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Autore: Love_in_idleness    25/09/2010    1 recensioni
Un colore
Così solo,
Il tuo.
La storia della vita di Saga. Una parabola tinta di blu, dal suo arrivo al Santuario alla sua scomparsa. Una parabola che attraversa amore e solitudine, luci e ombre, fino a sfiorare il divino. Lui, che in fondo rimane del tutto umano.
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gemini Saga, Sagittarius Aiolos
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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blu 23

23.

[Granello]

 

 

Nel mezzo della notte ritorna Saga. Ha la faccia premuta contro il cuscino e guarda il suo gemello che giace accanto a lui. Sembra un miracolo averlo con sé di nuovo.

È appena entrato e ha cercato di fare il meno rumore possibile. In punta di piedi si è avvicinato al letto e si è sdraiato. Kanon ha aperto gli occhi appena appena, quel tanto che bastava per farli scintillare di azzurro. Si è proteso verso di lui, che lo guardava con un tono di scusa. Ha sfiorato col naso la curva delicata del suo collo.

Aveva addosso odore di altro.

 

Sono mesi che Saga non mette piede fuori da Atene. Sono anni che non lo fa per una missione. Ogni volta che lascia la città – la sua città, bianca e azzurra come la sua faccia – sente una strana sensazione di perdita. Il paesaggio che gradualmente scompare è qualcosa che gradualmente scompare dentro di lui. Atene dalle candide soglie è l’unico posto che ormai potrebbe mai chiamare casa, e l’unico dove desidera davvero ritornare.

Per i suoi colori.

Per il suo mare.

Per i templi.

Per i profumi che sono un po’ come tornare indietro in una regione remota dell’infanzia.

E per Aiolos.

Eppure ha come la sensazione che se camminasse a lungo per questa strada, se percorresse questa striscia di costa verso Nord, per miglia e miglia, giungerebbe prima o poi nel luogo in cui è nato. Forse è per questo che gli sembra tutto così famigliare. O forse perché le insenature sull’Egeo si somigliano un po’ tutte.

“Dove andiamo?” Chiede.

Corre veloce Kanon, su quegli scogli impervi. “In un posto dove non possano sentirci.”

“Ovunque ci possono sentire, Kanon. Il Cosmo è –“

“Lo so!” Si volta ridendo. “Ma qui non daremo nell’occhio.”

Si ferma in una zona poco lontana, a ridosso  del mare, dove gli scogli hanno formato una conca naturale.

La figura di Kanon si staglia contro il sole con quei suoi capelli appena un po’ più chiari e la pelle abbronzata, e per un secondo Saga si chiede com’è possibile che la sua sia così simile all’opalescente luna. Come è possibile, perché anch’egli è nato sul mare e sul mare, sotto il cielo mite della Grecia, ha sempre vissuto.

“Qui andrà bene.”

 

Saga sbatte la testa contro uno scoglio, e l’onda d’urto lo rispedisce indietro. Il braccio si incastra tra due spuntoni frastagliati. Lo strappa dalla morsa, lacerandosi la carne tutt’intorno al polso.

Non è come combattere all’arena, pensa. Le rocce sono dure e così ruvide, e gli graffiano la faccia. Sulla pietra chiara brillano come piccole perle rosse le gocce del suo sangue.

Si alza scuotendo la testa e con un balzo è di nuovo sul gemello.

È la prima volta che combattono l’uno contro l’altro. Lo facevano da bambini, ma allora era un gioco innocente come tanti. Allora non avevano nemmeno immaginato cosa fosse un Cosmo, e quale magia dimorasse dentro di loro. Ed oggi è molto strano, perché, non fosse per quei baluginii appena un po’ più chiari sulla testa di Kanon, Saga avrebbe la netta impressione di colpire se stesso, e lottare contro se stesso.

Fende l’aria fresca della mattina con un pugno.

Galaxian – Explosion!

Kanon si ripara come può, e allora reagisce. C’è una strana scintilla nei suoi occhi. Saga potrebbe dire di aver notato un impercettibile sorriso soddisfatto.

Galaxian Explosion!” Tuona Kanon.

Cosa può fare?

Saga sgrana gli occhi, sorpreso. Per un istante vacilla, poi finisce di nuovo contro gli scogli.

 

“Sei stato da Aiolos?”

Domanda diretta. Saga non può negarlo. Non sa come l’abbia capito. Forse sono cose che si sentono e basta tra gemelli, forse anche lui se ne sarebbe accorto, fosse stato al suo posto. Forse lo sapeva prima ancora di sentirne l’odore. Forse l’ha sempre saputo. Forse è davvero evidente.

“Sì.” Dice.

Kanon ha uno sguardo ininterpretabile. Saga inclina un po’ la testa per vederlo meglio, illuminato dalla luce notturna che entra dalla finestra. Aggrotta le sopracciglia, blu scuro, due piccole onde, due piccoli rilievi sulla superficie lunare.

“Ti dispiace?” Chiede.

Come se fosse colpa sua essersi innamorato dell’unica persona che ha condiviso con lui tutti questi anni.

Come se fosse colpa sua essere stato separato da Kanon troppo presto, e aver dovuto cercare un’altra casa, un altro appiglio, qualcuno

“Sì.”

E all’improvviso Kanon ha come un’intuizione. Vede Saga rabbuiarsi a poco a poco, ritraendosi sempre di più dalla sua parte di letto. All’improvviso Kanon capisce come deve fare.

Quello che non ho potuto avere…

Aiolos. Il suo punto debole. La sua fragilità. L’equilibrio instabile. Kanon ha sconvolto tutto il suo sistema, e così gli basta solo continuare a scuotere, e scuotere, finché non crollerà.

“Sì che mi dispiace. Lo odio. Lo detesto. Perché ti allontana da me. Non capisci?”

“Cosa dici?”

Non ho potuto avere…

“Lo sa che sei debole. Io ti capisco. Io posso prendermi cura di te. Ha capito che sei debole, sotto questa tua splendida maschera di forza. E la calpesterà. Ci arrivi?”

“Quello che dici non ha senso.”

“Vedrai.”

Primo granello di sabbia lanciato. Ce ne vogliono quanti per fare un deserto?

 

A Nord-Ovest sopra Atene si estende il Golfo del Pireo. È la prima cosa che Saga ha visto quand’è arrivato. Ricorda di aver pensato che il Pireo fosse solo il porto della città, e che per questo dovesse essere un porto davvero enorme. L’ha creduto finché Kastor, il suo vecchio maestro, gli ha spiegato che è stato il porto ad aver preso il nome dal golfo intero.

Cos’è un golfo, aveva domandato.

È una striscia di costa così, aveva risposto Kastor, disegnando un curva nell’aria con le mani. E’ un pezzo di terra che forma un arco col mare, e il mare entra più in profondità, protetto e calmo dalle turbolenze.

Ora guarda la distesa rocciosa davanti ai suoi occhi e il mare e il cielo, ed è tutto quello che c’è. Sono distanti chilometri e chilometri dal primo villaggio o dalla prima strada trafficata. Meglio. Si respira un’aria vera, l’aria di tutti i posti di mare. Odore di sale dappertutto. Sensazione salina sulla pelle.

Kanon finisce di sistemargli la benda attorno al braccio ferito con cautela.

“Dove hai imparato quel colpo micidiale?”

“Durante l’addestramento.”

“Chi è stato il tuo maestro?”

Non risponde. Stringe appena il nodo bianco. La garza si tinge di piccole macchie scarlatte attorno al polso, come perle di sangue.

“Chi ti ha insegnato quel colpo micidiale?”

“Ho viaggiato a lungo.” Dice. “Da molti ho appreso i miei segreti. Non ho avuto un Maestro come te. Non ho avuto una casa come te, fratello.”

Non sono stato fortunato come te, sembra voler dire.

E mentre pronuncia queste parole con le labbra, e altre ne sfiora solo col pensiero, stringe appena un po’ di più la benda che ora sul polso è cerchiata da un unico filo ininterrotto di perle scarlatte.

Tutto quello che non ho potuto avere, Saga…

Saga non aggiunge nulla. China leggermente la testa. I suoi capelli scivolano davanti agli occhi, come un’onda che si ricongiunge al mare.

Un colore appena un po’ più scuro del mare.

“Vorrei davvero sapere, sai.”

“Cosa?”

“Un giorno vorrei davvero sapere dove sei stato. Cos’hai fatto, con chi hai vissuto. Cosa ti è successo in questi anni. Cos’hai… provato. È come se tu sapessi tutto di me. Io, invece, ho l’impressione di non riconoscerti più.”

“Non dire così.”

Sorride.

“Ho l’impressione che il tempo ci abbia reso –“

Estranei.

“– distanti.”

Kanon si passa una mano sulla fronte scottata dal sole. Guarda verso il cielo con l’aria grave.

Tutto quello che non ho mai avuto…

“Io non ho più un posto dove andare, Saga.”

Glielo dice così, all’improvviso.

“Rimarrò qui con te.”

Allunga un mano, verso la sua. Così identiche. Dita affusolate e proporzionate che si intrecciano. La mano di Kanon è appena più abbronzata e screpolata della sua, ma è forte e calda, e potrebbe frantumare tutte le rocce del golfo. Saga la stringe, il polso cerchiato di rosso.

“Per molto tempo, credo, rimarrò qui con te.”

 

Tutto quello che non ho potuto avere…

Kanon lo guarda. L’espressione di Saga è quasi feroce.

Toccato un punto sensibile?

È come se sulla sua faccia di luna si addensassero nubi di tempesta. È come vederla dal suo lato oscuro. È come vederla una notte quando sta per essere ingoiata dal buio, e della sua luminosità fosforica non resta che una sottile falce calante.

È così, pensa Kanon.

Quella spaventosa oscurità sta solo dormendo dentro di te. E aspetta. Il tuo è un equilibrio estremamente precario, e vacilla al minimo tocco.

Sorride all’ombra della notte, e forse Saga lo vede. Forse Saga capisce.

Primo granello di sabbia lanciato. Ce ne vogliono quanti per fare un deserto?

Kanon ha tempo. Sono anni che aspetta.

Granello dopo granello li lancerà tutti, fino a riempire il Santuario, fino a farne un luogo arido e desolato. Non importa se ci vorrà una vita.

Questa notte ha appena cominciato.

Tutto quello che non ho potuto avere

da solo me lo prenderò,

Saga.

 

 

***

Oddio, che confusione, questo capitolo °O°! Come dissi a Ila, questo capitolo è nato con l’intenzione di essere un vaso andato in pezzi e ricomposto, ma credo di aver esagerato coi frammenti ;O;

 

Cooomunque, per rispondere a Kiki May, oh, i capitoli sono ancora tanti, tanti, tanti. Non ho nemmeno il coraggio di dirlo ad alta voce. Ma se consideri che siamo ancora a prima del colpaccio al Grande Tempio… ne abbiamo di strada da fare verso Hades (perché la storia finirà proprio con la conclusione di Hades). Ecco, ora che sei debitamente scoraggiata puoi deciderti ad abbandonare la nave o a rompermi le scatole per aggiornamenti più celeri, il che sarà l’unico modo per concludere questa fan fiction prima della mia laura magistrale (so far away).

I love youh all  <3

   
 
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