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Autore: Prof    23/09/2010    3 recensioni
Inspira a pieni polmoni, sniffandosi una dose super di polvere, mentre porta lo sguardo sull'enorme tavolo rettangolare davanti a lei; e fa quasi paura come il suddetto si perda nell'oscurità, impedendole di vedere chi è seduto nei posti più lontani. Per il resto, le pare che tutti i posti siano occupati, anche se immersi nel più totale buio, tranne uno, che invece è ben illuminato da una sterile luce che piove sinistra dal soffitto. Qualche lieve tossicchiare le fa intuire che quel dannato posto sia destinato a lei.
Espira, e si siede senza far rumore sulla maledetta poltroncina comoda come pietra.

[Una sorta di prequel di "La Setta"]
[Risposte alle recensioni di "Sotto la polvere del tempo"]
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Risposte recensione di “Sotto la polvere del tempo”
wolvie91: insomma, cosa ti posso rispondere? Wow, direi che ho centrato l'obiettivo alla stragrande! Brava me! ^O^ A parte gli scherzi, sono davvero contenta che ti sia piaciuta così tanto; sarà anche un po' per colpa tua che mi hai riempito la testa con Danimarca. XD La frase che mia hai sottolineato (Sapeva di biscotti, di mare e di foreste profonde. ) mi è stata ispirata dalla tua raccolta “Danelaw”. Non l'avresti mai detto, eh? ^_-
Adrienne Riodan: ma no! Ma mimmi! Ma non è giusto! Perché proprio io?! Perché proprio io mi devo macchiare della fama di colei, nel fandom italiano, che ha ufficializzato l'estremo libertinismo amoroso di Inghilterra, al secolo Arthur Kirkland?! Non possiamo aspettare la prossima autrice? Uffa! ç__ç E vabbé! Fine parte melodrammatica. XD Perché alla fine dei conti posso dire di essere d'accordo con te, e in effetti mi disturba vedere Inghilterra appioppato a mezzo mondo (ti dirò però che ho visto di peggio. ù_ù) Però, però, c'è un però grande come una casa; e che mi permette di salvare la faccia di Iggy (e la mia! XD). Tutte le fic che scrivo si basano sulla mia personale visione di Hetalia; indi, dal mio punto di vista, i pairing che contano sono il FrUK e l'UsUk; insomma, per me Iggy ha solo due fiamme, e aggiungerne una terza, con tutti i ma e i se che vanno premessi, non mi è parso esagerato. Spero di essermi discolpata. XD


***


Titolo: The Meeting
Fandom: Axis Powers Hetalia
Genere: comico, demenziale
Personaggi: Europa, un po’ tutti.
Rating: verde
Betareading: wolvie91
Avvertimenti:
i personaggi presenti in questa fanfiction non sono direttamente riconducibili a persone realmente esistenti.
Note: Una sorta di prequel di La setta





- The Meeting -





Superamento di gran carriera della porta di ingresso; magari cercando di evitare di spiaccicarvisi contro. Veloce saluto al receptionist, senza smettere di correre. Arrivo di fronte all’ascensore. Scoprire che è rotto. Maledire la sorte in ventisette lingue diverse mentre si scatta verso le scale. A che piano era l’appuntamento? Prima rampa di scale. Seconda. Terza. Quarta, e il fiatone si fa sentire. Con la quinta è presa la decisione di abbandonare i dolci di Belgio. Alla sesta nasce il dubbio che forse si è un pochino fuori allenamento. Settima, ed è forse il caso di cominciare a correre insieme ad Inghilterra. All’ottava si è persa la voglia di pensare. Alla decima l’unica consolazione sa di una morte almeno valorosa, il sacrificio personale in nome del nobile lavoro. Giappone ne sarebbe orgoglioso.
All’ultimo gradino le sembra di vedere la luce, lontana ed evanescente, e fa un mezzo pensierino di andare a dare un’occhiata oltre quel tunnel luminoso, sennonché una voce fin troppo familiare la riporta bruscamente sul pianeta terra.

“Oooooh, miss Europa. È arrivata.”

Sobbalza e per un attimo si dimentica di respirare, cosa non molto saggia, considerando il particolare bisogno di ossigeno richiesto dal suo corpo (non parliamo del cervello, visto che a quanto pare è stato dimenticato sul comodino).

“S-salve, James.” Balbetta, mentre tenta di apparire meno affaticata di quello che è. Invano.

“La stanno attendendo, miss Europa.”

Per quanto sia poco elegante, la giovane donna non può far a meno di emettere un roco verso gutturale, sapendo fin troppo bene cosa l’aspetta. Oh, il vecchio James non gliela farà passare liscia.

“Ergh! E... di quanto sono in ritardo?”

James, illustre maggiordomo di Buckingham Palace da ormai più di quarant’anni, grande capo indiscusso del Palazzo in assenza di sua Maestà, nonché una delle pochissime persone che godono della completa e cieca fiducia della Regina; in due parole, si potrebbe definire come IL maggiordomo, l’essere disceso sulla Terra che racchiude in sé tutte le qualità che fanno di un maggiordomo tale.
In due parole, il Maggiordomo Supremo.

“Ooooooooh, fra cinque secondi, di ventiquattro minuti e ventisette secondi, miss.”

E fra le tante qualità che possiede, due Europa ne conosce due molto bene. La prima sta sotto il nome di “puntualità”, portata ai massimi livelli dal suo essere inglese, che si converte automaticamente in odio profondo verso chiunque si macchi dell'opposto peccato. Tipo, chi abbia fatto aspettare per quasi mezz’ora ventisette e passa capi di stato. Tipo a caso, eh.
La seconda, non meno importante, è l’assoluta impassibilità che tiene di fronte a qualsiasi situazione, fosse anche crollato il Millennium Bridge per attraversamento anomalo di Dissennatori imbufaliti. Il che ci riporta alla diretta conseguenza, nonostante il viso quasi sereno di James, della certa punizione che avrebbe atteso Europa alla fine del meeting, se mai fosse riuscita a uscirne viva.

“Non è che qualcuno ha deciso di venire con l'aereo di linea?”
“No. Miss.”
“Peccato...” Il mezzo sorrisetto di contegno e flebile speranza le si raggela in faccia, frantumandosi in milioni di migliaia di piccole schegge che scivolano via con teatrale lentezza. Ovviamente, questa è una metafora.
“Quindi, io sarei l’ultima arrivata?”
“Oooooooh, yes.” E se non fosse impossibile, Europa giurerebbe che il tono sia gaudente.
“Tremendamente, irrimediabilmente, in ritardo, miss.” Aggiunge poi, raggiunte le massime vette di sadismo.
A questo punto Europa vorrebbe con tutto il cuore fare bagagli e valigie e partire con il primo volo per dedicarsi all’allevamento di bachi da seta in Arizona, o al salvataggio di pinguini in Antartide, visto che la sua dignità pare l’abbia abbandonata per sempre, insieme all’autostima, per fare un esotico viaggio ai Caraibi. E le fonti dicono che non abbiano comprato biglietti per il ritorno.

Ma che aveva fatto di male lei? Quale Impero aveva ucciso in una vita passata per meritarsi tutto questo? Insomma, mica era colpa sua se la sveglia non aveva suonato! Capita a tutti, diamine! Soprattutto se la sveglia è un regalo di mister America fabbricata da Cina; e tutti sanno cosa significhi far passare un instabile oggetto cinese per le troppo esuberanti mani americane.
.
L'unica sua colpa era stata quella di aver peccato di ingenuità nei confronti di un regalo apparentemente innocuo.

“Oooooooooh, miss Europa. Prima di entrare si dovrebbe aggiustare la gonna. È alla rovescia.”
La giovane simil-nazione punta lo sguardo sul danno in questione in un gesto al limite dell’automatico; effettivamente quella mattina il tessuto le sembrava un po’ diverso dal solito.
Sbuffa, scocciata.
“Ci sono altre cose che dovrei sapere, James?”
“Ooooooooh, solo che la camicia è stropicciata, le manca un orecchino, il rossetto è sbavato, la borsa non è in tinta con le scarpe e che… sta indossando due scarpe diverse. Miss Europa, non vorrei dire, ma ho come l'impressione che qualunque cosa lei abbia fatto ieri sera, l'abbia fatta davvero grossa.”



*


Venti secondi per darsi una rassettata, e prima che possa prendere fiato a sufficienza, viene introdotta dal maggiordomo malefico nella sala del meeting.
Per la seconda volta trattiene il respiro, e anche questa sarebbe il caso di non farlo, se le è cara la vita; oscuri tendoni bloccano l'entrata della luce del sole dalle ampie finestre, salvo qualche minuscolo raggio tremolante che malaticcio attraversa l'aere, e l'intera stanza è immersa nella più cupa oscurità e nel più spettrale silenzio.
Inspira a pieni polmoni, sniffandosi una dose super di polvere, mentre porta lo sguardo sull'enorme tavolo rettangolare davanti a lei; e fa quasi paura come il suddetto si perda nell'oscurità, impedendole di vedere chi è seduto nei posti più lontani. Per il resto, le pare che tutti i posti siano occupati, anche se immersi nel più totale buio, tranne uno, che invece è ben illuminato da una sterile luce che piove sinistra dal soffitto. Qualche lieve tossicchiare le fa intuire che quel dannato posto sia destinato a lei.
Espira, e si siede senza far rumore sulla maledetta poltroncina comoda come pietra.

Incontrare ventisette capi di stato, tutti alla fine della solfa considerabili suoi boss, non era mai stato facile, ma almeno aveva sempre avuto il sostegno delle relative Nazioni. Il Meeting di quel giorno invece era stato indetto in grande segretezza, e le era stato richiesto di non farne parola con nessuno, soprattutto con le altre Nazioni.
Figurarsi che per mantenere tutta questa segretezza, il primo ministro inglese le aveva spedito una lettera via gufo. Come in Harry Potter. Roba che ti viene un mezzo infarto quando ti atterra il gufo spennato di Ron Weasley nel salotto. E va bene la crisi, ma almeno la civetta di Harry potevano mandarla!

“Signorina Europa, è in ritardo.” La rimprovera una voce che veniva più o meno dal... nulla. C'è troppo buio nella stanza, e la cosa non è affatto carina. Il fatto che poi sia solo lei a dover sottostare al cerchio di quella luce artificiale, la fa sentire leggermente sotto interrogatorio.

“Quindi, - prosegue un'altra voce con un marcato accento francese – sarà il caso di affrontare subito la problematica presa in esame.”

Europa deglutisce. Se c'è un ordine del giorno, lei non lo sa e non lo ha mia saputo. E non è una bella cosa.

“Volevamo esporle, - e questa volta la voce è femminile – una serie di comportamenti anomali inerenti all'Unione...”

Uh, oh, caspiterina. Le cose non si stanno mettendo per il verso il giusto. Per nulla.

“Ultimamente, - altra voce differente da quelle precedenti, e francamente adesso il giochetto di Qui, Quo e Qua sta stancando – abbiamo riscontrato una serie di situazioni che si potrebbero definire, non in regola...”

“Siamo seriamente preoccupati, miss Europa.”

Pausa di silenzio in cui può sentire chiaramente il cuore batterle a mille. Oddio, che diavolo aveva mai potuto combinare?

“Siamo davvero, davvero in ansia per le nostre care Nazioni. E lei ci deve aiutare.”

Ed Europa si concede uno sguardo sorpreso verso l'ignoto, non capendo dove vuole a parare il discorso. Quindi, non ce l'hanno con lei, giusto?

“Scusate, ma perché stiamo al buio?”
L'intervento della nuova voce scatena un brusio sorpreso nella sala.

“Perché le lampadine sono fulminate.”
“E non se ne potevano comprare delle altre?”
“E no, siamo in tempo di crisi.”
“Ma scusate, io avevo capito che serviva per creare l'atmosfera. Se no che abbiamo fatto a fare questo giochetto di finire le frasi l'uno dell'altro?”
“Non guardate me! L'idea è stata sua!”
“Ma perché, non è divertentissima?”
“A me è piaciuta!”
“Visto?”
“Sì, vabbé, per favore che qualcuno apra le tende.”

Detto fatto, quattro o cinque sedie che strisciano sul pavimento, e le tende vengono scostate, facendo entrare il sole ad ondate.

Quasi viene accecata Europa, ed è costretta a sbattere un paio di volte le palpebre prima di riabituarsi alla luce. Adesso può notare che le pareti della stanza sono bianche e lisce, in un regolare stile neoclassico, e che il tavolo, bianco anch'esso, è occupato da ben più di ventisette persone. Con suo grande raccapriccio, a capotavola infatti vi è niente di meno che... la Regina di Inghilterra.

Europa si sente gelare fin dentro le ossa. Tra lei e sua Maestà non è mai corso buon sangue, largamente testimoniato da una serie infinita di rimproveri circa: il suo portamento, la sua parlata, le sue maniere, il suo modo di vestirsi, le sue frequentazioni, ancora il suo portamento...
Da quando era finalmente era riuscita a realizzarsi in quella che si poteva chiamare Unione Europea, anche se ancora traballante e incerta, dalla dolce nonnina non aveva mai ricevuto una sola parola benevola. Non un solo complimento, anche indiretto.
E, diciamocelo, quelle cerimonie del tè a cui era costantemente invitata e sottoposta erano delle vere e proprie torture medievali.

La Cancelliera tedesca, che indossa una stilosissima giacchetta rossa, si sporge dalla sua sedia.
“Come le stavamo dicendo, da un po' di tempo possiamo notare dei comportamenti... ambigui nelle nostre Nazioni.” Lascia volutamente la frase sospesa in mezzo ai presenti, cercando con una serie di occhiate l'appoggio dei colleghi, che annuiscono gravi.

“Ultimamente, - e questa volta è il boss di Francia a parlare – abbiamo notato che le nostre care Nazioni, soffrono di alcuni strani sintomi: improvvisi sbalzi d'umore, irritabilità, crisi di pianto, eccessi di euforia, distrazione...”

Diversi altri primi ministri annuiscono vivamente, mentre c'è chi si concede uno sbuffo amareggiato o scuote la testa con rassegnazione.

“...dunque noi tutti, dopo averne parlato, ci chiedevamo: che cosa sta succedendo?”

E l'illuminazione coglie d'improvviso Europa – no, non stiamo parlando della lampadina solitaria di prima – ed ella capisce che cosa stia accadendo, che cosa si ritrovi davanti ai propri occhi. E la consapevolezza è agghiacciante. Di fronte a lei ci sono ventisette Capi di Stato più una Regina bonus che si stanno comportando come i padri, o le madri, più orribilmente apprensivi sulla faccia della Terra.
Ok, adesso c'è da avere paura sul serio.
Europa deglutisce a vuoto: il peggio è che le spiegazioni le vogliono da lei.

“Sarà... sarà una specie di crisi adolescenziale.” prova a dire, priva di convinzione.

E infatti i Capi di Stato la guardano perplessi, - oddio, questo è un eufemismo; la scrutano come se avesse appena detto che ha incontrato un alieno – essendo palese a tutti che le care Nazioncine di cui si parla hanno un bel millennio a gamba.

Il boss di Inghilterra, quello nuovo e giovane, sì, quello che manda gufi, si schiarisce la voce.
“Forse non abbiamo centrato il punto.” Congiunge le dite delle mani, cominciando a farle scontrare le une contro le altre con nervosismo. “Quello che stiamo cercando di dirle è che... abbiamo notato che ultimamente... insomma... i rapporti fra le Nazioni si sono... intensificati. Ecco, intensificati.” Ripete, come se volesse essere sicuro di aver trovato la parola adatta.

“Diciamo pure che sono diventanti molto amichevoli, questi rapporti. Tanto amichevoli.” E la prima ministra finlandese le lancia un'occhiata esaustiva, che Europa vorrebbe tanto non cogliere.

“Troppo amichevoli. Decisamente troppo.” Aggiunge il premier spagnolo, con tono insolitamente grave.

Un brivido scuote il corpo di Europa, dato che ha ben presente cosa significhi, da un po' di tempo a questa parte, “avere rapporti amichevoli”. Ma giusto per sicurezza, fare la finta tonta pare la soluzione meno rischiosa.

“Beh, non mi pare una cattiva notizia.” E comincia ad attorcigliare una ciocca di capelli intorno al dito, ben attenta ad indossare il sorriso più rilassato che ha nel repertorio.
“In fondo, fortificare... l' “amicizia” tra le Nazioni è sempre stato un obiettivo comune.” Non vorrebbe, ma la voce le esce pericolosamente traballante.

Adesso i boss la stanno osservando come se avesse detto che l'alieno di prima è seduto al suo fianco. No, decisamente non un buon segno.

“No, signorina, forse non ci siamo ancora capiti.” I boss di Lettonia, Lituania ed Estonia si guardano fra loro, cercando di ispirarsi a vicenda, ma senza particolare successo.

E intanto Europa continua a tenere il sorrisetto da finta tonta e l'espressione da dolce pulzella innocente caduta dalle nuvole; sia mai che, vedendola in questo stato di deficienza acuta, i signori si stufino e la lascino libera di andare a via.
In fin dei conti, quelli non sono problemi suoi; cioè, oddio, potrebbero, a seconda dei casi. In teoria dovrebbe essere lei a tenere sotto controllo i comportamenti delle Nazioni europee, ma non è che può prendersi la briga di metterle sotto osservazione ventiquattro ore su ventiquattro. Ha una vita anche lei, e che diamine! E poi, di concreto, che potrebbe fare oltre ad ammonirli come se fosse Vaticano? Dovrebbe rinchiudere ciascuno di loro in torri isolate dal mondo? O magari in qualche remota segreta di qualche castello dimenticato da Dio? Non sono comportamenti che si eliminano con la ragionevolezza. Già già.

“Adesso basta!”
Tutti si voltano stupiti, meno sua Eccellenza la Regina – lei non si stupisce mai -, in direzione del leader bulgaro, a dir poco paonazzo in viso e dall'aria lievemente irata.
“Parliamoci chiaro, signori! Sappiamo tutti che cosa sta succedendo, e non ho nessuna intenzione di vedere cadere in questo girone infernale pure la mia Nazione!”
“Suvvia, non sia così rigido. Si rilassi! In fondo sono ragazzi.”
E il Presidente francese annuisce vivamente alle parole del suo collega italiano.

“Essere ragazzi non è una buona scusa per comportarsi in modo così... amorale.” Li redarguisce il primo ministro irlandese.

“Condivido la sua posizione.” Si premura di far sapere il cancelliere austriaco, sistemandosi gli occhiali sul naso. “E proprio lei, mio caro primo ministro inglese, che è così giovane ed inesperto, dovrebbe avere un occhio di riguardo per la sua Nazione.”

L'interpellato boccheggia qualcosa di insensato, prima di schiarirsi la voce e chiedere con la massima cordialità: “Scusi, cosa vorrebbe insinuare?”

I tre ministri dei paesi baltici tremano all'unisono, mentre quello svedese impreca tra i denti, scocciato, ed Europa vorrebbe piano piano essere inglobata dal mobilio prima che l'irreparabile accada.

“Sto solo dicendo che la vostra Nazione gode di troppe licenze. Sa, dovrebbe imporle un coprifuoco, a giudicare dalle numerose frequentazioni che ha, anche al di fuori dell'Unione; soprattutto al di fuori.”

La sala emette all'unisono uno sdegnato verso di stupore, che sa tanto di vero quanto una giraffa nella tundra.

“Oh mon Dieu! Quante volte glielo dobbiamo ripetere che non approviamo che la sua Nazione frequenti quel balordo di America?!”

“Ehi! Ehi! Piano! Qui decido io chi e come far frequentare all'Inghilterra! E poi da che pulpito! Sappiamo tutti che la sua di Nazione non riesce a tenere le mani al suo posto nemmeno per tre secondi!”

Poche parole che riescono a far inalberare il primo ministro francese; ed Europa giurerebbe di avergli visto uscire il fumo dalle orecchie.
“Ma come si permette?! Non le permetto di rovinare la reputazione della mia Francia! Come osa criticare un essere così puro, ingenuo e perfetto?!”

Oh, questa l'ha sparata grossa, commenta tra sé e sé Europa, ormai quasi nascosta sotto il tavolo.

“Anzi, le dirò di più! Sicuramente è stato quel vile tentatore della vostra Nazione a corrompere la mia!”

“Signori, calma. - e l'intervento del Capo del Governo italiano stronca sul nascere la replica inglese. - Sono certo che Inghilterra è un ragazzo per bene. Italia me lo ha confermato più volte.”

“Oh, certo! - il Primo Ministro francese sbuffa irato – Solo perché ti fa comodo! Dillo che vi siete messi d'accordo per combinare qualcosa fra le vostri Nazioni! A danno della Francia, ovviamente!”

“Ma no, ma no. Cosa vai a pensare, mio carissimo amico? È solo un rapporto di... amicizia. Davvero. E poi l'Italia è amica di tutti! Facciamo così: Veneziano a Francia e Romano ad Inghilterra, così siamo a posto!”

“Io non divido nulla con quello!” Esclamano all'unisono sia il leader francese che il suo collega inglese. “Scusi, ma che diavolo è tutta questa promiscuità?” aggiunge poi quest'ultimo.

“No, scusate me. - Ed è il turno della Cancelliera tedesca di passare all'attacco. - Mi pare che fino ad adesso Italia abbia sempre gironzolato dalle parti della mia Nazione. Come devo interpretare questo “disimpegno”? Si ricordi che deve accettare le sue responsabilità!”

“Scusate, ma nessuno pensa alla mia Spagna?”
“Non ci sarebbero problemi di questo genere se tutti fossero seri e carini come Finlandia. Come del resto può confermare lo stesso Primo Ministro Svedese.”
“A dir la verità ogni tanto Svezia mi sparisce con Danimarca.”
“Cosa?!”
“Ah, meno male che io posso contare su una Nazione seria come Olanda.”
“Se, se, come no. E quella storia con Canada dove la mettiamo?”
“Perbacco! Chi te l'ha detto?!”
“Belgio, ovvio. La mia Nazione.”
“Ecco, un'altra spiona!”
“Cosa sta insinuando?!”
“Qui si insinua si insinua, ma non si dice nulla, eh?”

“Silenzio, razza di stolti!”

E tutti tacciono come per magia, pietrificati all'istante.
La Regina, dall'altro lato del lungo tavolo, è in piedi, brandendo lo scettro a mo' di bastone, le labbra sottilissime serrate e le narici dilatate. Scruta tutti i capi di stato, partendo dalla sua destra e passando alla sua sinistra, avendo ben cura che ognuno di essi abbia la giusta dose di sguardo inceneritore. E in fine punta dritto gli occhi davanti a sé.
“Miss Europa, si rialzi.”

Titubante, e per nulla rassicurata dal tono duro, la giovane riemerge sul malgrado da sotto il tavolo – ebbene sì, aveva sperato di svignarsela poco degnamente nel momento di confusione.

“Miss Europa.” E lo sguardo reale e regale la trafigge come un paio di frecce. “Da tutta questa indecorosa trafila, oserei dire, anzi, oso, che la purezza delle nostre reciproche Nazioni è messa in un grave pericolo; e la colpa è sua.”

Europa trasale, vedendosi puntato lo scettro contro.
“S-sua? Cioè mia? Mia mia?”
“Quante altre Europa vede in sala?”
“M-ma come fa ad essere colpa mia?!”
“È ovviamente colpa sua, visto che qualcuno doveva pur vigilare sulla condotta delle Nazioni.”
Gli altri leader annuiscono.
“Ma non c'è mai stato nulla del genere nel regolamento! E poi, scusate! Se si comportano come gatti in calore mica posso inseguirli per mezzo mondo e poi... insomma!”

E troppo tardi si rende conto di aver un tantino esagerato nella colorita descrizione delle abitudini sessuali dei pargolini dei capi di stato.
Cerca inutilmente di trovare qualcosa con cui “chiarire” cosa volesse effettivamente dire – e poco importa che quello che pensa sia stato detto con eccesso di chiarezza, ma la Regina lesta le toglie ogni possibilità di parola.
“Mia cara miss, mi sa proprio che dovremo prolungare le lezioni di bon ton.”
Ed Europa assume un'espressione da Urlo di Munch.

“Ma non richieda un eccessivo sforzo al suo cervellino, mia cara; infatti, si da il caso che io abbia già pensato ad una soluzione a dir poco eccellente.”

La sala ammutolisce e aspetta ansiosa le parole della Regina, che però, essendo anche una vecchia volpe, rimane muta giusto per creare l'effetto suspence.

“Mi scusi, ma cosa ha intenzione di proporci?” interviene diplomatica la Cancelliera tedesca, dopo tipo una decina di minuti di suspence.

“Il matrimonio riparatore.”

Come un'unica entità la sala si esprime in un singolo singulto stupito.

“Per la precisione, una serie di matrimoni riparatori fra le nostre care Nazioni; come ai bei vecchi tempi.” E per un attimo i suoi occhi divagano nel rimembrare epoche lontane. Molto lontane, osa pensare chi ha più coraggio.

“Scusi, ma come pensa di scegliere le coppie?”
“Oh, molto semplice mio caro primo ministro polacco.” La sovrana in un gesto fluido afferra la campanella argentata posata sul tavolo, scuotendola con delicata fermezza. E dopo neanche due secondi, la porta d'entrata di apre, lasciando passare il maggiordomo James, che sospinge un basso carrello con sopra... un cappello a cilindro?

I leader riuniti si scrutano fra loro incerti, finché qualcuno non ha l'ardire di chiedere:
“Mi scusi, ma a cosa serve?”
“E soprattutto perché è sottosopra?” aggiunge qualcun altro da un posto remoto.

La Regina di Inghilterra aspetta dunque che il cappello, accompagnato dal fedele James, arrivi al suo fianco; solo allora, dunque, parla.
“Ebbene, signori, questa è la risposta a tutte le vostre domande. - poggia l'estremità dello scettro sul cappello in questione – Qui dentro, invero, vi sono delle speciali capsule che ci consentiranno di effettuare una scelta guidata dalla mano di Dio sulla formazioni di queste coppie da maritare.”

Nella sala aleggia un silenzio alquanto perplesso.

“Mi consenta, vorrebbe dire che eseguiremo un sorteggio?”
“Direi che in termini volgari lo si possa definire così.”

Subito si scatena un parlottio veloce e stupito, in cui i signori si scambiano idee e perplessità. Dopo quello che si può definire un buon quarto d'ora, finalmente la sentenza finale.

Il leader belga, si alza in piedi, si schiarisce la voce e proferisce: “Maestà, troviamo la sua idea veramente... geniale!”

Per poco Europa non cade dalla poltroncina malefica con uno strozzato: “Cheee?!”
Tutti si voltano nuovamente verso di lei, che nella foga si è alzata in piedi e adesso sproloquia con un evidente gesticolamento.
“M-ma, ma, ma non potete! Cioè, insomma! Come potete costringere le vostre Nazioni a sposarsi così a caso?! Che ne è della libertà di scelta di cui andiamo fieri?! E i nostri diritti che abbiamo conquistato con il sangue e le lacrime nel corso dei secoli? Non valgono più niente?”

“Suvvia! La sta facendo troppo tragica!”

“M-ma no! Insomma! E poi chi glielo dice a loro?”

“Lei, ovvio.” Risponde con una naturalezza disarmante il primo ministro polacco. “In fondo è lei che si occupa delle relazioni che intercorrono fra le nostre Nazioni, no?”

Europa si ritrova con le spalle al muro, davanti a una platea di leader che non l'ascolteranno nemmeno fra cent'anni, e che in fin dei conti l'hanno sempre ascoltata per metà, con la prospettiva di dover assolvere un incarico suicida e la terribile mannaia sulla testa che sono le lezioni di bon ton della Regina.
Vorrebbe piangere; o sbattere violentemente la testa sul tavolo immacolato.
Ma non fa nessuna delle due cose; o meglio, non glielo lasciano fare.
Prima di rendersene conto, infatti, è sospinta via dalla mani del presidente francese, che la butta praticamente fuori dalla sala, aggiungendo, con un sorrisone stampato in faccia rivolto ai colleghi, che, “povera Europa, povera ragazza, sempre a lavorare. Oggi è un po' stanca, vedrete che domani sarà in forma e d'accordo con tutti noi.”

E prima di sbattere la testa, come si era proposta in precedenza, contro il muro con estrema violenza, sente distintamente la voce squillante della Regina che proclama il primo, futuro, matrimonio...

Ungheria e Svezia...

Altro che mano di Dio, qui ci ha messo lo zampino Satana.

 
 

   
 
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