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Autore: Cristina Black    03/10/2010    3 recensioni
Sono passati 15 anni dalla trasformazione di Bella e dall'imprinting di Jacob. Renesmee è cresciuta, è invecchiata, e Jacob è stato tutto ciò di cui lei aveva avuto bisogno. Con il trascorrere degli anni, Bella comincia a vedere Jacob con occhi e sensi diversi, riscoprendo così l'amore che da sempre aveva cercato di soffocare. Ma la sua nuova natura (esagerata) di vampiro non le permetterà più di tenere a freno i suoi sentimenti. Cosa succederà a Jacob, quando Renesmee morirà? Come si comporterà Bella d'ora in avanti? Ma sopratutto...come reagirà Edward?
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Jacob
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Poc: perché dici che Bella non è stata sincera quando ha mollato Eddy? O__o Che sia stata aggressiva si, ma per due motivi, anzi uno: quando la bomba esplode fa molti danni. Con questo intendo che io mi sono stufata delle buone maniere da adottare con Eddy, lo stesso dicasi per i suoi modi da finto perfettino, e anche Bella alla fine è scoppiata proprio come una bomba (un pò com’è successo nella mia precedente storia, quando Eddy è tornato dicendole che le aveva mentito e lei s’è arrabbiata perché ha sofferto per niente). Questa storia è nata per soddisfare la mia sete di vendetta nei confronti del calippo xD, inoltre arrivati a questo punto sarebbe un po’ inverosimile che all’improvviso si innamori della prima che passa. E non sbagli quando dici che Bella non prova più nulla per Eddy, perchè si è resa conto di un’infinità di cose, che riassumendo sono tutte quelle contraddizioni che noi lupacchiotte intelligenti abbiamo trovato nel corso della saga, solo perchè lei negava fino all'ultimo istante quanto amasse Jacob e quanto in realtà desiderasse stare con lui (non so se hai notato che in Eclipse non faceva altro che scappare dai Cullen per andare da lui...già questo fa capire quanto lo desiderasse al suo fianco, quanto avesse più bisogno di lui che degli altri).  Comunque sono felice che continui a piacerti ^____^, vedrai c’è ancora qualche sorpresa ^__-

 

***



Jacob POV

 

 

«Non mi piace l’idea di lasciarti sola», mormorai mentre le accarezzavo i capelli e sprofondavo nei suoi occhi dolci come il miele.

«Alice ha promesso che ci avviserà, se Edward deciderà di tornare qui. Fino a quel momento…saprò gestire le tue assenze», rispose, leggendo il mio stato d’animo come solo lei sapeva fare.

Su questo Alice era affidabile. Fù sufficiente a calmarmi un pò. «Anzi…potrei fare un salto da mio padre, almeno per vedere come sta. Da lontano», aggiunse lievemente titubante.

Erano anni che Bella e Charlie non si vedevano.

Io qualche volta tornavo da mio padre, ma solo nei primi mesi. Poi basta. L’imprinting mi aveva allontanato da tutto e da tutti.

Che magia orribile.

«Charlie è uno tosto, te l’ho sempre detto. Secondo me gli farebbe piacere rivederti, anche se si accorgerebbe che qualcosa non va».

Bella storse la bocca.

«Tipo che sembro un’istantanea di 15 anni fa. Non mi va di giocare con il suo cuore. Non è più tanto giovane», rispose a sguardo basso.

«Forse. Comunque se riesci a parlarci mandagli i miei saluti. Magari andrò a trovare anche lui. Mi è sempre piaciuto tuo padre», proposi con un sorriso.

Lei alzò lo sguardo e ricambiò.

«Va bene, adesso vai. Salutami Billy per favore», disse slacciando l’abbraccio e prendendomi i polsi.

«Certo, certo».

Mi chinai per darle un bacio sulla fronte e varcai il confine dei Quileute, mentre Bella non mi staccava gli occhi di dosso.

Nemmeno a lei faceva piacere che ci separassimo.

Mi misi le mani in tasca e camminai fino ad arrivare alla mia vecchia casa rossa.

Quanti ricordi.

Mi chiesi se fosse in casa, forse avrei avuto maggiori possibilità di trovarlo con Charlie o da Sue.

Bussiamo lo stesso. Tentar non nuoce, pensai tra me.

Titubante, avvicinai il pugno per bussare alla porta, ma qualcuno l’aprì prima che potessi farlo.

«J…Jacob», balbettò incredulo.

«Papà», dissi con un filo di voce.

Le lacrime comininciarono a salire. Felici di rivederlo invecchiato, ma davanti ai miei occhi.

Mio padre allargò le braccia in un modo quasi disperato, come se fossi un sogno che minacciava di sparire da un momento all’altro. Mi chinai per abbracciarlo e stringerlo più che potevo, sollevandolo dalla sedia a rotelle sul quale era vincolato da una vita.

«Figlio mio, sei tornato a trovare il tuo vecchio», disse con voce spezzata, tratteneva le lacrime.

«Mi dispiace di non essere più passato», risposi riadagiandolo con delicatezza sulla sua sedia. «Brutta storia l’imprinting. Non era così per gli altri».

Billy annuì con gli occhi illuminati dalla gioia e si spostò all’indietro per invitarmi ad entrare. Lo spinsi fino al divano su quale mi sedetti.

«Non era così perché l’oggetto del loro imprinting non era un vampiro», disse. «Non poteva stare nelle nostre terre, e tu avevi altre priorità».

«Sei arrabbiato?», domandai imbarazzato. Billy scosse la testa lentamente.

«No. So come funziona, niente ha più importanza quando la “vedi”. Mi è dispiaciuto, ma adesso sei qui e quello che ti è successo ha dell’incredibile».

«Sam ti ha raccontato tutto?».

«Certo, e posso assicurarti che sei andato oltre tutte le nostre leggende. Ce ne vorrebbe una solo per te», rispose quasi divertito.

«E Bella», aggiunsi.

Il sorriso sparì dal volto di Billy appena pronunciai il suo nome.

«Una cosa ancora più assurda», mormorò accigliandosi, «e pericolosa».

«Non finchè ci sarò io a proteggerla, e finchè lei sarà dura come il marmo», replicai deciso.

«Jake, non credo che questa storia finirà bene. Rischiamo di metterci contro i Cullen e sappiamo cosa sono in grado di fare. Non voglio dimenticare quello che hanno fatto per noi. Quello che il dottor Carlisle ha fatto per te e per me».

«E’ impazzito solo Edward. Gli altri sono quasi dispiaciuti per noi», ribattei.

«Jake, stai rischiando grosso stavolta. Lascia perdere Bella, lascia che ritorni da lui».

«No!», urlai alzandomi nervosamente dal divano. «Io la amo e lei ama me! Mi ha sempre voluto e non lascerò che un succhiasangue psicopatico me la porti via e le faccia del male!».

Billy scosse ancora la testa abbassando gli occhi.

«Era meglio quando avevi l’imprinting», mormorò tra sè.

«Non sai minimamente quello che dici, papà», dissi sfiorando la rabbia. «Sembra bello finchè ci sei dentro, ma se si spezza come è successo a me…non sai quanto in realtà sia umiliante. Ti annulla, è una magia negativa, papà. Un’allucinazione che ti rende un oggetto! Prima invidiavo Sam e gli altri, ma adesso non vorrei mai aver subito l’imprinting».

Billy sospirò, senza che potesse ribattere.

Sapeva che in fondo avevo ragione, se non altro perchè lo avevo vissuto sulla mia pelle.

«E se Edward dovesse tornare cosa farete?», domandò affilando lo sguardo.

«Gli daremo un caldo benvenuto», risposi con mezzo sorriso. «Magari sarà così gentile da ripagarci i danni».

«Quali danni?».

«Sai la casetta abbandonata dove tu e Charlie ci avevate scovato da bambini? Ecco, abbiamo deciso di trasferirci lì, ma Edward ha seguito le nostre scie e ha pensato bene di fare a pezzi l’arredamento che avevamo appena rimesso apposto», raccontai stringendo i pugni. «Forse farebbe meglio a non farsi più vedere», aggiunsi tra me.

«La vedo sempre peggio», mormorò Billy preoccupato. «Se ti serve qualcosa prendi pure».

«Bè, in effetti potrei riprendermi il mio vecchio letto. Il telaio è la cosa più lunga da intagliare», dissi sovrapensiero. «Ti dispiace?».

«Non è quella la cosa che mi dispiace», replicò lui con disappunto.

«Certo, certo», mugugnai mentre andavo a prendere gli attrezzi in garage.

Mentre smontai il telaio del mio letto con aria accigliata, bussarono alla porta.

«Ciao Billy, come butta?», sentii in lontananza.

«Ciao Seth, grazie per la spesa. Di là c’è Jake, se vuoi salutarlo».

«Waw, il figliol prodigo è tornato all’ovile», disse Seth divertito mentre si dirigeva verso la mia vecchia stanza.

«Ciao moccioso», dissi senza voltarmi.

«Ciao cap…», iniziò a dire, ma lo inceneii con lo sguardo. «Ciao Jake», si corresse infine, sgonfiandosi come un palloncino.

Ripresi a fare quello che stavo facendo.

«Allora, ci sono novità? Che stai combinando?», disse sporgendo la testa per curiosare. Sbuffai.

«Edward mi ha distrutto il letto e Billy mi ha dato il permesso di riprendermi il mio. Lo sto smontando, vuoi sapere altro?».

«Edward ha…oh…bè come dargli torto», mormorò.

Il mio sospiro sembrava più un ringhio. Mi alzai e lo sovrastai guardandolo dall’alto in basso con aria minacciosa.

«Puoi ripetere?», chiesi.

Seth deglutì.

«Non ho aperto bocca», disse alzando le mani.

«Stupido», dissi premendogli la fronte con un dito. Mi chinai di nuovo e ripresi a lavorare.

«Bè, in ogni caso è andato via, secondo me tra qualche giorno gli passerà e tornerà in famiglia. Magari inizierà a capire cosa passavi tu quando le cose erano diverse e ti chiederà scusa, vedrai», farfugliò Seth.

Il solito sognatore.

«Certo, e magari facciamo una bella festicciola a casa nostra con tanto di Volturi per una bella partita a poker», dissi con ben poco divertimento nella voce.

Sentii il cigolio della sedia a rotelle dietro le mie spalle.

«Cosa c’entrano i Volturi?», domandò Billy preoccupato.

Mi bloccai e rimasi in silenzio per un istante.

«Niente. Era una battuta», dissi.

Non potevo dirgli che presto sarebbero arrivati in massa per ucciderci.

Ne sarebbe morto.

 

 ***

 

Bella POV

 

 

Passai dal bosco sul retro di casa di Charlie, per non farmi vedere dai vicini. Mi arrampicai come un gatto per salire sul tetto e mi sporsi per vedere se la macchina della polizia era parcheggiata.

C’era, quindi mio padre era in casa.

Deglutii e insipirai profondamente, per quanto ero nervosa.

Ridiscesi silenziosamente lungo la perete sul retro e sbirciai dalle finestre, finchè non lo vidi.

Era in soggiorno seduto sul divano, mentre guardava uno stupido programma televisivo, che con lo sport non aveva niente a che fare.

Era solo e con la barba incolta, i capelli disordinati e quasi completamente grigi. L’aria malinconica.

Sul tavolino davanti alla TV, c’erano un paio di lattine di birra e una mia foto del giorno del diploma.

Charlie guardava più quella con aria assorta, che la televisione.

Mi veniva da piangere.

L’avevo distrutto. L’avevo abbandonato anch’io.

Volevo entrare e abbracciarlo forte, fargli capire che non mi ero dimenticata di lui, che gli volevo bene e che non lo avrei più abbandonato.

Ma non potevo farlo, non doveva vedere il mio aspetto immutato, non avrebbe retto stavolta.

Dio, cosa avevo fatto.

Rimasi immobile quando lo vidi allungare una mano verso la mia foto e portarsela vicino al petto. L’accarezzò con un dito, mormorando il mio nome in un sospiro.

D’improvviso squillò il telefono.

Il cuore di Charlie prese ad accellerare di botto, e si precipitò a rispondere. Per poco non inciampò sul vecchio tappeto ai piedi del divano.

«Pronto?», chiese con impazienza. «Ah, ciao Sue», proseguì con una punta di delusione, il cuore riprese a battere normalmente, «come stai?…Si anch’io, più o meno, sempre un po’ giù…ah, ti ringrazio».

La telefonata durò una ventina di minuti, Sue riuscì a strappargli qualche sorriso che gli scopriva mille rughe sul volto. Voleva andare a trovarlo, ma Charlie proprio oggi non se la sentiva.

Appena riattaccò il telefono, si lasciò cadere sul divano e riprese a guardare la TV.

Con tutto il trambusto di questi ultimi giorni mi ero dimenticata che oggi era il suo compleanno.

E Charlie aspettava una mia telefonata che oggi non sarebbe arrivata.

Una separazione netta è l’unico modo per affrontare la sua mortalità, mi aveva detto Edward, cercando di convincermi a non sentirlo più.

Se non lo avessi più chiamato, non avrei sofferto più di tanto la sua morte, nè lui il distacco da me. Secondo lui.

Ma ero riuscita ad impuntarmi con l’aiuto di Jacob, e lo chiamavo lo stesso.

Solo una cosa non potevo fare: incontrarmi con lui.

Erano passati undici anni dall’ultima volta.

Era troppo.

Ed ora ero li, a pochi metri da lui, separati solo da una sottile e fragile lastra di vetro.

Inavvertitamente sgretolai un pezzo di telaio della finestra, facendo un rumore che attirò l’attenzione di mio padre.

Mi nascosi dietro un albero con uno scatto fulmineo, tanto rapidamente che Charlie non riuscì a vedermi.

Sentii il rumore di una pistola che si caricava, e i passi prudenti di Charlie che avanzavano verso la finestra.

Dopo una breve occhiata dal vetro, Charlie uscì dalla porta sul retro con la sua pistola di ordinanza in mano e lo sguardo vigile, pronto ad affrontare chissà quale malvivente.

Quasi mi scappò un sorriso.

«Chi c’è?», gridò.

«Io», sussurrai a voce talmente bassa che non potè sentire.

«C’è qualcuno?», domandò autoritario e scrutando il fitto del bosco.

Un eroe senza macchia e senza paura. Mio padre era davvero un uomo coraggioso, un vero sceriffo.

Mentre lo osservavo, ben nascosta dal grosso albero, l’espressione del suo viso cambiò, come il tono della sua voce e il battito del suo cuore. Lo sentivo perfettamente, nonostante la distanza che ci separava.

«Bella, sei tu?», chiese con un lieve tremolio nella voce.

Il mio cervello smise di pensare e feci un passo in avanti per uscire dal mio nascondiglio.

Pestai un rametto secco che provocò un altro rumore, facendomi riprendere coscienza su quello che stavo facendo.

Mi ritrassi immediatamente indietro, ma era troppo tardi.

Charlie aveva sentito il rumore del ramo che avevo spezzato con il piede e la sua attenzione venne nuovamente attirata.

«Bella», farfugliò.

«Accidenti», mugugnai tra me. Forse mi aveva vista.

Udii i suoi passi affondare sul terriccio umido, venire nella mia direzione.

Scattai all’interno del bosco, ma il vento della mia corsa, sollevò alcune foglie morte da terra.

E Charlie se ne accorse.

«Bella!», disse con impazienza mista a gioia nella voce.

Aumentò il passo e si addentrò nel bosco per inseguirmi.

Ma non potevo attirarlo nel cuore della foresta, non era mai stato un posto sicuro.

«Bella ti ho vista! Lo so che sei tu! Ti prego vieni fuori! Voglio vederti!», gridò con le lacrime agli occhi.

Ero sopra un albero, non poteva vedermi, ma poteva sentirmi.

Volevo riabbracciarlo, volevo non abbandonarlo mai più. Volevo che uscisse da quello stato pietoso in cui si trovava per colpa delle mie stupide scelte egoistiche.

Ricordai le parole di Jacob: Charlie è uno tosto, te l’ho sempre detto. Secondo me gli farebbe piacere rivederti, anche se si accorgerebbe che qualcosa non va.

Forse avrebbe retto…se prima lo avessi avvisato.

Entrambi avevamo bisogno di vederci.

Deglutii e rischiai il tutto per tutto.

«Anch’io voglio vederti papà», dissi senza farmi scorgere.

Charlie si guardò intorno nervosamente, cercandomi ovunque ma senza spostarsi dal punto in cui si trovava.

«Dove sei Bells? Vieni qui», disse disperato.

«Verrò fuori, ma a due condizioni», proposi titubante. Se fossi stata umana, la voce avrebbe tremato.

«Condizioni?», domandò confuso, «Quali?».

«Non devi spaventarti, e non devi fare alcuna domanda», risposi da sopra l’albero.

«O…okay. Non te ne avevo mai fatte…nonostante tempo fa avessi visto cose molto strane», disse tradendo tensione nella voce.

Colsi un piccolo brivido percorrergli le braccia. Forse pensava a Jacob trasformarsi davanti ai suoi occhi. Chissà quante notti lo aveva tenuto sveglio.

«Va bene. Adesso arrivo», dissi.

Mi calai dal grosso albero e uscii con prudenza e lentezza esagerata da dietro di esso, mostrandomi a mio padre.

Charlie mi guardò con gli occhi spalancati.

«Bella, ma sei…sei ancora», farfugliò.

«Papà, hai promesso. Non dovrei nemmeno essere qui», dissi, già pentita di quello che stavo facendo.

Ma ero talmente felice di incrociare di nuovo i suoi occhi dopo così tanto tempo, che avrei affrontato qualunque conseguenza. Ero così felice, che il suo profumo delizioso non mi fece venire alcuna sete.

Il suo fiato si fece corto, il suo cuore era in procinto di scoppiare e i suoi occhi erano inondati di lacrime, mentre un sorriso di felicità si spiegò sul suo volto provato dalla sofferenza.

«Posso…posso almeno abbracciarti?», balbettò allargando le braccia.

Non resitetti a quel suo viso, a quel suo bisogno di me. A quella disperazione e gioia che emanava da tutti i pori.

«Oh papà», sussurrai con uno strano nodo alla gola.

Gli andai incontro misurando la velocità del mio passo. Troppo lento per i miei gusti.

E ci stringemmo in un abbraccio.

Charlie scoppiò in un pianto liberatorio, che non faceva che stimolare inutilmente il mio.

Sentiva il freddo del mio corpo, ma non gli importava. Finalmente dopo tanto tempo, poteva riabbracciare la sua unica e amata figlia.

«Buon compleanno papà», mormorai al suo orecchio.

Charlie scoppiò a ridere, come non aveva mai riso in vita sua.

«Grazie Bells», rispose mentre mi stringeva forte, o almeno ci provava.

Era così fragile.

Sarebbe bastato distrarmi un attimo, aumentare la presa, o fare un gesto improvviso.

Non potevo credere che Edward e tutta la sua famiglia avessero messo a repentaglio la vita degli umani in questo modo.

Non mi rendevo conto proprio di nulla.

Eppure ero disposta a fare anch’io lo stesso sbaglio, pur di vedere e toccare ancora una volta mio padre.

La vita al college era isolata, ovviamente.

Non facevo amicizia con nessuno, stavo solo con i Cullen.

Ma avevo imparato a controllare la mia forza, e usavo sempre lunghi guanti imbottiti, nel caso un essere umano mi toccasse accidentalmente, com’era successo con Edward tanto tempo fa.

Ero sicura che non avrei fatto del male a Charlie. Ma sapevo che si era accorto di quanto il mio corpo fosse innaturalmente duro e gelido.

Probabilmente gli ricordavo un cadavere di qualche caso di morte sospetta.

Charlie non fece una piega, e quando mi allontanò per guardarmi in viso aveva un’espressione invecchiata ma molto più rilassata.

Sorrideva ed era felice.

«Sei meravigliosa, Bells. Non ci sono parole», commentò.

«Grazie papà», risposi. Non sapeva che la mia bellezza in realtà era una trappola. «Peccato che non possa dire lo stesso di te», aggiunsi osservando il suo viso.

Mi preoccupava vederlo così.

«Bè, se verrai a trovarmi più spesso, sono certo che starò meglio», replicò con mezzo sorriso. «Mi sei mancata, Bella», aggiunse con un filo di voce e increspando le sopracciglia brizzolate.

«Anche tu», dissi prendendogli la mano. «Sarei voluta passare tante di quelle volte, ma avevo paura che…insomma…pensavo che ti avrei spaventato», mormorai.

«Bells, ci sono stati un sacco di momenti in cui mi hai quasi fatto venire un infarto. Quando ti hanno trovata dopo che Edward ti aveva lasciata, quando sei sparita per tre giorni, quando ho scoperto che andavi in moto, quando ho visto Jacob che…», ma non concluse la frase.

Gli venne un altro brivido che gli rizzò i peli delle braccia.

Poi scosse la testa per riprendere il discorso. «Comunque di certo ora sono troppo felice per essere spaventato. Dai vieni dentro casa, parliamo un pò», disse su di giri.

«Ehm…no papà, in realtà non posso restare. È meglio che non mi si veda in giro», dissi stirando un sorriso e indietreggiando di mezzo passo.

«Bells ma…almeno prendi una tazza di cafè. Sai sono migliorato in cucina».

«Ne dubito molto», ribattei lievemente divertita.

«Va bene, forse dire “migliorato” è un po’ troppo. Però prima di andare dimmi come stanno gli altri. Renesmee come sta? E ad Edward come vanno gli affari? E a te? E Jacob? Bè si, qualche volta ho gli incubi, ma a parte quello è un bravo ragazzo. Come sta?», domandò a raffica curioso.

«Ehm…bè», balbettai.

Cosa gli avrei dovuto raccontare?

Che in verità Edward non avrebbe mai potuto intraprendere alcuna carriera perché, dati i suoi eterni diciasette anni, poteva solo diplomarsi e al massimo laurearsi per sempre?

Io compresa?

Che lo avevo lasciato perché sono sempre stata segretamente innamorata del “bravo ragazzo” protagonista dei suoi incubi peggiori?

Che adesso Edward era impazzito di gelosia e mi voleva morta?

Che Nessie era morta di vecchiaia a quindici anni dalla sua nascita?

No.

Non si poteva dire tutto questo.

Ma qualcosa dovevo pur dirgliela.

Una verità depurata dalle parti inconfessabili?

Un’altra bugia dove gli facevo credere che tutto andava bene?

Il mio scopo era quello di proteggerlo.

Proteggerlo dai Volturi. Proteggerlo dalla pazzia di Edward.

Ero ancora costretta a mentire.

«Va tutto bene papà. Non ci sono novità recenti che non ti abbia già detto l’ultima volta per telefono».

«Mi fa piacere, Bells. E scusami se non ti ho dato fiducia tanti anni fa. Pensavo fossi troppo giovane per sposarti e prenderi cura di una bambina», disse Charlie imbarazzato.

Abbozzai un sorriso amaro.

«Facevi di tutto per farmi lasciare Edward e farmi mettere con Jake», ricordai.

L’avessi ascoltato a suo tempo, tutto questo casino non sarebbe successo.  Avevano ragione sia lui che Rosalie: dovevo aspettare.

«Già», ridacchiò. «Ti penti mai?», chiese incerto, mentre il sorriso piano piano spariva.

Si.

«No, papà».

Non aggiunsi altro.

Era già abbastanza doloroso dover mentire su questo.

«E tu come te la passi? Presto andrai in pensione, giusto?», chiesi per cambiare argomento.

«Si. Tra qualche giorno lascio il mio lavoro di piedipiatti. Dovrò separarmi dalla mia vecchia pistola», disse guardando quel ferro vecchio con aria nostalgica. «Chissà se riusciranno a prenderlo», borbottò.

Aggrottai le sopracciglia. «A chi ti riferisci?».

«Un nuovo caso di omicidio. Perlopiù vi sono coinvolti escursionisti, qualche single che vive da solo fuori città», raccontò accigliato. «Non abbiamo ancora capito se sia un uomo o una bestia, ci sono pochi elementi su cui indagare. Mi ricorda l’omicidio di quell’operaio, quando ti eri appena trasferita qui a Forks». Poi mi guardò con sospetto, e tirò fuori il suo tono da poliziotto. «Non è che Jacob…».

«Papà!», trillai scioccata. «Non provare a pensare nemmeno per un secondo che Jacob possa essere coinvolto in una cosa del genere! Non è un assassino!».

«Bè, con quello che ho visto…», balbettò.

«Non pensi che ti avrebbe sbranato quel giorno, se fosse così?».

Ci pensò qualche istante, poi fece una smorfia.

«Si, giusto. Hai ragione, scusami», mormorò. «La prossima volta che lo sogno, proverò ad accarezzarlo», aggiunse poco convinto.

Mi venne quasi da ridere. Jake se lo sarebbe fatto fare anche nella realtà.

Quello che mi turbava era questo nuovo omicida a piede libero.

Forse non era un semplice assassino.

A maggior ragione dovevo proteggerlo anche da questa minaccia. Jake doveva esserne informato, e forse il branco sapeva qualcosa.

«Bene ora devo andare. Ti verrò a trovare presto, te lo prometto», dissi dandogli un bacio sulla guancia.

L’euforia di quell’incontro stava lentamente svanendo e il suo profumo cominciava a pizzicarmi la gola.

Meglio allontanarsi, non volevo aggiungere il mio nome alla lista nera.

«Va bene Bells, ma la prossima volta vieni con Edward. Mi piacerebbe rivederlo».

«Ehm…», mormorai titubante. «Edward è fuori per affari, starà via per un po’».

«Ah, bene, gli sta andando proprio a gonfie vele. Allora portami Renesmee, chissà come sarà diventata bella», chiese impaziente.

«Anche lei è in viaggio. Con la scuola. Vacanza lunga», mormorai. L’ennesima bugia.

 

Salutai Charlie - naturalmente lo tenni d’occhio finchè non si chiuse la porta dietro le spalle – e scattai alla velocità della luce verso casa.

  
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