Capitolo 10
Mi preparai per
andare a scuola. Almeno questo mi
era concesso dal signor “Devil”. Grazie al cielo non frequenterò la sua
stessa
scuola e rimango nella mia con le mie amiche. Non ho potuto nemmeno
chiamarle
per fargli sapere che fine avevo fatto visto che praticamente gli ho
dato buca
per l’uscita al centro commerciale che doveva esserci il giorno che
Sulfus mi
“sequestrò”. Sono rinchiusa in una gabbia d’oro. Non posso fare un
passo che
subito sono sorvegliata dagli scagnozzi del signorino.
Sono e non sono libera. Dopo la conversazione
di ieri sera a cena, me ne ritornai furiosa nella mia stanza a dormire.
Ero
talmente piena d’ira per quel cretino che ebbi difficoltà ad
addormentarmi.
Sempre lui! in pochissimo tempo è diventato il mio incubo peggiore. In
seguito,
a riportarmi alla realtà fu il bussare della porta.
-Sei pronta o
stai aspettando l’invito ufficiale
per uscire?- mi chiese con la sua “grazia” il padrone di casa.
-Sempre gentile
eh. Ora esco- dissi sbuffando.
Aprii la porta trovandomelo davanti. Però. Non era affatto male con la
sua
divisa scolastica. Camicia nera con giacca e pantaloni grigio scuro.
Anche lui
mi fissava ma il sorriso malizioso che mi rivolse non mi piacque per
niente.
Solito maniaco. Si sarà fatto un'altra volta le sue fantasie erotiche.
La mia
divisa non era niente di che. Un semplice vestito alla marinara con un
fiocco
rosso sul petto.
-Per tutti i
diavoli! Non pensavo fossi carina
anche con quella stupida divisa della tua scuola-
-Sarebbe un
complimento?- chiesi chiudendo la
porta della stanza. Ora eravamo solo io e lui in corridoio.
-Pensala come
vuoi. Comunque andiamo che dobbiamo
fare colazione- disse facendomi strada verso la sala da pranzo.
L’enorme tavolo
stavolta è pieno di leccornie e
bevande. Sembra più un buffet che una colazione. Certo che la famiglia
Zolfanelli non bada a spese per quanto riguarda il cibo. C’è n’è da
sfamare un
esercito. Io ovviamente mi presi un bicchiere di latte con biscotti al
cioccolato. Ne vado matta fin da piccola. Mentre lui si servi una tazza
di
caffè con una ciambella. Chissà se variava ogni mattina visto che sul
tavolo
c’è da scegliere tra tutte le bevande esistenti al mondo. C’è perfino
il thè
verde.
-Ehy
angioletto! Che taglia porta?- mi chiese
all’improvviso. Che? Ma che domande mi fa di punto e in bianco?
-C’è la droga
dentro al caffè?- domandai ironica.
-Non essere
idiota! Ti ho solo fatto una domanda-
-Solo una
domanda? Maniaco! A cosa ti serve sapere
la mia taglia?-
-Bada a come
parli, stupida. Lo so già di essere
un maniaco ma tu sei l’ultima persona che può dirmelo visto che nemmeno
ti ho
sfiorata. Mi servono le tue misure per farti preparare un vestito da
sera. Di
certo non ti faccio partecipare al ballo del ministro vestita come una
stracciona-
-Stupida a chi,
cretino! E poi chi ti ha detto che
parteciperò a questo ballo?-
-Uno: non
insultarmi se non vuoi che la mia
pazienza trabocchi. Due: ti ricordo che stai in casa mia. E tre: tu
parteciperai al ballo perché lo dico io. Non hai scelta-
-Ed io ti
ricordo che non sono un oggetto!-
-Non io sono
stato il primo a trattarti da oggetto
ma tuo padre. Dovresti ringraziarmi piuttosto che sputarmi veleno ogni
volta
che mi parli. Io avrei tutti i diritti di fare di te quel che voglio ma
non mi
sembra che ti sto trattando male. Hai una stanza che è tra le più belle
della
residenza, mangi e vieni trattata da regina. E tu che fai? Non fai che
insultarmi ed essere fredda. Bella ricompensa davvero- disse
innervosendosi.
Non so che
dire. Purtroppo ha ragione. Sto
sbagliando a comportarmi così con lui ma non riesco ad essere gentile
con colui
che ha mandato in rovina mio padre.
Restammo zitti
per il resto della colazione finché
non ci dissero che era pronta l’auto fuori.
Uscimmo di casa
dove ci aspettava la limousine per
andare a scuola e come al solito, Gas era al volante.
-Porto prima
milady o te, Sulfus?- disse Gas.
-Prima lei,
Gas-
-Ma no. Puoi
benissimo andare prima tu- dissi. Non
volevo che a scuola mi vedessero sull’auto della famiglia Zolfanelli.
-Insisto. La
tua scuola è la più vicina e poi la
tua campanella suona prima rispetto alla mia. Andando prima da me,
arriveresti
in ritardo- Cavolo! Si è informato pure sulla mia scuola.
-Ok- Non mi
resta che cedere. Tanto prima o poi si
verrà a sapere che vivo con questo scemo.
-Comunque non
mi hai ancora detto la tua taglia-
insistette.
-Porto la S.
Soddisfatto?-
-E di piede?-
mi chiese ancora.
-38-
-Bene. Domani
arriverà tutto il necessario per
prepararti al ballo. Il ministro compie 70 anni e perciò la festa dovrà
essere
impeccabile-
Annuì e per il
resto del tragitto, restammo in
silenzio.
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La lasciamo
davanti al cancello della scuola e ce
ne andammo in direzione del mio istituto del cavolo. Piena di figli di
papà che
non possono nemmeno considerarsi uomini. Adesso che ci penso, credo
proprio che
oggi a ricreazione farò una bella chiacchierata con Gabi il pappamolle.
-Ed io che
pensavo che le divise scolastiche
rovinassero l’aspetto femminile- disse Gas continuando a guidare.
-Che stai
blaterando?- dissi accendendomi una
sigaretta. Ci vuole proprio un po’ di nicotina la mattina.
-Intendo Raf. A
lei perfino uno straccio starebbe
bene. Ha un fisico che può star bene con tutto. Non ce la vedo male
come
modella-
-Hai ragione ma
cosa ti ho detto? Non guardare
troppo ciò che è mio ormai-
-Tranquillo,
capo. I miei sono solo giudizi e non
la consumerò mica guardandola-
-Lo spero per
te- dissi spegnendo la cicca. Ormai
siamo arrivati all’istituto. Scesi dalla macchina e andai nella mia
aula
salutando tutti soprattutto le pollastrelle. Sono sempre contente di
vedermi a
differenza dei ragazzi. Tutta invidia ovviamente.
Passarono le
ore di lezione e arrivò il momento
dell’intervallo. A noi due, Gabi. Non vedo l’ora di vedere che faccia
farai
durante la nostra conversazione.
Andai nella sua
classe e lo trovai appollaiato sul
davanzale della finestra.
-Ehy idiota di
una femminuccia. Come stai?- lo
salutai con un sorriso straffottente. Lui si girò già sudando freddo.
Ancora mi
fa una certa impressione, o meglio dire disgusto, a ricordare che
questo
stronzo davanti a me è il fidanzato dell’angioletto.
-B-bene,
Zolfanelli-
-Su via!
Chiamami Sulfus. Per tua disgrazia,
abbiamo la stessa età-
-Ok-
-Vieni un
attimo con me che ti voglio parlare di
una cosa che di sicuro ti interesserà parecchio-
-D’accordo-
Sempre loquace
eh. Tra poco resterà davvero senza
parole.
Andammo in
cortile e così cominciai con la mia
tortura.
-Senti un po’,
tu sei fidanzato, giusto?-
-Sì-
-Non pensare
male. Te l’ho chiesto solo per
curiosità. Non sono gay-
-E’ impossibile
pensarlo visto che sei stato con
tutte le ragazze della scuola- Però! Non è poi così stupido.
-Lei si chiama
Raf Serafini, vero?- dissi con non
curanza sotto lo sguardo sorpreso di lui.
-Come fai a
saperlo? Nessuno lo sa a parte le
nostre due famiglie-
-Diciamo che ho
i miei informatori. Peccato che non
ce l’abbia pure tu. L’hai vista o sentita ieri?- dissi accendendomi una
sigaretta.
-Dove vuoi
arrivare, Sulfus?- disse facendosi
cupo.
-Da nessuna
parte, mio caro. Ti voglio
semplicemente fare i complimenti per il tuo buon gusto in fatto di
donne. Bionda,
occhi azzurri… un vero angelo. Sei stato fortunato ad esserti fidanzato
con
lei-
Lui non disse
niente continuando a fissarmi con i
pugni stretti.
-Peccato che
lei non sia altrettanto fortunata. Tu
non puoi assolutamente definirti un uomo. Ma presto tutto cambierà. Ti
do una
notizia flash. Io e lei abitiamo insieme- continuai.
-Cosa?- chiese
sconvolto e offeso per
quell’insulto.
-Hai sentito
bene. Conviviamo sotto lo stesso
tetto- dissi sorridendo maligno.
-Che significa
tutto ciò? Il signor Serafini non
mi ha detto niente- disse furioso.
-Capita di
dimenticarsi certe cose. Ti do un
consiglio. Cercati un'altra poveretta da sposare. A lei, tu non piaci.
Non
riusciresti nemmeno a soddisfarla quando arriverà il momento di fare
sesso.
Come avete passato il tempo tra voi finora? Giocando a monopoli o a
scacchi?-
-Non sono
affari tuoi, Zolfanelli. Lei rimane la
mia fidanzata dovunque essa sia. Un accordo è un accordo-
-Ne sei proprio
innamorato a quanto vedo. Non
posso darti torto. E’ una ragazza incantevole e mi stupisce che tu
abbia
resistito nel saltarle addosso-
-Differentemente
da te, Sulfus, io sono un vero
gentiluomo e non un animale selvaggio-
-Che belle
parole ma stai tranquillo che io non
farò il tuo stesso errore-
-Che vorresti
dire?- disse rosso di rabbia.
-Che forse uno
di questi giorni, il nostro caro
angioletto non sarà più vergine-
-Bastardo!-
disse facendo per colpirmi in volto ma
io lo fermai prontamente.
-Coraggioso da
parte tua fare questa mossa
azzardata tuttavia non puoi niente contro di me, Gabi. Ricordati che io
ti sto
sopra in tutto-
-La pagherai
molto cara un giorno, Sulfus-
-Non è la prima
volta che me lo dici e ancora non mi
è successo niente. Anzi. Ancora vivo e regno-
-Per ora. E’
vero che io sono debole rispetto a te
ma arriverà un giorno una persona che ti saprà dare il ben servito-
-Ehy sfigato,
mi stai forse lanciando una
maledizione?-
-No. E’
semplicemente quello che succederà prima o
poi-
-Vedremo, Gabi.
Vedremo- dissi trattenendo ancora
il suo pugno. Mi aggrappai al suo braccio e lo sbattei a terra.
-A presto,
pappamolle- lo salutai con un cenno
della mano per poi ritornarmene in aula.
Avrà ragione?
Succederà che qualcuno mi fermerà?
Io, l’inarrestabile Sulfus Zolfanelli.
Continua…