DISCLAIMERS:
I personaggi di Slam Dunk appartengo a T. Inoue, mentre la canzone "Sto
quasi bene" appartiene agli Studio 3 e agli aventi diritto.
NOTE: Scrivendo Say goodbye mi sono resa
conto che non poteva lasciarla così, sono un tipo che ama i
lieto fine e pur sapendo che la vita avvolte va così... non
potevo. Io voglio scrivere di storie, se possibile, dove l'amore vince
sempre, quindi leggete e continuate a sognare con me.
RINGRAZIAMENTI:
divinakanza: prima di tutto grazie per aver commentato, di aver letto e di non avermi uccisa nel leggere il finale ^^"". Spero ti piaccia anche questo capitolo, in realtà la fic finisce bene, ma solo tra due capitoli. XD
Inoltre ringrazio tutti quelli che hanno letto la prima parte.
Sto quasi bene
Un
altro giorno stava per passare, mancava poco e sarebbe giunto in
palestra per l'allenamento pomeridiano dove si sarebbe scontrato con i
suoi sentimenti ancora più forti, più distruttivi
perché non poteva sfiorarlo. Si, perché Hanamichi
Sakuragi, detto la pazza scimmia rossa, era cambiato, di poco, ma lo
era, per poter sopravvivere al dolore di vedere la sua kitsune con
Sendo.
Da quel giorno erano passate due settimane in cui aveva sepolto il suo
cuore, dimenticandosi di tutto, sorridendo e scherzando con il Guntai,
facendo lo scemo con Yohei... riassaporando la sua libertà.
Ma durante gli allenamenti tutto era diverso, anche i compagni si erano
accorti che qualcosa non andava: non l'avevano mai visto fuggire da
Rukawa, eppure ogni giorno si scontravano con quella realtà
irreale. Non c'erano più risse e se anche si sentiva un
do'aho, il diretto interessato continuava a giocare.
Hanamichi non poteva fare altro.
Doveva picchiare la volpe?
No, non più, si era ripromesso di non ricascarci
perché toccarlo, sentire il suo profumo, sarebbe stato
troppo, e anche il solo stargli accanto semplicemente giocando insieme
era difficile da sopportare. Tanto vicino eppure così
lontano, questo pensiero lo distruggeva e se guardava al suo mondo
interiore vedeva solo macerie e sogni persi per sempre.
Risentiva ancora la voce di Rukawa dirgli che tutto era finito, che non
l’amava più… che ora stava con Sendo.
Stavano insieme.
E per lui non c’era più spazio nel cuore del moro
e, forse, non c’era mai stato. Infondo, Rukawa non gli aveva
mai detto esplicitamente di amarlo, neppure un semplice 'mi piaci'.
Semplicemente gli era saltato addosso a fine allenamento, l'aveva
baciato con passione e poi si era ritrovato stretto tra quelle braccia
a casa di Kaede. Era stato tutto così improvviso, ma era
stato felice, pensava di aver conquistato quella bella volpe. Invece si
era sbagliato e ora soffriva da morire nel pensarlo assieme a un altro,
magari si erano anche uniti fisicamente… lui non era
più nessuno.
Nonostante questo i giorni passavano, il sole sorgeva e tramontava e
lui si rendeva conto che continuava a vivere.
La scuola, i compiti non fatti, le ore di buca, gli allenamenti con la
squadra e poi di corsa a casa a studiare, a cenare con la madre per poi
uscire a divertirsi con i suoi amici. Ridere e scherzare per ogni
minima sciocchezza, mentre la sera, tra le coperte, piangere lacrime
amare, ricordare in ogni suo attimo il giorno del suo abbandono.
Solo Yohei l'aveva visto in quello stato pietoso, certo per sbaglio, ma
cosa ne poteva sapere lui che quel giorno il suo migliore amico gli
avrebbe fatto una visita?
Dannato quel giorno!
Perché sua madre l'aveva lasciato entrare in casa ad
aspettarlo?
Kami, non poteva dargli ancora un minimo di dignità, solo un
attimo per sfogarsi e fingere che tutto andasse bene? No, forse non se
lo meritava, forse era stato giusto così, perché
da quel giorno Mito si era preso il compito di farlo ridere e vivere
ancora.
E ora arrivava la parte più difficile: pochi passi e avrebbe
rivisto il suo ex-ragazzo.
Un nodo in gola stringeva forte e con il cuore a mille mise piede in
palestra: tutti si stavano già riscaldando e non fecero caso
alla sua entrata. Si guardò un po' intorno e, sospirando
piano, s'incamminò verso lo spogliatoio, aveva pochi minuti
prima dell’inizio dell'allenamento: li avrebbe usati tutti
per prepararsi psicologicamente.
Appena entrato si appoggiò al muro: come aveva previsto non
c'era nessuno in quella stanza e, più rilassato, si tolse la
giacca della divisa. In pochi passi raggiunse il proprio armadietto e
la pose al suo interno. Le mani lavoravano freneticamente con i bottoni
della camicia, quando una presenza alle sue spalle lo fece raggelare:
avrebbe sempre riconosciuto quello sguardo su di sé.
"Come stai?" si sentì chiedere e per un attimo, le macerie
dentro al suo cuore creparono ancora di più, rendendolo
incapace di respirare. Erano due settimane che Kaede non gli rivolgeva
la parola direttamente, certo anche lui non scherzava mica, ma cosa
poteva fare?
La sua anima anelava ancora Rukawa, lo desiderava e sognava di stare
ancora con lui, ma era appunto un sogno, un'illusione che lo rendeva
arido nel cuore. Non gli costava nulla immaginarsi ancora insieme,
uscire con lui e passare ore e ore abbracciati sotto il plaid sul
divano a guardare una partita di basket.
Ma non c'era più nessun noi.
Inumidendosi le labbra, si volse e dopo tanto tempo osservò
la sua kitsune: erano faccia a faccia, loro due da soli senza i
compagni di squadra. In quegli occhi blu Hanamichi lesse un frammento
di timore e pena, non desiderava vedere quei sentimenti sul suo
volto... no, perché lui era forte.
"Sto quasi bene..." disse in un sussurro quella verità
così difficile da accettare, perché era
maledettamente vero; stava riprendendosi, giorno per giorno riusciva a
vivere senza la sua volpetta narcolettica. E ora, con sguardo velato di
malinconia rispondeva sinceramente a quella domanda mentre il cuore si
sgretolava ancora un po'.
Quanto tempo ci avrebbe messo a ripararsi o, forse, non si sarebbe
potuto aggiustare?
Non c'erano risposte, solo col tempo l’avrebbe saputo.
"Nh..." replicò il moro, uscendo dallo spogliatoio,
lasciando Hanamichi a fissare la sua schiena allontanarsi e, come in un
sogno, la vide annebbiarsi e sparire nel nero corridoio. Ma stava
sognando?
No, solo lacrime amare scendevano sulle guance e sulla bocca che si
socchiuse, sospirando l'altra parte della verità, quella
distruttiva, quella che non gli dava pace: "Mi manchi, tutto qui... mi
manchi..."
Fine
La RUbricHANA
Si_apre_una_porta_e_entra_Sendo_con_un_foglietto_in_mano_e_legge:
"carissime lettrici, non prendetevela, come vi avevo precedentemente
detto la storia ha un lieto fine, quindi portate pazienza e continuate
a seguirmi. Grazie a tutte, vostra Lucy." Bene, ora vado
anch’io, ci si sente bellezze!^_________________^