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Autore: janusan89    28/09/2010    1 recensioni
Questa è la storia drammatica fra due amici che non potranno fare nulla contro un nemico a loro comune: la guerra.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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eterno rivale

Nel mondo esistono molti mali come la gelosia, l'invidia, l'odio. Molti dei mali hanno origine dal cuore, sono bestie senza età che crescono in noi come corpi estranei, per poi possederci col tempo, diventando quello che non vorremo mai essere: bestie senz'anima, cuori vuoti, persone senza coscienza.


Io ero diventato uno di questi.


Vent'anni fa io e lei ci incontrammo per la prima volta nel nostro villaggio intenti a lavorare nei campi e a creare un nuovo futuro: eravamo appena entrati in un periodo di pace che secondo i re sarebbe rimasta in eterno. Non ci volle molto tempo prima che noi due diventassimo grandissimi amici nonostante le nostre differenze; nel giro di poco tempo diventammo vicini come fratello e sorella e la nostra relazione sembrava quasi consanguinea, tanto che ormai le venivo incontro per ogni motivo. Ormai eravamo inseparabili: eravamo sempre in combattimento, eravamo sempre a sfidarci, eravamo sempre a parlarci contro e sopratutto eravamo sempre l'uno contro l'altro per ogni stupido motivo, come ogni bambino esistente nel mondo.

Vi era una maggiore differenza tra noi due comunque: io ero un uomo, un umano, mentre lei era un elfa, un essere “immortale”, e nonostante le nostre due razze fossero finalmente in pace il sangue scorreva ancora malvolentieri tra le strade, per motivi di razzismo o semplicemente per reciproco odio; da piccolo pensai solo che le uniche differenze erano solo per le orecchie e il loro inusuale colore della pelle ma col tempo avrei capito cosa volesse dire la parola odio. Ma noi, io e lei, eravamo diversi: non vi era odio, non vi era rancore, i nostri lividi erano i marchi della nostra grande amicizia, i nostri litigi il segno che il nostro amore era cresciuto insieme, e i nostri scambi di desideri furono l'apice della nostra relazione, provando per la prima volta il vero amore e il vero desiderio di avere lei al mio fianco, non importava le opinioni dei miei consaguinei.


...ma ero a conoscenza della debolezza di quella pace...


Elfi e umani erano nuovamente in guerra, dopo meno di un decennio di pace: interi villaggi furono liberati dagli elfi, violentemente uccisi dai nostri soldati o torturati fino alla morte; simil sorte fu anche per i nostri villaggi, totalmente spazzati via dalla loro grande e disperata potenza. In quel momento seppi della notizia della sua fuga dal nostro villaggio e che sarebbe stata portata via insieme alla famiglia. Cercai di fermarli e di prenderla con me, di portarla ovunque, in qualunque posto che non sia lontana da me, ma la vidi sui carri, piangente, mentre mi vide correre verso di lei mentre tentavo di fermare la corsa.


Alla fine, l'ultimo sguardo di lei fu di una ragazzina piangente, che mi implorava di fermarla, di tenerla con se. Ma anche lei se ne andò, insieme a tutti gli altri elfi del villaggio, lasciandomi da solo a piangere quella terra che una volta chiamavamo insieme “casa”.

La guerra continuava e il nostro re era deciso a vincere, reclutando chiunque potesse combattere, chiunque avesse voluto ottenere la vittoria; come ovvio noi giovani uomini eravamo molto richiesti, siccome le donne non erano ammesse, ma sapevo del contrario nei confronti del nostro nemico, che reclutava anche donne, spesso agili e molto potenti quasi più degli uomini, e inoltre venni a conoscenza che avevano persino una imperatrice, cosa molto stramba persino per noi, assidui sostenitori della generazione patriarcale; oltre a tutto ciò, non sapevamo molto dei loro piani, se non sopravvivere e nonostante passò del tempo ancora oggi non avevo idea della ragione della guerra, ne tanto meno la gente comune.


Ma non aveva alcuna importanza: la fine della guerra fu una delle tante cose che non vidi.


Un altro decennio passò e la guerra era ormai nel momento più cruciale della sua campagna, con noi in netto vantaggio rispetto ai nostri nemici; francamente, non mi fece alcun risentimento, non mi importava se vincevamo o perdevamo, non era il mio volere combattere contro di loro: lo facevo solo perché sapevo che un giorno avrei incontrato il peggiore dei miei nemici.


E quel giorno eventualmente accadde, dopo un decennio di attesa.


La vidi in mezzo alla nebbia che nascondeva i cadaveri dell'ultima e sanguinosa battaglia, con migliaia di morti tra elfi e umani insieme. L'aria era fredda e difficilmente si vedeva l'orizzonte, difficilmente vedevo qualcosa, ma fui in grado di vedere benissimo le sue forme e il suo viso, il suo corpo forte, i suoi magnifici capelli argentei legati tutti assieme e i suoi occhi color gialli, con in mano la sua spada e avente con se la sua scintillante armatura verde foglia; lei riuscì a guardarmi e a vedermi per bene, capendo che ero io nonostante portassi con me la mia armatura color cremisi e la mia lancia sporca del sangue dei suoi compagni elfi.



Mentre mi toglievo lentamente il mio elmo, mentre lei si lasciava andare i suoi lunghi capelli ci incamminammo l'un l'altro, con i nostri sguardi incrociati e pieni di forza, con i nostri respiri come unico rumore di vita in quel campo coperto dei cadaveri, con i nostri passi ad essere l'unica cosa in movimento.


“Vattene ora, umano, e ti risparmierò la vita!”

“Non posso, elfa, sei un nemico per la mia gente”

“Non mi tirerò indietro, anche se eri mio amico...”

“Non lo fare, non è da te, amica mia”


All'ultima parola scoccata i nostri passi divennero rapidi fino a correre contro l'un l'altro, con la mia lancia pronta a colpire e la sua spada pronta a uccidermi, accompagnati dai nostri gridi di guerra affinchè ci accompagnassero al colpo vittorioso, e dai nostri sguardi, che per la prima volta dopo tanto tempo si erano incrociati, come accadde tempo addietro...


E vi fu il colpo.


Rimanemmo in piedi, schiena contro schiena, con i nostri respiri che lentamente si facevano sempre più lenti e deboli e le nostre carcasse sempre più tremanti, mentre attendevamo che uno di noi cadesse a terra. Fui io il primo. E lei mi raggiunse.


“Perchè non potevamo andarcene via, insieme, come tu mi dissi tempo fa...”

“Ho fallito, non sono riuscito a portarti via da quel carro”

Mentre i nostri lamenti di dolore aumentavo vidi dei soldati nemici arrivare nella nostra direzione, senza però notare la mia mortale ferita e senza darmi alcun interesse. Andarono direttamente verso la mia nemica in fin di vita e cercarono di aiutarla ad andarsene, sentendo di una ritirata o qualcosa che nel mio stato non mi feci alcuna importanza. Ma sentii una resistenza da parte di lei, la sentii gridare di lasciarla andare, la sentii dire di lasciarla morire in pace, che ormai non vi era niente da fare. E non mentiva, la conoscevo da una vita, e in quel momento i soldati che tentarono di aiutarla svanirono nella nebbia. In quel momento la sentii nuovamente muoversi, si trascinava a malapena con i piedi e con le mani, tentò di muoversi disperatamente, tentò di strisciare per arrivare: tentò di arrivare a me.

Sentii l'ultimo grammo di forza rimasta in lei mentre si fece cadere accanto a me, vicino al mio braccio; tentò di girarmi verso di lei ma non aveva più forze nelle sue ossa ormai danneggiate, decidendo i fare io lo sforzo ora di andare da lei, muovendomi vicino al suo corpo ormai privo di forze. Incredibile: dopo anni lontani finalmente riuscii finalmente a vedere il suo bellissimo viso, intriso di lacrime di gioia, con il suo sorriso che non riuscivo più a immaginarlo, se non nei miei sogni; e le sue orecchie lunghe e appuntite, come sempre lo erano state, ma con alla base un piccolo orecchino fatto da me e che le ho regalato per il suo quindicesimo compleanno.


“Sei sempre stata dura e cattiva con me”

“Sei sempre stato testardo e perfezionista”

“Sei sempre stata il mio desiderio e la mia ragione di vita”

“Sei sempre stato l'unico volermi veramente con te”

Sentivo lentamente le sue braccia diventare deboli, mentre il suo viso e i suoi occhi diventavano più lucidi e il suo battito sempre più debole.


“La paura...non c'è più...


Cercai di tenerla vicina a me, cercai di tenerle stretta la mano, cerca di non lasciarla da sola un altra volta; tremava dalla paura, sentivo la sua ansia, ma appena le strinsi per l'ultima volta la mano il suo corpo smise di tremare, sentendo per l'ultima volta la sua mano stringere la mia mentre tentò di sussurrarmi qualcosa: capii solo “Grazie”, per poi sentire la sua vita lasciare la mia mano

E io la seguii


Nel mondo sapevo che esistevano molti mali, come la gelosia, l'invidia, l'odio...e io non ero da meno: ero la bestia dell'orgoglio, avevo ucciso per questa ragione. Era la persona che amavo, la persona che temevo.

Il mio eterno rivale.


  
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