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Autore: Ezrebet    01/10/2010    1 recensioni
A L.A. Spike affronta i suoi fantasmi, e non solo. La vita lo costringe a capire che niente finisce per davvero.Vi racconto questa storia, prendendo spunto da una bellissima poesia di Pablo Neruda.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: William Spike
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Si fermò di botto in fondo alle scale. Aveva deciso di non prendere l’ascensore per non incontrare nessuno, ma, come molte delle sue decisioni si rivelò sbagliata. Si bloccò sull’ultimo scalino quando sentì un odore che non aveva scordato. Colpì le sue narici improvvisamente, impedendogli di reagire subito. Non poté girarsi e scappare, ormai era tardi, ma, rabbrividì al pensiero, avrebbe voluto farlo, alla velocità della luce. Così, quando voltò l’angolo cercò di assumere un’espressione seria. Che quasi si sgretolò quando incontrò lo sguardo di Willow. La ragazza lo fissò un momento, poi, come svegliandosi da un sonno, spalancò gli occhi e parve rimanere senza fiato. Rimasero fermi qualche secondo, ad esaminarsi. Willow gli sembrò più bella, più alta, più sicura di sé, nonostante l’aria sgomenta. Le guardò i capelli, lunghissimi e di un rosso fiammeggiante, che si stupì di aver dimenticato.. Lei si riscosse per prima.

“Spike” sussurrò. La vide corrugare la fronte e poi ripetere, in tono più deciso “Spike!”.

Il vampiro sfoderò un sorriso che voleva apparire seducente e sicuro. Sperò di aver centrato l’obbiettivo.

“Ciao, strega” l’apostrofò “Qual buon vento ti porta?”.

Ma lei lo fissava in silenzio, studiandolo incessantemente, quasi frenetica. Spike capì che credeva di avere davanti un fantasma o di essere vittima di un’allucinazione.

“Sei…” mormorò ad un tratto “Sei un fantasma..?” strinse appena gli occhi.

Spike rise, cercando di apparire disinvolto “Oh, no.. Vuoi esaminarmi più da vicino?” le rivolse un’occhiata seducente, spalancando le braccia. Ma Willow proseguì “Non puoi essere tu. Sei morto nel cratere di Sunnydale. Buffy era lì con te. Ha visto”.

Lui annuì, mantenendo un’espressione serena, così lontana dal suo vero stato d’animo.

“Si. E’ vero, ma ora sono qui. Carne ed ossa” per essere più convincente fece un giro su se stesso.

La vide portarsi una mano alla bocca e, guardandola meglio, vide che i suoi occhi si riempivano di lacrime. Di colpo, divenne serio. Si accigliò, sgomento, incapace di dare un senso a quella reazione inaspettata.. Ma che fa? Piange? Fece un passo verso di lei, ma la ragazza si allontanò di più, fissandolo ancora come a volerlo bucare con lo sguardo.

“Ehi” la chiamò, indeciso su come comportarsi “..se non sei contenta di vedermi.. beh, come non detto. Ora mi volto e scendo le scale e non ci siamo mai incontrati..” fece in tono frenetico.. Poi, la guardò di nuovo e vide che un lieve sorriso le aleggiava sul volto. E adesso? Che cosa doveva fare?

“Spike” ripeté Willow, abbassando le braccia e sorridendo più convinta, mentre una lacrima le scivolava sulla guancia “Sei proprio tu”.

“E’ un quarto d’ora che te lo sto dicendo, strega” la apostrofò.

“Sei vivo”.

“Per quanto può esserlo un vampiro” specificò lui, ritrovando un po’ di ironia.

Lei rise e di riflesso, anche Spike si ritrovò a ridere.

Quando furono nuovamente seri, e sempre alla stessa distanza, Willow domandò, tamponandosi gli occhi con le mani “Come.. come è successo? Cioè. Che ci fai qui?”.

“Sono ospite di Angel” scherzò lui “A tempo determinato, spero” alzò le spalle.

“Come mai sei.. sei vivo?” insisté.

“E’ una storia lunga, Rossa. Magari te la racconto più tardi”.

Ma la ragazza con gli levava gli occhi di dosso e gli parve decisa a non mollare.

“Quant’è che sei qui?”.

“Qualche mese.. un anno, o poco più” fece Spike.

“Un anno?” sembrò stupefatta. Chinò un momento la testa, e quando incrociò di nuovo il suo sguardo, Spike vi lesse dentro qualcosa di simile al rimprovero, qualcosa di solito destinato ai bambini birichini. Si sentì sdegnato ed allo stesso tempo preso con le mani nel sacco.

“Un anno, Spike?” ripeté ed il suo tono tradiva una malcelata rabbia.

Al suo silenzio, lei continuò “E in tutti questi mesi non hai pensato di.. che so, fare una telefonata? Mandare un telegramma? Magari una mail!” era proprio arrabbiata, adesso. Il vampiro poteva vedere la rabbia che montava in lei come un’onda di piena.

“Beh.. perché avrei dovuto? Il mio compito era concluso..” alzò le spalle, ben sapendo che quelle parole e quella noncuranza lo stavano ficcando in guai peggiori.

Davanti a quello sguardo accusatorio, strinse la mascella “Non ero tenuto a..” ma lei lo interruppe “No, non eri tenuto” fece asciutta, raddrizzando le spalle.

Si fronteggiarono un momento, poi Willow disse “.. pensi di incontrare Buffy?” nei suoi occhi adesso c’era una freddezza che colpì Spike più di un pugno sullo stomaco.

Si inumidì le labbra, non trovando le parole.. Alla fine, fu lei a dire “O non vuoi farti vedere?”.

Il vampiro sospirò “Non so se ne sarebbe contenta” tentò di fare lo spiritoso. Non voleva che Willow intuisse i suoi veri pensieri, il suo tormento interiore.

La vide annuire “Ho capito” lentamente gli diede le spalle, prendendo la direzione opposta alla sua.

Spike rimase lì fermo, scioccato. Non si raccapezzava, in più, adesso che Willow l’aveva visto..

Respirò forte e le corse dietro. Prima che la ragazza potesse entrare nell’ascensore, la tirò indietro, impacciato con le mani fasciate, e la fissò “Aspetta!” la fissò, lei ricambiò lo sguardo “Sì, Spike? Che c’è?” i suoi occhi poi scivolarono sulla sua presa. Spike capì che stava realizzando che lui era vivo, lì, davanti a lei.. La lasciò gentilmente e sussurrò “..che vuoi fare? Dirai a Buffy che..”.

Willow abbozzò un sorriso che non coinvolse gli occhi “Oh, certo che no. Non ti toglierò le castagne dal fuoco”.

Senza capire, Spike corrugò la fronte “Che significa?”.

“Significa che le spiegazioni, a Buffy, dovrai darle tu stesso. Se vorrai. Io non ci penso proprio”.

Lo sdegno ed il disprezzo con cui pronunciò quella frase lasciarono di stucco il vampiro, che indietreggiò lievemente. Si trovò a ridosso della parete, gli occhi fissi nei suoi. Con i poteri che aveva, Willow avrebbe potuto polverizzarlo con la sola forza del pensiero.. Pensò che l’avrebbe sicuramente fatto.

Invece, la sentì dire “Sei sempre lo stesso, Spike. Anima o no, campione o no, sei sempre il solito spaccone menefreghista che non si cura delle conseguenze. Fai come credi. Solo, non tentare di coinvolgermi” lo guardò ancora per alcuni secondi, poi entrò nell’ascensore.

Le porte metalliche si chiusero davanti ad uno Spike esterrefatto e ferito più di quanto volesse, o potesse, ammettere.

   
 
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