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Autore: samskeyti    26/09/2010    10 recensioni
Soteriologico, verosimile e disperatissimo sogno nato dall'analisi del rapporto che lega Matthew e Dominic verso un solo destino: amarsi,
e farlo nel modo meno sereno e più silenzioso possibile, abnegando una vita normale in nome di un unico, risucchiante ed ineluttabile bisogno speciale.
Tra vergogna, sbagli e paura, l'infinita lotta di due uomini invincibili.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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•SPECIAL NEEDS•

"Suppressed by all my childish fears
And if you have to leave,
I wish that you would just leave
'Cause your presence still lingers here
And it won't leave me alone.

These wounds won't seem to heal,
This pain is just too real,
There's just too much that
time cannot erase."

[Evanescence, My immortal.]

 


 

 

Decimo Capitolo: Hopelessly.

 

 

 

 

NDA: Mi scuso per aver saltato il periodo dopo Origin e di Hullabaloo (in cui sicuramente ci furono importanti sviluppi, soprattuto durante la realizzazione di Hullabaloo in cui fra Matt e Dom c'erano rose e fiori, soliti inconvenienti esclusi), ma la mia Musa mi porta verso un'altra parte di storia...

(2004.)

Alcuni avvenimenti decorano la nostra esistenza come fiori sbocciati su una parete di roccia; altri la sfiorano come vento fra le vele di una nave, altri ancora come calde carezze nel gelo di un pomeriggio di noia.
Poi ci sono quelli che ci scorrono sopra senza farsi sentire, quelli che si dissolvono in nebbia all'orizzonte, quelli che sono della stessa essenza dei sogni.
E, infine, capitano gli avvenimenti fatti di pioggia nera e urla sorde; sono pochi e rari, ma cadono con spietata regolarità nella vita per renderla difficile e mettere alla prova chiunque osi viverla.
Rientra nell'ultima categoria di avvenimenti ciò che accadde nel primo mese dell'estate; il caso o la malvagità divina volle che fosse una Domenica, come se non bastasse. Una di quelle domeniche in cui sembra quasi che sia possibile sconfiggere la tristezza, in cui, guardando il sorriso amici, il mondo pare dare una tregua ai suoi abitanti. E invece non è così, è solo l'ennesima fregatura che arranca dietro l'angolo.

Il Glastonbury Festival stava procedendo alla grande. Si respirava complicità fra i partecipanti e un ottimo feeling col pubblico estasiato. Era e sarebbe rimasto uno dei migliori palchi a cui ambire per la scena rock.
Absolution riscuoteva il meritato successo, con quei due dischi d'oro e uno di platino; migliaia di cd venduti in tutto il mondo e ulteriore luce sul gruppo che lo aveva creato, gli inarrestabili Muse. Erano stati estratti alcuni singoli da mandare in radio, come "Time is running out", e di altri si erano fatti video spettacolari, molto popolari anche su tv commerciali quali MTV.
Calandosi all'interno della band, si trovava un'atmosfera di armistizio. Ognuno si godeva i benefici ricavati dal gruppo, che andavano dal venale risvolto economico all'emozione di suonare davanti a migliaia di persone, e si gestiva la vita privata. Chris, sposato felicemente con Kelly, aveva dato alla luce l'inizio di una piccola stirpe di Wolstenholme. Matt, fidanzato con Gaia, divideva il suo tempo da rockstar giramondo con quello da uomo in pantofole sul lago di Como mentre la sua bella era all'università. Dom, approssimativamente impegnato con un'americana chiamata Jessica, era dimagrito e aveva intrapreso una vera e propria carriera da dandy.

Cos'altro aggiungere se non che l'adolescenza pareva accartocciata come un foglio di brutta nel cestino di un passato sbagliato e un futuro da musicisti famosi e persone corrette, impegnate, adulte, traspirava dai loro occhi ormai abituati ai flash dei paparazzi e alle telecamere delle televisioni?
Forse si sarebbero normalizzati, e tutta quel meraviglioso insieme di ricordi dolci, parole taciute, esperienze indecifrabili sarebbe affondato se quella domenica di Giugno la vita non avesse colpito con la falce.


Erano appena scesi dal palco, ancora con le fronti imperlate di sudore e il fiato corto per l'emozione; avevano sceso le scale, approdato in un giardino e si stavano dirigendo verso gli altri per ricomporsi. Si stavano ancora complimentando l'uno con l'altro, solo un velo di freddezza intercorreva fra Matt e Dom, i quali non erano mai stati soliti a perdersi in chiacchiere, parlavano abbastanza i loro occhi quando, incontrandosi durante una canzone, brillavano dietro la prigione trasparente di lacrime che non osavano scendere.

«Dom, Dom, è successa una tragedia!» disse, correndo verso di loro il caro Tom.

«Cosa c'è?» domandò il ragazzo interpellato, sfregandosi fra i capelli bagnati un asciugamano.
Gli altri due si avvicinarono bevendo acqua a grandi sorsi.

«Dom, cazzo, non so come dirtelo!» gridò, inginocchiandosi Tom, mani fra i capelli scuri.
Dominic guardò confuso Matt e Chris; Tom lo conosceva da una vita, cosa poteva esserci di così drammatico da non poter esser detto senza problemi?

«Dom, tuo padre...» sussurrò, chinandosi verso l'erba ai loro piedi. «Tuo padre è morto!»
In contemporanea, passò un giornalista che diceva al compagno: «Proprio così, Bill Howard è morto per un infarto del miocardio.»
Era già di dominio pubblico, in poche parole. Appena successo e già risaputo.
Dom perse un battito cardiaco, poi un altro e un altro ancora. Vacillò, improvvisamente il corpo pesava troppo per essere sorretto dai suoi piedi; i suoi occhi grigio pozzanghera divennero sbarrati e persero ogni parvenza di lucidità.
Cominciarono a tremargli le labbra e le mani, finché tutto il corpo vibrava sotto i vestiti stretti.
Solo Matt aprì bocca, per accertarsi che fosse realtà e non incubo.

«Tom, ripeti quello che hai detto.»

«Bill è morto, Matt, Dom, Chris, Bill è morto da poco per un infarto! È stato qui fino a pochi minuti fa!» disse, ancora inginocchiato ai piedi di Dom, strappando a grandi manciate l'erba malaticcia.

«Mio Dio...» sussurrò Matt, volgendosi immediatamente verso Dom che somigliava ad uno spaventapasseri.

In effetti, davanti a lui il mondo era diventato un ombra informe. Stava crollando ogni pezzo della sua anima. Suo padre... suo padre, quell'indispensabile uomo che dopo averlo messo al mondo, lo aveva cresciuto accuratamente, lo aveva sostenuto, aveva fatto il tifo, aveva creduto nelle sue capacità...era morto e non gli aveva dato neanche un addio, ammesso che un addio potesse attenuare il dolore di una perdita del genere.
La vita se lo era preso senza chiedere permesso, e ora, nell'arco di un secondo, Dom non aveva la persona che amava di più. Troppi ricordi di una tenera infanzia riemergevano insieme, tutti poi ricadevano su quel volto amichevole che sussurrava la "Buonanotte" mentre sistemava le coperte per scacciare il freddo, che gridava "Vai così" mentre si agitava nel pubblico, che diceva "Buon pomeriggio" mentre intravedeva Matt fuori dalla villetta.
Dom non si sentiva di elaborare quel lutto, né ora né mai. Avrebbe solo voluto prendere a pugni la vita e la morte, così come loro avevano fatto con lui, con Bill.
Non era giusto. Bill era giovane, era un padre modello, era prezioso più di quei soldi guadagnati; e non abbandonava solo Dom, ma anche una moglie, una figlia, alcuni amici. Era debole di cuore da sempre, ma non ci si prepara mai davvero per il peggio. Mai. E in questo mai, si perdevano gli occhi vuoti di Dom.

«Dom» dissero all'unisono Matt e Chris. Il primo si affrettò a sorreggerlo, chiudendolo in un abbraccio. Il secondo gli prese una mano, mentre aiutava Tom a rialzarsi. Il sole scottava sopra le loro teste.
Dom diede a Matt la sensazione di abbracciare un sacco informe; aveva la bocca cucita da un pianto che se avesse osato aprirla, sarebbe uscito come una cascata di grida e bestemmie.

«Dom» sussurrò ancora Matt, mentre una stretta alla gola gli distruggeva la voce. Anche lui voleva bene a Bill; chiunque lo avesse conosciuto gliene voleva. Aveva spesso accolto i ragazzi in casa sua, quindi era un po' il padre di tutti, soprattutto di Matthew che aveva vissuto un rapporto terribile con George.
Dom cercò di risvegliarsi da quella fase di coma mordendosi la lingua fino ad assaporare il sangue fra i denti.

«Voglio vederlo» proferì, senza lasciar trasparire la disperazione che lo devastava interiormente.

«No, io...» contestò Tom, che alla sola idea di far vedere Bill morto a Dom si sentiva svenire.

«Voglio vederlo.»


Bill era stato trasportato in ospedale con estrema urgenza, ma già il suo cuore aveva smesso di battere durante il percorso in ambulanza. Non serve dare altri dettagli sull'infarto per far capire l'impotenza dell'uomo. Il suo cadavere riposava in una stanza bianca, nell'attesa di essere trasportato in camera mortuaria per le 48 ore prima della vestizione e del funerale.
La madre e la sorella di Dom piangevano nell'atrio dell'ospedale; abbracciarono il ragazzo, che però non si abbandonò a nessun gesto affettivo. Gelido attraversò i corridoi, trovò il padre, si fermò al suo capezzale.
Era fiero come in vita; non aveva sofferto, non se n'era accorto, al pari di un neonato morto quando viene dato alla luce. Era stata un'ottima persona e credeva nel paradiso; forse ci sarebbe andato, quindi si poteva dire che era passato a miglior vita.
Anche se sulla terra lasciava tre persone e molte altre estremamente addolorate, per usare un eufemismo. Dom gli diede un bacio sulla fronte rugosa, poi non si girò più. Era la fine e la fine va affrontata alla svelta, d'altronde lei ama coglierti alla sprovvista. Dom inspirò profondamente. Avrebbe pianto più tardi, non di fronte al corpo di suo padre, quello no.
«Mi mancherai» disse, prima di dire l'ultimo addio al corpo bianco di Bill.

«Chris, cosa faremo?» chiese Matt, che lo aspettava col bassista all'uscita.

«Non lo so, Matt, non lo so davvero. Dom non si riprenderà per molto tempo» e si accese una sigaretta. «Vuoi una?»

«Volentieri. Siamo senza speranza, è la fine.» Diede una boccata di fumo e tossì subito dopo, non era più abituato.

«Non esagerare; avrà bisogno qualche mese, e noi dovremo stargli vicinissimi.»

«Sospendiamo tutto il tour e seguiamolo ovunque vada.» Il fumo gli annebbiò gli occhi, lo scansò e tornò a fissare l'amico.

«Sì, probabilmente si rifugerà a Londra. Matt, io verrò ai funerali e ogni volta che mi chiamerete, ma ho anche una famiglia. Quindi, se manco io, tu ci sarai. Me lo prometti?»

«Certo, starò con Dom e mi dimenticherò del resto. Ora lui è la priorità assoluta. Dirò a Tom di trovare una scusa per i fan e rimandare tutto.»

«Okay. Ah, mi raccomando. Devi essere fermo, anche se tu sei coinvolto, sii forte. Se crolli tu, o io, per lui è davvero la fine della fine.»

«Ci proverò, ma cazzo, che vita di merda.»

«Puoi dirlo forte, amico mio.»


Dom era sdraiato sul letto della camera d'hotel più vicino all'ospedale che aveva trovato. Aveva rifiutato l'invito di passare la notte con la madre e la sorella. Non avrebbe sopportato la vista delle due donne più care al mondo in lacrime; inoltre, lui stesso non sarebbe riuscito a sfogarsi con loro al suo fianco. Giaceva immobile da due ore. Sguardo conficcato nel soffitto, braccia lungo i fianchi e gambe divaricate. Respirava lentamente, e solo quando sentiva che era necessario sbatteva le palpebre. Non pensava a nulla. Lui era fatto di nulla. Si sentiva annientato, cancellato per sempre.
Matt bussò alla porta; Chris e Tom si stavano occupando dei fans, degli amici da avvisare, del tour. Non ricevette nessuna risposta, allora aprì con la chiave che si era fatto consegnare per sicurezza. Entrò, richiuse e si avvicinò al matrimoniale con passo felpato. Dom non si accorse della sua presenza. Il moro lo guardò con estrema tristezza; sapeva di non potere fare nulla di buono, e ogni azione era così potenzialmente dannosa da disarmarlo.
Decise di non dire nulla e, semplicemente, sedersi sul bordo del letto, mentre il suoi lieve peso piegava appena il materasso. Tirò un sospiro, inutile tentativo di rompere il silenzio assordante fra loro. Fra Dom e il mondo.
Perché Dom doveva capire, magari con i suoi tempi, ma doveva, che il mondo va avanti, non si ferma a consolare nessuno. Matt lo guardò e provò un immenso senso di impotenza, di frustrazione.
-Sono qui, mio Dom. E sento che c'è un modo per consolarti, c'è... pensava intensamente, lasciando che i suoi occhi azzurri corressero sopra quel corpo inerte.
Matt si sdraiò affianco dell'amico, che non batté ciglio. Cercò di guardare il pezzo di soffitto su cui tanto si era fissato Dom, ma non riuscì. Gli occhi grigi non guardavano nulla in realtà; erano immobili solo per non piangere.
Matt tentò mentalmente di formulare una frase, tuttavia sentendosi ridicolo. Se almeno Dom avesse dato qualche segno di vita, anche quello più disperato, sarebbe potuto entrare in azione. Però contro un muro è annullato ogni sforzo.
Poi, lo sorprese.

«Sai, Matt, io lo credevo immortale. Credevo con tutto me stesso che la morte avrebbe riguardato gli altri, ma mai noi. E invece proprio in questo momento della mia vita di piattezza, diciamolo, di squallore, essa mi toglie la linfa vitale. Ma io non sono un uomo forte. Io lascio la band e dico addio al mondo, intesi?»
La sua voce incredibilmente ferma spiazzò Matt. Com'era possibile? La voce lo presentava incrollabile, le parole sconfitto. Dov'era la verità?

«Stai delirando, com'è giusto che sia in questi momenti, ma sono sicuro che-»

«In questi momenti? Cosa sono, routine? No, Matt, no. Non doveva capitare a me, fuori discussione. È successo? Bene, si fotta tutto allora.» Continuava a rimanere fermo, impassibile all'apparenza.

«Dom, non lo permetterò. Tu ne uscirai, come fanno tutti, non sei il primo a cui muore il padre e non sarai l'ultimo!» lo sgridò Matthew, girandosi sul fianco per parlargli meglio.

«Non mi consoli. Non mi interessa più niente, hai capito? Niente, né i Muse, né Chris, né... tu.»
Qui però venne tradito da un tremolio nel tono. Aveva detto troppo, stava facendo la tragedia greca. Si può maledire il dolore, non innamorarsene.

«Continua a delirare, va bene. Sono qui per te, se vuoi picchiarmi perché la vita è una stronza, fallo. Dom, sfogati. Tutto quel male che hai accumulato, vomitalo fuori.»
Dom finalmente si mosse. Girò lentamente la faccia verso l'amico e un'ondata di colore gli si riversò nei lineamenti contratti.

«Sto per impazzire...» bisbigliò, l'attimo prima di lanciare un grido acutissimo.
Strillò come se lo stessero uccidendo, imprecò contro Dio e tutti i santi, si strappò i capelli per un minuto intero. Ricadde esausto sul letto.

«Ancora Dom, buttalo fuori.» Lo incitava Matt, sottovoce.
Dom ebbe uno scatto d'ira incontrollata. Si avventò su Matthew, salendogli sopra, e cominciò a tirare una raffica di pugni e schiaffi sulla testa dell'amico. Matt chiuse gli occhi e si riparò con le mani, mentre veniva colpito da sberle rapide e secche.

«Ancora Dom, urla!» e Dom gridò, continuando a picchiarlo a casaccio, frasi sconnesse, un misto di lamenti e insulti.

«Io sono pazzo! Odio tutti, tutto e voglio morire! Basta, vita puttana, hai chiuso con me! Dio ****, finiscimi!» strillava e strillava, rosso in faccia e con gli occhi iniettati di sangue, «La rabbia mi divora! Odio anche te, bastardo che non sei altro, Matthew James Bellamy! Tu mi hai fatto soffrire più di quanto la morte di mio padre sta facendo ora! Lo sai, lo sai?» e gli assestò uno schiaffo più veloce degli altri che lasciò il segno di cinque dita sulla guancia di Matt.
A questo punto, Matt capì di averne abbastanza. Dom aveva lasciato andare la parte più bollente della questione, ora non poteva approfittarsene. Gli afferrò i polsi e lo cacciò all'indietro, mettendosi seduto.

«Okay, d'accordo» diceva, allontanandolo, «Dì tutto quello che ti senti.»

«Ti odio, Matthew! Lo hai ucciso tu, papà? Eh?» gridò, dimenandosi per liberarsi, «Dillo! Non mi hai visto ancora abbastanza distrutto?»
Matt lo fece scendere dal letto e, sempre tenendolo stretto, scosse la testa per dire di no.

«Se io non ti avessi mai incontrato, papà sarebbe ancora qui. E io, io sarei felice senza di te!» strillò, dibattendosi ancora come un matto.

«Dom, stai deviando, ma va bene. Se è vero che mi odi, io-»
Dom cadde per terra. Un tonfo secco e poi eccolo, accasciato su se stesso senza forze. Matthew rimase a bocca aperta e a metà frase.

«Non è vero» sussurrò Dominic, coprendosi il viso con le mani arrossate.
Matthew capì che era giunto il momento. Il momento in cui, sciupata la rabbia, arriva la vera disperazione. Il pianto, il male nel cuore.

«Non è vero niente.»

«Lo so, lo so.» E si abbassò per raggiungere gli occhi dell'amico.
Quando gli rimosse le mani dal volto, scoprì che le due perle grigio-verdastre erano velate di lacrime. Finalmente.

«No, tu non sai cosa vuol dire.»
Matthew prese fra le mani tremanti il collo di Dom e appoggiò la fronte contro la sua.

«Cosa vuol dire?» chiese, sentendo attraverso le mani i primi sussulti nella gola dell'amico.

«Cosa vuol dire sentirsi perduto.»
La prima lacrima si fece spazio fra le ciglia dell'occhio sinistro e luccicò sulla pelle.

«Ma non sei perduto! So che amavi tuo padre, ma non c'è solo lui nella tua vita. Tu hai un gruppo, degli amici, una ragazza, tante persone che ti stimano...»
Matt premette ancora le due fronti, avrebbe voluto fondere i cervelli in uno per donare un minimo di pace a Dom. Strano, i ruoli si erano invertiti per la prima volta.

«Che m'importa dei fans o di Jessica!» sentenziò il biondo, percependo la lacrima rotolare lungo la guancia.

«Allora pensa ai Muse, a Chris e Tom!» e si fermò per osservare quella perla trasparente cadere sotto il mento di Dom.

«Non riesco. Lasciami del tempo...»

«Tutto quello che ti serve. Ma ti prometto che ti tirerò fuori, dovessi impiegarci un'eternità.»

Una morsa allo stomaco fece aumentare la lacrimazione di Dom; un susseguirsi di lacrime cadde senza più controllo. Il batterista tirò su col naso, sentendoselo umido, e cercò di allontanarsi da Matt, che però non glielo permise.
«Ora abbracciami e non pensare più a niente. Ci sono qui io.»
Le braccia sottili di Matt si chiusero attorno alle spalle di Dom, il quale si lasciò sprofondare in quella poca morbidezza che poteva offrirgli il torace duro dell'amico. In un modo del tutto ignoto al mondo, Dom amava gli spigoli e le punte delle ossa a fior di pelle di Matt; ci ritrovava un fascino unico.
Col capo chino, pianse liberamente, alternando singhiozzi a gemiti, brividi a tremori. Erano almeno dieci anni che non versava una lacrima, o, se ne sfuggiva una, era per polvere o allergia. Risultava molto strana e nuova la sensazione degli occhi in fiamme e delle guance fradice. Matt gli carezzava la nuca in modo quasi materno. Anche lui provava la voglia segreta di piangere, ma ricordava le parole di Chris «Sii forte. Se crolli tu, per lui è la fine», perciò si tratteneva a stento.

Il massimo dolore non differisce molto dalla massima gioia. Possiamo dire che sono due emozioni gemelle, separate alla nascita e cresciute in modi diversi; restano in ogni caso uguali per potenza e durata. Per questo si può facilmente passare dall'uno all'altro, anche senza accorgersene. Infatti, se quella domenica notte Matt e Dom consumavano un dolore infinito, nulla avrebbe potuto impedire che avessero consumato ugualmente una grande gioia, ovviamente nei limiti del possibile offerti dalla tragedia del lutto.
Dico questo perché, all'improvviso, più svelto di un infarto e di un trapasso, calò il buio sulla città, il buio che cambiò il destino delle loro vite. Un blackout totale inghiottì ogni lume nell'arco di 10 km.


Dom, probabilmente per via degli occhi chiusi e colmi di pianto, non parve accorgersene; Matt invece sobbalzò, sorpreso dalle luci spente senza che nessuno le spegnesse. Si guardò attorno per capirne la causa. Da per terra non vedeva fuori dalla finestra, ma capì dalla piccola spia rossa automatica che si accese affianco al lampadario che si trattava di un blackout.
«Che è successo?» domandò Dom, alzando la testa dopo qualche minuto.

«Niente, solo un blackout.» Spiegò Matt, stringendo l'abbraccio perché ne sentì un forte bisogno. Da piccolo era terrorizzato dal buio. Si sa, le paure infantili ci accompagnano per sempre. Esattamente come i bisogni.

«Come quello che è sceso sulla mia vita.» Bisbigliò il biondo, sospirando dolorante. Le lacrime si erano fermate, ma era tutto umido. Aveva bagnato anche la camicia di Matt.

«Già, ma esiste sempre qualcuno che possa ridare la luce.»

«Tu, per esempio?»

«Sì, se me lo lasci fare.»

«Allora sì, ne ho bisogno.» Pregò sottovoce Dom, respirando rumorosamente sul collo di Matt.
Il moro lo aiutò ad alzarsi e si spostarono sul letto. Si distesero nel centro e, rimanendo abbracciati, apprezzarono quel soffice materasso per un istante.
Matt, ponendo delicatamente il capo di Dom sul suo petto e appoggiandoci sopra le mani, si schiarì la voce. Fece mente locale, poi, errando con le dita fra le ciocche calde dei capelli dell'amico, intonò:

«Don't kid your self and don't fool your self, this love too good to last and I'm too old to train...»
Dom, riconoscendo subito "Blackout", provò quasi l'istinto di sorridere. Poi sospirò e si concentrò per apprezzare meglio quella voce di miele.

«Don't grow up too fast and don't embrace the past, this life too good to last and I'm too young to care...»
Le parole, pronunciate col suo accento inglese esagerato, erano rotonde, ipnotizzanti, ridondanti. Anche senza musica, sapeva seguire il tempo e la melodia con grande bravura. Dom gli si strinse addosso e Matt non esitò ad accettare quel gesto.

«Don't kid your yourself and don't fool yourself, this life could be the last and we're too young to see...mmm, mmm...»
Non c'erano i violini, ma la voce di Matt seppe cullare la melodia fino alla fine, lasciando che venisse assorbita dal corpo incantato di Dom.

Il suo cuore e il suo spirito erano ancora a brandelli, tuttavia, se la notte porta frescura e ristoro nel deserto più arido, anche "Blackout" seppe farlo. Il buio totale li ricopriva fino a soffocarli. Meglio, a occhi chiusi inconsciamente si ha più coraggio. Matt decise che era giunto il momento. Le decisioni più importanti vengono prese in un attimo, si scontano con la vita che le segue, diceva uno scrittore.
-Io ti amo, spero che tu possa provare lo stesso. Pensò, deglutendo l'ultimo getto di vergogna che tentò di fermarlo.
Matthew prese fra il pollice e l'indice il mento di Dominic e, il secondo dopo, allungò il collo in quella direzione.
Le loro labbra si sfiorarono leggere come ali di farfalla, dopo si unirono. Carnosa, la bocca di Dom scaldò quella sottile e ben disegnata di Matt; screpolata, la bocca di Matt abbracciò quella sporgente e arrendevole di Dom.
Mentre il silenzio e il buio aleggiavano nell'aria tutt'attorno, le punte delle lingue si scontrarono, dapprima timidamente, poi sempre con maggiore scioltezza. Dom si spostò più in alto, esattamente sopra a Matt, così che ogni difficoltà cadesse. Matt premette il palmo contro la nuca di Dom e, avvicinandoselo, lo baciò appassionatamente, assaporando la sua saliva, il suo odore, il suo respiro affannato nel proprio, il suo amore quasi tangibile.
Sperò di passargli ogni energia positiva, ogni beneficio possibile, ogni frammento di bene. Voleva guarirlo dalla sofferenza; non sapeva che un corpo malato non può sanarne un altro. Però forse poteva soddisfare quel bisogno lacerante che da troppi anni si dibatteva nelle pieghe del suo animo per uscire allo scoperto.
Dom sentì di liberarsi da un male profondo e radicato; quello della negazione del proprio io, quello della repressione, quello della somministrazione forzata di anestetici e di calmanti pur di non...
-Baciare Matthew! Io sto baciando Matthew! Gli balenò d'un tratto nella mente piena solo di quell'uomo sotto di lui.
Si staccò involontariamente dalla bocca sensuale e inumidita di Matt. Era la realizzazione di quel pensiero ad averlo fatto ritrarre momentaneamente.
Matt, nonostante il buio, cercò di guardarlo. Dom scorse appena il luccichio nelle pupille di cobalto fisse su di lui.
-Cosa stiamo facendo? Qualsiasi cosa sia, è totalmente sbagliata...o giusta. Concluse, ricadendo nel bacio interrotto.
Ma, prima che le bocche s'incastrassero di nuovo come due metà separate, la luce tornò.

Il lampadario si accese e un chiarore bianco esplose nella stanza, accompagnato da una serie di rumori provenienti dalla strada. I sogni si disperdono con l'arrivo del mattino; non per questo si deve rinunciare a sognare, basta sapersi fermare all'alba.

«Dom» disse confuso Matt, accecato dal repentino cambio di luce.

«Matt» rispose il biondo, sbattendo le palpebre.

«Stai...bene?»
«Forse...» -È stato... ah, indescrivibile.
Si guardarono riuscendo finalmente ad osservarsi le emozioni del volto; Matt lesse in quello di Dom tanto sollievo quanta paura; Dom invece trovò nello sguardo di Matt disagio e vergogna.

«Volevo dirti che-»
Tre colpi alla porta. Era Chris.

«Arrivo!» gli gridò Matt, scivolando via da Dom per alzarsi. Ancora non collegava ciò che era avvenuto realmente con ciò che si era immaginato tante volte.

«Siete qui? C'è stato un bel blackout, ora è tornato a posto.»
Entrò e sembrò non accorgersi della faccia smarrita del ragazzo. Parlò del tour, dei fans, degli amici che facevano le condoglianze. Infine annunciò l'arrivo di Jessica e Gaia. Erano giù nella reception, erano accorse col primo aereo dall'Italia, dove stavano passando del tempo assieme, appena saputa la notizia.

«Cosa? Gaia?» chiese spaesato Matt. Se n'era scordato completamente, tabula rasa.

«Sì, stanno salendo. Sono state molto carine a precipitarsi qui. Corrette, no?»

«Mmh» mugugnò, pensando: -Nella merda, siamo nella merda.
Andò in camera da Dom e gli riferì quanto aveva appena saputo. Dom si mise seduto e scrollò le spalle, come per dire: che ci vuoi fare.
L'attimo dopo le due donne erano alla porta della stanza. Jessica era affannata, coi neri capelli scomposti attorno al volto truccato. Corse incontro al suo ragazzo, mentre Gaia prendeva per mano Matt.

«Dom, tesoro, come stai?» chese l'americana, cercando goffamente di abbracciarlo.
Dom guardò Gaia e Matt sulla soglia; restò impassibile a quel gesto, facendosi stringere dal quel profumo Chanel trattenendo il fiato.

«Quanto mi dispiace» commentò Gaia, schioccando un bacio affettuoso sulla guancia del suo fidanzato. Matthew continuò a fissare Dominic; perché sembravano due pupazzi in balia degli avvenimenti, delle donne?

«Allora?» insistette Jessica, prendendo fra le mani il viso di Dom.

«Lasciatemi solo» sbuffò quest'ultimo, scansandola.

«Come solo?»

«Voglio solo...dormire, se riesco.»
La ragazza si alzò e indietreggiò; cercò consiglio in Gaia, la quale li guardava scoraggiata.

«Non puoi rimanere solo» replicò Matt, quando l'amico con uno sguardo carico di malinconia lo spaventò.

«Solo dormire» ripeté, distendendosi lentamente a pancia in giù.
Gaia e Jessica fecero per andarsene, ma Matt non voleva; allora la sua ragazza lo strattonò per la mano, sussurrandogli: «Lascialo dormire, è la cosa migliore.»
Matt sentì le vertigini; abbandonarlo a se stesso era l'unica cosa da non fare, ma neanche insistere e risultare sospetto alle ragazze era consigliabile.

«Un attimo ancora» rispose, pregando Gaia con gli occhi di accontentarlo. Lei prese Jessica ed uscì. Lui tirò un sospiro di sollievo.

«Dom, dormi. Ma io sono qui sotto, okay?»
Dom rispose con un mugugno incomprensibile, probabilmente un sì soffocato nelle coperte dove affondava la faccia.

«Ti...ti...» balbettò Matthew, mentre con un unghia si scavava via un pezzo di carne nel pollice, «Ti voglio bene.» Ammasso di parole imprecise, Matt le disse odiandosi.

L'aria di quella notte era umida e pesante, come una coperta bagnata. Adatta per fumare, considerò Matthew, accendendosi una Malboro sul balcone della sua camera, appena sotto quella di Dom. Gaia era dentro a consolare Jess; le diceva che non era colpa sua, che Dom era in lutto e chiunque in lutto vuole stare da solo e rifiuta di parlare. Udiva le loro fastidiose parole attraverso la porta-finestra socchiusa. Guardava la luna, di un pallore innaturale, nel cielo scuro. Quante emerite stronzate, dicevano quelle due. Si chiedeva dove fosse il senso di tante cose, ma neppure la sua Malboro sapeva indicarglielo, mentre si consumava in fumo grigio.
Baciare Dominic era stato...era stato baciare la persona amata nel momento in cui ci si sente l'unico rimedio alla sua tragedia. Quelle labbra erano scialuppe di salvataggio, quelle lingue salvagenti, quei luccichii negli occhi fari.
Il loro bacio era stato solo la concretizzazione di un bisogno fino ad allora astratto. Non era da cinema, e nemmeno da incorniciare in una foto da comodino; era un fiore notturno, una stella in un angolo di universo isolato.
Matthew lasciò cadere il mozzicone nel vuoto e guardò la punta ardente fino a che, scontrandosi con la strada, si spense. Si domandò perché alcune cose potessero spegnersi, come la sigaretta, l'infatuazione per Gaia, la luce, mentre altre fossero destinate all'eternità, come la morte, Dominic, le stelle.


Il funerale si svolse nell'intimità dei famigliari e degli amici più stretti. Ovviamente venne scacciato ogni giornale o simile; Dom avrebbe incenerito chiunque avesse osato farci del gossip. Portò insieme ad altri tre amici la bara nera fino al carro funebre; aiutò a sistemare la lapide, sistemò la foto ricordo e il lume. Sua sorella gettò un mazzo di margherite giganti sul freddo marmo; la madre piangeva in silenzio, appoggiandosi a qualche parente.
Matthew, chiuso in un completo nero che esaltava il chiarore della sua pelle e la trasparenza dei suoi occhi, seguì l'amico passo per passo. Anche Chris e Kelly parteciparono all'intera cerimonia, lui lesse anche una preghiera d'addio.
Quando tutti sciamarono via per i sentieri sassosi del cimitero, Matthew, Dominic, Gaia e Jessica rimasero soli. Le due donne avevano un velo attorno ai capelli e occhiali a lente scura, teoricamente per non far vedere il trucco sbavato dal pianto. Dom si inginocchiò sui sassi ossei attorno alla lapide e pregò in silenzio; raccontò al padre la sua vita, si confessò sinceramente a quell'uomo fedele. Pregò che davvero potesse esistere un continuo a quella vita, un posto dove nessun infarto avrebbe consumato i cuori. Non versò una lacrima; le ricacciò tutte indietro, e fece lo stesso con quei lamenti penosi che provenivano dalla gola dolorante.

All'uscita vennero due limousine a prenderli.
«Ce posso fare... ce la farò» sussurrò Dom in direzione di Matt.
Il moro afferrò il messaggio in codice. Significava: vai con Gaia, partite. Io terrò con me Jess finché per qualche insulso motivo se ne andrà e io ritroverò la pace della solitudine.

-Mi manchi già. Matt avrebbe voluto abbracciarlo, ma l'autista suonò come per ribadire la sua presenza. Salì a bordo con Gaia, mentre Dom faceva lo stesso con Jessica.
«Cos'avete deciso per la band?» gli chiese Gaia, viaggiando verso l'aeroporto.

«Che rimandiamo finché Dom si sente male.»

«Giusto, ma stai tranquillo, il peggio è passato.»
Matthew apprezzò e odiò contemporaneamente la calma della sua fidanzata; lei e la sua psicologia potevano andare a farsi fottere. Gli ricordavano la calma e la pazienza di qualcun altro, solo con una variante, ovvero le sue erano una posa, un atteggiamento, un comportamento premeditato da psicologo-cliente, mentre quelle di Dom erano naturali e per questo motivo infinitamente migliori.

«Andiamo a Como?» propose lei, guardando oltre il finestrino.

«Dove vuoi.» -Tanto dovunque io vada, non cambierà niente.

Matthew prese il cellulare dalla tasca. Compose un messaggio mentre Gaia era distratta da una conversazione di lavoro al telefono.
-Solo le persone che si amano sanno dirsi addio...- Invia, numero rubrica. DH. Inviato.

Dom, mentre lasciava che Jessica gli tenesse una mano, con l'altra prese il cellulare che aveva appena vibrato.
Nuovo messaggio. MB... Rispondi. -...e poi ritrovarsi a casa.- Invia, numero rubrica. MB. Inviato.


«Gaia, ci ho ripensato. Non andiamo fino a Como, manteniamoci in Inghilterra.»

«Perché?»

«Perché magari voglio raggiungere Dom a Londra e mi scoccia prendermi sempre tre ore di aereo.»

«D'accordo, allora dì tu all'autista dove portarci» e si girò irritata, accavallando le gambe snelle.
Matthew ordinò all'autista di portarli verso il mare. Aveva un gran voglia di farsi una nuotata e magari l'aria marina avrebbe dato una calmata a quella ragazza.
In realtà fece questo così che appena Dom si fosse fatto sentire, sarebbe corso da lui in breve tempo.

Nuovo messaggio. -My lips are turning blue...a kiss that can't renew...- Invia, numero rubrica. DH. Inviato.
Immerse i suoi occhi azzurri in quel mattino al di fuori del finestrino oscurato; non avrebbe mai dimenticato quella notte, quella parentesi di istinto e necessità, quel blackout nella loro vita.

Dom sapeva che quel bacio sarebbe potuto rinascere. Ma, esattamente come il suo dolore aveva bisogno di tempo per venire assorbito, anche a loro due occorreva una pausa. Non che il suo rapporto con Matt potesse mai entrare nella norma e trovare stabilità, però almeno sperava di poter metabolizzare e proteggere quel ritaglio di felicità nella disperazione.
Suo padre non c'era più, ma se fosse stato ancora con lui, non gli avrebbe forse fatto il tifo per continuare? Sicuramente. Allora promise a se stesso di riuscire a ricominciare, lentamente, non importava.
Almeno poteva ancora sperare in quello che aveva costruito in dieci anni con Matthew. E forse c'era del buono su cui investire energie. Chissà, solo vivendo lo avrebbe scoperto.
Per il momento, sentì solo quel bisogno speciale prendere il possesso di lui e avvolgerlo in un velo di indifferenza verso il resto del mondo. Prese dallo zaino il lettore cd. Mise le cuffiette nelle orecchie e chiuse gli occhi.
-I think our lives have just begun, I think our lives have just begun...- strana sensazione di speranza e poi l'abbandono totale:
-...and I'll feel my world crumbling down, feel my life crumbling now, feel my soul crumbling away, falling away, falling away with you!-
E ritrovò nella mente, per una volta indulgente, il blackout.



                                                                                            •Remember me through flash photography and screams. Remember me, special dreams•

 

Nda: Buongiorno a tutti! Lo so... adesso mi direte: ah, questo il famoso "vero BellDom" di cui parlavi nel capitolo precedente? Ebbene no, e vi spiego perché. Io avevo in mente tutt'altro capitolo, ma sono successe delle cose per cui la mia crazy mind ha deviato. Spero che questo capitolo difficilissimo da trattare (xD) possa piacervi comunque!

Annotazioni:

-So pochissimo di Jessica, quindi qualora sbagliassi, forgive me!

-La morte di Bill dovrebbe più o meno essere accaduta in queste circostanze... tuttavia il blackout è mia fantasia (anche se sappiamo tutti che quei due avranno fatto qualcosa di simile).

Ringraziamenti:

-MusicAddicted: my deaw! Che strano parlarti qui come se non ci conoscessimo, lol! Che piacevole supporto i tuoi complimenti. Poi, vedere che la tua recensione è sempre la prima... troppo soddisfacente!

-MuseLover: quanto sei tender! Ahah, eliminare Gheia, *quoto*!  Santa peppa mi piace un sacco :D Spero di averti in parte saziato di BellDom...tu aspetta e vedrai! Kiss.

-Deathnotegintama: ehi tu! Una delle mie commentatrici, OLTRE CHE AMICA, preferite! Non sai quanto sono in pena per il tuo onorevole giudizio... aww, *scappa*.

-Valerika: Miss, una tua recensione, wow! Mi fai morire coi tuoi complimenti... ma se davvero ti ho fatta commuovere, scusami. Spero che se tu pianga sia solo per allergia! :*

-DyingAtheist: Non è vero che recensisci male, tutt'altro! Sei molto riassuntiva e precisa, ottimo direi! Quindi... chissà come prendi questo. Attendo :)

-PatriLawliet: Little Lawliet! Che piacere!... sai che ho messo come foto del profilo in FB la foto che hai messo nella tua ultima fic? LOL

-Lilla Wright: Finalmente so chi sei, ma vieni! Dunque, dunque, ora che so di avere il supporto di una muser-belldommer come te...sono davvero soddisfatta, really! I 4\4 sono famosissimi U_U Impossibile trovare una song non per Dom, <3

CHEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEES,  Musa.

  
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