come scusa?!»

«Alea, potremmo avere il tuo parere?»

La fanciulla arricciò il naso, scosse la testa e alzò la mano, accostando pollice ed indice per mimare la piccolezza del membro in questione. Gilia quasi cadde dalla panca per le risate.

«Eh?!» Siirist era indignato.

«Io gliel'ho visto, confermo che è piccolo.» esclamò l'appena giunto Evendil.

«Smettetela! Non ce l'ho piccolo!» sbraitò Ryfon.

Tutta la sala si zittì e si girò verso di lui. Gilia ed il mezzo dunmer stavano avendo le convulsioni nel tentativo di trattenere le risate, lacrime che scendevano copiose.

«Il... il Flusso... Parlavo del Flusso vitale, sì. Il Flusso vitale, non ce l'ho piccolo, ce l'ho potente, di 100000 douriki. È risaputo, no?!» balbettò con voce tremante Siirist, il viso in tinta con il drago.

‹Sai che questa entrerà negli annali dell'Ordine?› disse divertito Rorix.

‹Taci tu.›

 

Il 30 agosto Althidon aveva massacrato di lavoro di suoi allievi, avendoli fatto combattere in aria sui loro draghi, usando per un periodo solo la spada, poi incantesimi, successivamente evocazioni ed infine combinando il tutto. Siirist si era dimostrato uno stregone molto capace, anche se non ai livelli di Gilia, quasi più di Alea, e stranamente era più bravo con gli spiriti dell’aria che del fuoco. Per questa ragione, e anche perché il primo settembre avrebbero iniziato a studiare i daedra,  il Maestro concesse loro di riposarsi il 31.

Gilia aveva lasciato la camera alla coppietta per tutta la mattina, ed essi avevano felicemente approfittato. Dopo una intensa ora di amore, per quanto la parola suonasse strana a Siirist, i due si erano ritrovati a coccolarsi e baciarsi dolcemente, fino a quando il ragazzo ebbe una delle sue brillanti idee.

«Senti, ormai è da un po’ che lo facciamo...»

«Sì.» sorrise felice.

«Non è che ti andrebbe di...»

Gilia stava ritornando proprio in quel momento e vide il muro della stanza esplodere ed il biondo scaraventato fuori, avvolto solo dal lenzuolo, urtando poi rovinosamente contro il terreno. Subito dopo la parete si ricostituì magicamente.

«Oh, che è successo?!» si preoccupò Corvinus.

«Ahia! Quella lì deve sempre esagerare!» piagnucolò massaggiandosi.

«Ma che è successo?» chiese ancora,

«Ma niente, le ho solo proposto di provare a usare l’altro buco e se l’è presa così!»

«Lo chiami “niente”?» si sorprese dell’idiozia dell’amico, la bocca aperta, il tono piatto, quasi lugubre.

«Era solo una proposta! Bastava dire di no!»

«Non hai ancora capito che tipo è, vero?»

«Certo! Per questo mi diverto!» rise.

«Allora perché ti sorprendi tanto...?» non sapeva più che pensare.

Siirist non rispose e si alzò, sistemando il lenzuolo in modo che lo coprisse quasi completamente, legandolo poi sopra la spalla sinistra e reggendone una parte con il braccio destro.

«E adesso cosa stai facendo?»

«È una toga, non lo vedi?»

«Stai mimando l’abito di rappresentanza dei più grandi amministratori dell’Impero? Sai che molti lo potrebbero ritenere un insulto?»

«Allora? Sono un Cavaliere!»

«La volete smettere voi tre di fare sempre macello?! È mai possibile che ogni giorno ne dobbiate combinare una diversa?!» urlò un armadio dai capelli rossi, uscendo furiosamente dalla stanza accanto alla loro.

«Tu chi sei?» domandò sinceramente Ryfon.

«È Otius, del nostro stesso anno.» gli sussurrò il moro.

«Ah sì, il compagno di addestramento di Viola, giusto?»

«Come è possibile che ti ricordi solo delle ragazze?» Gilia era stupito, ma non più di tanto.

«Sono più interessanti, non trovi?» scherzò il biondo.

«In che senso...?» ringhiò Alea, appena giunta.

«Ehm... in nessuno, dolcezza!»

«Non dire cazzate!» e gli lanciò contro una lancia di ghiaccio.

«Ehi, voi! Stavo parlando io!» si fece valere Otius.

«Fai silenzio, tu!» e Alea lo congelò.

«La vedo nervosetta...» mormorò preoccupato Corvinus.

«Sì, le devono tornare a giorni. Lo sarò anche io, visto che mi tocca stare senza per cinque giorni!»

«Sta’ contento, a Deria durano una settimana, per cui io stavo anche peggio di te!»

«Otius!»

Una attraente umana sulla ventina uscì dal dormitorio e corse verso l’amico congelato. Occhi verde chiaro, capelli corvini fino alle spalle, bel sedere, seno non molto accentuato ma dalla forma impeccabile.

«Viola! Ma come stai? Oggi sei veramente bellissima.» le si avvicinò Siirist prendendole la mano.

«Oh, grazie...» arrossì quando il ragazzo gliela baciò.

«Sii-rist...!» ruggì Alea, l’aria attorno a lei che si faceva bollente.

Una lancia di ghiaccio infuocata partì nella sua direzione, ma egli la schivò facilmente, mettendosi poi in posizione da combattimento con le mani infiammate.

«Sei sexy anche quando ti arrabbi! Mi fai impazzire!»

I due si lanciarono in uno scontro senza esclusione di colpi, e dopo qualche minuto, si ritrovarono a venti metri di distanza l’una dall’altro. Siirist sorrideva eccitato, il fuoco che lo avvolgeva che generava una corrente così forte da sollevare la parte inferiore del lenzuolo. Allora Gilia alzò una parete rocciosa in modo da coprirlo.

«Stop! Fermi lì!»

Gli altri due lo guardarono con un misto di incomprensione e rabbia mentre correva in camera per poi ritornare fuori portandosi dietro un paio di pantaloni di Siirist.

«Indossa questi.»

«Oh giusto, se no mi si vede la quercia!» ridacchiò mentre li metteva.

«O piuttosto il ramoscello.»

«Cosa hai detto?!» ringhiò.

Ma Gilia si era già allontanato con un incantesimo di fulmine ed aveva fatto ritornare la roccia alla sua forma naturale. Allora Siirist, senza pensare più al moro, si lanciò contro la ragazza, evitando tutti i fasci di luce, i proiettili d’acqua e le lame di ghiaccio che l’altra gli lanciò contro, arrivandole poi a poca distanza, sufficiente per colpire con il suo pugno.

«Voi due...»

Arrivò Althidon che li afferrò entrambi per la testa, le mani avvolte nel fuoco freddo, schiacciandoli poi contro la roccia.

«... mi avete fatto venire il mal di testa anche oggi che vi ho lasciati liberi!» ringhiò a denti stretti.

«Spero che apprezziate il nostro impegno, Maestro!» ridacchiò Siirist alzando stentatamente il pollice.

La sua smorfia arrogante svanì quando l’elfo utilizzò la sua testa per scavare nel terreno mentre il lato toccato dalle fiamme viola incominciava a diventare insensibile, per poi bruciare lievemente. Gilia cercò di allontanarsi di nascosto.

«E tu dove pensi di andare?! Prigione di roccia! – Corvinus fu avvolto dalla terra che sorse attorno a lui. – Elettroesecuzione!» e poi fulminato talmente tanto da privarlo di ogni forza.

«Ora rimetterete a posto tutto questo macello.» e se ne andò furente, il mantello viola che svolazzava.

 

Il giorno dopo Althidon presentò ai tre Cavalieri in addestramento due libri, uno che mostrava tutti i dodici sigilli di cattura e le ventiquattro rune che li formavano, l’altro con riportati tutti i daedra di Oblivion e quale era il sigillo più adatto per catturarli.

«State dando per scontato che sappiamo di cosa stiate parlando, Maestro.» si lamentò Siirist.

«Noi infatti lo sappiamo.» rispose Gilia.

Alea annuì e Althidon sospirò.

«Vorrà dire che dovrò rispiegare tutto. Dunque, essere un invocatore significa essere stato in Oblivion ed aver messo sotto sigillo almeno un daedra, così da poterlo comandare a piacimento e chiamarlo in aiuto ogni qual volta si voglia. Con “mettere sotto sigillo” si intende creare un legame tra l’invocatore ed il daedra tramite il sangue ed uno di questi dodici simboli, chiamati appunto sigilli. Ogni sigillo è costituito da un cerchio al cui interno si trovano varie rune, le quali sono le ventiquattro essenze del nostro mondo. I sigilli sono, dal più debole al più forte: topo, cane, serpente, scimmia, aquila, tartaruga, cavallo, orso, toro, tigre, grifone, drago; le rune invece sono: fuoco, aria, terra, acqua, luce, oscurità, fulmine, nord, sud, est, ovest, sole, luna, maschio, femmina, sangue, carne, umano, demone, elfo, nano, orco, dio, drago. Ogni runa è associata ad una specifica posizione della mano, e per poter sia apporre il sigillo che per invocare la creatura sigillata, bisogna eseguirle tutte. Il procedimento per mettere sotto sigillo un daedra, quindi, è come prima cosa sporcare con il proprio sangue il palmo di una mano, eseguire i movimenti delle mani necessari per ricreare le rune richieste per il sigillo desiderato, e poi toccare con la mano sporca di sangue il corpo del daedra in qualunque punto. La macchia di sangue allora prenderà la forma del sigillo ed il daedra sarà sotto il controllo dell’invocatore, ma sarà necessario prima indebolirlo. I daedra naturalmente sono alcuni più deboli ed altri più forti, e per i più potenti è necessario utilizzare il sigillo del drago. Esso può essere usato su qualunque daedra, poiché è sicuro di avere effetto, ma essendo il più grande è composto dal maggior numero di rune, cioè 72, e ti assicuro che se ti trovi ad affrontare daedra veramente potenti, non avrai tutto il tempo di comporre ben settantadue rune, ecco perché è necessario imparare qual è il sigillo con la forza minima da applicare a ciascun daedra. Inoltre, come ho detto, anche per invocare bisogna ricreare con le mani lo stesso numero di rune che compone il sigillo applicato, e non sempre si ha il tempo necessario per farne settantadue durante un combattimento.»

«Immagino.» annuì Siirist.

«Il sigillo del topo è composto da sei rune, che sono terra, sud, oscurità, luna, carne, sangue. – e mostrò anche i movimenti delle mani – Quello del serpente ne ha dodici, quello della scimmia diciotto. Come vedi sono tutti multipli di sei. Alea, Gilia, voi sapevate già tutto questo, ma non vi siete mai dedicati all’invocazione, per cui presumo che non conosciate le posizioni delle mani per le rune.»

Gli interessati scossero la testa.

«Come immaginavo. Allora prestate bene attenzione.»

 

Capodanno e compleanni a parte, la prima giornata libera che i tre ragazzi ebbero dopo quella famosa di Siirist in toga, di cui ancora si parlava, fu il 28 aprile, quando Althidon volle premiare Alea per aver messo sotto sigillo il suo primo daedra. È vero che non lo aveva fatto interamente da sola, in quanto era stata accompagnata da Evendil che aveva tenuto a bada il mostro mentre ella componeva le rune, ma si trattava comunque di una creatura per cui era necessario il sigillo del toro, e era pur sempre la sua prima volta.

«Il prossimo sarò io!» si infiammò Siirist.

«Sogna! Sono ben più veloce di te a comporre le rune, inoltre non hai ancora imparato la sequenza per gli ultimi sei sigilli!» gli rispose elettrizzato Gilia.

I due si guardarono in cagnesco, scintille che scaturivano dallo scontrarsi delle fiamme e delle scariche.

«Sempre più vivaci.» scosse la testa Evendil, un mezzo sorriso in faccia.

I quattro erano a far un picnic in un’isoletta ad un paio di chilometri da Vroengard, con Griever ed i tre draghi a poca distanza che si riposavano all’ombra. Il progetto iniziale era di andare solo loro tre ed i draghi, ma Alea insistette ad invitare anche il mezzo bosmer in quanto era anche merito suo se era riuscita a mettere sotto sigillo il daedra, non che Siirist ne fosse dispiaciuto. Era sempre bello passare del tempo con lui e ultimamente lo facevano sempre più spesso. Il ragazzo stava finalmente recuperando il divario abissale di conoscenze che lo separavano dai due amici, soprattutto l’elfa, ed il mezzo dunmer sfruttava ogni occasione per festeggiare con lui. Da quando Althidon aveva iniziato a far studiare anche la stregoneria, Siirist ed Evendil avevano fatto molte passeggiate lungo la costa, durante le quali l’elfo lo aveva aiutato a percepire la presenza dei vari spiriti, quelli dei boschi, del mare, persino di ogni granello di sabbia su cui camminavano. Continuavano sempre a bisticciare, ma si volevano veramente bene.

‹Voglio che continui sempre a starmi vicino. Voglio che mi veda crescere e diventare forte, così che possa essere veramente fiero di me.›

 

Circa un mese dopo, Althidon ritenne pronti anche Siirist e Gilia per poter andare in Oblivion.

«Era anche ora!» si eccitò il biondo.

«Cosa ci dovremo aspettare, Alea?» domandò Corvinus.

«Non lo so, dubito che andremo nello stesso piano in cui sono stata io. In ogni caso è bene che ci prepariamo al meglio.»

«Giusto. Portare solo una spada sarebbe stupido.» concordò Gilia.

«Ah, davvero? Che altro portate?» chiese insicuro Siirist.

«Non ricordi come era Alea quando ci è andata lei?»

«No, ero andato a volare con Vulcano.»

«Ah, giusto.»

«Mi sono portata sia la mia solita spada che quella a doppio filo, il mio arco d’ebano e lo scudo. Purtroppo non ho nessuna armatura, dovrò farmene preparare qualche pezzo insieme alla mia spada da Cavaliere. Tu, d’altro canto, hai quei guanti in mithril, sarebbe bene che li portassi, come anche lo scudo e l’arco.»

«Nah, non sono molto bravo con l’arco. Ma porterò le altre cose.»

«Io pure sono senza alcuna armatura. E pensare che a casa ho una bellissima armatura completa di mithril, ma non me la portai dietro perché speravo di non rimanere. Non che la pensi ancora così! Devo scrivere a casa e dire di farmela portare. Tornando a oggi, non sono sicuro se portare l’ascia a due mani o il martello. Qualche consiglio?»

«Poiché non abbiamo ancora iniziato a studiare il Djem-so Jar’Kai, non credo sia una buona idea che porti armi a due mani. Ma se proprio devi, porta il martello. E direi anche lo spadone, tanto hai imparato ad usarlo come una spada ad una mano e mezza quando hai prestato la tua altra spada a Siirist. E lo scudo più grande.» suggerì Alea.

«Quindi scudo, due spade e martello. Perfetto.»

Qualcuno bussò alla porta, che pochi istanti dopo si aprì, mostrando Althidon.

«Siete pronti?»

«Sì, Maestro!» dissero tutti e tre.

Althidon accompagnò gli allievi ad un edificio posto nella zona centrale della Rocca, accanto alla Sala del Consiglio e alla biblioteca. Esso era più protetto di qualunque altro luogo e, oltrepassato il portone, Siirist vide che ad aspettarli vi erano Aulauthar, Syrius, Adamar e altri tre anziani. Quello che lo colpì maggiormente era quello più in disparte, con un drago dal colore tra il celeste ed il bianco ed una sciarpa di seta in tinta. Aveva capelli neri lunghi fino oltre le spalle, ordinati da dei preziosi ferma capelli d’argento, tre sopra e due sul lato destro. Essi raggruppavano i capelli in ordinate ciocche e le tre che scendevano sul volto coprivano l’occhio sinistro. Emanava un’aria altezzosa, nobiliare, oltre che una grande forza spirituale. Rimase in silenzio, gli occhi chiusi, ad assistere alla scena. A differenza sua, un altro dei due anziani sconosciuti a Siirist si presentò. Egli era un dunmer dall’aria allegra e con il drago grigio metallo. Ora che ci pensava meglio, Ryfon lo aveva già visto nella Sala del Consiglio.

«Non ci siamo mai presentati personalmente. Io sono Eimir, Anziano del Consiglio.»

Siirist si ricordò di quando Evendil glielo menzionò. Disse che come mago non valeva molto in termini di potenza, in quanto aveva un legame con il Flusso di soli 60 douriki, ma era uno degli stregoni più capaci in vita e l’invocatore più grande della storia. Oltre ad aver messo sotto sigillo oltre mille daedra, era diventato famoso per aver trovato il modo di unire l’invocazione alla magia organica, sostituendo così parti del suo corpo per ottenere poteri diversi. Ma la peculiarità più grande di Eimir era il suo stile di combattimento. Era un maestro di ogni sorta di lotta, a mani nude o con qualunque tipo di arma. Oltre ad Aulauthar era l’unico a saper maneggiare due spade contemporaneamente, ma il suo stile era leggermente diverso. Non si trattava di un vero e proprio Jar’Kai, piuttosto di un uso contemporaneo di entrambe le mani, che però si muovevano indipendentemente l’una dall’altra, senza utilizzare combinazioni proprie del Jar’Kai.

«Che le stelle vi proteggano.» dissero contemporaneamente i tre Cavalieri in addestramento.

«E che le vostre lame restino affilate. E così oggi è il giorno in cui il Cavaliere d’Inferno metterà sotto sigillo il suo primo daedra. Di che tipo lo vuoi?»

«Di fuoco, naturalmente! E non più debole del livello di tigre!»

«Siamo ambiziosi, vedo! Ma non sottovalutare i daedra più deboli, hanno anche loro la loro utilità. E dimmi, Cavaliere d’Incubo, il tuo compagno desidera andare al piano di Ifrit. Sei d’accordo?»

«Sì, per me va bene. O quello o Adrammelech, dove si trovano molti daedra di fulmine. Ma ce ne sono anche alcuni nel piano di Ifrit, quindi va bene così.»

«Scusatemi tanto per il ritardo! Stavo facendo ricontrollare Forza del vento all’armeria e ci hanno messo più tempo del previsto.» disse l’appena giunto Evendil.

«Non preoccuparti. Possiamo andare alla Sala del Portale adesso.» disse Althidon.

«Allora noi andiamo.» disse Aulauthar.

Tutte le persone in più si diressero verso l’uscita.

«Tieni alto il nome dei Cavalieri d’Incubo.» disse Syrius a Gilia.

Questi annuì. Il Maestro allora condusse gli allievi e Evendil nella stanza successiva, dove era custodito l’accesso per Oblivion, quattro altari posizionati a formare gli angoli di un quadrato circoscritto ad una circonferenza, dentro al quale, una volta attivato il tutto, si sarebbe formato uno squarcio spaziale che avrebbe collegato le due dimensioni.

Gli operatori del portale avevano finito i preparativi ed esso fu aperto, rivelando un mondo dall’aspetto terrificante. La terra era scura ed il cielo rosso, coperto da nubi, la vegetazione era scarsa ed i fiumi di lava. Un odore terrificante proveniva da quel varco dimensionale, come di carne putrefatta.

«Non è per niente come il piano di Mateus dove sono stata io! Lì era tutto mare con alcune isolette, questo è un inferno!» si spaventò Alea.

Ad Althidon ed Evendil fu data la chiave per riaprire il varco dall’altra parte e loro, seguiti dai tre ragazzi ed i quattro draghi, lo attraversarono, vedendolo poi richiudersi.

‹Sicuro di ricordarti bene il sigillo del tirannosauro e del drago?› si assicurò Rorix.

‹No, un po’ me li confondo. Ma tanto ci sei tu a suggerirmi, no?›

‹Non devi contare su di me per ogni cosa. Ce ne sono alcune che dovresti saper fare da solo.›

‹E non fare così! Dammi un altro paio di mesi e vedrai che li saprò fare perfettamente!›

«Mettiamoci in cammino. Ma fate esattamente come dico, questo posto può essere molto pericoloso. Non fatemi pentire di avervi ritenuti pronti. Soprattutto tu, Siirist.»

«Sì, Maestro!»

Rorix, Eiliis ed Asthar assunsero la grandezza di un cavallo e furono montati dai rispettivi Cavalieri, Zelphar il doppio più grande poiché doveva portare anche Evendil, e si mise in testa alla comitiva. Passarono qualche collina fino a che non trovarono un branco di lupi che ringhiò loro contro, per poi fuggire. Per almeno mezz’ora il viaggio rimase tranquillo, ma dopo poco furono attaccati da una talpa gigante di magma, grande quanto un orso, che era improvvisamente spuntata dal terreno, desiderosa di divorarli tutti.

«Questo daedra è misto, fuoco e terra. Non ti dispiace se me lo prendo io, vero, Siirist?» si preparò Gilia.

«Tutto tuo. Quel coso, oltre che brutto, è livello cavallo. Ho detto che non avrei preso niente sotto la tigre!»

«Se la pensi così, è capace che non sigilli nessun daedra oggi. Tu e Alea tenetelo occupato e indebolitelo.» disse Althidon.

«Sì!» esclamarono all’unisono i due.

«Fate in modo di attaccarlo dove è di carne, non dove è di magma, poiché si rigenererebbe e basta. E ricordate che il magma è diverso dal fuoco, il ghiaccio è inefficace, mentre diventa utile la terra, poiché vi basta far solidificare quella componente. L’acqua rimane sempre utile.» si raccomandò il Maestro.

«E così non potrò mettere in mostra i miei nuovi incantesimi, mannaggia!» si lamentò Siirist.

«Vuoi dirmi che non lo sapevi?!» si scandalizzò Alea.

«Me ne ero dimenticato!» si giustificò lui.

La talpa aveva il pelo rossiccio, con le zampe e la schiena magmatiche, ma tutto il resto del corpo era possibile colpire, ad eccezione della testa, poiché non la potevano uccidere. Qualunque ferita, però, era accettabile in quanto ogni daedra sotto sigillo poteva rigenerarsi completamente, a discapito però dell’energia dell’invocatore. Siirist, spada alla mano, attaccò, la lama avvolta da un rivestimento di acqua ad alta pressione, per la quale il ragazzo aveva sfruttato anche il moltiplicatore dell’arma, creando così, a partire dai 100 douriki che aveva inizialmente richiamato, un incantesimo da 3000. Contemporaneamente Alea aveva solidificato con un incantesimo di terra le zampe del mostro, immobilizzandolo, e Siirist poté facilmente colpirlo alla spalla destra. Ma il mostro non si diede per vinto e intensificò il proprio magma, sciogliendo la pietra che lo aveva avvolto sulle zampe e fuggendo dolorante sotto terra.

«Non sottovalutatelo! Nel lanciare incantesimi non letali come quello, usate pure tutta la vostra potenza! E non lasciartelo fuggire!»

«Chiedo scusa!» si stizzì Alea.

Ryfon la guardò preoccupato: non era bene. Non aveva bisogno di entrarle nella mente per sapere esattamente cosa stesse pensando: era furiosa perché una qualche bestia schifosa aveva vanificato il suo incantesimo.

«Torre della prigione.» pronunciò.

La terra tremò e pochi istanti dopo si innalzò una torre con al suo interno, intrappolata dietro delle sbarre di roccia, la talpa di magma.

«La voglio vedere scappare ancora! La roccia è così magicamente indurita che per scioglierla con del magma così debole ci vorrebbero ore!» si complimentò Siirist.

«Io sono pronto, ragazzi, però la dovete indebolire ancora un po’ perché la possa sigillare.» disse Gilia.

«Già fatte tutte e quarantadue rune?» si sorprese il biondo.

«Da prima che Alea tirasse su quella torre. Non sono lento come te, stupido!»

«Ripeti se hai il coraggio!» Siirist ripose la spada e afferrò il polso sinistro con la destra, infiammando la mano mancina.

«Stupido!»

«Vi pare questo il momento adatto per fare gli idioti?!» si imbestialì Althidon.

«Non vi preoccupate, Maestro, mi occupo io del daedra.» rispose Ilyrana.

La fanciulla incoccò una freccia, avvolgendola di energia gelante.

«Ma il ghiaccio non era inefficace contro il magma? Anche se non lo è esternamente, l’intero corpo ne è composto all’interno!» fece notare Ryfon.

«So quello che faccio.»

La freccia volò dritta al petto della talpa, colpendola però in un punto non vitale. Una decina di secondi dopo si inginocchiò tremante. Allora l’elfa rilasciò la sua Torre della prigione e Gilia si poté avvicinare al daedra, ponendovi il sigillo.

«Una spiegazione, prego?» chiese il ragazzo biondo.

«Congelare dall’esterno è molto più difficile e se fatto con troppa potenza, sarebbe risultato fatale per il daedra. Il magma, purtroppo, ha questa peculiarità, cioè non esiste la dose giusta di douriki per immobilizzarlo: o riesce a sciogliere il ghiaccio che lo blocca, o si estingue. Per questo è meglio utilizzare l’elemento terra. Ma congelandolo dall’interno, diventa possibile anche inibire, seppur temporaneamente, il magma anche con il ghiaccio. Dico bene, Alea?» disse Althidon.

«Certamente, Maestro. Purtroppo non sono ancora abbastanza brava da lanciare una scheggia di ghiaccio da cui far poi emanare energia congelante che colpisca l’interno del corpo, per cui ho dovuto sprecare una freccia.»

«Siirist, hai visto quanti problemi vi ha dato quel daedra? E tu vuoi catturarne di più forti?» lo guardò dubbioso il Maestro.

«Non mi tiro certo indietro!»

«Maestro, perché la talpa è svenuta?» chiese Corvinus mentre esaminava il suo nuovo daedra, notando anche che si era completamente rigenerato.

«È normale. Tra poche ore si riprenderà. D’ora in poi non può più morire, in quanto ogni volta che lo farà verrà riportata in vita, a scapito della tua energia magica. Per questo è pericoloso avere troppi daedra sotto sigillo, e per la stessa ragione d’ora in poi dovrai sempre avere con te una pietra preziosa in cui immagazzinare energia. Tra pochi mesi avrete la vostra spada da Cavaliere, il cui pomolo potrà contenere fino a 100000 douriki di energia. Al momento la tua energia magica è già abbastanza alta, 46000, se no non ti avrei nemmeno fatto venire. Quando la sentirai diminuire, non sorprenderti, vorrà dire che il tuo qui presente nuovo amico ha avuto dei problemi.» spiegò Althidon.

«Come fa Eimir?» si stupì Siirist

«La sua cintura. In essa nasconde innumerevoli gemme, tra le più pure che si siano mai viste, ognuna in grado di immagazzinare fino a 1000000 di douriki di energia.»

«E per combattere? So che è un maestro nell’arte del combattimento ravvicinato e con l’arco, ma il suo potere deriva prettamente dalle invocazioni, oltre che dalla stregoneria, e mi sembra ridicolo che debba ad ogni attacco dover comporre le rune! Inoltre ha con sé sempre e solo la spada.»

«È impossibile, infatti. Ma lui non ne ha bisogno. Egli ha dodici tatuaggi, tre per braccio e sei sul petto, fatti utilizzando il suo sangue come inchiostro, così da avere sempre il sacrificio richiesto per aprire il portale già pagato. Come avrete capito da soli, questi tatuaggi rappresentano i dodici sigilli e lui non deve fare altro che attivarli magicamente facendovi passare dell’energia, pensando al daedra che vuole invocare, ed il gioco è fatto. E se non fosse d’obbligo portare la spada per motivi di costume, visto che è uno dei simboli dei Cavalieri, non porterebbe appresso nemmeno quella, poiché dice che gli è d’impiccio. Egli ha posto un sigillo, per l’esattezza quello dell’aquila, su tutte le sue centinaia di armi. Esse sono custodite in un luogo sicuro da qualche parte in Oblivion e le può invocare quando vuole.»

«Un momento! L’atto di mettere sotto sigillo un daedra è creare un legame di sangue tra creatura e invocatore! Come può aver messo sotto sigillo degli oggetti?!» si stupì Alea.

«Per sapere la risposta, dovrai leggergli il grimorio.» disse semplicemente il Maestro.

La comitiva riprese il suo cammino e dopo una decina di minuti sentirono un forte odore di cadavere. Seguendo le indicazioni di Althidon, si diressero in quella direzione, trovandosi poi di fronte un grosso cane fiammeggiante a tre teste, almeno due volte un mastino, dal pelo nero e rosso scuro, magma che colava dalle bocche anziché saliva.

«Un cerbero! Questo è mio!» si eccitò Siirist.

«Daedra di fuoco e magma! Mannaggia a me che mi sono preso quello di prima!» si maledisse Gilia.

«Hehe!» ridacchiò il biondo mentre si mordeva il pollice destro, per poi passare il sangue sul palmo sinistro.

«Finalmente un daedra del livello della tigre. Contento, Siirist? Ora vedremo se ne sei veramente degno. Alea, Gilia, fate molta attenzione.» istruì il Maestro.

«Ora vedrete!» rispose sbruffone Ryfon.

«Ricevuto!» dissero gli altri due.

Siirist rimase su Rorix mentre gli altri due balzarono giù, pronti a combattere. Il biondo sbatté le mani una contro l’altra con forza, il gesto che rappresentava il cerchio che conteneva le rune, sorridendo emozionato.

‹Si comincia! Sole, nord, fuoco, luce, elfo, sangue, fuoco, fulmine, luna, drago...›

I movimenti che compiva lo portavano a intrecciare le mani in posizioni sempre diverse. Il cerbero si accorse di essere attaccato e reagì con una palla di fuoco misto a magma, bloccata da una barriera di terra eretta da Gilia, la quale però incominciò lentamente a sciogliersi. Ma sia lui che la fanciulla l’avevano già aggirata, gli incantesimi pronti al lancio.

«Respiro degli angeli delle nevi!» esclamò Alea.

«Ruggito della tigre!» disse Corvinus.

I palmi di entrambi si illuminarono con il Cerchio argentato, e da quello di Alea si liberò una folata di vento così forte da congelare tutto ciò che colpì, bloccando il cerbero nel ghiaccio, mentre il moro lanciò un grande fulmine a forma di testa di tigre che sfruttò l’acqua contenuta nel ghiaccio per amplificare il proprio potere, indebolendo notevolmente l’avversario.

«Così giovani, eppure già così abili nel controllare incantesimi di quel calibro, seppure si tratti del loro elemento affine.» sorrise soddisfatto Althidon.

«Però non possiamo dire che non siano bravi anche con gli altri! Ma il più sorprendente è Siirist. Per quanto l’oscurità sia ancora un completo mistero per lui, è diventato piuttosto abile con gli altri elementi. Ma con il fuoco è su tutto un altro livello. Credo finalmente che si possa affermare con tutta tranquillità che abbia superato gli altri due.»

«Dici sul serio?! Credo tu stia esagerando, Evendil. È vero, negli ultimi mesi è migliorato notevolmente, ma non mi ha mai dimostrato di essere così bravo!»

«Hai mai visto Alea o Gilia lanciare incantesimi concatenati? Temo che il giorno in cui Siirist sarà in grado di sconfiggermi sia più vicino di quanto avrei mai pensato.»

«Ha creato già delle combinazioni di incantesimi?!» Althidon non credeva alle due orecchie.

«Sì, l’ho supervisionato io mentre lo faceva. Il suo Comandamento incendiario è la base di tutto. Da esso può lanciare un altro incantesimo, inoltre lo sta migliorando per renderlo più potente, ed ha in mente altre due concatenazioni. Purtroppo siamo nel piano di Ifrit e tutte le creature o quasi sono immuni al fuoco e, anche se non lo fossero, non lo potresti comunque vedere dare il massimo perché non potrebbe ucciderle.»

«Mi hai detto qualcosa di molto interessante. In questo caso credo li porterò presto sul Gagazet.»

‹... sole, fuoco!›

Completate le sessanta rune, Siirist corse verso il cerbero che si stava rapidamente liberando dal ghiaccio, la sinistra pronta e sigillarlo, quando dovette però evitare uno sputo di magma. Era ridicolo quanto il mostro fosse forte per essere resistito, senza quasi aver accusato il colpo, agli incantesimi combinati di Alea e Gilia. E pensare che erano tra i loro più potenti.

‹Ricordami di iniziare a lavorare sul magma quando torniamo!›

‹Sicuro? Riconosco che sei diventato bravo, ma già utilizzare un incantesimo di fusione non è esagerato?› fece notare Rorix.

‹Lo saprò solo quando lo proverò! Maledizione, pensavo fosse già abbastanza indebolito dopo aver ricevuto delle botte come quelle. Dovrò ritirarmi.›

Siirist arretrò, superato da Gilia che aveva slegato lo scudo dalla sella e lo aveva imbracciato, la spada ad una mano e mezza già sguainata, la lama avvolta in una più grande di acqua ad alta pressione.

«Copione.» gli disse con fare poco impressionato Siirist.

Alea prese una freccia e la infilò a terra, per poi incoccarla e scagliarla. Colpito il bersaglio sulla fronte della testa più a sinistra, magicamente la polvere che la aveva avvolta si espanse, pietrificando tutta la testa e parte del busto. Allora Gilia menò uno sgualembrato dritto, frantumandola, proteggendosi poi con lo scudo da una possente zampata che lo buttò a terra. Fece però una rapida capovolta indietro, appoggiando solo la mano destra, con cui si spinse via, ritornando in piedi accanto a Siirist.

«Voi due, andateci piano! Di questo passo me lo uccidete!»

«Ha ancora due teste, no?» rispose tranquilla Alea.

«E temo dovremo distruggerne un’altra. È davvero forte, è riuscito a spazzarmi via con solo un colpo. Se non avessi avuto lo scudo, ora sarei gravemente ferito.» ansimò Corvinus.

«Questo perché sei una mammoletta.» lo prese in giro Siirist.

«Stupido. Il mio legame con Asthar è al 24%, che mi dona 14400 douriki. Sommando i miei naturali, ne ho in tutto 20600. Per quanto sia inferiore a te, sono più forte di Alea, nonostante sia al 42%. Un essere umano normale, o anche un elfo, sarebbe già morto contro questo mostro.»

Il cerbero dolorante stava in guardia. Dopo aver perso una delle teste era diventato più cauto, stando più sulla difensiva.

«Gilia ha ragione. Non metterci al tuo livello, Siirist, che hai un legame con Rorix del 35% e 42150 douriki fisici.» disse a malincuore Alea, arrabbiata per aver dovuto ammettere così apertamente la superiorità del Cavaliere d’Inferno.

«Già. Le tue capacità non lo sono nemmeno lontanamente, per quanto il tuo fuoco di drago sia eccezionale, ma la tua forza bruta è al livello, e anche superiore, di quella dei capitani. Alea, sta scappando!» esclamò Gilia.

La fanciulla se ne era già accorta e aveva già preparato il suo incantesimo, aspettando solo che il moro facesse lo stesso. Egli affondò la spada nel terreno e slegò lo scudo, portando poi in avanti entrambe le mani strette a pugno, le nocche a contatto.

«Quattro pilastri di contenimento!»

Quattro colonne di roccia si ersero attorno al cerbero, fulmini che scaturivano tra loro, generando una barriera.

«Ha combinato due elementi così facilmente?! Quando mai è diventato così bravo come mago?! Possibile che non mi sia accorto di nulla?!» si meravigliò Althidon.

«Anche Siirist ha imparato a farlo perfettamente, per quanto si tratti di fuoco e aria, i più semplici da unire. Althidon, questi ragazzi sono dei prodigi. Se io ero considerato un genio, credo che per loro dovremmo coniare un nuovo termine. Devi smetterla di considerarli come degli allievi comuni.» disse soddisfatto Evendil.

«Sono sempre più interessato a vedere come si comporteranno sul Gagazet.»

«Chiudete tutti gli occhi! Bianca luce della penitenza!» esclamò con forza Alea.

«Finalmente un incantesimo che conosco! Mi stavo preoccupando di non conoscere più i miei allievi!»

«Dall’energia che percepisco, mi sembra sia luce emanata così intensamente da riuscire a bruciare, dico bene? Glielo hai insegnato tu, vero? Questo trucchetto è di Aulauthar.»

«Proprio così. Gilia non mi sembra interessato alla luce, ma da quello che ho capito, Siirist la vuole prendere come specializzazione. Lo insegnerò anche a lui. Dopotutto è la nostra eredità come allievi di Aulauthar.»

«Hai perfettamente ragione.» ridacchiò il mezzo dunmer.

Quando Siirist riaprì gli occhi, vide il cerbero a terra indebolito, terribili bruciature su tutto il corpo. Come era possibile che una creatura di fuoco fosse bruciata? Però le percepiva diverse. Che fosse stata quella luce? Alea era proprio incredibile. Per quanto fosse inferiore a lui in termini di potenza, come maga era proprio fenomenale. Senza contare la sua preparazione mentale, anni luce più avanti rispetto a quella del ragazzo. Egli era convinto che la fanciulla avrebbe facilmente potuto controllare incantesimi lanciati utilizzando anche numerosi amplificatori.

«Che stai aspettando? Tra poco il cerbero si riprenderà!» urlò Evendil.

Siirist fu richiamato al presente e corse verso il daedra, che però riuscì a lanciargli contro una sfera di fuoco, facilmente schivata.

«Quel bastardo mi ha stufato. Alea!» ringhiò Corvinus.

La fanciulla annuì, concentrandosi e unendo il proprio Flusso a quello del moro.

«Funerale del deserto!»

Gilia puntò in avanti la mano aperta, il terreno sotto al daedra che cambiava composizione, trasformandosi eventualmente in sabbia, che avvolse il mostro, stritolandolo più la mano del moro si chiudeva. Siirist sentì le ossa della bestia scricchiolare, fino a che una della teste non spuntò fuori dal muro di sabbia.

«È in fin di vita. Sbrigati a metterlo sotto sigillo o tutti i nostri sforzi saranno stati vani.»

Ryfon annuì e appoggiò la mano sulla fronte del cerbero, la macchia di sangue che prese poi la forma del sigillo della tigre. Sospirando, Gilia rilasciò l’incantesimo e si accasciò a terra.

«Raijin, questo qui mi ha fatto usare tutti i miei incantesimi più potenti!»

«Gilia, una domanda: quell’incantesimo...» si avvicinò Althidon.

«Sì, Maestro, me lo ha insegnato Adamar. Ma non sono ancora molto bravo ad eseguirlo, per cui mi sono dovuto fare aiutare da Alea.»

«Ma non ho fatto altro che unire il mio Flusso al suo per velocizzare il processo, io non sono minimamente capace a creare la sabbia in quel modo, è Gilia che controllava la magia.»

«Bene, bene. Se siete così in nemmeno tre anni, voglio vedervi alla fine dell’addestramento!»

«Che palle, voglio poter dare di matto, voglio mostrare a tutti i miei poteri! Finito con la cattura dei daedra, ci portate in qualche posto pericoloso per un allenamento intensivo, Maestro?» si lamentò Siirist.

«Ne stavo giusto parlando con Evendil. Appena inizia il quarto anno vi porto al centro di addestramento del Gagazet.»

«Sembra interessante!» Siirist colpì il palmo destro con il pugno, un ghigno stampato in faccia.

«Il clima rigido e le bestie pericolose che ci vivono lo rendono un posto perfetto per allenarsi. Io solitamente ci porto i miei allievi alla fine del quinto anno ed è una meta prediletta per gli allenamenti anche dei Cavalieri che hanno finito l’addestramento. Ma con voi credo potrò accelerare il processo, non per niente siamo qui in Oblivion.»

«Possiamo fare una pausa? Per quanto la nostra riserva di energia sia ancora piena, è la prima volta che usiamo tutti questi incantesimi potenti consecutivamente. Ci sentiamo un po’ stanchi e a me fa anche un po’ male la testa.» propose Alea.

«D’accordo. Ma se volete tornare, va bene lo stesso. Avete già fatto abbastanza.»

«Neanche per sogno! Voglio altri daedra! E poi io sono in ottima forma ancora!» si lamentò Siirist.

«Perché non hai fatto niente! Rispetta i tuoi compagni, cretino!» e Evendil diede un pugno in testa a Siirist, atterrandolo.

«Dannato... Sono così vicino a superarti in douriki fisici! Maledetti tu e il tuo Ataru di merda!»

«A proposito di Ataru, Alea, come procede?»

«Piuttosto bene, grazie. Ma preferirei non utilizzarlo fino a che non è perfetto.»

«Che stupido che sono! In questo ultimo anno ho trascurato così tanto la stregoneria che non sono più abituato a farlo, però potrei usare gli spiriti del fulmine e della terra per rendermi più forte e veloce!»

«In un modo o nell’altro, sarete sempre dei validi rivali per Siirist. Questo è un bene.» sorrise Althidon.

«E pensare che quando abbiamo cominciato lo stracciavamo senza problemi.» scosse la testa Gilia.

«Di sicuro nessuno scorderà mai il loro primo incontro.» Evendil indicò Siirist e Alea.

«Questo è sicuro! Chi avrebbe immaginato che saremmo finiti così?» rise il biondo.

«Invece che fare l’idiota, vieni qui a farmi un massaggio. Tanto tu stai bene, no?» si imbarazzò l’elfa.

 

Finita la sosta, i quattro Cavalieri rimontarono sui rispettivi draghi,  Evendil sempre con Althidon sopra a Zelphar, il quale conduceva gli altri tre. Li guidò lungo un lungo fiume di lava fino a che non raggiunsero una collinetta da cui videro una grande vallata piena di daedra. Ed in fondo, verso l’orizzonte, si ergeva un gigantesco vulcano.

«Pare che i daedra più grossi e forti si trovino più in prossimità di quel vulcano.» osservò Gilia strizzando gli occhi.

«Ed è proprio come dici tu. Per nessun motivo dovete avvicinarvi lì, quella è la dimora di Ifrit. Ora valicheremo il fiume, andare nella vallata potrebbe essere troppo pericoloso.»

I draghi aprirono le ali e calciarono da terra, levandosi in volo, superando la lava fluente, arrivando ad una radura ricca di centauri. Alti quattro metri, il pelo della metà equina nero, il busto rossiccio, lunghi capelli neri che arrivavano fino al bacino. Il branco si accorse degli intrusi e li caricò, ed alcuni degli esemplari erano armati di grosse lance.

«I centauri sono daedra di fuoco, capaci di maneggiare qualunque tipo di arma di grande stazza. Se intendete catturarne uno, sappiate che sarà nel vostro interesse fornirli di armi di buona fattura, possibilmente resistenti al fuoco.» spiegò Althidon.

Zelphar prese il volo, osservando con i due elfi come gli allievi se la sarebbero cavata contro tutti quegli avversari.

«Questa volta ci conviene combattere in groppa ai draghi.» suggerì Alea.

«Evvai, niente magma questa volta! Il ghiaccio sarà efficace!» si eccitò Siirist.

«Finalmente potremo vedere i tuoi nuovi incantesimi di vento! Sei stato proprio uno stronzo a tenerci sulle spine e non volerceli far vedere!» ghignò Gilia impugnando il martello.

«Allora apri bene gli occhi.»

Rorix calciò da terra, salendo in cielo avvolto da fiamme rubine, riacquistando la sua vera grandezza, mentre Siirist aveva chiuso la mano sinistra a pugno e ci aveva soffiato dentro.

«Polvere di diamanti!»

Una grande folata si liberò dal palmo aperto, ghiacciando tutto quello che colpì.

«Ehi! Non hai fatto altro che copiare il mio Respiro degli angeli delle nevi!»

«Vorrai scherzare! Io non li ho bloccati nel ghiaccio, io li ho completamente congelati! Guarda bene!» e schioccò le dita.

Nel momento in cui lo fece, fu liberata una seconda ondata di energia che entrò in risonanza con il ghiaccio precedentemente generato, facendolo andare in pezzi. Tutti i centauri colpiti erano ora distrutti e sparsi per il terreno. Tutti i presenti ad eccezione di Rorix ed Evendil erano scioccati.

«E non ho finito! Pioggia di diamanti!»

Nuovamente Siirist aveva soffiato nel pugno, ma questa volta la ventata si trasformò in un centinaio di dardi dalla punta a cono che volarono verso i daedra, trapassandone la maggior parte. Ne era rimasta solamente una ventina che aveva evitato i due incantesimi, i due in testa che brandivano uno un’alabarda, l’altro un’ascia bipenne.

«Se non vi dispiace, io mi prendo quello con l’ascia.» disse Gilia.

«Va benissimo, a me piace quello laggiù con l’arco.» rispose Alea.

«Allora io mi prendo quello con l’alabarda. Pensiamo prima a quello di Alea, perché con quelle dannate frecce può colpirci anche mentre stiamo in volo.»

Asthar ed Eiliis spiccarono il volo, Alea che componeva le rune per il sigillo della tigre, mentre i due draghi maschi si lanciarono in picchiata, evitando i dardi con rapide virate.

‹Gilia, ce la fai da solo, vero? Io vado ad occuparmi degli altri due arcieri.› disse mentalmente Siirist.

‹Tranquillo, io e Asthar sappiamo badare a noi stessi! Dimmi un po’, da quanto tempo è esattamente che sei più forte di noi, eh?›

‹Più o meno da due mesi.›

‹Quando torniamo alla Rocca ti faccio abbassare la cresta, Cavaliere d’Inferno sbruffone!›

‹Tu pensa a migliorare, Cavaliere d’Incubo mezza sega!›

Rorix piegò verso sinistra, diretto verso altri due centauri armati di arco, sui quali esalò un respiro congelante, per poi colpirli con la coda, distruggendoli.

‹Sarà meno elaborato della tua Polvere di diamanti, ma il risultato non cambia!›

‹Come non cambia! Rorix, mi ritengo insultato!›

‹Tranquillo, so come funziona, ti prendevo per il culo!›

‹E ancora non è perfetta. Scendiamo a terra e ritorna alle dimensioni di un cavallo.›

L’Inferno fece come detto e partì al galoppo contro il resto dei centauri, il Cavaliere che colpiva a ripetizione, fino a che non vennero accerchiati e messi in difficoltà dai poderosi attacchi dei daedra.

‹Siirist, potrebbe servirmi una mano!› chiamò Gilia.

Il biondo si girò e vide l’Incubo a terra, due centauri che lo prendevano a calci e pugni.

‹Gli stanno facendo male! Li abbiamo sottovalutati, dobbiamo attaccare insieme!› ruggì Rorix.

Infuriato, richiamò abbastanza energia magica per respingere indietro gli assalitori con un’ondata di vento e riprendere il volo.

Alea, tu sei pronta?

Sì, ma se serve vengo ad aiutarvi!

Se dovessi lanciare qualunque incantesimo annulleresti il sigillo e dovresti rifare tutto!

Ma Gilia...!

Ci penso io, non preoccuparti. Pensa solo a mettere sotto sigillo questo centauro non appena te lo abbiamo indebolito un po’.

D’accordo, intanto ci avviciniamo a voi.

Sì, ma stai attenta.

Arrivati al centauro di Alea, Siirist si staccò da Rorix e, con un incantesimo del vento, volò rapidamente in soccorso di Gilia e Asthar, mentre il drago rubino pensava a rendere inoffensivo il daedra per la fanciulla. Spada alla mano, il biondo la puntò verso uno dei due centauri, energia che avvolgeva la lama.

«Proiettile fluviale!»

Da essa partì un getto di acqua da alta pressione che penetrò il bersaglio da parte a parte. L’altro mostro, distrattosi, diede a Gilia i due secondi necessari per formare una guglia di roccia che trapassò il centauro all’altezza del cuore.

«Fisicamente saranno anche forti, ma il loro corpo è perfettamente tangibile a differenza di quello di magma del cerbero!»

«Senza contare che tutto è molto più semplice quando non ci dobbiamo trattenere. Le cose si faranno più difficili quando dovremo pensare ai tre che vogliamo catturare.» rispose Siirist.

Rorix faticava sempre di più a tenere immobilizzata la sua preda, e quando questa era sul punto di riuscire a fuggire, il drago le morse via le due zampe posteriori. In preda al dolore più atroce, il centauro cadde a terra ed in quel momento arrivò Alea che gli appoggiò la mano sulla spalla, formando il sigillo.

«È incredibile quanto siano forti questi centauri per aver buttato a terra un Incubo con un solo pugno.» osservò Alea, preparandosi a continuare lo scontro.

«Già, dillo a me. Siirist, io mi sono stancato, tu che dici?»

«Pure io, questa battaglia si è protratta anche troppo. Andiamoci a prendere i nostri centauri.»

 

Quelli erano stati gli ultimi daedra per i ragazzi, in quanto Althidon li aveva giudicati troppo stanchi per continuare, e pure Siirist aveva dovuto dargli ragione, per cui ritornarono nella loro dimensione.

«Com’è andata?» chiese curioso Eimir.

«Abbiamo tutti preso un centauro a testa e io mi sono pure preso un cerbero!» disse trionfante Ryfon.

«E io una talpa di magma.» aggiunse Gilia.

«Complimenti! Il centauro ed il cerbero sono entrambi daedra da sigillo di tigre. Ma immagino che non vi siate avvicinati al vulcano di Ifrit.»

«No, siamo andati da tutt’altra parte.» scosse la testa Althidon.

«Lì si trovano i daedra da sigillo di drago. E naturalmente il grande Esper.»

«Sono curioso, come si fa a mettere sotto sigillo un Esper? Che sigillo serve?» chiese Siirist.

Tutti lo fissarono come se fosse l’essere più strano che avessero mai visto.

«Non si sa. L’unica cosa che sappiamo è che per ogni Esper vi è un sigillo diverso, ognuno composto da cento rune, ed una tavola contente il loro ordine era custodita a Ilirea. Ma da quando la città è caduta, la tavola è sparita.»

«E anche se fosse ancora conosciuto il segreto, non te lo diremmo, perché incosciente come sei, andresti ad affrontare gli Esper! O dovrei dire un Esper, perché moriresti al primo. Anzi, saresti fortunato solo ad avere abbastanza tempo per vederlo completamente prima di essere annientato. Ora smetti di dire idiozie e andate a riposarvi, ve lo siete meritato.» disse Althidon.

I ragazzi stavano ritornando verso il loro alloggio quando ad Alea venne un dubbio.

«I nomi dei due incantesimi di ghiaccio che hai lanciato, Siirist, mi ha fatto pensare che fossero collegati. Dico bene?»

«Sì.»

«Eppure non capisco. La Polvere di diamanti ha congelato i centauri e poi il ghiaccio si è frantumato con un semplice schiocco di dita, mentre la Pioggia di diamanti ha creato dei dardi così duri da trapassarli senza il minimo sforzo. In che modo sarebbero collegati? Sono completamente diversi!»

«È proprio qui che ti sbagli. Il tipo di ghiaccio è esattamente identico, della stessa durezza. La differenza sta nello schiocco di dita. Vedi, il mio soffio di diamanti forma un ghiaccio più duro del diamante stesso, resistente a qualunque colpo esterno e anche al fuoco. Purtroppo non è ancora perfezionato, perciò sarebbe stato inutile contro il cerbero. La Pioggia di diamanti è abbastanza semplice, una volta che impari a rendere il ghiaccio così forte, ma la Polvere è tutta un’altra cosa. Come ti ho detto, non intrappola nel ghiaccio, ma congela tutto il corpo, organi compresi. È un’eccellente incantesimo per bloccare, perché, come ho detto prima, il ghiaccio non può essere frantumato o sciolto. Però se io, e solo io, schiocco le dita, lancio un secondo incantesimo di vento, un incantesimo del suono, che entra in risonanza con il ghiaccio che va in pezzi. Quindi la Polvere di diamanti è strutturata per distruggersi solo al mio schiocco. Capito adesso?»

«È una magia veramente complessa. Non riesco a credere che tu l’abbia creata!»

«Non so perché, ma suona quasi come un insulto. Però non posso biasimarti, hai ragione. Me lo ha insegnato Evendil. Però anche solo impararlo è stato difficile!»

«Questo spiega tante cose! Più forte mi sta bene, ma che tu fossi anche più intelligente di noi era ridicolo!» rise Gilia.

«Ehi!»

 

 

 

~

 

 

Banko/Zack, come vedi già qui Siirist ha imparato a volare semplicemente con l’elemento vento (ovviamente per merito di Evendil), ma utilizzare il fuoco come propulsore è qualcosa che ritornerà anche in futuro. Sono felice che ti sia piaciuta la scena intima. È la prima volta che scrivo qualcosa di simile e non accadrà più in questa storia. Quando finalmente mi metterò a scrivere l’originale, invece, ce ne saranno di più e anche più dettagliate (rating rosso), ma non saranno mai piacevoli da leggere e da vedere, per quanto riguarda i personaggi. Ma non anticipo nulla, aspetto di avere il tempo di scriverla. Per scene comiche future (molto future) aspetta di rivedere Siirist e Elisar insieme!

 

Il prossimo capitolo si intitola BELEG RUNIA e sarà pubblicato domenica 26.

  
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