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Autore: lames76    27/09/2010    1 recensioni
Altro racconto sul settimo cavaliere, più maturo e completo del precedente e leggibile singolarmente (leggibile anche senza aver letto il precedente). Menion si ritrova in una situazione critica e per una volta non sarà da solo a combattere il male ma sarà affiancato da valorosi compagni.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Settimo Cavaliere'
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Olimpia era ancora confusa dalle parole dell’essere fatato, quando questi si fermò librandosi a mezz’aria.
"Non siamo soli", mormorò la ragazza e lei annuì.
Stavano attraversando quello che, un tempo, doveva essere stato un bosco rigoglioso. Ora era poco più che un’accozzaglia di tronchi bruciati, cataste di cenere e braci ancora non del tutto spente.
"Uscite fuori, siamo qui per aiutarvi!", Tintinnio parlava con voce sicura.
Da dietro quei rifugi improvvisati sbucò uno sparuto gruppo di strani esseri che parevano appartenete a diverse razze; i più strani di tutti parevano esser dei canguri, ma dotati di una pelle scagliosa simile ai rettili che indossavano degli abiti semplici di pelli e stoffa leggera. Uno di essi, particolarmente grande, si avvicinò alla fata.
"E’ bello vedere che siete vivi", lo salutò la Voce.
L’essere pareva sospettoso, ma poi parlò e lo fece con voce tranquilla, sebbene un po’ sibilante, "Siamo i soli sopravvissuti delle Sette Famiglie"
"Sono Z’sta", spiegò Tintinnio ad Olimpia, "Sono un popolo nomade diviso in sette grandi famiglie, clan nomadi, erano più di tremila prima..."
"Ora siamo solo trecento", continuò l’essere, "E quando i demoni distruggeranno il cuore di Faerie spariremo anche noi"
"Siamo qui per impedirlo!", Tintinnio parlava con voce sicura e rassicurante, "Io e la mia compagna siamo in missione per raggruppare i sopravvissuti, i Cavalieri sono in lotta con il male, ma abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile"
"E cosa possiamo fare noi?", chiese l’essere sulla difensiva, "Se gli eserciti di nani ed elfi sono stati spazzati via in un lampo? Se gli altri Cavalieri non sono riusciti a fermarli? Noi che possiamo fare?"
Olimpia fece un passo avanti, "Potete combattere!"
"Non servirebbe", rispose lo Z’sta, "Moriremmo e basta"
"Ed allora resterete qui ad attendere?", chiese la greca, "Come avete detto voi, quando i demoni raggiungeranno la loro meta tutto finirà...", fece una pausa, "...ed allora che differenza fa se morirete combattendo?"
"La morte fa sempre paura", la voce dell’essere era più bassa, oramai solo un mormorio.
"Ma se proprio si deve morire, non è meglio scegliere come?", chiese la ragazza con veemenza, "Preferite morire da codardi nascosti qui o combattendo per la vostra libertà e con una speranza, quella di salvare il vostro mondo e la vostra gente?"


Il Grosh era furioso e vederlo in questo stato era una cosa che nessuno degli abbietti esseri che lo seguiva avrebbe voluto. Un demone di rango inferiore gli si era avvicinato, mentre stava guidando, in testa al plotone, il suo esercito verso il centro dei reami, verso la vittoria suprema. Il demone l’aveva avvisato che la retroguardia era stata attaccata da truppe sconosciute ed annientata, ben cento demoni di rango inferiori che la componevano erano stati uccisi e nessuna traccia degli aggressori era stata trovata.
Sospirò a fondo, non che a lui servisse, ma aveva passato così tanto tempo nei corpi umani che aveva preso alcune loro abitudini, e riprese la calma.
Doveva saperlo che sarebbe successo! Nella radura dei Cavalieri, dove era stata combattuta la battaglia che credeva finale, aveva trovato solo quattro cadaveri; quindi tre Cavalieri si erano salvati ed ora erano loro ad attaccarlo. Coraggiosi e forti, visto che erano riusciti a distruggere ben cento esponenti delle sue truppe, ma sconsiderati, ora sapeva della loro presenza e poteva prendere provvedimenti.
Fece tornare al suo posto il messaggero e chiamò a raccolta i suoi ufficiali.
Non erano proprio ufficiali, erano demoni maggiori, che risaltavano contro le altre truppe come il sole contro la luna.
Alla sua sinistra parve apparire dal nulla un’ombra fumosa che si addensò fino a formare un essere di pura oscurità, non aveva una forma precisa e di lui si vedevano solo due occhi rossi ardenti. Era il demone chiamato Sillis, la morte silenziosa.
Alla sua destra il terreno esplose e da esso fuoriuscì un altro essere, questo aveva forma vagamente umana, nonostante le quattro braccia, era dotato di una spessa e nera armatura completa ed era armato con due giganteschi spadoni a due mani. Era il demone chiamato Tromen, il potente.
Infine, di fronte a sé, strisciò l’ultimo ufficiale, era una sorta di lungo ed enorme serpente, dotato di tre paia di piccole e ipertrofiche zampe da lucertola; la testa era dotata di zanne grondanti veleno e corna. Era il demone Syssas, lo stritolatore.
"Ci sono ancora tre cavalieri in vita", il Grosh li osservò uno ad uno, "Ho riservato a voi l’onore di ucciderli"
I tre non dissero nulla, semplicemente, scomparvero velocemente come erano apparsi.
Con loro era tranquillo, i cavalieri non avrebbero avuto nessuna speranza, se tutto fosse andato al meglio i cavalieri ed i suoi ufficiali si sarebbero uccisi a vicenda liberandolo di ogni problema. Infatti anche il Grosh temeva quei mostri che, però, gli erano indispensabili.




Ciao a tutti/e, capitoletto di passaggio.
Vi preannuncio che a breve inizierò a pubblicare, anche qui a capitoletti, il racconto che è arrivato secondo al concorso bandito da Eylis: "La stazione e... il drago".
Restate sintonizzati!
   
 
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