La Vita Nova.
Capitolo VIII
Non entrava
all'Opera da quando era avvenuto l'incidente che l'aveva mezzo
distrutta e che aveva portato con sé un morto e numerosi feriti.
L'imponente stazza del Teatro non le era mai sembrata così minacciosa, così
come l'interno, desolante e triste. La soggezione che provò nel sentire i suoi
passi riecheggiare nel silenzio di intere settimane le
fece avere il brutto presentimento che quello che stava per fare non fosse
giusto, e soprattutto sicuro. Non era convinta di ciò che Erik avesse
intenzione di realizzare: non solo si stava esponendo pericolosamente, ma
temeva potesse compiere nuovamente qualche sciocchezza nei confronti di Christine,
di Raoul, dei manager... di tutti. Non
lo riteneva uno stupido, ma era ben consapevole che, per quando preparasse i
suoi piani con dettagli maniacali, non sempre questi
andavano per il verso giusto, e lui, quando ciò accadeva, aveva sempre dato di
matto. Aveva provato in tutte le salse a fargli capire quale pericolo stesse
correndo, mettendosi allo scoperto così. Niente, non
era servito a niente. Aveva solo sibilato una frase che non le era piaciuta
niente. “Il Fantasma è morto, presto lo saprà tutta Parigi.”
E, inoltre, ora
c'era anche Phénix, quella giovane che gli stava tanto a cuore solo perché si
sentiva responsabile della morte dei suoi genitori. Le piaceva quella ragazza
dallo sguardo schietto e malizioso, ma sperava vivamente che non lo portasse a
soffrire nuovamente. Erik, per quanto amasse ancora Christine, era e rimaneva
pur sempre un uomo che di certo non poteva non accorgersi di lei e reprimere i
suoi più pericolosi desideri.
Prese un bel
respiro e si diresse all'ex-ufficio dei due manager, dove si erano dati appuntamento. Quando bussò alla porta non ottenne
risposta e, nel frattempo che aspettava, decise di fare due passi per
riportarsi alla mente le immagini di quel teatro caduto in rovina, un tempo
splendente. I muri, una volta dorati e lucenti, ora erano scuri per la cenere ed il fuoco, così come le volte, le decorazioni e la
statuaria. Quando giunse alla platea lo spettacolo che le si
presentò davanti le strinse il cuore: i sedili rossi erano stati
completamente mangiati dalle fiamme e ora ne rimaneva solo il ricordo di un
misero scheletro di ferro; vide il palco, completamente distrutto, e lì, tra
pezzi di legno carbonizzati e la polvere, giaceva la carcassa del candeliere,
crollato sulla platea spaventosamente. Ancora ricordava il suono sinistro delle
fiamme che velocemente avvolgevano qualsiasi cosa, le urla spaventate e
disperate degli spettatori e di chi era dietro le quinte...
Ricordava lui, la sua espressione delusa ed arrabbiata per essersi reso conto
di avere le spalle al muro. Aveva giocato la sua ultima carta, in un gesto di
disperata follia, che l'aveva solo rovinato, ancora di più.
Fu quando sentì
risuonare i passi affrettati di due persone che decise di tornare al luogo
dell'incontro. Vide Firmin e André camminare velocemente, tra borbottii e
piagnucolii nel ripensare alla fortuna che avevano perso in quell'incendio,
mentre si guardavano intorno con circospezione, temendo che da un momento
all'altro sbucasse fuori il Fantasma. Sarà stato per uno strano senso di deja-vu
o per altro, ma era da quando avevano rimesso piede all'Opera che
sentivano gli occhi di qualcuno addosso.
Fecero un bel balzo
dalla paura quando Madame Giry apparve loro
silenziosa, avvolta nel suo consueto abito nero.
«Ma-Madame! Siete voi...!»,
balbettò André, il più suscettibile tra i due.
«E chi altri, se
no?», tentò di sdrammatizzare Firmin, con un sorriso tirato.
La donna li salutò
cortesemente, seguendoli nel loro ufficio.
No, non sarebbe
stato per niente facile convincerli.
Si accomodarono
nell'ufficio, una delle poche stanze rimaste miracolosamente quasi illese
dall'incendio. Anche se, dal disordine in cui gravitava, si sarebbe detto che
ci avessero scoppiato una granata.
«Come state, Madame? La vostra graziosa figlia?», domandò gentile Firmin,
con un sorriso da orecchio ad orecchio.
«Stiamo
bene, grazie. Voi? Avete trovato qualche acquirente?»
André balbettò
qualcosa, scuotendo il capo. «Nessuno, Madame.
Nessuno! Le nostre casse sono in rosso e dobbiamo
ancora risarcire più della metà degli spettatori! Rovinati, siamo rovinati!»
Claire Louise Giry
si accarezzò distrattamente la lunga treccia che le cadeva stanca su una spalla.
«A questo proposito, Messieurs, avrei una possibile soluzione.»
Gli occhi dei due
impresari brillarono di luce propria a quelle parole. «Di cosa si tratta, Madame?», domandò Firmin, mal celando la sua emozione.
La donna, prima di
parlare, prese un bel respiro per auto incoraggiarsi. «Conosco qualcuno che
vorrebbe pagare tutti i danni, i risarcimenti e comprare il Teatro.»
«Veramente?!», chiese esaltato André, scattando in piedi.
«E di grazia, di
chi si tratta?», azzardò Firmin, anch'esso contento per la bella novella.
Claire cercò di
ponderare al meglio le sue parole, onde evitare qualsiasi brutta reazione;
anche se era ben consapevole che non l'avrebbero presa bene per niente a
prescindere dal modo in cui avrebbe parlato. «È un
uomo che vuole rimediare ai danni che ha commesso in passato. Spera vivamente
che voi possiate capire ed accettare la sua generosa
offerta.», disse, tirando fuori un paio di buste dalla sua borsa, contenenti
l'anticipo di cui aveva parlato Erik.
Passò qualche
secondo prima che i due iniziassero ad assimilare la cosa.
«C-Come, prego?», chiese timidamente André, studiando
attentamente la donna. Sperava di aver
mal interpretato le sue parole.
Non rendetemi la
cosa ancor più difficile, pensò lei, sospirando nuovamente.
«Avete capito bene, Monsieur. Mi ha chiesto essere una
sorta di mediatrice tra voi e lui.»
André, colpito da
un tremendo calo di pressione, dovette sedersi, per evitare di crollare a
terra, senza forza; Firmin, invece, la guardava con gli occhi spalancati per lo
stupore e il timore di un ritorno al passato tanto temuto quanto aspettato.
«Madame,
volete dirci che quel... quell'uomo è ancora vivo? Che vuole ancora
perseguitarci?», domandò sconvolto Firmin.
Lei annuì, conscia
che se Erik stesse ascoltando la conversazione, sicuramente si stava trattenendo per non uscire allo scoperto e fargli
passare ogni dubbio su cosa fare.
«Mon Dieu, Madame!», esclamò André,
passandosi un fazzoletto sulla fronte madida di sudore per lo shock. «State scherzando, mi auguro! Se credete veramente che
rimarremo zitti a farci soggiogare nuovamente da quel pazzo allora potete anche
morire di vecchiaia, nell'attesa!»
Firmin diede man
forte al suo collega, con un'espressione seria, ma fin troppo preoccupata. «Madame, se volete un consiglio, liberatevi di lui prima che
vi faccia del male. Anzi, vi accompagniamo noi stessi alla polizia, per
denunciare la situazione.»
Madame
Giry strinse convulsamente i pugni sulla stoffa della sua gonna, cercando di
trovare le parole più adatte per farli ragionare. «Signori, con tutto rispetto,
ma so badare a me stessa e conosco l'uomo di cui stiamo parlando.», disse
lentamente, guardando prima uno poi l'altro. «Posso giurare su mia figlia, che
è la cosa più cara che abbia al mondo, che ha buone intenzioni, questa volta.»
«No, no e no!»,
strillò come una vecchia bisbetica André, sull'orlo di
una crisi di nervi. «Madame, se voi state difendendo
un assassino ed un folle saremo costretti a denunciare anche voi! Non
costringeteci a fare qualcosa che non vorremmo fare.»
«Oh,
su questo non c'è problema. Non lo farete.», fece una
voce profonda e bassa, alle loro spalle.
I due manager
sobbalzarono sulle loro sedie nel sentire quel suono terribile quanto
affascinante. Quando si voltarono, lo videro poggiato alla parete, vestito di
tutto punto con una delle sue consuete giacche lunghe e nere, così come erano neri i pantaloni e le scarpe lucide, gilet sul
beige che mostrava il colletto ancora più chiaro della camicia, e sopra un
foulard ben annodato sul collo, anch'esso scuro e finemente ricamato. Il bianco
della mezza maschera risaltava in maniera sinistra, per i gusti dei due
manager, che mai avevano visto due occhi più taglienti e gelidi dei suoi.
«Mi sembrava di
capire che fino a due minuti fa stavate piangendo miseria,
signori.», continuò Erik, piegando il capo su un lato, con fare quasi curioso.
«Ed ora rifiutate una così generosa offerta? Un
comportamento inopportuno da parte vostra.»
I direttori del
Teatro non ebbero la forza di aprire bocca, limitandosi a fissare il nuovo
arrivato completamente immobili.
«Allora,
avete perso l'uso della parola? D'accordo che sono conosciuto come un fantasma
e non mi aspettavo certo un benvenuto caloroso, ma degnatevi almeno di chiudere
quelle bocche. Siete ridicoli.»
«Erik...», lo rimproverò bonariamente Louise, spazientita.
La voce della donna
sembrò ricordare ai due di non essere soli con quel mostro e parve che
ritrovarono un po' del loro controllo - se mai ne avessero avuto uno.
«Monsieur...»,
bofonchiò Firmin, non sapendo bene nemmeno lui cosa dire.
Erik alzò un
sopracciglio, aspettando che continuasse, ma non ottenne altro se non una serie
indistinta di borbottii. «Cosa non avete capito di voglio-comprare-il-teatro?», chiese, cercando
di non perdere la calma. Quei due riuscivano perfettamente a farlo innervosire
in meno di due secondi.
«A-abbiamo capito tutto, Monsieur,
ma…», iniziò André, tamponandosi febbrilmente la fronte, sempre più lucida.
«Voi non fate mai... mai niente per niente.»
Le labbra carnose
dell'uomo si piegarono in un sorrisino cinico. «Molto bene, vedo che iniziate a
capire.», si staccò dalla parete, iniziando a camminare lentamente per tutta la
lunghezza della stanza, mani giunte dietro la schiena, sotto lo sguardo
attentissimo ad ogni suo movimento dei due impresari e
quello preoccupato di Claire Giry. «Come avrete già sentito, voglio risarcire
tutti i danni che io stesso ho causato. Sia ben chiaro, non lo faccio per voi
due. Fosse per me sareste già belli che in rovina.»,
disse duramente, fulminandoli con lo sguardo. «Non siete mai stati molto
consenzienti quando vi chiedevo gentilmente un favore, quindi non dovete
meravigliarvi se ho agito di conseguenza.»
Firmin deglutì a
fatica, quando Erik si fermò a pochi passi da lui. Dalla notte di Capodanno,
non lo aveva mai avuto così vicino e la cosa lo spaventava non poco.
«Ma ho ragioni ben
più importanti per quello che ho intenzione di fare, e se permettete le mie questioni le tengo per me. Ora.»,
proseguì Erik, riprendendo a camminare, lento e felino. «Quello
che voglio da voi è che accettiate la mia offerta senza compiere alcun gesto...
azzardato, mi capite? Vorrei evitare spiacevoli inconvenienti come in
passato. Voi dovrete occuparvi solo della parte finanziaria del Teatro, io
penserò al resto. Tutto chiaro fin qui?»
I due annuirono
tremanti, senza però obiettare. Anche volendo, sotto quello sguardo, non ne
avrebbero avuto la forza.
«Bene,
se farete esattamente quello che vi dico sarà un guadagno per entrambi, oltre
che in primo luogo per me.», disse Erik, guardando ora Claire come a dirle “Visto? Te l'avevo detto che non avrebbero fatto storie!”. «Ingaggiate una compagnia per il restauro dell'edificio e
ditemi quanti ancora devono ricevere il risarcimento; provvederò subito a
pagare. Come vedete, i ventimila franchi che ricevevo ogni mese son serviti a
qualcosa.», aggiunse, con un sorrisino di scherno,
mentre i due lo assecondavano, non troppo convinti. «Ve
lo ripeto, signori: non fate niente che non sia un mio volere, vi sto
avvertendo. Non sono poi così cambiato in poche settimane. Anzi, da questo
punto di vista non credo cambierò mai.»
Firmin e André
annuirono vigorosamente, capendo l'antifona. Temevano quell'uomo come nessun
altro: li aveva terrorizzati, li aveva mandati in rovina... Eppure
ora stava risollevando in gioco le sorti del Teatro... del suo Teatro.
Erano ben consapevoli che l'Opera era sempre tacitamente appartenuta a lui e
che il fatto che ora stesse offrendo i suoi soldi per averla fosse solo una
circostanza “burocratica”. Cosa avrebbero dovuto fare?
Assecondarlo e guadagnarci, senza opporre resistenza alcuna, oppure andare a
denunciare tutto alla polizia e liberarsi finalmente di lui?
Nessuno si libera
dei fantasmi.
«Monsieur,
perdonate la domanda sciocca, ma...», azzardò Firmin, quasi con riverenza e
timidezza. «La gente che vorrà sapere chi è colui che
ha comprato l'Opera... Ecco, mi chiedevo, come dovremmo comportarci?»
Erik gioì
intimamente: stavano accettando e lui non avrebbe dovuto compiere gesti
sciocchi per convincerli. «Direte che sono una persona
molto riservata e che non trascorre molto tempo a Parigi. Direte che sono un
compositore che ama la musica più della sua stessa vita e direte che mi chiamo
Erik Duval. Mi sembra ovvio che non dovrete fare più alcuna menzione al
Fantasma dell'Opera. Del resto, se farete ciò che dico non ci sarà più bisogno
di un fantasma, giusto?»
«Sì, signore.»,
disse Firmin convinto, tirando una gomitata al suo compare affinché dicesse la
stessa cosa.
«Molto bene, siamo
d'accordo allora.», disse Erik, avvicinandosi alla porta. «Per qualsiasi
problema rivolgetevi a Madame. Per le altre questioni
sarò io a cercarvi, quindi non scomodatevi e state al vostro posto. Buona giornata,
signori.» Se ne andò subito dopo, lasciandoli sgomenti
e pallidi come un lenzuolo.
Sembravano aver
visto veramente un fantasma.
I giorni successivi
alla notizia non si parlò d'altro se non del
misterioso personaggio che aveva deciso di finanziare nuovamente il Teatro
dell'Opera Populaire di Parigi ed accollarsi tutte le spese del caso. Nessuno
conosceva l'identità di quell'uomo, nessuno che l'avesse visto, nessuno che
sapesse molto di più se non le solite chiacchiere della gente. C'era chi
parlava di un ricco aristocratico venuto dall'Italia, chi invece diceva fosse
un Parigino particolarmente benestante, altri ancora
andavano in giro a raccontare che ci fosse un imbroglio dietro l'asta del
teatro per cui era stato comprato dalle sovrintendenze del comune per renderlo
un museo.
Ma
verità o menzogna, poco importava alla popolazione di Parigi dell'alta
borghesia, che finalmente poteva sperare in una prossima riapertura del loro
teatro prediletto, sebbene il ricordo del devastante incendio fosse ancora ben
vivo nei ricordi di chi era presente quella sera.
Raoul de Chagny,
ovviamente, fu tra i primi a ricevere la bella novella dai manager, che lo
tenevano costantemente aggiornato sulle loro (dis)avventure, e fu ben contento di trovarli finalmente allegri
e contenti, anche se le occhiate che i due si lanciavano di tanto in tanto non
lo convincevano molto. Ma di questo si preoccupò veramente poco, dato che conosceva che tipo di persone fossero Firmin e
André, ed era arrivato alla conclusione che tanto normali, in fondo, non lo
fossero. Inoltre era super indaffarato nel programmare alla perfezione il suo
imminente matrimonio - imminente per così dire, dato
che si sarebbe celebrato da lì a sette mesi, tra preparativi e quant'altro.
D'altro canto,
Christine quando ebbe la notizia della riapertura del teatro, così come il
resto del corpo di ballo, fu ben felice di tornare all'Opera, anche se quel
posto le portava alla memoria troppi ricordi belli quanto spiacevoli. Non aveva
ancora dimenticato quell'uomo che l'aveva segnata, che l'aveva messa di fronte
ad una scelta decisamente più grande di lei, che le
aveva donato il suo cuore senza giri di sorta e che l'aveva lasciata sgomenta
anche dopo settimane. Chissà come stava? E se si fosse ucciso per il troppo
dolore? Non l'avrebbe retto, no. Un altro peso così gravoso sulle spalle non
sarebbe riuscita a sopportarlo.
Christine I love you...
«Smettila di
pensare ancora a lui, ormai fa parte del passato.», si disse, arrossendo subito
dopo per essersi resa conto di aver parlato da sola e di aver destato le
attenzioni delle altre ballerine.
«Hai detto
qualcosa?», chiese Meg, guardando incuriosita l'amica.
«Oh, no, no!», fece
lei, agitando le mani in segno di diniego.
«Scusate se vi
disturbo, ragazze.», disse una voce gentile alle loro spalle. Étienne, il
ragazzo che aveva ballato con Phénix qualche giorno prima, le guardava
sorridente come sempre. «Mi chiedevo, la vostra amica...
Quella dai capelli rossi... Sophie, giusto? Sapete se verrà più? È qualche
giorno che manca.»
Meg sbarrò gli
occhi, entusiasta che Étienne stesse chiedendo di lei.
L'aveva capito subito che quel ragazzo era rimasto incantato dalla sua amica!
«Sì, verrà ancora.»
«Veramente?»,
domandò contento.
Meg annuì. «Credo che entrerà nel corpo di ballo. Maman è soddisfatta
delle sue performance.»
«Oh, come
biasimarla.», sospirò lui, ripensando al loro ballo. «Grazie mille, mi avete
tolto un pensiero dalla mente, Meg!»
Appena Étienne si
allontanò, la biondina si mise a ridacchiare, eccitata. «Hai visto,
Christine? Étienne si è innamorato di Sophie!»
La giovane cantante
sorrise, ripensando a quella particolare ragazza che aveva conosciuto e che le
sarebbe piaciuto conoscere ancora meglio. Sembrava
avere tante cose da raccontarle dalla vita, sebbene fosse ancora molto giovane.
«Son felice per Étienne, è un bravo ragazzo.»
«Sì,
vero, vero. Oltre che parecchio carino.», continuò
Meg, guardando il ballerino mentre provava alcuni passi di danza. Ed era vero:
era un bel giovane alto e snello, i muscoli segnati dalla lunga attività
fisica, un viso gentile e asciutto, capelli non troppo lunghi e castani scuri,
così come i suoi occhi sempre allegri e sorridenti. Chissà se la ragazza ne
sarebbe stata lusingata? Doveva assolutamente raccontarglielo!
«Quella strega dai
capelli rossi entrerà nel corpo di ballo?», chiese meravigliata una ballerina,
che a Meg non stava tanto a genio, a dirla tutta.
«Sophie non è una
strega.», ribatté, offesa per l'amica. «E sì, ballerà
con noi. Ti crea qualche problema, Françoise?»
La ragazza alzò un
sopracciglio sottile, con fare altezzoso. «Sì che me
lo crea. Danzo da quando son piccola e ho dovuto fare
sacrifici per guadagnarmi questo posto e se permetti non mi piace che l'ultima
arrivata, per di più senza modi e volgare, possa passarmi avanti così
facilmente.», disse tagliente, assottigliando gli occhi già affilati di per sé.
«Ah già, scusami. Parlo con quella che è la figlia
della direttrice del balletto... Cosa puoi saperne tu
del sudore per far parte di questo teatro?»
Christine frenò
l'amica da qualsiasi azione sconsiderata bloccandola per un braccio e facendole
capire che lei era lì, vicino a lei.
«Françoise, faresti
bene a dosare le tue parole.», fece una voce fredda alle sue spalle, che la
impalò sul posto. Madame Giry la guardava severa e altera,
parecchio infastidita per quelle insinuazioni. Non le era mai piaciuta quella
ragazzina viziata e che credeva di essere la migliore su tutte. Ancora, dopo
tutti quegli anni, non aveva imparato ad abbassare le penne.
«Sì, Madame. Torno al mio lavoro.»,
biascicò velocemente e livida di rabbia la ballerina, a testa china.
«Brava.
Così magari vedi se riesci a concludere il tuo pezzo
senza sbagliare.»
Meg e Christine
trattennero a stento le risate, dato che l'occhiata
della donna non prometteva niente di buono.
«La
cosa vale anche per voi due. Su, filate a ballare!» Claire si lasciò sfuggire un sospiro e scosse la testa mestamente. Sperava che
Françoise non facesse niente di sciocco per spaventare Phénix - per lo meno,
credere di riuscirci - o che non le stesse troppo
dietro per farle compiere qualche gesto azzardato, conoscendo l'impeto della
ragazza; anche perché a quel punto non avrebbe toccato solo la zingarella, ma
il suo stesso protettore si sarebbe sentito chiamato in causa.
Ed era l'ultima
cosa che voleva: una ballerina con una trave in testa durate le prove.
Continua...
Ma buon
salve a tutti! Oggi son troppo svogliata per scrivere
qualcosa di sensato - non che solitamente lo faccia, ma questa ultima settimana
è stata uno strazio, e non è ancora finita!
Prima di passare ai
commenti, vorrei pubblicizzare un contest che ho
indetto con la mia socia GiulyRedRose sul
nostro bel Fantasmone, giusto perché questa sezione ci sembra in apnea (ed
effettivamente lo è, tranne per poche anime pie che scrivono qui). The Phantom of the Opera - Contest. Partecipate numerosi! *O*
Keyra83: carissima! Non farti strane idee, io
aggiorno questa regolarmente perché è scritta da un anno, altrimenti stavi
fresca! XD Concordo, Jacques è antipatico, tutto suo cugino! Chissà che diavolo
combinerà, ora. Mah! Comunque no, sei solo tu che si aspetta che qualcosa nasca
tra Erik e Phénix, sìsì. Fidati. :'D Effettivamente Erik è ancora
troppo ferito dall'accaduto con Christine, da far pensare che non voglia
nemmeno sentir parlare di lei, ma non dimentichiamoci che prima di innamorarsi
lui era il suo Maestro, che vedeva in lei le potenzialità per diventare la
prima donna. Almeno, questo è quello che penso io... e che mi
serve, poi, per il resto della storia! Ahah XD
Alla prossima! (:
sydney bristow: ma
ciau! Posso dirti che mi hai scioccata?
Voglio dire, l'idea di Raoul con Phénix... ehm, posso dire con sicurezza che
non mi è mai passata per la mente una cosa simile, tengo a rassicurare tutti! XD
Anche perché Phénix è appena corsa in bagno a rigettare il panettone del '91,
povera ragazza. >_> Comunque! Grazie mille, cara!
Sempre troppo buona *_* Al prossimo capitolo! (:
Elby: ri-salve! È
sempre un onore sapere che leggi le mie scempiaggini! *_* Apprezzo il tuo
coraggio, davvero. (': E son ancor più contenta che ti
piaccia l'imbastitura della trama, e dire che all'inizio mi sembrava
un'idiozia! :D Spero ti piaceranno anche i prossimi
capitoli, quando vuoi son qui ;) Grazie mille! :)
Alla prossima,
ladies!