Libri > Dragonlance
Segui la storia  |       
Autore: VaniaMajor    02/10/2010    0 recensioni
Raistlin è morto nell'Abisso, ma echi della sua impresa continuano a riverberare su Krynn. Il Portale non si è chiuso perfettamente e gli Dei temono un futuro oscuro. Solo lo Scettro dei Tre potrà scongiurare il pericolo. All'anima di Raistlin viene affidata una missione che cambierà il corso della Storia...
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il ritorno dei Gemelli'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Non gli piacque, fin dall’istante in cui la vide in volto. Atteggiò il viso a una smorfia seccata, nel notare il lampo di riconoscimento negli occhi di lei alla sua vista. Così, quella donna aveva davvero un qualche collegamento con lui, almeno a giudicare dalla sua reazione. La cosa non gli garbava affatto.
«Raistlin…» mormorò la giovane donna, apparentemente senza fiato.
Non si aspettava di vederlo? Allora non era il solo a non essere stato messo a parte di ciò che stava accadendo!  In questo vedeva, finalmente, un po’ di giustizia. Squadrò con sufficienza quella femmina dall’aspetto pressoché anonimo e si chiese per l’ennesima volta come si aspettavano che tirasse fuori l’oro da un pezzo di piombo.
«Raistlin…» ripeté la donna, inebetita. L’arcimago fece una smorfia. L’espressione sul volto della giovane lo irritava in maniera terribile, benché non ne capisse il perché. Gli riportava alla mente qualcosa che non voleva cogliere, quindi smise di osservarla e appuntò la sua attenzione sulle due divinità lì presenti.
«Allora?- chiese- Adesso che è qui, vorreste spiegarmi decentemente cosa mi si richiede? Presumo che prima o poi Takhisis si accorgerà della vostra presenza qui e conseguentemente della mia, o erro?»
Lanciò un’altra occhiata alla straniera, la quale parve rendersi conto che Raistlin la stava giudicando, e non positivamente. Cosa pretendeva, presentandosi di fronte a lui con aria stravolta, aggrappata a un rettangolo metallico come se ne andasse della sua vita, fissandolo a bocca spalancata? Il solo pensiero di dover divenire maestro di una tale ebete lo riempiva di ira frustrata. Con una certa difficoltà, la donna parve ritrovare coscienza di sé e si girò a sua volta verso i due Dei.
«In effetti, condivido la sua curiosità.- disse, con voce sicura che suscitò altri echi nella memoria di Raistlin- Cosa ci faccio qui?»
«E’ una storia piuttosto lunga, Katlin.- disse Paladine, che aveva dismesso il ruolo di Fizban ed ora appariva quantomai presente e autoritario- Se vuoi sederti…»
La donna parve contrariata, ma annuì. Andò a sedersi vicino a Raistlin, all’apparenza curando di mantenere una distanza che non infastidisse l’arcimago. Raistlin, pur notando il gesto, non la degnò di un’occhiata, rifiutandosi di guardarla. Gli ricordava qualcosa, dannazione, e non voleva sapere cosa.
D’altronde, il fatto che lei invece lo stesse squadrando da capo a piedi lo riempiva del gelido desiderio di pronunciare una parola e ridurla in polvere finissima. Raistlin detestava la curiosità altrui. Sapeva bene quali reazioni suscitava il suo aspetto nella gente comune e non aveva intenzione di sopportare oltre la totale mancanza di cerebro di quella dannata straniera.
«Sposta la tua curiosità altrove, donna.» sibilò, caustico, lanciandole un’occhiata che avrebbe fatto seccare persino la pianta più resistente. Ebbe almeno la soddisfazione di vederla impallidire, mentre abbassava lo sguardo.
«Perdonami, Raist…io non intendevo…» disse lei, poi chiuse la bocca di scatto, impedendosi di dire altro, mentre Raistlin socchiudeva pericolosamente gli occhi. Quel modo di parlare…quell'atteggiamento! Ora capiva cosa gli ricordava…
«Come mi hai chiamato?» mormorò, come una belva pronta ad attaccare.
Non poteva sbagliarsi. Aveva sopportato quello stomachevole servilismo per anni…troppi, per non riconoscerlo a colpo d’occhio. Quella donna agiva e parlava come Caramon! E ora che la guardava bene in volto, si rendeva conto che avrebbe potuto trovarsi di fronte a una versione femminile del proprio fratello gemello. Gli stessi capelli, lo stesso modo irritante di guardarlo, con quella punta di eterna preoccupazione che lo faceva andare fuori dai gangheri, lo stesso dannato modo di scusarsi…L’aveva persino chiamato col nomignolo che solo Caramon aveva l’ardire, nonché il tacito permesso, di utilizzare. Chi diavolo era veramente quella Katlin? Cosa sapeva della sua vita?
La donna alzò di nuovo lo sguardo su di lui e stavolta l’espressione dei suoi occhi fu completamente diversa da quella di Caramon. Fu l’espressione di ciò che era: una perfetta estranea.
«Ti chiedo di nuovo scusa. Ho solo constatato il fatto di trovarmi di fronte al tuo spirito.- disse Katlin, con voce pacata – Sono rimasta sconcertata nell’osservare la tua trasparenza. Dove hanno lasciato il tuo corpo?»
Raistlin non rispose, continuando a guardarla come se volesse scavare fino in fondo alla sua anima, ma Paladine prese la parola.
«Majere, non metterla a disagio. Avrà bisogno di tempo perché impari a interagire con te.» disse.
«Perché impari ad interagire?!- disse Raistlin, sarcastico- Non ha bisogno di interagire con me. Non intendo andare avanti con questa farsa finché non mi verrà spiegato come questa insulsa donna è a parte di ciò che mi è successo in vita.»
Vi fu un istante di silenzio. Gilean guardò Katlin.
«Vuoi spiegarglielo tu?» chiese.
«Sì. E’ una faccenda personale.» disse la donna, con sicurezza.
«Credo però che questa discussione possa essere rinviata.- sottolineò Gilean- Abbiamo cose più urgenti di cui parlare. Come tu stesso hai sottolineato poco fa, Majere, prima o dopo Takhisis si accorgerà di tutta la forza qui riunitasi.»
Nel sentirsi rinfacciare le proprie parole, Raistlin strinse i denti.
“Sempre eccelsi nel rivoltare la frittata.” pensò, seccato, notando un lampo di divertimento negli occhi del dio della Neutralità. Chiuse un istante le palpebre sulle sue pupille a clessidra, quindi annuì e fece cenno a Gilean di proseguire. La sua curiosità poteva essere soddisfatta in qualsiasi momento ed era preferibile non dare modo a Takhisis di sfogarsi sul suo corpo disabitato…corpo che aveva ancora la ferma intenzione di recuperare.
«Il Portale non si è chiuso.» disse Paladine, senza preamboli, puntando gli occhi sulla donna di Yolta. Lei aggrottò la fronte.
«Caramon aveva il Bastone di Magius.- replicò, non sapendo di essere un eco delle parole di Raistlin- Il potere del Bastone, congiunto all’appoggio dello spirito di Raistlin, avrebbe dovuto essere sufficiente.»
La sicurezza con cui fece quell'affermazione fece salire di un minuscolo gradino la posizione della giovane nella graduatoria di Raistlin, anche se ne aumentò il sospetto. Quella donna conosceva i fatti e ne aveva tratto conclusioni logiche, benché esulasse dalla comprensione dell’arcimago come queste conoscenze fossero entrate a far parte del patrimonio della ragazza.
Durante queste sue riflessioni, Paladine raccontò alla giovane il motivo di quella alleanza divina e le loro preoccupazioni per il futuro.
«E io che parte ho in questo?- chiese la giovane, sospettosa- O meglio, che parte ne ho, ora? Sapete da sempre della mia presenza, eppure è la prima volta che mi chiedete di agire, invece di osservare.»
«Abbiamo bisogno del tuo aiuto, Katlin.- disse Paladine, mortalmente serio- Abbiamo bisogno dell’apporto della tua magia per far sì che il Portale venga distrutto.»
«Non si può distruggere il Portale!» sbottò la ragazza, alzandosi quasi in piedi dalla foga. Raistlin socchiuse appena gli occhi. La sua stessa affermazione. Gli pareva sempre più evidente che le conoscenze di quella donna derivassero direttamente dalle sue. Fece una smorfia.
«E poi…di che magia state parlando?!- continuò Katlin, risedendosi di colpo- Io sono una yoltiana, non scorre magia nelle mie vene.»
«Non è così.- disse Gilean- Sappiamo bene cos’hai fatto tredici anni fa, Katlin. Non prendiamoci in giro.»
Raistlin vide la giovane impallidire e stringere le labbra in una linea sottile e incolore. Si incupì in volto. Forse non era necessario considerare quella donna un ostacolo. Quella Katlin sembrava niente più che un’altra vittima delle trame divine, non certo un’alleata di coloro che in quel momento le stavano ricordando qualcosa che con tutta evidenza le faceva male. E tra vittime ci si poteva comprendere…
“Potrei usarla davvero.- pensò, continuando a non proferire parola- Potrei fare in modo che lei mi liberi. Se poi realmente la magia risponde al suo richiamo, la cosa potrebbe rivelarsi più semplice del previsto.”
«Ho solo ripetuto una formula.» disse la donna, con voce incolore.
«E i risultati sono stati piuttosto eclatanti.- disse Gilean, imperterrito- Diffidi di te stessa? Prova adesso e vedremo chi in questa sede dice menzogne.»
«Non ripeterei l’incantesimo qui nemmeno per scherzo!- disse Katlin, con voce rotta e piena d’indignazione- Siete pazzi?! Takhisis avvertirebbe la nostra presenza in meno di…»
Chiuse la bocca con uno schiocco sonoro, accorgendosi di aver appena dato corpo all’affermazione di Gilean. Raistlin scosse appena il capo. La straniera era caduta nella trappola verbale del Dio come una sciocca. Si accorse che Paladine si era voltato verso di lui.
«Conosce la teoria. La conosce bene quanto te.- disse il Dio- Ciò che devi insegnarle è la pratica. Non sa controllarsi e ha bisogno di disciplina.»
«Capisco.- disse Raistlin, annuendo- Non partiremo da zero.»
«Partiremo?» chiese Katlin, lanciandogli un’occhiata incerta.
«Sarò il tuo Maestro, apprendista.- disse Raistlin, secco- Ho appena accettato l’incarico. Dovrò aiutarti a diventare il campione di Paladine.»
«Il mio…Maestro?!» chiese Katlin, a bocca aperta. Si voltò verso i due Dei, il volto paonazzo. «Lo riporterete in vita?» chiese, con evidente speranza. Ancora, un tipico atteggiamento di Caramon.
«No, ti seguirò in spirito.» rispose Raistlin, secco, mutando l’espressione di lei in delusione. Raistlin sollevò appena un sopracciglio. Desiderava tanto vederlo tornare al mondo dei vivi? Meglio. L’avrebbe aiutato senza remore una volta che fosse arrivato il momento. La donna parve leggere questi suoi pensieri, perché un lampo di comprensione le passò negli occhi e un sorrisetto astuto che mal si accordava con quel poco che aveva visto di lei le increspò per un attimo le labbra.
«Va bene.- disse infatti, acquietandosi all’improvviso- In questo caso, ascolterò le vostre richieste.»
«Molto bene, dunque.- disse Paladine, accettando la momentanea resa con un sorriso- Vi spiegheremo nei particolari cosa ci si aspetta da voi.»
“Non saresti così lieto se sapessi cosa sta pianificando la tua nuova eletta.” non poté fare a meno di pensare Raistlin, sarcastico, ma celò quel pensiero, come i precedenti, dietro un viso totalmente inespressivo.
«Il vostro scopo, come ti abbiamo già illustrato a grandi linee, Majere, sarà trovare e utilizzare un antico manufatto, il cui potere è in grado di distruggere perfino il Portale.- disse Gilean- Esso ha pressappoco la forma di uno scettro e giace separato in tre pezzi distinti, sparsi su Krynn da tempi così remoti che nemmeno gli Elfi ne hanno più memoria.»
«Infatti non ne ho mai sentito parlare.- disse Katlin, pensierosa- Com’è fatto?»
«E’ composto da tre parti, due sfere e un lungo bastone che funge da legante. Ogni parte rappresenta uno dei poteri che governano il mondo.- spiegò Paladine, serio- Il potere della Luce e quello della Tenebra sono contenuti in due grosse sfere, l’una di platino, l’altra di ossidiana. Esse sono le due teste dello scettro e andranno unite dal bastone centrale, che rappresenta la Neutralità ed è forgiato in rame.»
«Come si usa?- chiese Raistlin, prevenendo di poco Katlin- E dove sono nascosti i pezzi?»
«I tre oggetti vanno utilizzati in contemporanea, evocandone i poteri durante la riunione dello scettro, da tre maghi votati ai tre Dei maggiori.- disse Paladine- Come ti avevamo detto, Majere, vorremmo dalla nostra l’aiuto del tuo discepolo Dalamar e di Justarius. Tu, Katlin, rappresenterai i poteri della Luce.»
La donna di Yolta storse appena le labbra.
«Justarius per la Neutralità?- la sentì mormorare Raistlin- Mmh….» Alzò lo sguardo sul dio Paladine. «E’ necessario che agisca un mago per ogni Veste?- chiese la ragazza, in fretta- Intendo dire, è necessario indossare la Veste Rossa per agire per conto di Gilean, ad esempio?»
«Beh…no.- disse Paladine, sconcertato, scambiando un’occhiata perplessa con Gilean- Ogni mago è fedele prima di tutto al proprio Dio della magia. Basterebbe un accordo fra il Dio e il mago, ed esso potrebbe agire per suo conto. Naturalmente è più facile lavorare con qualcuno che abbia una visione delle cose adatta alla sua missione. Ma non vedo il perché di questa domanda…»
«Semplice curiosità.- disse Katlin, facendo un gesto distratto- Scusate l’interruzione, continuate pure.»
Raistlin si accorse dello sguardo seccato di Gilean e si lasciò scappare un sorrisetto. Era evidente che la donna aveva posto quella domanda per una qualche ragione, ma pareva che anche lei fosse in grado di schermare i propri pensieri, perché il dio della Neutralità sospirò con fare seccato e si fece comparire in mano un tomo di dimensioni gigantesche, che cominciò a scartabellare. Raistlin, invece, aveva una mezza idea di cosa stesse tramando la ragazza. Se aveva ragione, avrebbe dovuto per forza rivalutare quella giovane così simile a Caramon.
«Il Bastone è stato affidato ad Astinus da molto tempo.- iniziò Gilean, con una punta di acredine nella voce- Dovrete recarvi a Palanthas e chiedere consiglio a lui.»
«La Sfera della Luce, invece, dovrebbe trovarsi ancora all’interno della Tomba di Huma.- disse Paladine- Solo Silvara vi ci può condurre. Dovrete quindi andare a Qualinesti e io farò il possibile per mandarla da voi, anche se sta seguendo la strada che lei stessa si è scelta.» Gli occhi del dio del Bene si velarono di tristezza.
«E in quanto alla seconda sfera?» chiese Raistlin.
«Non ne sappiamo nulla.- ammise Gilean- Takhisis l’ha celata ai nostri occhi molto tempo fa. Potrete trovare indizi nella Biblioteca di Astinus, ma vi converrà utilizzare gli altri due pezzi come rilevatori di quello mancante.»
«Insomma, dobbiamo arrangiarci.» disse Katlin, pratica.
«Il vostro viaggio sarà così suddiviso.- continuò Gilean, scoccando un’occhiataccia alla donna per l’interruzione- Per due mesi, Raistlin ti insegnerà a utilizzare le tue conoscenze e in questo periodo alloggerai presso Caramon, a Solace…»
«Da Caramon?- ironizzò Raistlin, amaro- Quale sorpresa!»
«…indi partirai per Wayreth.- continuò Gilean, imperterrito- Ti daremo un lasciapassare, affronterai la Prova e parlerai a Justarius della missione. Poi ti recherai a Palanthas, dove convincerai Dalamar a seguirti e recupererai il Bastone della Neutralità, approfittando anche delle conoscenze della Biblioteca. Dopodiché partirai per Qualinesti. Ti manderemo Silvara e otterrai la Sfera della Luce. A quel punto, dovrete cercare la Sfera delle Tenebre con il potere che avrete già acquisito. Una volta trovata quella, non vi resterà che tornare a Palanthas e compiere la missione affidatavi.»
«Mi pare tutto chiaro.- disse Katlin- E vi dico subito che accetto. Accetto al vostra proposta.»
Raistlin sollevò appena un sopracciglio di fronte a quell'affermazione così sicura.
«Ma devo porre alcune condizioni, spero non me ne vogliate.- aggiunse la donna di Yolta- Voglio che mia madre sia informata di ciò che sto per fare. Ha già patito a sufficienza a causa della mia condizione.»
«Ne abbiamo già dato disposizione ad Ulhan.» disse Paladine, annuendo.
«E vi chiedo di esaudire una mia richiesta.- continuò Katlin, alzando l’indice- Non ora, naturalmente. Prima o poi, durante questo lungo viaggio, chiederò che esaudiate un mio desiderio. Se ci riflettete un attimo, sono certa che vi renderete conto di dovermelo.»
«Non credo che sia una buona…» iniziò Gilean.
«Non sarà niente di eclatante. Non vi procurerà alcun danno.- li rassicurò Katlin- E’ solo una piccola cosa, ma una cosa a cui tengo. La esaudirete?»
Gilean e Paladine si guardarono.
«Se non ci creerà ulteriori problemi…» mormorò Gilean, guardando con intenzione Raistlin. In realtà, anche l’arcimago non aveva compreso a cosa Katlin si riferisse. Per un istante, era stato certo che avrebbe richiesto il suo ritorno in vita, ma questa era una cosa che avrebbe arrecato non pochi problemi agli Dei e invece lei aveva parlato di un piccolo desiderio senza pretese. Non capiva cosa le stesse frullando nella mente, visto che era chiaro come il sole che stesse tramando qualcosa dietro quegli occhi innocenti.
«Ti avverto, però, Katlin.- disse Paladine, scuro in volto- Ora Takhisis non sa di te e le tue mosse saranno relativamente sicure. Ma, se tu chiedi il nostro aiuto, se ci costringi a intervenire sui fatti, Takhisis ti vedrà. Smetterai di essere una donna di Yolta, non soggetta alle leggi di Krynn, e diventerai preda delle forze che agiscono nel nostro mondo, come tutti. Takhisis ti vedrà, comprenderà quale minaccia rappresenti e tenterà di metterti i bastoni fra le ruote. Farci una richiesta ti metterà in pericolo costante.»
Katlin sembrò riflettere sulle parole del Dio, poi sorrise.
«Non m’importa. Il gioco vale la candela.» rispose, sicura.
Vi fu un momento di silenzio, quindi Gilean si alzò in piedi, chiudendo il libro con un tonfo e facendolo sparire.
«Molto bene, dunque.- disse- Se non c’è altro, possiamo lasciarci. Mentre i minuti passano, accadono cose che non mi è dato vedere. Torno alle mie occupazioni. Paladine, ti lascio gli ultimi dettagli.»
«Vai pure, Gilean.» disse Paladine, annuendo. Gilean lanciò un’ultima occhiata sospettosa a Raistlin e Katlin, quindi scomparve.
«Vi lascio un attimo anch’io. Devo dare una cosa a Katlin prima di condurla a Solace.- disse Paladine, calcandosi in testa il cappellaccio- Approfittatene per discutere qualche minuto in santa pace.»
Sparì anche lui in un lampo di luce, lasciando i due soli nell’anfiteatro in mezzo al nulla.
«Credi davvero che possiamo parlare tranquillamente?» chiese Katlin dopo un po’. Raistlin la guardò e la donna abbassò il capo, sospirando. «Già, lo immaginavo.» borbottò. Chiuse gli occhi e sembrò concentrarsi.
«Mi senti, Raistlin?»
La voce risuonò chiaramente nella mente di Raistlin che corrugò appena le sopracciglia e annuì.
«Sei anche telepata?» chiese, badando bene a tenere i suoi pensieri schermati.
«No, affatto, ma sono entrata nella tua mente talmente tante volte che pensavo avrebbe funzionato.- disse Katlin, con tono titubante- D’altronde, è il sistema che hanno scelto per permetterti di insegnarmi la magia.»
Raistlin annuì.
«Sei arrabbiato, vero?- chiese la donna, improvvisamente- Sei irato con me, perché hai saputo delle mie intromissioni nella tua vita?»
«Non mi sono mai accorto di tue intromissioni. Non sento nessun legame, né riconoscimento.» disse Raistlin ad alta voce, gelido. Negli occhi della donna passò un breve lampo di tristezza.
«Non ho mai agito sulla tua vita.- mormorò- Ho sempre e solo…osservato. Anche contro la mia volontà.»
«Fammi capire che legame hai con me e con Caramon, perché presumo sia lui la tua terza anima. Forse il mio stato d’animo muterà in meglio.» disse Raistlin, appuntando i suoi inquietanti occhi sulla ragazza. Katlin prese un lungo respiro e i suoi occhi si annebbiarono, come perdendosi in ricordi lontani. Raistlin corrugò appena le sopracciglia. In effetti, qualcosa di familiare c’era, in quella straniera. Qualcosa dentro di lui l’aveva già riconosciuta, anche se Raistlin era certo di non averla mai vista.
«Quando ero una bambina…- iniziò a dire Katlin, lentamente, distogliendolo dai suoi pensieri- una bimba molto piccola, venne a me un uomo anziano. Non ricordo il suo volto, ma solo la sua lunga barba e il suo sorriso. Mi toccò la fronte.» Si passò una mano sulla fronte candida, riandando con la memoria a quel lontano avvenimento. «Lui scomparve e io divenni la Donna dalle Tre Anime.» Alzò gli occhi chiari a guardare il viso di Raistlin. «Avevo quattro anni quando iniziai a vivere altre due vite, oltre alla mia. La tua, Raistlin, e quella di tuo fratello Caramon. All’epoca, voi avevate appena compiuto dieci anni.»
«Sei più giovane di sei anni?» chiese Raistlin. Katlin annuì.
«All’incirca.- disse lei- Ti prego di capire. Non è stata una mia scelta vivere in voi, ma qualcosa al di fuori della mia volontà. In qualunque momento, potevo essere chiamata, come lo definisco io, da te o da Caramon, a seconda di ciò che vi stava accadendo. Con frequenza irregolare, questo si è ripetuto fino alla tua caduta, un anno fa.»
«Vivevi attraverso di noi?» chiese Raistlin.
«Si potrebbe dire così.- disse Katlin, e nei suoi occhi Raistlin vide per un istante un profondo dolore- Vedevo ciò che voi vedevate. Provavo i vostri sentimenti, sentivo il dolore delle vostre ferite. Diventavo parte di voi, e perdevo me stessa.» Strinse le labbra in una linea sottile. «Non potevo fare altro che osservare.» mormorò.
Raistlin continuò a guardare la ragazza, benché i suoi occhi maledetti gli offrissero una visione sempre più prossima alla morte della stessa. Detestava l’idea che qualcuno avesse potuto guardare nel suo cuore e leggere i suoi pensieri. Raistlin aveva lottato tutta la vita per essere libero da influenze esterne. Aveva combattuto contro Fistandantilus, che aveva invaso il suo corpo, e l’aveva distrutto. Aveva iniziato una guerra perfino contro gli dei. Ora, la donna seduta di fronte a lui aveva motivi sufficienti per decretare all’istante la propria morte e allo stesso tempo ne aveva abbastanza per far desiderare a Raistlin che rimanesse in vita. Lo incuriosiva e poteva essere il suo lasciapassare per lasciare l’Abisso.
«Quindi era questo il tuo ruolo?- chiese, con tono basso- Osservare? Questo e nient’altro?»
Katlin fece un sorriso amaro e d’un tratto Raistlin si chiese cosa significasse essere trascinati attraverso una vita non tua...soprattutto una vita come quella che lui e Caramon avevano vissuto.
«Io non ho mai avuto un ruolo.- disse lei, guardandolo negli occhi- Mai, fino ad ora. Anche per questo, ho accettato la loro proposta.» Chinò il capo e si portò una mano al cuore. «Io…so sempre quale sarebbe la tua reazione, o quella di Caramon, nei confronti di un determinato avvenimento. Ho vissuto in voi così a lungo da essere in grado di pensare come voi. So che anche adesso stai ponderando i pro e i contro della tua alleanza con me.» Alzò lo sguardo e si fece avanti con foga. «Ciò che io voglio è sapere cosa significa essere me stessa!- disse, con enfasi- Voglio essere Katlin, finalmente! Voglio capire quali sono i miei veri pensieri e quali sono solo lo specchio dei vostri. Voglio vivere la mia vita…Puoi capirmi, Raistlin?»
L’arcimago rimase in silenzio. Dopo qualche istante annuì.
«Bene. Puoi fare come credi.- disse, poi estrasse una mano dalle maniche della sua veste e la aprì, ponendola come barriera semi visibile tra il suo viso e quello della donna- E io cosa ci guadagno, nell’aiutarti a vivere? Cosa puoi fare, tu, per me?»
Katlin sorrise. Una serie di brevi immagini solcarono la mente di Raistlin, che le visionò con un certo stupore. Quando queste terminarono, guardò di nuovo la ragazza, abbassando la mano.
«Non sei stupida quanto pensavo.» disse.
«Puoi fare la tua parte?» chiese Katlin, allargando il sorriso come se l’arcimago le avesse fatto un vero complimento. Raistlin annuì.
«Credo di sì. Metteremo a punto i dettagli in seguito.- disse Raistlin, pensieroso- Sei astuta, apprendista.»
«Ho preso dal Maestro.» disse lei, ridendo piano.
«Eccomi qui.» disse una voce, interrompendo la loro conversazione. Paladine era tornato e teneva in mano qualcosa. «Vi siete conosciuti meglio?»
Raistlin fece una smorfia sprezzante e non rispose. Katlin si alzò in piedi, vedendo che il dio della Luce le tendeva un oggetto.
«Cos’è?» chiese, prendendolo fra le mani. Sembrava un piccolo ciondolo, un drago di filigrana, e splendeva come una stella.
«Quello è il tuo lasciapassare.- spiegò Paladine, mentre lei lo infilava al collo- E il modo in cui potrai esporre la tua richiesta, a tempo debito. Non usarlo se non è strettamente necessario.»
«Sarà mia cura tenerlo al sicuro.» mormorò Katlin, poggiandovi sopra una mano. Il Dio batté il bastone sul pavimento circolare dell’anfiteatro, che d’un tratto mostrò l’immagine di un grande masso immerso nella neve, attorno a cui si allungavano rami d’albero spogli per l’inverno.
«Quella roccia…» mormorò Raistlin.
«L’entrata di Solace.- disse Paladine- Ti porterò laggiù, Katlin. Raistlin, tu potrai osservarla da qui.»
«I ruoli si scambiano…» mormorò Katlin, non udita dagli altri.
«Quindi dovrò restare segregato in questo posto?» chiese Raistlin, con una smorfia.
«Segregato…che brutta parola!- esclamò Paladine, ritornando alla parlata di Fizban- Dai un ultimo sguardo al tuo mondo, ragazzo mio, e riconciliati con esso. Qui, Takhisis non ti troverà.»
Raistlin corrugò la fronte, ma non pronunciò verbo. Katlin afferrò la propria cartellina e si avvicinò a Fizban.
«Abbi cura di te, Maestro.» disse.
«Non dire a Caramon più del necessario.» disse l’arcimago, freddo. Katlin mormorò un assenso, poi Fizban la afferrò per un braccio e i due scomparvero in un lampo di luce.
Raistlin, sospirando, si guardò attorno, valutando i limiti della prigione in cui era appena stato rinchiuso, poi riportò lo sguardo sull’immagine ai suoi piedi. Presto sarebbe tornato a vivere, quindi non era il caso di perdersi nell’autocommiserazione della sua situazione attuale.
Attese l’arrivo della sua nuova alleata su Krynn, mentre i suoi occhi si addolcivano appena nel guardare, dopo tanto tempo, il sentiero che conduceva al paese della sua infanzia.



Tasslehoff Burrfoot uscì dalla Taverna dell’Ultima Casa e si incamminò nella neve a passo lesto, diretto verso i confini di Solace. Si strinse addosso il manto di pelliccia troppo grosso per lui, che qualcuno aveva con tutta evidenza scordato su una sedia della Taverna, tra le cui ampie falde si potevano distinguere i lampi di colore dei suoi gambali azzurri. Starnutì e si sfregò il naso.
Faceva davvero un freddo terribile, ma d’altronde l’inverno era nel suo pieno. Tasslehoff non se ne preoccupava. Anche l’inverno aveva le sue bellezze. In estate, ad esempio, non poteva divertirsi a centrare la testa di Caramon con una supergigantesca palla di neve, né poteva pattinare sul ghiaccio che aveva trasformato il Crystalmir in uno specchio, e nemmeno seguire le tracce nella neve per capire quale strano essere le avesse lasciate. Il fatto che incappasse solo in conigli e cervi non l’aveva ancora convinto che non ci fosse qualche altro animale fantastico nella zona, come qualche tigre bianca o simili, anche se conosceva Solace come le sue tasche e non ne aveva mai visti.
A parte il fatto che Tasslehoff si era fatto tanta di quella esperienza con mostri di ogni tipo, che le sue cacce erano più una scusa per fare qualcosa che altro.
Tas sospirò. Era quasi un anno che si era stanziato a casa di Caramon, un record per lui, battuto solo dalla sua precedente residenza, sempre a Solace, nella casa di Flint, il nano. Un anno prima, più o meno, Caramon l’aveva pescato mentre stava trafficando con il congegno spazio-temporale di Par-Salian e glielo aveva levato dalle mani, rampognandolo severamente.
In effetti, qual congegno, che a quell'ora doveva essere tornato in qualche noiosissima sala della Torre di Wayreth, aveva causato loro non pochi problemi, ma Tas avrebbe tanto apprezzato poter andare sulle lune…
Sospirando di nuovo, senza notare la fretta con cui i passanti mettevano mano al borsello quando incrociava la loro strada, Tas ripensò a Flint, il suo vecchio amico, e a tutti coloro che in quegli anni aveva perduto.
Tas non si sentiva più un kender come gli altri. Anche per questo era rimasto a Solace tanto a lungo; ciò che aveva passato gli aveva fatto conoscere sentimenti profondi, che non trovava nei suoi simili e che lo facevano sentire triste e vecchio in loro presenza.
Tas aveva visto morire tanta gente. Aveva visto il suo migliore amico, il nano brontolone e generoso, cadere in un sonno da cui non ci si poteva più risvegliare. Aveva visto Sturm, il cavaliere di Solamnia, cadere trafitto da colei che una volta era sua amica. Anche lei, Kitiara, era morta. Tas aveva visto tanti orrori, aveva capito cos’era l’odio e cos’era la paura. E poi, aveva sentito tanto dolore nel cuore e queste cose non si potevano cancellare.
Quel giorno era stato preso da una strana malinconia. Per questo era uscito e ora si stava dirigendo alla roccia davanti alla quale aveva incontrato Flint, insieme a Tanis, poco prima che la Guerra delle Lance li coinvolgesse. Era un posto speciale, per lui, e quel giorno il pensiero di Flint non voleva abbandonarlo.
Siccome Caramon si sarebbe accorto del suo stato d’animo, era uscito subito. Non voleva trasmettere la malinconia al suo grosso amico, che in quel momento stava servendo ai tavoli insieme a Tika, sua moglie.
L’anno prima, a seguito di una terribile avventura in cui Tas era riuscito ad assistere sia al Cataclisma che alla futura fine del mondo, era morto Raistlin, il gemello di Caramon. Lui era una Veste Nera, un tipo davvero interessante, anche se non propriamente gentile, e la sua mancanza si sentiva terribilmente, anche se Tanis l’avrebbe appeso per il codino se gliel’avesse sentito dire.
Caramon non parlava più di Raistlin e conduceva una vita che Tas definiva serena, ma sapeva che bastava poco per riportarglielo alla mente. Meglio quindi pensare ai fatti propri in solitudine e tornare alla taverna quando si fosse sentito un vero kender con la k maiuscola.
Così pensando, Tas giunse finalmente nei pressi del masso. Decise di arrampicarvicisi e di rimanere lì per qualche tempo a ciondolare, sperando che gli venisse in mente qualcosa di più divertente o che arrivasse qualche elemento di distrazione, tipo un goblin o roba simile.
Fece per iniziare la scalata, quando si accorse che da dietro al masso spuntava una mano. Tas si fermò, grattandosi la testa con perplessità.
«Ma tu guarda cosa va a perdere la gente.- borbottò, sorpreso- So ben io quanto sono distratti gli abitanti di Solace, ma addirittura perdere la propria mano mi sembra un’esagerazione! Però…dev’essere un’esperienza interessante vedere la tua mano che se ne va per i fatti suoi, mentre tu vai da tutt’altra parte!»
Pensando a questa scena, piuttosto buffa in verità, Tas aggirò il masso per osservare meglio la mano. Vide così che essa era saldamente attaccata a un braccio, il quale era a sua volta al posto che gli competeva, cioè attaccato a un corpo riverso nella neve, privo di sensi.
Tas si trovò davanti una donna, vestita solo di un corto abito grigio e stivali grigi dalla strana foggia, che teneva stretta al petto una cosa rettangolare e giaceva a faccia in giù nella neve, coi capelli castani sparsi sulle spalle.
«Ehi! Non si dorme nella neve!- esclamò Tasslehoff, accorrendo dalla donna- Fa male alla salute, non lo sai?!»
La scrollò, ma non ottenne reazioni.
«Ehi! Ehi! Dai, non era questa la mia idea di divertimento, per oggi!- gridò ancora Tas, direttamente nell’orecchio della poveretta- Non sarai mica morta, vero?!»
«Uh…- mormorò la donna, con voce soffocata, dando a Tas la prova di essere ancora viva- Raist…lin…»
Tas gelò. Cadde a sedere nella neve, accanto al corpo di nuovo inerte, mentre il cuore gli batteva all’impazzata. Non poteva sbagliarsi. Quella donna aveva appena nominato il gemello di Caramon. Poteva essere una coincidenza, ma Raistlin non era un nome poi tanto comune…anzi, non lo era affatto.
“Caramon. Devo avvertire subito Caramon!” pensò, agitato. Si alzò in piedi e senza por tempo di mezzo si lanciò in una corsa scatenata verso la Taverna dell’Ultima Casa.




«Caramon!»
Il grido sovrastò il clamore della folla con una facilità che aveva dell’incredibile.
«Caramon! Altri due boccali al tavolo in fondo!»
«Arrivano!» rispose l’imponente uomo in grembiule, smettendo di lucidare il bancone e pulendosi le mani in uno straccio pulito, prima di afferrare due boccali di vetro spesso e posizionarli sotto il rubinetto della botte di birra, fischiettando.
Era una giornata piena, alla taverna dell’Ultima Casa.  Si stavano festeggiando due diversi Giorni del Dono della Vita e il locale straripava di gente allegra, affamata e assetata oltre ogni dire. Erano quasi due ore che Caramon riempiva senza apparente sosta boccali su boccali, tanto che iniziava a chiedersi quanti sarebbero stati in grado, alla fine dei festeggiamenti, di tornare a casa sulle proprie gambe.
Il famoso e quantomai amato Eroe delle Lance posò i boccali sopra il bancone, cercando con lo sguardo la fiamma itinerante dei capelli rossi della moglie.
«Pronti, Tika!» gridò, con voce possente che sovrastò il fracasso.
«Arrivo!» gridò di rimando la donna, piccola ed energica, facendosi largo tra i tavoli, tenendo alto il vassoio.
«Uff…- sbuffò Tika, appoggiandosi un istante al bancone, il viso arrossato dal caldo della sala e dalla fatica- Non ce la faccio più. Dovrei avere otto braccia per stare dietro a tutta questa gente!»
«Te la cavi benissimo.» disse Caramon, sorridendo.
«Sì, sì, certo…tanto non sei tu che devi stare lì in mezzo.» borbottò lei, scuotendo i riccioli rossi, mentre le sue labbra si curvavano in un sorriso riluttante, poi mise i boccali sul vassoio e si allontanò, ancheggiando con grazia.
Caramon scosse il capo, sorridendo, quindi si accorse che Raf, il nano dei fossi, stava di nuovo bevendo l’acqua del secchio per lavare i pavimenti. Con un sospiro,  Caramon allontanò l’uno dall’altro, quindi prese il secchio e si avviò sul retro. Meglio far sparire quell'acqua, prima che a qualcuno degli avventori venisse da vomitare…
Entrato in cucina, fece un cenno di saluto a Dezra, la loro aiutante, e le chiese di sostituirlo al banco per cinque minuti, quindi uscì nel cortile retrostante e svuotò il secchio con un gesto. Si guardò attorno, e corrugò la fronte.
Dove diavolo si era cacciato Tasslehoff? Era già un po’ troppo tempo che il kender era uscito dal suo campo visivo. Chissà dove si era andato a infilare…e per combinare cosa, per di più! La gente di Solace si era ormai abituata a venire a chiedere direttamente a lui di riparare ai guai che seguivano Tasslehoff come un’ombra, ruolo che un tempo era stato di Flint. Caramon ci aveva fatto il callo, ma preferiva avere Tas doveva poteva vederlo ed eventualmente fermarlo in tempo…
Caramon sospirò, guardando il cielo e scostandosi dal viso i lunghi capelli ricciuti, col fiato che gli si addensava davanti al volto pensieroso.
Da quanto tempo stava conducendo quella vita serena con la moglie? Un anno…forse qualcosa di meno. A Caramon sembrava tutto un sogno pronto a spezzarsi in qualsiasi momento. Aveva continuamente la sensazione che presto si sarebbe svegliato e si sarebbe ritrovato su una branda, all’interno di una tenda zuppa di pioggia, nel bel mezzo di una campagna di guerra. E qualcuno che tossiva incontrollabilmente avrebbe aperto il telo d’entrata, chiamandolo con voce aspra e ordinandogli di preparargli la sua medicina.
Caramon strinse i denti e scosse il capo per scacciare quell'immagine.
No, quel risveglio non sarebbe mai avvenuto. Raistlin, il suo gemello, era morto. Dopo aver reso la sua vita un disastro, averlo spremuto per bene per i suoi scopi, messo in pericolo la sua vita senza rimorso, e dopo averlo umiliato un numero incalcolabile di volte, alla fine era morto…per salvare la sua vita e quella della Reverenda Figlia Crysania.
Caramon scosse ancora il capo, sedendosi sul secchio rovesciato, che scricchiolò pericolosamente sotto il suo peso.  Aveva visto più di quanto fosse salubre dell’animo di suo fratello e solo ora che Raistlin non c’era più lui poteva affermare con sicurezza di conoscere il suo gemello. La profonda nefandezza dell’animo di Raistlin l’aveva disgustato, l’aveva fatto imbestialire. Si era sentito ingannato, ferito…ma ora, a mente fredda, poteva dire che la visione edulcorata che aveva avuto di Raistlin nei tempi della giovinezza era sempre stata solo un parto del suo cuore fiducioso. Raistlin non aveva mai nascosto di essere ciò che era. Semplicemente, Caramon non era riuscito a capirlo.
Allo stesso tempo, nel cuore di Raistlin era vissuta davvero quella scintilla di luce tanto intensa da ispirare commozione e affetto, quella luce che Caramon aveva servito con tutta la sua buona volontà per tutta la vita, ottenendo solo di farla offuscare dall’ira.
Il volto di Caramon si oscurò percettibilmente. Raistlin gli mancava. Gli mancava il tempo felice che aveva passato, col gemello e gli amici, a Solace, prima che suo fratello venisse convocato per quella dannata Prova. Da allora in avanti, la loro vita era stata un lento inabissarsi.
Ma ora, era finita. Raistlin era scomparso nell’oblio, lui era sopravvissuto. L’amore per Tika, finalmente, era stato abbastanza per non permettergli di seguire suo fratello nella tenebra, di nuovo. Non si era più dato all’alcol, non si era gettato in qualche battaglia per cercare la morte, non era caduto nell’inedia. Non aveva nemmeno cercato di affogarsi nel Crystalmir. Si era invece impegnato nel finire la casa che stava costruendo, aveva iniziato ad aiutare attivamente Tika alla Taverna e si era preso la responsabilità di controllare Tas…il che non era poco.
Si sentiva sereno. Teneva saldamente in mano le redini della sua vita. Tika lo amava, e viceversa, e alla loro unione mancava ormai solo un bambino. La donna aveva smesso da tempo di scrutare con preoccupazione il suo viso col terrore di scorgervi l’antica depressione. Caramon aveva deciso di lasciarsi il passato alle spalle e così aveva fatto, con impegno e dedizione.
Ma da un po’ di tempo a quella parte, qualcosa era cambiato.
«Sta per succedere qualcosa.» mormorò, preoccupato, passandosi le mani sul volto.
Se lo sentiva nelle ossa. Non aveva mai avuto talento per quel genere di cose, ma la sensazione non voleva abbandonarlo e Caramon aveva dovuto accettarla. Qualcosa che ancora non aveva né un volto né un nome stava per cadergli addosso come la montagna di Ishtar. E quel qualcosa aveva a che fare con Raistlin.
Nel profondo del suo animo, Caramon celava un segreto che non aveva rivelato a nessuno. Né a Tanis,  né a Tas, che avrebbe mostrato grande interesse, né tantomeno a Dalamar, il discepolo di suo fratello. Non l’aveva detto nemmeno a Tika. Caramon strinse le labbra. Il fatto era che, benché Caramon sapesse razionalmente che suo fratello gemello era morto, il suo cuore non gli diceva altrettanto. Non riusciva a spiegarselo, eppure questa sensazione non voleva abbandonarlo, e più passava il tempo, più la sentiva con prepotenza. Sentiva che Raistlin stava per entrare nella sua vita…di nuovo.
«Forse dovrei chiedere consiglio a Crysania.» borbottò, per poi pentirsi subito dell’idea avuta. Quella povera donna non aveva certo bisogno di una nuova discussione su Raistlin. Il suo cuore era rimasto ferito almeno quanto i suoi occhi.
Un fiocco di neve gli passò davanti al naso e Caramon si riscosse. Aveva già perso abbastanza tempo a riflettere e Tika aveva bisogno d’aiuto. Era ora di rientrare e di rimettersi al lavoro.
Si alzò, sospirando e cercando di cancellare dal proprio volto l’espressione triste degli ultimi minuti, quando la porta del retro si aprì di botto e Tasslehoff ne uscì, col fiatone e le guance rosse per la corsa. Era intabarrato in un mantello di pelliccia troppo grande, che di certo non era il suo.
«Tas…» iniziò a dire, scuotendo il capo con aria di rimprovero.
«CARAMON!- lo interruppe lui, trafelato, ansimando come un mantice-…la ragazza…il masso…Flint…ha detto…»
«Ehi, ehi! Calmo e prendi fiato.- gli disse Caramon, corrugando la fronte- E, tra parentesi, non credo che quel mantello sia tuo, no?»
Tas guardò il mantello come se lo vedesse per la prima volta, quindi pronunciò la millesima versione della frase ‘l’ho preso in prestito’. Sembrava si fosse ripreso abbastanza dalla corsa, quindi Caramon gli fece cenno di parlare, se lo desiderava. Tasslehoff prese un lunghissimo respiro, quindi rovesciò su Caramon una carrettata di parole.
«Allora: sono uscito e sono andato dove vado a pensare a Flint, e cioè al masso, ma non ero da solo e sono stato disturbato perché c’era una mano. Io ho pensato che era interessante una mano che se ne andava in giro da sola, ma in realtà non era vero, e attaccata c’era una ragazza, che è svenuta nella neve!» disse.
Caramon rimase un attimo perplesso. I racconti di Tas sapevano essere parecchio nebulosi.
«Insomma c’è una ragazza svenuta.» disse, tirando le somme della discussione. Tas annuì con veemenza.
«Ma è svenuta prima o dopo che ti ha visto?» chiese Caramon. Tas pestò il piede per terra.
«Caramon! Non scherzare, è una cosa seria!- disse, rampognandolo dalla sua non considerevole altezza- L’ho scossa, ma lei non si è svegliata, però ha nominato…» Si bloccò, d’un tratto incerto.
«Va bene, ho capito.- disse Caramon, sospirando- Andiamo a recuperarla. Con questo freddo, potrebbe morire assiderata.» Precedette Tas in cucina e afferrò il proprio mantello. «E’ una straniera o una ragazza del villaggio?- continuò Caramon- In quel caso dovremmo avvisare i suoi parenti che…»
«No, no! E’ una straniera.- lo rassicurò Tas, correndogli dietro in cucina e poi dentro la taverna- Ma Caramon, non ti ho detto…»
«TIKA! Esco un attimo, c’è un’emergenza! – disse Caramon, con voce rombante, sovrastando il chiasso- Torno il prima possibile!»
«Ciao, Tika! Te lo rubo un attimo! – disse Tas, salutando festoso- Torniamo subito! Oh, questo mantello? No, certo che non è mio! Ma se non l’avessi trovato, qualcuno te l’avrebbe rubato e allora cosa sarebbe successo?» continuò il kender, discutendo con un avventore che aveva riconosciuto il mantello che indossava.
Tika sospirò, rassegnata, e gli fece cenno di andare. Sorridendo, Caramon uscì dalla porta principale, con Tasslehoff, senza più mantello, alle calcagna.
«Allora, dove hai detto che è?» chiese Caramon, affrettando il passo.
«Al masso, fuori dal paese.- disse Tas, riprendendo ad ansimare- Ma Caramon…»
«Allora affrettiamoci.» sentenziò Caramon.
«CA-RA-MON!!! – strillò Tasslehoff, tirandogli un calcio dietro il ginocchio per ottenere finalmente la sua attenzione- Mi vuoi stare ad ascoltare oppure no?!»
«Ma che altro c’è, Tas?!- esclamò il gigante, con una smorfia, massaggiandosi la parte lesa- Dobbiamo affrettarci o no?!»
Tas espirò rumorosamente dal naso.
«Quello che volevo dirti è che quella ragazza, quando l’ho mossa, ha chiamato Raistlin.- disse, corrucciato- Era questa la questione principale.»
Il kender capì di essere stato troppo diretto quando Caramon si pietrificò sul posto e la sua pelle divenne di un paio di gradazioni più chiara.
«Cosa?» chiese Caramon, con voce che né lui, né Tas riconobbero come sua.
«Ehm…ha nominato Raistlin.- ripeté Tasslehoff, incerto, poi aggiunse parlando in fretta- Voglio dire…magari è un altro Raistlin! Chissà quanti Raistlin ci sono al mondo? Però mi è sembrato strano e così te l’ho detto, però non vorrei che tu svenissi perché, scusa se te lo dico, Caramon, ma non hai troppo una bella cera…»
«Raistlin non è un nome così comune.» disse Caramon, che non sembrava essere molto lontano dal fare quello che Tasslehoff aveva pronosticato.
«Ehm…Caramon?- chiese Tas, sulle spine- Allora…che si fa?»
Caramon, invece di rispondere, diede le spalle al kender e si mise a correre verso i confini di Solace. Tasslehoff, gemendo, si mise a correre a sua volta. Era già la seconda volta che faceva la strada di corsa e, a suo modo di vedere, quella era una di troppo.



“Non può essere.- pensò Caramon, mentre correva attraverso Solace senza badare ai cenni di saluto degli abitanti- Raistlin…per tutti gli Dei! Possibile che quella montagna mi stia già cadendo addosso?!”
Cercò di imporsi la calma. Tasslehoff poteva benissimo aver sentito male. La donna in questione poteva aver detto qualsiasi altro nome, ma visto che anche il kender era in vena di reminiscenze, la sua predisposizione mentale poteva aver fatto sì che sentisse tra le sillabe appena sussurrate un nome conosciuto che in realtà non era mai stato detto.
Sì, doveva essere così. Doveva essere assolutamente così.
“Mio malgrado, ho conosciuto tutti quelli che hanno avuto a che fare con Raistlin, negli anni che ha trascorso alla Torre di Palanthas.- pensò ancora- E, a parte Crysania, nella sua vita non c’era nessun’altra donna. Che motivo avrebbe una donna sconosciuta di nominare mio fratello nel delirio dell’incoscienza?”
Ecco, quella era una buona argomentazione. In effetti, non era possibile. Se usava la logica, si rendeva conto che qualunque cosa quella donna avesse detto, non poteva avere alcun collegamento col suo defunto fratello.
Già…ma tra il dirlo e il crederci ce ne passava. E lui, a quella logica ferrea, in quel momento non credeva per nulla.
«Laggiù, Caramon!» gridò Tasslehoff, parecchio indietro rispetto a lui. Caramon, però, aveva già individuato il masso. Si costrinse a rallentare la sua corsa in maniera che Tasslehoff potesse raggiungerlo, quindi si fece strada nella neve alta oltre il sentiero. Presto, gli fu perfettamente visibile il corpo riverso nella neve, ancora privo di sensi. Il cuore gli si fermò in petto per un istante.
“Dei…Kitiara!” pensò, sconvolto, prima di rendersi conto di aver detto un’altra sciocchezza. Quella donna non era certo sua sorella Kitiara, morta in modo orribile nella Torre di Palanthas. La posizione in cui si trovava gli aveva riportato alla mente l’ultima immagine che aveva della sorella maggiore. Il fatto che anche la donna in questione avesse capelli scuri e corposi e un corpo flessuoso aveva retto per un istante la macabra illusione.
A ben guardare, però, questa donna non aveva i corti capelli ricciuti di Kitiara, ma lunghi boccoli morbidi. Senza contare che indossava un abito e delle calzature che Caramon non aveva mai visto in vita sua.
«Allora? La conosci, Caramon?» lo incalzò Tas. Caramon scosse il capo, cupo in volto.
“Non somiglia per nulla a Kitiara.” sentenziò, inginocchiandosi accanto al corpo privo di sensi. Già…allora perché quella subitanea associazione mentale? Caramon scacciò quei pensieri fastidiosi scrollando il capo, quindi voltò delicatamente la donna, tastandole il collo per controllare che fosse davvero ancora viva.
«E’ viva, e ancora piuttosto calda.- disse, scostandole i capelli dal volto- Non dev’essere qui da molto.»
«Allora perché non si sveglia?» chiese Tasslehoff, accucciandosi accanto al gigante e osservando il viso della straniera.
«E che ne posso sapere io, eh?» disse Caramon, sbuffando, guardando a sua volta il viso della giovane donna. Era un bel viso regolare, carino ma non bellissimo, con una bocca piena adatta per fare sorrisi. “Sorrisi in tralice?” chiese una vocetta malefica nella sua mente. Caramon la scacciò. Era ancora più sollevato ora che aveva constatato che quella giovane non somigliava affatto a Kitiara e non rientrava nelle sue conoscenze…né in quelle di Raistlin, presumeva.
«Portiamola a casa nostra, Tas.- disse,  facendo per prendere il corpo tra le braccia- Le ci vorrà qualcosa di caldo per…»
Fu in quell'istante che la ragazza aprì gli occhi. Fu come se si fosse accesa una luce. D’un tratto, il volto della donna divenne bellissimo, pur rimanendo lo stesso di pochi istanti prima. Era qualcosa che le brillava nelle iridi azzurro cupo che la rendeva così. E Caramon rabbrividì. Conosceva qualcuno che aveva negli occhi quel magnetismo, quella capacità di attrarre pur non essendo, a ben vedere, attraente.
“Questa donna…non somiglia a Kitiara.- pensò, pietrificato- Somiglia a Raistlin!”
La giovane donna alzò lo sguardo su di lui. La sua totale mancanza di sorpresa o di preoccupazione lo fece rabbrividire di nuovo. Sembrava non si fosse aspettata di vedere altri che lui.
«Caramon…- borbottò lei, passandosi una mano davanti al volto- Per l’Abisso, che diavolo è successo? Che ci faccio qui? Fa un freddo…»
«Santo cielo, Caramon!- sbottò Tas, allegro- Ti conosce! Ti è andata in pappa la memoria, allora?»
«Certo che no, Tas!» lo gelò Caramon, perentorio. A quello scambio di battute, qualcosa nella ragazza sembrò cambiare. Riportò di scatto lo sguardo sul volto di Caramon, questa volta con un’aria più presente e quasi spaventata che non suscitò alcuna eco nella memoria di Caramon.
«Ah…Caramon!- esclamò, sottraendosi alla sua presa e inginocchiandosi a fatica nella neve- Perdonami! Io…dannazione, ho già fatto la frittata. Quanto sono stupida!»
Caramon e Tasslehoff si scambiarono un’occhiata. L’uomo era sconcertato, Tas era invece deliziato.
«Ma lo vedi che ti conosce?!- disse, eccitato- Presentamela, dai! Che ci facevi nella neve? E da dove vieni? E…»
«Stai un po’ zitto, Tas!» sbottò Caramon.
«Piacere di conoscerti, Tas!- disse la ragazza, sorridendo e allungando una mano verso il kender, cosa che poche persone di buon senso avrebbero mai fatto- Io sono Katlin ‘Ym Adoonan.»
«Piacere mio! Io sono Tasslehoff Burrfoot.- disse Tas, stringendo la mano della donna con entusiasmo- Ma immagino che Caramon ti abbia già parlato di me.»
«In un certo senso.» disse lei, perdendo parte della sua carica.
“Finiamola con questa sceneggiata, non ci sto capendo nulla.- disse Caramon, facendo ampi gesti con le mani- Io non ti conosco, Katlin ‘Ym Adoonan. Ma sembra che tu conosca me…e di conseguenza non mi pare tanto strano che tu abbia conosciuto anche Raistlin.»
Katlin gli lanciò un’occhiata perplessa, poi annuì.
«Ciò che dici è vero.» disse.
«Non è un po’ strano?- chiese Tas, guardando i due- Tu conosci lui, che non conosce te. E conosci Raistlin, che non conosceva te…o ti conosceva?»
«Raistlin  mi conosce, in effetti.» disse Katlin, con l’aria di chi non sa da dove cominciare a spiegare.
«Ma io no, anche se questo spiega come tu mi abbia riconosciuto subito. In qualche modo, io e Raistlin ci assomigliavamo.» ribadì Caramon, che stava andando a sua volta in confusione grazie al prezioso aiuto del kender.
«Più o meno è così.» ammise la donna. Scosse il capo, quindi starnutì. «Ti spiegherò tutto, Caramon, solo…potremmo andare in un luogo un po’ più caldo? Sto congelando.»
Caramon dovette sforzarsi per non sorridere. Quella donna sembrava una specie di pulcino sperduto…se non si badava a quello che si celava in fondo ai suoi occhi.
«Va bene. Andiamo a casa mia.- sospirò Caramon, alzandosi in piedi e aiutando la ragazza a fare altrettanto- Potrai bere qualcosa di caldo e raccontare la tua storia senza fretta.»
«Grazie.» disse Katlin, graziandolo di un luminoso e caldo sorriso.
“Ben diverso da quelli di Kitiara.” si disse Caramon, finendo per cedere e sorridendo a sua volta. Tas prese subito la ragazza in consegna, facendole da guida e iniziando il suo fuoco di fila di domande, a cui la ragazza sembrò essere in grado di tenere testa. Caramon scosse il capo, incamminandosi dietro di loro e chiedendosi come e quando Raistlin avesse conosciuto quella strana ragazza.
“Raistlin mi conosce, in effetti.”
Il senso della frase lo colpì di botto, facendogli perdere il fiato. ‘Mi conosce’. Non ‘mi conosceva’. Quella donna aveva usato il presente in maniera deliberata. Perché? Cosa stava a significare?
«Caramon! Ti muovi o no?- strillò Tas, parecchio più avanti- Katlin sta congelando, poverina!»
Cercando di tenere a freno ancora per un po’ le sue paure e la sua curiosità, Caramon strinse le labbra e riprese a camminare dietro ai due.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Dragonlance / Vai alla pagina dell'autore: VaniaMajor