Svizzera, 10.06 Briga
La mattinata era calma e serena. Il sole splendeva in un cielo terso e senza
nuvole, facendo sembrare le montagne circostanti un immenso quadro ad olio.
La cittadina, arroccata per metà sul fianco di un monte, era splendida:
il piccolo centro storico della città, completamente in granito e pietra
locale, era pulito e addobbato a primavera; la tonalità chiara delle
stradine rifatte da poco contrastava piacevolmente con quella più scura
e antica dei palazzi e delle piccole abitazioni; grossi vasi rigurgitavano di
fiori morbidi dai colori sgargianti, le tende dei negozi di allungavano pigramente
davanti agli ingressi e la gente passeggiava tranquillamente, senza troppi schiamazzi,
godendosi la bella giornata domenicale. Perfino i turisti italiani erano disciplinati
e tranquilli. Posta a pochi chilometri da una cittadina italiana di pari bellezza,
ma meno ben tenuta, sembrava di stare su un altro pianeta. Per fortuna era solo
un altro stato.
La strada in salita sembrava stranamente la più frequentata, ma c’era
un motivo valido. La mulattiera portava al castello Stockalper*, che in quel
periodo ospitava una mostra sulla storia del Traforo del Sempione, che aveva
attirato storici, appassionati, professori con classi al seguito, famiglie e
curiosi. Non era un grande avvenimento, ma era una di quelle cose che permettono di passare un pomeriggio non troppo noioso e aggiungere qualche informazione
in più all’archivio ‘posto in cui sono nato e vivo’.
Il castello sorgeva proprio su uno strapiombo sopra la parte moderna della città,
che ospitava anche un bel giardino da cui si poteva ammirare tutto il paesaggio
circostante. In mezzo al verde e alle panchine in sasso, c’erano diverse
persone, per lo più turisti e famigliole, in attesa della loro guida
o dello stimolo necessario per avviarsi a pranzo. tra di loro c’era una
persona solitaria, apparentemente persa ad osservare il panorama della piana
sottostante. Era seduto con non curanza sul basso cornicione in sasso e con
altrettanta non curanza fumava un sigaretta. Vestito con un completo beige un
po’ sgualcito, la cui giacca era accanto a lui, e una camicia bianca non
più freschissima appariva come uno di quei professori che fanno girare
la testa alle studentesse universitarie fin dal loro primo ingresso in aula,
o un giornalista annoiato, ma con lo stesso risultato. Due ragazze all’incirca
sui vent’anni gli passarono accanto chiacchierando allegramente mentre
raggiungevano la loro comitiva, una di loro gli lanciò un’occhiata
di approvazione che fece sorridere l’uomo all’indirizzo del paesaggio.
Anche se quasi cinquantenne e con i capelli un po’ grigi sulle tempie
riusciva ancora a fare la sua figura.
La comitiva scolaresca fu raggiunta dalla loro guida e un po’ di chiacchiericcio
scomparve, per riapparire subito dopo dall’arrivo di una comitiva che
aveva appena finito il suo giro; la sigaretta finì. Pochi secondi dopo
un altro uomo si mise ad osservare il paesaggio davanti a lui, a fianco del
primo. Era molto più giovane e il contrasto era evidente: biondo e un
fisico che la maglietta scura che aveva addosso non nascondeva minimamente,
sembrava surclassare quasi tutti i maschi presenti. Quasi. Le studentesse universitarie
continuavano a guardare il più vecchio. Le ragazze più giovani
sbavano verso il biondo. I ragazzi sbuffavano e basta.
I due rimasero in silenzio per qualche minuto, poi il più vecchio prese
la parola senza neanche guardarlo.
- Allora?
- Accetto. Sarò sicuramente un incarico divertente.
Il tono troppo spensierato dell’uomo più giovane irritò
il più vecchio, che serrò la mascella.
- Non vorrei demolire troppo le tue aspettative, ma non sarà un gioco
semplice da vincere.
- Sarà. È pur sempre un uomo e un uomo prima o poi cade in trappola.
Se poi le sue informazioni sono corrette non dovrebbe essere troppo difficile
farlo cadere in trappola, anzi potrebbe essere fin troppo facile.
L’uomo fece un gesto come per troncare la discussione, non intendeva portare
avanti un dibattito di quel genere.
- Allora siamo d’accordo. I termini del contratto rimangono quelli che
abbiamo stipulato insieme.
- Perfetto.
L’uomo coi capelli neri si alzò da muretto al quale si era appoggiato
e fissò la sua immagine riflessa negli occhiali da sole dell’uomo
di fronte a lui: gli occhi verdi del più vecchio assunsero un’aria
gelida mentre sibilava l’ultima frase.
- Voglio vedere il suo cuore strappato dal petto.
Senza aggiungere altro, prese la giacca e se la mise con noncuranza voltandosi
per raggiungere l’uscita del giardino. L’altro uomo si tolse gli
occhiali da sole rivelando un paio d’occhi chiarissimi e rimase ad osservare
rapito il paesaggio, poi la sua espressione divenne gelida e le labbra di atteggiarono
a un ghignò malefico.
- Preparati City Hunter, la tua leggenda ha i giorni contati. Questa partita sarà l'ultima che giocherai.-
CAPITOLO 1
Tokyo, 13.24
Tokyo è una grande
metropoli piena di vita caotica e non. Vivace e intensa, la città non
smette mai di fremere di vita nemmeno di notte: per un quartiere che si addormenta
ce ne è sempre uno che si sveglia. Forse solo nelle ore di passaggio
dal giorno alla notte la vita sembra rallentare quel tanto che basta per prendere
fiato, ma come l’ora passa, ecco la gente invadere di nuovo le strade,
i negozi aprirsi verso una folla agitata e gli uffici riempirsi di personale
indaffarato. Tutti sono svegli e attivi e tutti svolgono la loro professione
con frenesia.
Peccato che questo non valga per una persona.
- RYOOOOO!!!!- appunto - Vuoi svegliarti! È l’una passata!
Dalla porta di una camera che sembra essere stata sede di una violenta battaglia,
una donna dai capelli corti e le mani sui fianchi lanciava occhiate omicide
al groviglio di coperte sul letto al centro della stanza, dal quale provenne
un lamento sofferente.
- Aaahh! Kaori che vuoi? Lasciami dormire.
La voce della donna, già alta di suo, era salita di un’altra ottava
a causa dell’arrabbiatura e la si poteva sentire tranquillamente anche
dalla strada, nonostante i sei piani di altezza e le finestre chiuse. Ma a Shinjuku
era la normalità, gli abitanti ormai si preoccupavano solo quando non
la sentivano.
- No che non ti lascio dormire, è tardi, ed è ora che ti alzi.
Detto questo avanzò a passo deciso dentro la camera e aprì le
tende. Poi si accostò al letto, e senza troppi complimenti tirò
via le coperte, lasciando un povero Ryo completamente nudo e indifeso esposto
alla luce del sole. Come un vampiro, Ryo si rannicchiò sul cuscino emettendo
atroci lamenti agonizzanti.
- Aaahh! Vuoi lasciarmi in pace!! Stavo facendo un sogno stupendo!!-
Qualcosa gli atterrò in pieno viso, quando lo levò vide che erano
i suoi boxer. Una Kaori più che paonazza lo fissava con la stessa espressione
furiosa.
- Si, me li immagino i tuoi sogni stupendi. Muoviti pelandrone, dobbiamo essere
da Miki tra un’ora. Non voglio arrivare tardi per colpa tua.
- Si… si… ora mi alzo…
Il tempo perché le parole appena giunte al cervello assumessero un significato
concreto a livello cosciente e i lineamenti di Ryo cambiarono all’improvviso,
assumendo la solita espressione a pesce lesso, altrimenti ribattezzata ‘maniaco’.
Kaori lo squadrò sospettosa.
- Che ti prende ora?
- Hai detto Miki?
- S-si.
Ryo balzò letteralmente dal letto senza nemmeno essersi infilato i boxer
del tutto.
- Yahoo!! Umi non c’è! Avrò il campo libero con quella sventola
di …
Un vibrante profondo ‘stonk’ risuonò fino alla strada sottostante
accompagnato dal rumore di qualcosa che si schiantava di netto.
Ryo non finì mai la frase, perché un grosso martello da 100t lo
spalmò sul pavimento.
- Per tua informazione Miki e Umi sono sposati! Vedi di non fare i pervertito
come al tuo solito almeno con lei!
Detto questo uscì dalla stanza a passo di marcia sbattendo la porta e
lasciando Ryo alle prese con il parquet della sua stanza e un martello conficcatoci
dentro assieme alla sua testa.
“Quel maniaco deficiente! Mai una volta che si smentisca! Ma se ci prova
un’altra volta con Miki io…”. E si lanciò in una serie
di imprecazioni, epiteti e definizioni di torture cinesi che di addicevano molto
poco all’immagine di una ragazza e che continuarono fino alla
discesa fin troppo allegra del (miracolosamente ripresosi) soggetto di tale
sfuriata.
- Allora Kaori, andiamo?
Qualche minuto dopo Ryo
e Kaori sedevano al bancone del Cat’s Eye in attesa dell’arrivo
di Saeko. Kaori aveva una faccia molto scura e sorseggiava il suo caffè
con l’espressione di chi ha appena avuto un attacco d’ulcera. Miki
asciugava i bicchieri dietro al bancone, stando ben attenta a non dire niente
che potesse scatenare sul serio un attacco d’ulcera alla sua amica. Nel
caso non si fosse capito Kaori non era molto contenta di dover incontrare Saeko
e questo perché doveva affidargli un incarico. Come tutti gli incarichi
che Saeko aveva affibbiato a loro, in buona fede e non, Kaori sentiva che sarebbe
finita con loro che portavano a termine incarichi dieci volte più pericolosi
di quello promesso e un bel po’ di macerie. Purtroppo la sweeper non aveva
scelta: le bollette erano già scadute da tre settimane ed era già
arrivato il secondo sollecito di pagamento, generalmente detto ‘ultimatum’.
Il frigo era vuoto già da due giorni, non che prima fosse pieno, ma se
non altro potevano ancora fare colazione. Ryo aveva declinato tutti i casi (due)
che non coinvolgevano belle donne a cui chiedere il pagamento in natura e Kaori
non era riuscita a dissuaderlo. Lo spettro della miseria bussava alla loro porta
e Saeko ne aveva abilmente approfittato, promettendo un pagamento in contanti
(e anticipato) per il suo incarico. Kaori aveva capitolato.
Indecisa se dire a meno che il loro cliente era Saeko, Kaori aveva preferito
tacere, anche perché la poliziotta era stata molto chiara, o soldi o
mokkori; in più dovevano annullare tutte le botte arretrati, visto che
li avrebbe pagati più del dovuto. A una prospettiva del genere Kaori
dubitava che Ryo avrebbe accettato, anche se era Saeko che lo chiedeva.
In netto contrasto con Kaori, l’espressione di Ryo era raggiante: canticchiava
tra se allegramente e si portava addosso un’espressione da bambino felice
che irritava profondamente la sua socia. Negli ultimi giorni era stato molto
depresso, perché nessuna bella donna aveva bussato alla sua porta bisognosa
di aiuto e affetto e perché le ragazze libere che passeggiavano da sole
era molto scarse negli ultimi tempi. Però quel giorno avrebbe potuto
rifarsi: Kaori aveva cercato di nasconderglielo, ma lui aveva sbirciato nella
sua agenda e aveva visto che la bella poliziotta stava arrivando per affidargli
un incarico. Ryo le avrebbe chiesto la solita botta in cambio, più tutti
gli arretrati, compresi d’interessi.
Solo per questo ed esclusivo motivo se ne stava tutto tranquillo seduto al bancone,
canticchiando allegramente senza degnare Miki di uno sguardo. Saeko era vicina.
Miki e Kaori lo guardarono: la prima perplessa e cauta, la seconda con rassegnazione.
- Di, non è che Ryo sta male, vero?
- Fino a stamattina stava benissimo, soprattutto a sentire il tuo nome.
- Che cosa gli è preso allora?
- Mah, e chi lo sa. Non so cosa mi preoccupa di più. Se la sua espressione
o il fatto che non ti guardi.
Miki e Kaori si guardarono un attimo colte da un pensiero improvviso, poi abbassarono
la testa sospirando mormorando all’unisono:
- Ha saputo che sta arrivando Saeko.-
Uno scampanellio annunciò l’entrata dell’oggetto dei desideri
di Ryo, sfoderando il suo sorriso sicuro e seducente.
- Buon giorno a tutti.-
- Yahoo! Ciao Saeko dolcezza! Come sta…-
Ryo si tuffò all’indirizzo di Saeko… tuffo che terminò
bruscamente a mezz’aria.
Kaori, con un’agilità impressionate per una sull’orlo di
una crisi di nervi, aveva afferrato un martello e con un colpo da maestro aveva
rimandato Ryo nella direzione in cui era arrivato, facendolo sbattere nel muro
dietro al bancone. Saeko, per nulla impressionata, andò a raggiungere
le ragazze.
- Vedo che oggi siete belli carichi eh?-
Il mugugno di Kaori, l’imbarazzo di Miki e un Ryo riemergente dal muro
antistante, salutarono l’arrivo della donna.
Pochi minuti dopo, sedevano
tutti e tre al bancone con davanti le tazze fumanti. Miki, molto preoccupata
per lo stato di salute dell’amica, aveva preparato a Kaori una camomilla,
che la ragazza rimestava scura in volto.
- Allora, qual è il caso che devi proporci?-
- Non c’è bisogno che mostri così tanto entusiasmo Kaori.-
La sweeper era ancora arrabbiata con Ryo per le sfuriate a distanza ravvicinata
che le aveva fatto fare quel giorno e il derivante mal di stomaco. Lui dal canto
suo, era al settimo cielo mentre studiava le curve di Saeko seduta accanto a
lui, completamente dimentico della testa fasciata e del naso ancora tumefatto.
- Si tratta di proteggere una ragazzina di quattordici anni. La sorella è
una giornalista che ha intenzione di svelare alcuni dei segreti di un importante
uomo politico che da tempo sospettiamo implicato con la mafia.
Così semplice?
- Quindi noi dovremo proteggere la ragazzina?- Kaori, al pensiero che con loro
non avrebbe abitato nessuna bella sventola tutte curve, aveva ripreso un po’
della sua espressione serena ma senza farsi troppe illusioni, sicuramente c’era
dell’altro; Ryo al contrario, si era subito incupito.
- Esattamente. Alla donna ci ha già pensato la polizia, o meglio, il
suo ragazzo, che è uno dei nostri migliori agenti.-
Crudele la vita, con una sola frase Saeko cancello a Ryo la possibilità
di farsi pagare in natura una volta di più.
- Bene, allora accetteremo senz’altro, non è vero Ryo?- Kaori era
decisamente più sollevata.
Lo sweeper, che stava per replicare in malo modo, si blocco subito alla vista
Kaori e dell’esalazione dei suoi pensieri ‘Accetta o muori’.
- Emh, ma certo.- disse senza troppo entusiasmo e sudando abbondantemente.
Saeko sorrise certa della completa disponibilità dell’uomo.
Dall’altro lato della
strada in un’utilitaria verde scuro, un uomo osservava il bar con un piccolo
binocolo dalle lenti schermate. C’erano solo quattro persone nel locale
in quel momento: quella dietro al bancone era la proprietaria; l’altra,
una donna avvenente e ben vestita non la conosceva, non era nel dossier posato
sul sedile del passeggero accanto a lui; ne rimanevano solo due ed erano inconfondibili.
“Devono essere loro.”
I tre si alzarono e si diressero verso l’uscita sempre parlando tra di
loro. Si affrettò a mettere via il binocolo e ad accendere il motore;
prima che fossero tutti usciti lui era già partito.
Dall’espressione
di Ryo, si capiva subito che il caso non gli andava a genio: si trattava di
proteggere una ragazzina, che aveva una sorella più grande già
impegnata e per giunta con un poliziotto; senza dubbio, non era soddisfatto.
- Bhè non parli più? Non hai detto una parola da quando siamo
usciti dal bar.
Kaori lo stava fissando attendendo una risposta, ma lui si limitò a girarsi
con un’aria imbronciata da bambino offeso. Kaori rimase interdetta: non
aveva visto l’espressione di Ryo e non riusciva a capire cosa gli passasse
per la testa. Il pensiero di un incarico semplice e ben pagato aveva eliminato
ogni altro pensiero nella sua mente oltre che il mal di stomaco.
- Che c’è? Qualcosa non va?
- Certo che non va!
Kaori ammutolì, il tono di Ryo era molto serio
- È questo caso che non va!
Anche Saeko si voltò all’indirizzo di Ryo con aria allarmata. Che
cosa sapeva lui che era sfuggito a lei? Questa volta aveva giocato pulito.
- Questa volta Saeko mi dovrà dare anche gli interessi! Ma tu guarda!
Un ragazzina mi doveva affidare, ma io…
Ryo non riuscì a finire nemmeno quella frase. Una Kaori più che
furente e una Saeko soddisfatta della vendetta compiuta lo guardavano furenti.
- Sei sempre il solito maniaco, non cambi mai!-
Lo sweeper era stato letteralmente scaraventato nel marciapiedi da una Kaori
rossa in viso: un grosso pupazzo bronzeo di una rosticceria gravava sulla schiena
dell’uomo letteralmente incastrato nelle lastre di cemento.
- Vedi di essere più educato quando arriverà la ragazzina, altrimenti
ci penserò io a metterti in riga!-
Ryo, malmenato per la terza volta in meno di due ore, preferì capitolare.
- O-obbedisco.-