Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Sognatrice85    25/09/2010    3 recensioni
Sono trascorsi tre anni da quando una giovane ragazza vive a Londra. Lì ha conosciuto i lati belli e brutti dell'andare a vivere da sola in un posto lontanissimo da casa propria. Ma sono gli ultimi due anni che hanno stravolto maggiormente la sua vita, nella quale sono entrate a far parte due persone speciali che le hanno riempito il cuore. Un giorno però due occhi chiari le stravolgeranno completamente l'esistenza. Un sogno nel cassetto, un "pensiero felice", tanta amicizia e tanto amore...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il passato

Salve a tutti.
Mi scuso. Ormai lo faccio ogni volta che posto.
So di essere in ritardo, ma ho davvero molta difficoltà nello scrivere ultimamente e mi dispiace.
Però mi ha fatto piacere leggere le vostre recensioni. Mi avete resa felice.

Nashira07:  grazie per le tue bellissime parole! Si, parlo di quotidianità, di amicizia, di amore...tutte cose nelle quali credo fermamente e mi piace raccontarle a modo mio. Sulla base di ciò che ho vissuto e vivo tutt'ora. Spero continuerai a seguirmi, anche se aggiorno di rado.

Lady Jadis: l'onore è tutto mio, Annachiara. Perchè tu hai la pazienza di leggere e darmi consigli. Ma soprattutto di sopportarmi e supportarmi, nonostante io continui a pensarla nello stesso modo sul mio modo di "scribacchiare". Non potrò mai ringraziarti abbastanza!!! 

Dindy80: purtroppo per gli aggiornamenti posso farci ben poco. Ho mille impegni e scarse idee, è un periodo così. Spero passi. Il genere è un altro problema, ma io sono fatta in questo modo, questo è il mio stile. Pazienza :). Grazie comunque per esserci sempre. Sei una lettrice costante e sempre presente!!! Lo apprezzo molto!

Giulls: tesoro! Sono felice che tu abbia letto anche quest'altra mia storia! Mi fa davvero molto piacere, così come mi rende orgogliosa il fatto che tu l'abbia apprezzata. Grazie, grazie, grazie all'infinito <3!!!

Ho avuto molti dubbi nella stesura di questo capitolo. 
Ho cambiato idea più volte, alla fine ho optato per questo che ora leggerete. Credo di aver preso la decisione migliore e spero che l'apprezziate.
Un bacio a tutti. Spero di poter aggiornare presto.

Capitolo 4 “Il passato”

 

“Andiamo a casa mia?” chiese lui, scendendo a baciarmi il mento. Annuii in trepidazione di fronte al suo sguardo languido.
Non ricordavo che il suo appartamento fosse così vicino.
Quando John scese dall’auto, restai impietrita al mio posto.
Avevo il cuore che batteva a mille e una paura folle di fare qualcosa di dannatamente eccitante, ma stupido.
Dannata me e la mia coscienza!
John si fermò sotto la pioggia proprio davanti alla macchina e mi guardava attraverso il parabrezza. Incrociai i suoi occhi.
Avrei voluto che l’alcol annullasse i miei sensi.
Avrei voluto perdermi in quella notte. Senza pensare.
Ma non sarebbe stato così.
Io fissavo John e lui faceva lo stesso con me. Poi mi sorrise e riconobbi in quello splendore, il mio amico. Di riflesso sorrisi anch’io.
Fu in quell’istante che scesi dall’auto e mi avvicinai a John.
“Vuoi tornare a casa?” mi domandò quando gli fui accanto.
“Non ho voglia di rientrare” risposi continuando a guardarlo negli occhi.
“Sai” disse deviando il mio sguardo “Ho temuto che rovinassimo tutto” ammise.
“Anche io” soffiai e lui voltò il viso verso di me “Ma siamo due persone con la testa sulle spalle” intonai seria e John alzò gli occhi al cielo. Risi. “Scherzo. In ogni caso, è bene che non siamo andati oltre, ce ne saremmo pentiti”, lui annuì concorde. Un tacito assenso.
“Posso restare da te?” John mi guardò scioccato. “Non capire male” scossi la testa “Non mi va di tornare a casa in questo stato pietoso” il mio amico alzò un sopracciglio confuso “Stai benissimo!” “No, ti assicuro che non è così. Fammi restare qui, solo per stanotte” e gli feci gli occhioni dolci.
Evidentemente funzionarono perché mi prese per mano e mi trascinò su per le scale di casa sua.

 

“Allora tu dormirai nel mio letto, io invece mi preparo il divano”. John viveva in un piccolo appartamento a Hackney, nella zona nord-est di Londra. Vive da solo da qualche anno e si manteneva col suo lavoro in librearia e qualche extra nel ristorante del cugino proprio nei pressi di casa sua.
“Ma mi spiace rubarti il letto!” esclamai. John mi scrutò con tenerezza, si avvicinò e mi abbracciò “Non mi rubi nulla. Fa come se fossi a casa tua, sai dove si trovano bagno e cucina. Non so quanta roba ci sia nel frigo. Spero di non fare figuracce” ridacchiammo.
“Pensi che la maglia che ti ho dato ti vada?” domandò “Si, è enorme! Ma chi sono i tipi disegnati sopra?” John mi guardò come fossi un’aliena “Oh Dio! Ma tu di musica non t’intendi proprio!” si diede una manata in fronte “Devo fare una chiaccierata con Daiana, deve assolutamente portarti con sé al negozio di dischi. Comunque tanto per la cronaca quelli lì sono 30 Second to Mars” rispose indicandoli. Una scintilla accese i suoi occhi. Probabilmente era loro fan.
“Ah!” dissi “Ho sentito parlarne. Una volta Jenny e Dod ne discutevano animatamente” mi grattai il capo confusa. John scoccò la lingua sui denti “Ti lascio dormire, ubriacona!” esclamò uscendo dalla stanza.

 

Era notte fonda e non riuscivo a dormire. Avevo telefonato a Jenny sapendo di trovarla sveglia e l’avevo avvertita che sarei rincasata l’indomani mattina presto prima di andare a lavoro. Mi aveva candidamente ricordato che il giorno dopo era sabato e che mi ero presa un permesso qualche settimana prima dietro insistenza di lei e Daiana che volevano riposassi un paio di giorni. Stranamente non mi fece domande particolari, per questo mi venne il dubbio che John avesse parlato con lei prima di me. Prima di attaccare si raccomandò di dormire quanto più possibile. Non voleva uno zombie in casa.
Certe volte era proprio “simpatica”. Strosi il naso e mi coricai.
Continuavo a girarmi e rigirarmi nel letto. Seccata mi alzai. Scalza inziai a gironzolare per l’appartamento. Questo mi ricordava la mia infanzia, quando piccina giravo per casa senza pantofole. Mi piaceva il contatto diretto col pavimento.
Arrivata in cucina, aprii il frigo e bevvi un sorso di succo di frutto alla pesca. La testa mi ronzava ancora per la musica troppo alta e per l’alcol che avevo ingerito.
Per tornare in stanza, dovevo passare per il salotto. Quando mi trovai davanti al divano di John mi fermai a guardarlo dormire.
Era quasi angelico.
Cosa sarebbe successo se davvero non ci fossimo fermati? Saremmo di certo finiti a letto insieme buttando all’aria tutto. Mi portai una mano tra i capelli, stanca per tutto quel pensare inutile e dannoso. Eppure non riuscivo a smettere, perché porca miseria: mi era piaciuto baciarlo! Ma non erano le sue labbra. No. Era proprio la sensazione del bacio ad avermi stordita.
Dio quanto tempo era passato dall’ultima volta che avevo baciato un uomo?
Troppo tempo. Facevo quasi fatica a ricordarlo.
Tre anni. Tre anni da quando ero fuggita a Londra dopo il tradimento di Francesco, la delusione della mia amica, nonché sua sorella e l’incoraggiamento di mia madre a riprendermi la mia vita. E ora ero lì, nella casa di una delle persone che più mi volevano bene in quel posto.
Ma mi mancava quel brivido.
Mi mancava maledettamente sentirmi importante per qualcuno. Qualcuno che non fosse un amico.
E porca miseria! Mi mancava anche poter avere il batticuore. Quello meraviglioso del primo appuntamento. Oppure quello dell’attesa di un messaggio o di una chiamata. E magari quello strano languore che si prova quando si ama qualcuno.
Tutto s’era risvegliato a quell’incrocio grazie a quegli occhi e che quella sera credevo di aver rivisto.
Ah mio Dio! La testa iniziava a pulsarmi troppo. Decisi di tornare a letto, ma nel farlo, urtai contro il tavolino.
“Accidentaccio a me!” imprecai a bassa voce chinandomi a massaggiare il piede offeso. “Maggie?” la voce impastata di John mi giunse alle spalle. Mi voltai colpevole, il mio amico nel buio cercava di capire dove fossi. Quando accese la lampada sul tavolo, lo vidi semidisteso.
“Ciao” dissi scattando all’inpiedi “Tutto bene?” chiese John “Si, si, avevo sete” risposi frettolosamente “Ok” disse lui continuando a scrutarmi con uno strano cipiglio sul volto “Non riesci a dormire” affermò sicuro “Non me lo stai chiedendo” dissi. “Vieni qua!” scostò la sua coperta per farmi spazio. Lo raggiunsi e mi stesi accanto a lui.
“Cos’hai? “ domandò a bruciapelo “Pensieri” risposi vaga “E spegni questo cervello!” ordinò perentorio “Hai bisogno di riposo, oggi è stata una giornata lunga” “Domani sono di festa, posso riposare” ribattei “Non mi interessa, ora sei qui con me e dormirai. Non voglio sentire volare una mosca, chiaro?” domandò fintamente severo “Chiarissimo!”.
“Bene. Buonanotte” e mi avvolse nella coperta “Buonanotte John”. Chiusi gli occhi e mi addormentai, abbracciata al mio amico.

 

Fievoli e fastidiosi ticchettii mi svegliarono.
Aprii lentamente le palpebre e un piccolo raggio di sole m’illuminò il volto.
Infastidita, mi portai una mano sugli occhi.
“Buongiorno!” esclamò vivace una voce “Ben svegliata!” ora era più vicina.
Quando mi accorsi che il sole non c’era più, spalancai gli occhi trovandomi davanti il volto allegro di John.
Sorrisi di riflesso. Quel ragazzo aveva l’innata capacità di farmi sentire bene. E non era cosa da tutti.
“Come ti senti stamane?” chiese sedendosi sul divano.
“Molto meglio, grazie” risposi, mettendomi a sedere. “Che ore sono?” domandai, guardandomi attorno alla ricerca di un orologio “Sono le otto!” mi disse “Potresti riposare ancora un po’ visto che non devi andare a lavoro” aggiunse poi.
“Mmm” mugugnai, stirando le braccia e sbadigliando “Effettivamente potrei farlo, ma non mi va di approfittare ancora della tua ospitalità. E poi tu non devi andare in biblioteca oggi?” dissi guardando John. Lui negò con la testa “Mi ha chiamato Carol dicendomi che avrebbero aperto solo per qualche ora, perché deve partire per Dublino. Un viaggio di lavoro, a quanto pare ha un appuntamento con un importante fornitore. Era molto eccitata!” “Wow, fantastico!!! Arriveranno presto nuovi libri!” risposi “Speriamo siano letture interessanti, altrimenti come passerò il tempo?” ridemmo entrambi.
“Ti va di fare colazione?” John si alzò in piedi e si diresse verso il piano cottura. Il mio stomaco brontolò appena, facendomi arrossire “Si, forse è meglio che mangi qualcosa” risposi andando verso di lui.
“No, lascia stare! Preparo io, tu va pure a darti una sistemata. Non hai una bella cera, si vede proprio che non sei abituata a bere!” John sghignazzò prendendosi gioco di me. Io gonfiai le guancie a palloncino, imbarazzata, fingendomi offesa. In realtà aveva perfettamente ragione. Certe volte ero davvero noiosa e scontata e al di fuori della mia normale routine potevo apparire buffa.
Chissà come mi vedeva John in quel momento.
Chissà cosa lo aveva spinto a baciarmi.
Di certo l’alcol aveva influito, però…lui era gay e non doveva provare attrazione per una donna. Soprattutto per me che diceva ero normale e poco divertente. Scherzava, ma ero sempre stata convinta che avesse ragione. Ero sempre troppo misurata. Ogni cosa facessi.
Una volta in bagno, commisi il grosso errore di guardarmi allo specchio. Ero più pallida del solito, eppure non mi sentivo male. I giramenti di testa erano passati ed ero riuscita a riposare abbastanza tranquillamente.
Però il mio aspetto fisico risentiva dei miei malumori interiori.
Sospirai rassegnata e mi gettai sul viso dell’acqua fredda prima di tornare in cucina.

 

“Ecco a te!” esordì John una volta vistami rientrare.
Sul tavolo c’erano uova, succo di frutta, cereali, marmellata, biscotti e anche una tazza di latte con caffè.
“Wow!” ero senza parole “Si, si. Niente complimenti!” mi schernì John con finta aria altezzosa “Non ho preparato tutto questo per te, bensì per me. Io devo mantenermi in forze!” proferì accomodandosi e iniziando a mandar giù le uova.
Sorrisi, scuotendo il capo.
“Ma infatti io non stavo per farti alcun complimento. Ingozzati pure, io mi bevo solo il latte con tre biscotti” asserii sorseggiando un po’ di latte.
“Oooh!” borbottò John con la bocca piena “Vuole fare la modella!!!” mormorò ironico. “Ah, ah, ah” finsi una risata “Idiota!” dissi piccata “A prima mattina non mi piace mangiare. Sono abituata così, poi di solito sono sempre di fretta e non mi soffermo molto sulla colazione” gli feci una linguaccia.
John mi trafisse con lo sguardo “Signorina” esordì “Lei dovrebbe prendersi più cura di se stessa. È importante non solo per il corpo, ma anche per lo spirito” proferì in tono professionale.
“Stai tranquillo. Io sono una roccia” e alzai il braccio per mostrargli il mio muscolo. Lui storse il naso “Seh come no!” rispose “Oggi mi prenderò io cura di te e non accetto un no come risposta. Dopo telefono a Jenny, invitiamo anche lei e Doddia a pranzo qui, che ne dici?” domandò, dandomi le spalle per posare nel lavello, il piatto vuoto.
“Ok” dissi mandando giù un biscotto “Cuciniamo insieme, ti va?” proposi allettata all’idea. John si girò a guardarmi serio, poi sorrise “Certo che si!”.

 

Io e John eravamo usciti per fare la spesa.
Jenny e Daiana avevano accettato di buon grado l’invito a casa del nostro amico, e s’erano proposte di darci una mano, ma John aveva gentilmente rifiutato, dicendo loro che non c’era bisogno e che al massimo potevano occuparsi del dolce. Ma lì ero intervenuta io. Per una volta volevo cimentarmi nel prepararo qualcosa che mi riconducesse al passato, nel mio bel paese.
“Allora, uova, mascarpone, caffè, savoiardi, pasta, insalata, pane…manca qualcosa?” chiese John leggendo la lista della spesa.
“Che ne dici se compriamo un po’ di carne e l’arrostiamo sulla brace? Oggi è una bella giornata, posso mettermi sul balcone a farlo. Si potrebebro anche fare delle bruschette!” dissi sorridente. Eccitata all’idea di cucinare.
“Se può farti continuare a sorridere in questo modo, è chiaro che ti dico di si” esclamò John mettendomi una mano sulla spalla. Lo guardai e sorrisi ancora.
“Ti piace stare ai fornelli?” domandò poco dopo “Si. Quand’ero in Italia, io e il mio gruppo di amici avevamo un posto abbandonato dove andavamo spesso. Una vecchia torre sul mare, si vociferava che fosse stata usata come luogo di guardia durante la Seconda Guerra Mondiale. L’avevamo addobata come fosse casa nostra e il più delle volte durante l’inverno, ci chiudevamo lì dentro e cucinavamo. Io ero l’addetta ai fornelli. Mi faceva stare bene fare da mangiare per i miei amici. D’altronde loro apprezzavano e questo non faceva altro che incoraggiarmi.”
“Dovevano volerti molto bene” sottolineò con John con voce dolce. Annuii, ma non aggiunsi altro.
Pagammo il conto e ci dirigemmo spediti verso casa.

John si offrì di cucinare la pasta, io mi dedicai alla brace. Preparai il carbone e tutto l’occorrente per la carne.
Mentre aspettavo che le carbonelle raggiungessero la giusta temperatura, iniziai a montare le uova col mascarpone per il tiramisù. Era il dolce che preparavo sempre in Italia.
“Non ho mai capito bene perché tu sei venuta a Londra” affermò John, mentre mi osservava. Alzai di poco la testa per fissarlo.
“Non è una storia interessante” ammisi “Che m’importa! Neanche la mia lo è, ma tu mi hai ascoltata senza battere ciglio” proferì muovendosi accanto a me. Sospirai.
“Non devi sentirti costretto a farlo, solo perché io ho ascoltato te e poi davvero John: ti annoieresti e basta!” ribadii sperando di fargli cambiare idea. Ma fu tutto inutile.
Battè un pugno sul piano cottura, facendomi trasalire. “Oh ma sei testarda!” esclamò serio “Non ricambio alcun favore. Sono davvero interessato a ciò che ti riguarda. Sei mia amica, ma so troppo poco di te e della tua vita passata!” dichiarò, agitando le mani in aria.
“Ok” mi arresi “Cosa vuoi sapere?” un sorriso strafottente nacqua sul suo viso. “Ogni cosa!” mormorò.
“Sono arrivata qui a Londra tre anni fa…” “Si, si questo lo so. Va avanti!” proruppe John. Lo guardai di sbieco con furia “Vuoi ascoltare o no?” sbottai “Si, scusa” disse. Presi un respiro e ricominciai: “Dicevo: tre anni fa ho fatto i bagagli e sono volata qui a Londra. Non so perché io abbia scelto proprio questo posto, ma credimi se ti dico che io e l’inglese non siamo mai andati d’amore e d’accordo. A scuola mi impegnavo tanto, ma ho sempre pensato che questa lingua mi odiasse” sorrisi malinconica al ricordo di me e delle ore spese a studiare.
“Sono praticamente scappata e in quel momento Londra mi sembrava il posto giusto. Ho guardato la cartina dell’Europa e il mio sguardo è caduto su questa città. Ho avvertito una sensazione strana di pienezza. Non so spiegarti, so solo che quando ho pensato di partire e venire qui, mi sono sentita in pace con me stessa”
“Perché sei scappata?” eccola lì la domanda che temevo. Non c’era cattiveria nella voce di John, ero il mio incoscio a registrarla male. Nei primi tempi in cui vivevo a Londra, molti mi telefonavano per chiedermi spiegazioni e questo interrogativo me lo sono sentito porre più volte con acidità e crudeltà. Nessuno comprendeva che seppur semplici parole, mi facevano male.
“Prima di partire vivevo una vita normale, ma felice. Studiavo psicologia all’università e stavo per laurearmi. Nel frattempo facevo tirocinio presso un studio nella mia città e partecipavo a serate di karaoke in un locale. Coltivavo i miei interessi. Sono sempre stata una persona cordiale e questo mi ha permesso di fare amicizia con molte persone. La mia cerchia di amici era molto vasta e molti di loro avevano frequentato le scuole superiori con me. Stavo bene, avevo tutto quello che desideravo: una bella famiglia, amici meravigliosi e…un ragazzo che amavo tantissimo e che mi ricambiava calorosamente” mi fermai un attimo e fissai un punto indefinito davanti a me.
John non disse nulla, probabilmente comprese il mio stato d’animo.
“Francesco era il ragazzo migliore del mondo: affettuoso, dolce, simpatico, socievole. Praticamente incarnava il mio tipo ideale. Caratterialmente era simile a me, la pensavamo uguale su molte cose. Sua sorella, Annalisa, era la mia migliore amica. Grazie a lei avevo conosciuto Francesco e da lì tra di noi era scattato qualcosa. Qualcosa che s’è rivelato essere importante anni dopo. Quasi per caso ci siamo ritrovati di nuovo e da quel momento non ci siamo più separati.” Continuai il mio racconto, prendendomi continue pause e non guardando mai negli occhi il mio interlocutore, quasi temessi che potesse leggervi dentro tutta la mia verità.
“Prendi” John comparve con in mano un bicchiere d’acqua “Credo che tu ne abbia bisogno” sorrise teneramente “Grazie” balbettai afferrandolo e sorseggiando lentamente il liquido trasparente.
“Se non te la senti di continuare, non importa. Lo farai un’altra volta” pronunciò quelle parole con voce bassa, quasi temesse di ferirmi.
“No, no. Voglio raccontarti ogni cosa!” affermai con sicurezza, posando il bicchiere sul piano cottura.
“Francesco decantava il nostro amore a destra e a manca. Diceva a tutti che ero la donna della sua vita e che un giorno mi avrebbe sposata. Immagina la mia gioia!” esclamai ripercorrando, passo, passo, ogni singolo istante. “E invece cos’è successo?” domandò John. Lo scrutai, sentivo già le lacrime prorompere dai miei occhi.
Deglutii saliva. “Un anno e mezzo dopo, per caso ho scoperto che mi tradiva. Lo faceva già da qualche mese con una ragazza che lui conosceva da anni. Non mi ero accorta di niente. Assolutamente di niente!” dissi con rabbia, stringendo entrambe le mani a pugno. “Era un attore nato ed io stupida che gli credevo. Quando sono corsa da Annalisa per raccontarle l’accaduto, lei non ha battuto ciglio, anzi non sembrava affatto meravigliata” notai John trattenere il fiato.
“Quando le ho chiesto spiegazioni lei mi ha detto che lo sapeva” le lacrime mi impedivano di parlare, ma non mi arresi e continuai “Lo sapeva da qualche settimana e non mi aveva detto niente, perché non voleva rovinare tutto. Ma tutto cosa le gridai io piangendo. Quel giorno litigammo come non era mai successo prima e quando rientrai a casa, mia madre mi vide sconvolta e ascoltò il mio racconto senza dirmi nulla. Alla fine urlai che volevo andarmene da lì, che avevo bisogno di staccare la spina. Fu allora che mamma mi propose di partire. Lei non mi ha mai abbandonata, mi ha sostenuta in ogni decisione” alzai lo sguardo fiera di avere una madre così presente e amorevole. Era soprattutto grazie a lei che ero rimasta in piedi. Nonostante la lontananza.
“Ho fatto il biglietto per Londra il giorno stesso e tre giorni più tardi sono partita. Qui ho avuto l’appoggio di un amico di mio padre per i primi tempi, poi ho iniziato ad arrangiarmi da sola, non appena ho preso a lavorare in biblioteca”
“Non hai più parlato con Francesco e Annalisa?” chiese John, asciugandomi le lacrime. “Sono io che non ho voluto più avere a che fare con loro. Mi hanno cercata entrambi, ma io mi sono sempre fatta negare. Quando sono giunta a Londra, mamma mi ha detto che Annalisa era rimasta sconvolta e delusa dalla mia decisione di scappare. Secondo lei non avevo le palle per affrontare il problema e per questo avevo fatto la scelta più semplice. Probabilmente aveva ragione, ma ora so di aver preso la decisione migliore per me” fissai John negli occhi e gli sorrisi “Qui ho trovato delle persone meravigliose che non mi giudicano, ma mi amano nonostante sia noiosa e petulante. Cosa potrei desiderare di meglio?” a quel punto John mi stritolò in un abbraccio.
“Io non so cosa sarebbe successo se fossi rimasta in Italia” disse “Ma sono felice di averti qui. Mi spiace che tu abbia sofferto, ma ora è arrivato il momento che tu ti lasci alle spalle il passato e guardi al futuro con ottimismo. Tu puoi avere di più! Devi solo crederci” e con quelle parole, mi lasciai andare ad un pianto liberatorio.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Sognatrice85