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Autore: Beads and Flowers    30/09/2010    1 recensioni
Questa è la mia prima fanfic, vi prego, siate clementi. Si tratta di una storia comica-dark, inventata da me e i miei amici, trattante l' avventura di una delle più famose tate italiane alla presa con il suo peggior incubo: degli adolescenti decisamente fuori dal comune.
Genere: Comico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le Tate contro i MEREH'
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ATTENZIONE:  Gli Amish sono un gruppo cristiano, nell’ est dell’ America, che vive ancora come nel 1600. Sono anche chiamati Puritani o Capitondi. Visto che non possono usare la tecnologia (e quindi niente computer) ho pensato di usare loro come gruppo fanatico. Ma gli Amish sono gente di una cultura incredibile, se gli offendo in qualsiasi modo, è solamente perchè sono scarsa d’ immaginazione e sono una cretina. Mi dispiace per qualsiasi disagio:

LA PROVA DEI MEREH.

La cittadina di Castofiore, nel Molise, era una comunità Amish. Gli abitanti frequentavano il sesso opposto a partire dall’ età di 52 anni, 5 mesi, 23 giorni e 14 ore. Il rapporto amoroso era abolito a partire dall’ età di 52 anni, 5 mesi, 23 giorni e 16 ore. S’ imparava a leggere grazie alle preghierine scritte sulla lavagna dalla maestra Bertoldina CuordiLavanda, una casta donna celibe che manteneva la rispettabile tradizione d’ infliggere punizioni corporali se i bambini non si ricordavano tutti i numeri propri da 1 a 499. Se lo meritano, dopodutto, l’ aveva spiegato addirittura tre minuti prima. Vestivano tutti come nel 1600, e vivevano ancora così, per rimanere nella pura pace ed armonia.
Ma, tutto questa perfezione era controbilanciata dai MEREH, che ogni mese venivano a prendere in sacrificio una bambina o un bambino, per chissà quale satanico motivo. Era sempre quel ragazzo dall’ aria triste. Nessuno conosceva il suo vero nome
I paesani, sapendo che nessuno poteva sconfiggerli e sarebbe stato inutile opporrere resistenza, sceglievano il sacrificio e lo lasciavano alle porte del villaggio.
Tutti conoscevano anche la metallara, la quale veniva a prelevare anch’ essa dei sacrifici, ma tutti sapevano dove andavano a finire i cadaveri: nel pentolone  di quel gruppo di pazzi scatenati.
Conoscevano Klara solo grazie alle tombe settecentesche di una bambina, un uomo e una donna nella parte del cimitero destinata ai pagani, ai suicidi e alle streghe. Su tutte e tre le tombe era raffigurata una sabba di donne urlanti e dai ghigni stralunati. I nomi erani coperti dal muschio e dai licheni, ma nessuno entrava in quella sezione del cimitero per occuparsi delle tombe, in particolare a quelle tre.
Quindi, i Castofioresi non erano a conoscenza di tutta la potenza dei MEREH.
Ma a questo rimediò la Tata.

“E’ arrivato il momento della prova dei genitori!”
“Ma o’ voi capì che noi i genitori nun ce l’ avemo!?”
“Ah... scusate, è solo che... io, di solito, metto alla prova i genitori che ho assistito facendogli affrontare una situazione in cui si devono utilizzare i consigli da me dati a loro nel corso della mia permanenza nella loro casa. Che ne dite di fare lo stesso?”
Erano seduti a tavola, succhiando alcuni mandarini-marijuana. I suoi piccoli amici drogati la fissavano, come se fosse pazza.
“Prima di tutto, non mi sembra di ricordare che tu ci abbia insegnato nulla. Semmai è l’ incontrario. Ma questa cosa mi sa di divertente. Cosa proponi?”
“Pensavo... sì, beh, insomma, pensavo di fare un giro per Castofiore.”
Calò il silenzio. Camilla s’ aspettava che iniziassero ad urlare o a protestare. Ma a quantopare, non conosceva ancora abbastanza bene i MEREH. Risposero, con la massima tranquillatà:
“Però, l’ idea non è male. E’ da un bel po’ che non usciamo a divertirci.”
“No, aspettate, non avete capito bene. Dovete comportarvi... come dire... normalmente.”
“... Affare fatto. Ma decidiamo io e Nik come andarci.” disse Roberta.
Due ore dopo erano tutti e 6 su di un veicolo diverso, diretti a Castofiore. Roberta su una Harley Devidson  nera a fiamme rosso sangue, Klara su un camper stile anni ’60 che andava a batteria, Bum-bum su un passeggino con razzi incorporati, Nik su di una lussuosissima limousine, Gabriele su di un’ ambulanza ( non si sa mai ). La Tata viaggiava con Roberta, rimpiangendo la limousine di Nik. Ricordandosi improvvisamente del proprio lavoro, chiese alla ragazza:
“Roberta, perchè sei così silenziosa? Ho un’ idea! Parliamo un po’ delle nostre emozioni!”
“N-no... veramente, non fa nulla...”
“D’ accordo! Inizio io, va bene?”
“Davvero... non ce ne’ bisogno...”
“Be’ io sono molto emozionata e spero che tu passi con successo la prova.”
“E chi te l’ ha chiesto?!” mormorò Roberta. Ma la Tata sorrise e basta.
“E tu, come ti senti in questo momento?”
“Come mi sento?”
“Già!” rispose, battendo le mani allegramente.
“In questo momento?”
“Sì!”
“Ti spaccherei la testa.”
“Oh, ma che bella emozione, ci sono passata anch’ io la volta in cui... oh! Oh...” e silenzio fu.

La Buonadonna Ventozefiro Assunta, anziana consorte del panettiere di Castofiore, passeggiava tranquillamente per le strade, chinando il capo lentamente per salutare Bertoldina CuordiLavanda e Ezechiele PaneAzzimo, i quali, con gran disappunto della Buonadonna, discorrevano in un linguaggio assai osceno:
“Bertoldina, siete una così ammaliante figliuola.”
Bertoldina arrossì.
“La prego, Ezechiele. Ho appena 43 anni, 11 mesi, 3 giorni e 6 ore. Son fin troppo giovane per voi e per codesti volgari termini che arricchiscono il vostro linguaggio.”
“Ma voi... voi... siete così... così...”
Non ditelo, ve ne prego!”
“Son desolato, non c’ è altro modo per descrivervi! Perchè voi siete così flautata!”
“Oh, cosa mai imparo in vostra presenza... vi lascio, ora. Devo attendere ai miei pupilli... ma che cos’ è?”
Sentendo quest’ ultima frase, la Buonadonna si voltò, giusto in tempo per vedere un mostro ruggente che le veniva addosso. Non lo sapeva (era Amish) ma quel mostro in realtà era una moto.
“Ueeh! A’ Robe’, o capito che te vuoi mette’ in mostra, ma era necessario usare come rampa ’n albero?”
“Ma dai, stava per cadere comunque... Oh, scusa, Klara” disse la metallara  all’ hippy, la quale stava rivolgendo al pino un’ antica preghiera indiana.
“R-ragazzi... credo di sentirmi... un po’... male!” e la Tata Rizzi vomitò proprio al centro della piazza, dove tutti i Castofioresi fissavano quelle strane creature e quelle specie di pezzi di ferro su ruote da frantoio nere in miniatura.
Nik scese dalla sua lussuosissima limousine, giusto in tempo per afferrare il passeggino di Bummino, che  veniva a tutta velocità seguito dall’ ambulanza di Gabriele. Il giovane emo scese dal suo veicolo, guardandosi un po’ intorno, senza troppa emozione.
“Ragazzi, che dovremmo fare, ora?”
“Vediamo... per prima cosa, Roberta e Nik andranno a prendere un gelato... insieme. Gabriele dovrà andare ad attendere la S.S.Messa, per liberarsi della maledizione. Io e Klara andremo a portare dei fiori sulla sua tomba. Lasceremo Bum-bum dalla Signorina CuordiLavanda, per farsi installare un po’ di autocontrollo.  Nessuno  di voi dovrà assolutamente litigare, urlare, comportarvi in maniera strana, senza piangere perchè i fiori sono strappati e, sopratutto niente uso dei vostri poteri!”
“...”
“...”
“...”
“...”
“COME NIENTE POTERI? MA STAI SCHERZANDO? QUESTA DONNA E’ FUORI DI TESTA!”
“Mi dispiace ragazzi, ma questa è la prova. Niente poteri.”
Intanto gli Amish stavano conducendo al sicuro i bambini, sottomettendoli alle amorevoli cure dell maestra Bertoldina CuordiLavanda, che li picchiava ogni cinque minuti sulle spalle per farli stare dritti e li conduceva nell’ edificio scolastico vicino alla chiesetta della città.
“Bene bene, se qualcuno si perde, ci incontriamo qua alla piazza, va bene, ragazzi?” annunciò la Tata.
“Va beeene, Camilla. Fareeemo i braaavi...” Scherzarono gli adolescenti, mentre prendevano tutti strade diverse.
“...Sì, e intanto rimedierò anche alla cena.”
‘...La flora è il patrimonio della natura, e noi i suoi figli, nessuno dovrebbe avere il diritto di spezzargli.”
“...A che serve farsi benedire, quando la Gazza ha divorato già cinque preti, due rabbini e qualche sacerdotessa wicca?”
“Bum!”
“ Va be’, annemo, Robè!”
.....Che c’è? Vi aspettavate forse qualche qualche grande frase da parte di Nik? Be’ ve la potete scordare!

“Chi sono, mamma?”
“I MEREH, Linaria.”
“Ah... e chi sono i MEREH?”
Maria Pontentilla alzò le spalle: “Sono i messaggeri di Satana.”
“Oh... quella donna che un mese fa è venuta per salire la montagna è con loro?”
“Oh, no, tesoro: lei è morta sicuramente. Ora vai con la maestra CuordiLavanda, vai.”
“Sì, Mamma.”
Linaria non capiva: perchè sua madre non le parlava mai dei MEREH? Di Satana gliene parlava anche troppo: ‘Se non mangi i cavoletti di Bruxelles, viene Satana e ti porta all’ inferno!’, ma dei MEREH mai. Mentre la Maestra Bertoldina picchiava la povera Dalia GialloZenzaro , Linaria si voltò, giusto in tempo vedere una ragazzina sui tredici anni incitare un bambino più o meno della sua età verso la scolaresca. Vicino a loro, una donna dal viso familiare si guardava intorno, con l’ aria imbarazzata. Dove l’ aveva già vista? Ad un tratto esclamò:
“Ma certo! E’ la buffa Signora!”
Bertoldina CuordiLavanda guardò male la bambina, ma subito dopo si voltò verso il punto in cui si trovava il mini-marinaietto, vestiti futuristi a Castofiore.
“E tu chi saresti? Non mi ricoro di averti mai visto prima d’ ora.”
“B-Bum! Bum-bum!”
“...Chi?”
“Bum!”
“Non ho capito nulla. Ma non fa niente, vieni con noi, cosa ci facevi lontano dal gruppo?” e la maestra lo condusse vicino a Linaria.
“Come ti chiami?”
“Bummino!”
“Ih ih, che buffo nome, io sono Linaria. Sei un messaggero di Satana?”
“Ehrm... bum?”
“Non fa niente, andiamo, ora.” e, mano nella mano, la piccola catastrofe e il dolce fiorellino si diressero verso la scuola.

“Non avete il gelato al cianuro?! NON AVETE IL GELATO AL CIANURO?! Ma che razza di gelateria è questa! Protesterò! Voi non potete fare questo all’ umanità! Capito!? NON POTETE!”
“A’ Robè, ma che te urli?!”
“Nik, questa è una questione di vita o morte! Il gelato al cianuro è come dire il grano con il sole! E loro non ce l’ hanno. Non ce l’ hanno!”
“Vabbe’, dai! Prendemose due coppette alla fragola.”
Con le loro coppette in mano, i due amanti della musica percorsero le stradine del villaggio Amish in un silenzio quasi innaturale per loro. Ad un certo punto, una voce femminile, quasi da bambina, risuonò per le strade di sanpietrini. Nik non aveva mai sentito nulla di così raccapricciante. Non si era mai sentito così inquieto. Che bella senzazione!

Vieni, bambino.
Vieni con me.
Nella mia terra incantata.
Vieni bambino.
Gioca con me.
Nel mio giardino oscuro.
Seguimi, bimbo.
Lungo la via.
Di dolore e tristezza.
Povero bimbo.
La vita è così.
Le tentazioni e paure.
Zitto, bambino.
Dev’ esser così.
Sacrifici e passioni.
Dormi, bambino.
Sprofonda, così.
Nell’ oscurità e la calma.

Vieni, bambino.
Vieni con me.
Nella mia terra incantata.
Vieni, bambino.
Gioca con me.
Nel mio giardino oscuro.**

“A’ Robè. Ma lo sai che ciai na’ voce divina?”
“Guarda che non sono i che canto.”
“Che!?”
“Nik, questa è la voce di una bambina. Io canto growl. MA COME TI SALTA IN MENTE CHE SONO IO A CANTARE QUESTA CANZONE!?!?”
“Ah, già è  vero! Tu te metti a cantà solo quella merda!”
“MA VIENI QUI CHE TI SQUARTO!”
E l’ avrebbe fatto sicuramente, se non avesse visto due bambini, un maschietto e una femminuccia, mano nella mano venire da un edificio in fiamme. La raggazzina stava cantando quella canzoncina raccapricciante. Il mascchieto l’ ascoltava, rapito.
“Bummino! Non eravamo rimasti d’ accordo che saresti andato a scuola?”
“Bum!”
“In che senso ‘hai fatto esplodere la scuola?’. Chi è questa bambina?”
“Io sono Linaria. Voi siete i messaggeri di Satana?”
“Sì. Ce chiamano così... Ahio!”
“Scusatelo. E’ leggermente ritardato.” disse Roberta, che aveva dato una sonora gomitata a Nik “Comunque, “Bum-bum, cos’ è ‘sta storia?”
“Bum, bum-bum. Bum bum bummino. Bumparapà bum.”
“Mi stai dicendo che questa CuordiLavanda t’ ha dato un compito per casa impossibile? Fa’ un po’ vedere!”
Bum-bum le porse un foglio di carta, su cui erano stampati, ai lati in calligrafia gotica, l’ alfabeto e i numeri. Al centro, una serie di frasi su come si comporta il bravo piccolo Amish.

 

Il bravo bambino,
Prega in silenzio,

Serve i genitori,

Non guarda le femminuccie.
Il bravo bambino,
Gioca solo nel momento più indispensabile.

La brava bambina,
E’ silenziosa, pura e composta.
Non goca, non corre, non parla se non le è concesso.
La brava bambina non guarda i maschietti,

E non rivolge a loro la parola.

 

“... E tu dovevi...?”
“Bum-bum.”
“Imparare e applicare?!”
“Annemo a parlà con sta’ tizia, va’.”
Si avvicinarono all’ edificio in fiamme, da dove uscivano bambini e fissavano una donna dal viso sfregiato urlare contro di loro.
“DOV’ E’?! DOV’ E’ QUEL MEREH!? IO LO SQUARTO, LO DISTRUGGO!”
“Ehrm, signora?”
“Signorina prego, e io non sono... ohmioDiosietevoi...”
“...”
“...”
“...”

“...PANEAZZIMO! EZECHIELE PANEAZZIMO! PANEAZZIMO! SALVAMIII!”
E con questo, se ne andò correndo come una matta.
I ragazzini e i bambini si fermarono a guardarla per un po’, ma, dopo aver capito che non si sarebbe buttata da qualche palazzo, ritornarono a guardare il palazzo in fiamme.
“Signoua di Satana, uole autatti a uicottuiue la cuola?”
“Ma come come sei tenero! Ti mangerei!” disse Roberta, con un sorrisetto sadico, al bambinetto che le tirava la manica.
In quel momento scoppiò il delirio. I ragazzini incominciarono a scappare urlando, come la loro maestra, al suono di quelle parole.
“NO! NO! Ragazzi, avete capito male! Io... cioè, voi siete ancora troppo piccoli per essere mangiati!” le urla aumentarono di volume “Ma ragazzi, veramente, no!... Io... ehrm...”
“A’ Robè. Sei anche na’ cuoca formidabile, e canterai pure benissimo, ma non ce sai proprio fa’ coi picciotti...”
Roberta guardò l’ amico per un lungo, interminabile attimo.
“Tu... mi hai appena fatto dei complimenti...”
Nik ci pensò un po’ su, poi, meravigliato, le rispose:
“Oh mio Dio, ma ce o’ sai che ciai proprio raggio’, Robè?”
Calò un silenzio imbarazzante.”
“Senti, Nik. Dopotutto, la Tata ha ragione. Dobbiamo volerci bene, perchè litigare?”
“...”

“...”
“...”
“...Oh, ma sentimi! Sto parlando come quella donna delle pulizie. Ti prego, dimentica ciò che ho detto, e torniamo ad odiarci come prima.”
“Va be’, va.”
Si scambiarono, il pugnetto del rispetto, e la metallara si voltò verso la scuola, ricostruendola in pochi secondi.
“Bene, ragazzi, il nostro compito l’ abbiamo finito. Saluta Linaria, Bummino: torniamo al parcheggio ad aspettare gli altri.”
Il bambino annuì, lasciando, a malincuore, la manina dell’ angelo che, sorridendo sempre e senza mai impaurirsi, era riuscita a domare il demone,

 


“Gabriele fissava con incertezza la modesta cappella in legno, dove due uomini in abiti scuri lo guardavano in cagnesco.
‘Basta, dovrò pure fare qualcosa nella mia vita, e forse la Chiesa mi può aiutare.” Pensò il ragazzo.
Entrò nell’ edificio, giusto in tempo per vedere i due uomini correre da qualche parte. Un po’ impacciato, si inchinò profondamente, per poi inginocchiarsi vicino al confessionario.
“P-padre?”
“Dimmi, figliolo, dimmi.”
“Ehrm, ecco... io... non mi sono mai confessato, prima d’ ora... non so come si fa...”
“Tranquillo, figliolo. Ti aiuterò io. Dio perdona tutti, e non tralascia nessuno.” disse l’ uomo con dolcezza.
“D-daccordo... ecco... io non so come iniziare...”
“Dimmi semplicemente ciò che ti sta sulla coscienza. Io ti ascolterò, e le tue parole saliranno a Dio.”
“Ehrm... va bene, allora! Vede, Padre, i miei genitori sono stati uccisi quando ero piccolo, da un demone-uccello che richiede dei sacrifici in cambio della mia vita. Quando si rese conto che della vita non m’ inportava un fico secco, mi ha reso indistuttibile! Non so neanche perchè continuo a fare questi stupidi sacrifici, è solo la scrittrice che è ebete e non sa cosa inventarsi! Sono un caso disperato! Lei mi capisce, padre?!”
“Figliolo, figliolo, mentire è il peggior peccato. Anzi, è ancora peggio mettersi nei panni dei messaggeri di Satana, non lo sai forse?”
“Ma, Padre, io sono un MEREH. Sono la prima ‘E’.”
“Come, scusami?”
“La prima ‘E’. Quella di ‘Emo’. Non ha letto il quarto capitolo?”
“T-tu sei uno dei MEREH?”
“Già.”
“........... VIA! VIA DA QUESTA CHIESA! VIA DA QUESTA CITTA’! VIA DA QUESTO MONDO! TU, INFAME CREATURA! TU, DISGUSTOSO, ESSERE IMMONDO, DIAVOLO DEGLI INFERI!”
“Padre, padre! Vuol fare piano?! Siamo in una Chiesa!”
“VIA!”
“Vado, vado.” Mugugnò, deluso, il povero adolescente.

Uscendo dalla Chiesetta, e dirigendosi verso il parcheggio, incontrò la Tata e Klara.
“Ehi! A te come è andata?”

La ragazza, scuotendo la testa ben pettinata, afferrò un povero passante e, con una penna che si portava sempre dietro, gli scrisse su di una guancia:
“Quei poveri asfodeli! Quelle povere margheritine! Che avevano fatto di male?”
“LASCIAMI! LASCIAMI, FIGLIA DI LILITH!”
“Be’, questa è più o meno la reazione che ho avuto io.” disse Gabriele “E tu, Camilla? Come t’ è andata?.”
“Bene. Troppo bene, a dire la verità... non capisco perchè nessun abitante abbia fatto storie...”
“Sei troppo sospettosa. Perchè ti ostini a renderti peggiore la vita?”
“Ma la vuoi piantare di dire codeste cose da emo? La vita è un dono, è stupenda!”
“Facile dirlo, per te! Sei una hippy, che s’ illude di tutto e di più! Non capisco proprio perchè non caschi nel mare dell’ oscurità, come me. Una che vive per sempre, dopotutto, dovrebbe averlo capito, ormai, che la vita non ha nulla da offrire!”
“Sciocco che non sei altro! Non ti vergogni di ciò che dici!?”
“MA MI VUOI LASCIARE?!”
Camilla Rizzi a malapena. Anche se più raramente di quanto non facessero il rapper e la metallara, anche la proprozia e il propronipote litigavano. Avevano due modi completamente opposti di vedere la vita, e li capitava di discutere. In queste occasioni, la duecentenne era molto meno matura, paradossalmente, del quindicenne.
“Quanto sei stupida, a volte!”
“NON E’ VERO! NON E’ VERO, NON E’ VERO E NON E’ VERO!”

“Ragazzi, andiamo al parcheggio. Sono curiosa di sapere come è andata agli altri...”

 

“Male.”
“Da deprimersi.”
“ ‘Male nun fa' e paura 'n ave' ”
“... Come, scusa?”
“... Oh, scusame’, bella zì, ho sbaiato proverbio. Vedemo, vedemo... ah, eccoce: ‘De 'n cappotto ce sèmo remeddiato 'n bettone’. ” ***

Come anche lei ha constato, non molto bene. Purtroppo ho pianto di più per quelle povere rose che per la mia famiglia.”
“Ehrm... Bum-bum!...Bum!”
“Non fa’ tanto o’ fighetto, Bummino. O’ sapemo tutti che c’ hai... (pausa d’ effetto) na’ fidanzatinaaa!”
“Yuuhuuuu!”
“Bravo, Bummino!”
“Sei miticosooo!!!”
“Sì, sì... auguri e figli maschi. Torniamo al discorso deprimente di prima.”
“Ragazzi, così non va bene. Avevamo parlato di comportari in maniera normale, no?”
“Senti, hai rotto!” disse Nik.
“Come!?”
“Hai rotto. Chi lo dice che noi non siamo normali, eh?! Noi siamo sempre i cattivi, che tutti odiano, e gli altri fanno sempre la figura dei buoni! Dovrebbero farci un monumento. Noi facciamo ciò che riteniamo giusto, ciò che riteniamo un bene per l’ umanità. E lei arriva qua, una donna delle pulizie, e ci dice come vivere la nostra vita? NO! Non è giusto! E manca così poco al compleanno di Bum-bum! Il tuo compito non è ancora finito. Quindi, se non vuoi morire, dacci dentro con il tuo lavoro!”
“...”
“...Che c’ è?”
“...Ma lo sai che questo è il primo discorso che fai senza usare il dialetto?!”
“Ehi, è vero!”
“Io non l’ ho mai sentito parlare così!”
“Vedete, ragazzi, abbiamo fatto un passo avanti! Nik si è espresso correttamente e ha condiviso con noi le sue emozioni. Ascoltate, perchè non rimaniamo insieme fino al compleanno di Nik, così potrò andarmene con la coscienza pulita.”
“Va bene.”

“Sì, perchè no?”
“Finiamola una volta per tutte.”
“Allora, affare fatto.”
E intanto, porterò a termine il mio piano.’ pensò la Tata.

 

 

 

**Questa è la traduzione di “Come, Little Children”, una canzone che potete trovare su You-Tube.

***Primo proverbio: Non avere paura se non hai fatto nulla di male.
      
Secondo proverbio: Da tanto sforzo poco risultato.
Dal veliterno, o velletrano, dialetto di Velletri.

 

 

Ad Edwardelric1945: Grazie per la recensione! Questa ff mi piace un mondo, non c’ è pericolo che smetta. Nik parla il veliterno, il dialetto di Velletri, che mi sembrava il più adatto che mio fratello Nicolas mi ha gentilmente insegnato. In totale ci saranno 30 capitoli, 10 per ogni saga. Il prossimo capitolo concluderà la saga de’ “LaTata conto i MEREH”, ma le loro avventure non finiranno. Sì, avete capito bene! Vi torturerò per altri 21 capitoli! Ah ah ah! Che bello essere sadici!

A Black_Star: Grazie per la recensione! In effetti, anche io ero un po’ indecisa su dove metterla, ma non c’ era la sezione dark, e così ho pensato alla comica. In quanto alla Tata, è il mio personaggio preferito. Certo, non la trovo tra le più simpatiche, ma è lei che mi fa divertire di più.

   
 
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