Tracce
di Cristina Donà,
Depeche Mode, Doors e Cure in questo capitolo.
Breathe
‘Sei
qualcosa
d’impossibile da raggiungere, ma è soltanto una
questione di tempo. Sei come
l’idea platonica di bellezza, ma non riesco a toccarti, io
non so perché’
-Bluvertigo
Le suole gommose delle scarpe baciano
l’asfalto gelido. La
luna emana un vago alone, oscurata dalle nuvole vaporose, in quel cielo
corvino
come la chioma di una Venere inventata, una Venere che gioca a dadi con
i cuori
mortali di noi uomini, che ride delle nostre paure e dei nostri
problemi
minuscoli quanto la nostra rilevanza nel gioco detto ‘destino’.
Una volta, tra le pagine polverose d’un libro, il
biondo, trovò una strana similitudine che paragonava
l’amore ad una gabbia
piacevole, ad una prigionia salvifica. E si chiese, allora, come si
potesse
definire tale una cosa gioiosa come l’amore, si chiese cosa
significasse
sentirsi così schiavi di questo sentimento. Costantemente
inchinati al suo
volere, pronti a lasciarsi trascinare lontano dai propri desideri di
pace. Non
era stato capace di capirlo, mentre, freddo e caldo allo stesso tempo,
in una
camera troppo illuminata, gemeva tra le cosce bianche della sua prima
ragazza.
Non l’aveva capito neanche fra migliaia di ventri e labbra e
capelli oleosi,
con la pelle sudata che aderiva al divano in pelle, in balia di seni
violacei e
capezzoli come bottoncini. Era umiliante pensare al modo in cui aveva
scoperto
l’altra faccia dell’amore, tra il silenzio sommesso
di una penombra accennata,
in una notte londinese, con le labbra più rosse del solito.
Dom adora le case in periferia, le
trova affascinanti,
lontane dal caos del centro, dotate di una strana aria decadente,
totalmente
fuori luogo, risplendono illuminate dalla luna come tante schiene
ricurve.
Quella casa profuma di Tamigi e
lucciole, profuma di lontano
e di cielo stellato. E’ in periferia, è lontana.
Sono le 21.15, ma Dominic non si
sente in ritardo, quei
quindici minuti in più li ha poeticamente sprecati a
guardare l’acqua del fiume
incresparsi in una danza continua, le onde piedi di zingara iperattivi.
La casa
è ormai poco distante, l’aria sembra umida ma non
piove, il cielo sta solo
avvertendo gli uomini di coprirsi, di prepararsi ad accogliere la
pioggia. Dom
bussa alla porta, Dom guarda ancora il cielo, Dom si gratta la tempia,
Dom
aspetta.
La porta scricchiola ed un ‘Ciao’ sosta
lì a mezz’aria.
-Ciao. -
Matt è tornato, si sente
dal tono più naturale della voce,
più somigliante a quello del giovane scapestrato e timido di
Teignmouth. Sembra
più piccolo, avvolto nella felpa troppo larga, di un nero
uniforme ed in un
paio di pantaloni del medesimo colore. S’abbina al cielo,
l’ha sempre fatto.
-Andiamo, Dom?.-
E il giovane piccolo percussionista
vorrebbe chiedere dove,
quando e perché, ma s’annoia probabilmente,
così decide di fidarsi del Matt
rinato. Annuisce.
- Dom, hai fame?.-
-No .-
-Ok. -
- Perché volevi offrirmi
la cena?.-
- Forse.-
Il minuscolo omuncolo inglese si
dirige verso la sua auto
giocherellando con le chiavi lucenti.
Apre lo sportello e fa cenno a Dom di
seguirlo. I due
entrano nell’abitacolo riscaldato, Matt spegne la radio ed il
biondo cerca
d’accendersi una sigaretta.
-Non lo fare, ho la nausea.-
Missione fallita, Dom ripone la
sigaretta nel pacchetto di
plastica bianco e rosso. Sbuffa e guarda fuori dal finestrino il mondo
cominciare a muoversi, prima lentamente, poi sempre più
veloce.
-Non t’interessa sapere
dove andiamo?.-
-A dir la verità non
tanto, basta che facciamo presto o
domani non mi sveglio.-
-Ti sveglio io domani.- La risposta
del chitarrista lascia
leggermente basito Dom che aggrotta le sopracciglia e non risponde
all’affermazione,
uccidendo così quello strano scambio di battute.
Matt sembra sapere con precisione
dove andare, e la cosa è
positiva in un certo senso.
Guida in modo davvero strano, il
moro, guarda la strada ma
sembra che non lo faccia, sembra immerso nei suoi pensieri e Dom
vorrebbe
chiedergli di far guidare lui. Sarebbe inutile comunque, Matthew
direbbe
sicuramente di no.
Matt ora canticchia, facendo sembrare
quell’uscita quasi un
appuntamento, come fossero una lurida coppietta qualsiasi. Mugugna il
ritmo di
una canzone inglese, forse The Scientist, ma il biondo non
n’è sicuro. Di
quando conobbero i Coldplay ricorda solo un sentimento di odio o
semplice
gelosia nei confronti di Chris Martin, era geloso
dell’amicizia che stava
nascendo fra lui e Matt, quella sorta di rivalità
giocherellona.
Mordersi il labbro mentre i due
giocavano era a quei tempi
diventato quasi un passatempo.
-Ti senti ancora con Chris?.-
Matt guarda stupito il biondo,
socchiude gli occhi e alza le
sopracciglia in un’espressione interrogatoria, quasi dicesse
‘Ma sei scemo o
cosa?’.
- Dom, è logico che
‘mi sento’ ancora con Chris, ieri
eravamo al bar con lui.-
Dom ridacchia, lo fa sinceramente
dopo un po’ di tempo.
-Intendevo Chris Martin, il cratere
fra i denti, biondino …
Hai presente?.-
-Ah! E ci vuole tanto a dirlo?
Comunque no, non ci sentiamo
da un po’. Immagino ti faccia piacere.-
Matt scruta Dom con la coda
dell’occhio, mentre guida ancora
verso una meta ignota.
-Perché dovrebbe farmi
piacere?.-
-Non eravate grandi amici, tutto qui.-
-Non ho la più pallida
idea di cosa tu stia dicendo, Bells.-
Dom ride
-Ah, davvero? … Comunque
siamo arrivati.-
Davanti a loro si staglia una distesa
di buio denso, il
cielo ha lasciato scappare le stelle prima visibili.
-Dove siamo?.-
Matt si guarda attorno e parcheggia
l’auto in uno dei tanti
spazi appositi.
Un enorme parcheggio, si direbbe. Ci
sono tantissimi
abitacoli colorati,tante auto, abbandonate lì. Quel posto
è tetro, nella
periferia di Londra. E’ un enorme centro commerciale, uno di
quei discount in
cui ci trovi davvero di tutto, persino un fucile di precisione.
Lontano, sulla
collina, si vede il fuoco di una probabile dimora di barboni.
Ora Dom ricorda, barboneggiavano
anche loro tra quelle
parti, quando arrivarono a Londra con qualche soldo in tasca. Non che fossero veri
barboni … Insomma
s’accamparono lì per una notte, accasciandosi tra
il freddo, lasciando che i
maglioni abnormi coprissero le loro mani screpolate dal vento londinese.
-Ma qui … - sussurra il
biondo.
-Ti ricordi?.- Matt apre la portiera
lasciando entrare un
vento sinuoso che volteggia sul naso rossastro di Dom. Il moro scende e
fa
cenno al biondo di seguirlo.
Dom apre la portiera, distrugge il
tepore nascosto tre le
pieghe del suo corpo. Cammina sul terreno mal asfaltato e si posiziona
affianco
a Matt, che osserva nostalgicamente quel luogo.
-Sì, mi ricordo.-
-E ci torneresti, a quel giorno?.-
-Matt, non lo so. Non eravamo i Muse,
quel giorno.-
-Sì, ma se potessi
scegliere fra divenire famoso o star con
me senza problemi?.- Matt è sincero.
- Non lo so. - Dominic si sente a
disagio, quel luogo gli
incute una strana sensazione di spavento, forse perché
sembra ancora
incastonato in quell’epoca lontana.
Come
riascoltare
‘Riders on the Storm’.
-Like a dog without a bone.- Matt
canticchia.
-Che domanda del cazzo che hai
cacciato.-
-Sì, lo so. Vieni.-
Matt prende la mano di Dom e lo
trascina con sé fino ad una
sorta di capanna aperta, contenente tanti carrelli.
Pioviggina.
La mano del moro è ruvida,
come attraversata da mille
schegge, quasi fosse asilo di stigmate profonde. Un santo, un martire
che martoria.
Quella più morbida di Dom,
che sembra una sacca calda in cui
avvolgere le proprie paure, si lascia pungolare
dall’elettricità nata tra quel
tocco.
‘respira’.
L’aria ha l’asma,
il cielo geme.
Un tuono squarcia il silenzio.
Matt corre sbilenco e si getta al
riparo, trascinando con sé
Dom, sotto quella cupola azzurrina, dove sostavano più o
meno tre carrelli,
contenenti sciarpe o guanti, coperte luride di chissà chi.
Matt ride, ha il fiatone.
-Perché m’hai
portato qui?.-
Matt s’avvicina
pericolosamente al viso del biondo, sul suo
naso cereo una goccia balla in bilico, gli occhi sono ridenti, la bocca
serrata. Le sue mani si poggiano delicatamente sul collo scoperto del
biondo,
che indossa una maglia con annesso scollo a ‘v’.
Dom osserva le scarpe del moro.
Poi, Matt, gli perfora il labbro. Lo
cinge fra entrambe le
sue labbra violacee dal freddo. Lo avvolge, quel labbro inferiore, lo
martoria,
lo succhia, lo lecca, lo appanna col suo fiato.
Quel labbro diventa il
finestrino/tela appannato che vive
nei giorni di pioggia.
Dom serra gli occhi, immobile, la
bocca semiaperta, inerme
come un orologio d’antiquariato non funzionante.
Assapora l’essenza di vino
rosso che rilascia la saliva di
Matt, assorbe il rumore della pioggia che batte sul tetto di plastica.
Matt abbandona quel labbro, gli occhi
sono due fessure
iceberg, come se si sentisse estremamente rilassato da quel contatto.
Dom l’osserva.
L’epidermide pulsa
d’eccitazione, pulsa talmente tanto che
la voglia di nutrirsi famelicamente di Matt schiaccia la paura di
ricadere in
quel baratro di vasche e deliri.
Nei recessi della mente, un ordine
parte veloce, fino ad
arrivare alle mani, che ora aggrediscono violente le spalle del moro.
Dom l’afferra, spinge il
corpicino di Matt contro il suo,
forte, con violenza.
Il petto di Matt comprime quasi la
gabbia toracica del
biondo, il cuore urla, claustrofobico.
E la bocca di Dom mangia vorace
quella di Matt, soffia aria
fino alle sue corde vocali.
Gli ombelichi si guardano a vicenda,
le cosce si sfiorano, i
bacini dialogano insieme.
E’ un fagocitare
d’emozioni e passione, quel bacio.
Sono le braccia di Dom che si
incrociano attorno alla vita
del moro, imprigionandolo in quella morsa.
Le tre note di Con-science strisciano
sul suolo d’asfalto.
Matt apre le labbra, alita ancora
tutto il suo essere sulla
bocca dell’amante.
Deve comandare, violare Dom
lì, in quell’istante, nel modo
più squallido che esista.
Il moro spinge il batterista
nell’antro più scuro di quella
cuccetta, fa aderire violentemente la schiena di Dom alla parete, gli
morde
forte un orecchio.
Dom geme, stringe i pugni.
Le due erezioni si toccano.
Il suono ritmico dei pneumi
d’entrambi ascende verso le
nuvole.
Matt s’immerge nel collo
del biondo, che poggia entrambe le
mani sulle spalle del moro. La pioggia si fa più forte.
Irriconoscibili, i due amanti si
strusciano in un parcheggio
… la vita è proprio strana.
Dom si morde le labbra, Matt morde
quelle del biondo.
Il corpo del cantante si struscia
forte contro quello di
Dom, quasi s’accende un fuoco da quel contatto.
I gemiti sommessi sono uditi solo
dalle particelle vaganti.
-Non
qui.-
mugugna Dom.
-If only tonight we could sleep… If only tonight we could fall…-
canta
Matt di tutta risposta, con il fiatone, con la pelle bollente e un
orgasmo che
si nasconde fra le sue ossa.
Matt deterge con la saliva
appiccicata alla sua lingua il
collo liscio di Dom, deterge il suo petto, deterge la sua camicia nera.
Ora brama con la lingua la fibbia
della cintura, inarcando
la schiena e appoggiando le mani sui fianchi del manichino biondiccio,
inerte.
E con i denti sfila la cinta, e bacia
il bottone del jeans,
mentre proliferano germi ovunque.
Esserini ributtanti che
s’arrampicano sull’edera del corpo
di Dom.
Il biondo prende a pugni la parete
umida, scivolosa come il
dorso di una lumaca.
-No.-
-Zitto.-
Matt apre giusto il necessario la
zip, proprio come si fa
quando sai di non poter cadere più in basso di questo.
Avvolge fra le sue
labbra viola la vergogna eretta di Dom, la verga con parole non dette,
la
spinge sulle pareti rossastre della sua bocca.
Dom ritrae le sue iridi
all’interno della palpebra, le
lascia vagare in quella membrana calda e molliccia, gli occhi si
ritraggono. Le
convinzioni si dissolvono, ancora. La sua coscienza corre
sull’asfalto bagnato
di quel parcheggio, i suoi piedi sono gelati, i suoi capelli umidi,
ogni
singola cellula del suo corpo eccitata, il bacino in fiamme.
‘To
bring you free love’
Matt si sente offuscatamente felice.
Si sente portatore di un qualcosa,
che potrebbe essere amore
o solo eccitazione. Un dono fra le sue mani, una bocca umida,
un’auto
abbandonata, un bacino che lo sostiene.
La sua nuca che si spinge sempre
più in avanti, come se
sapesse già cosa fare, come se fosse esperto nel far
impazzire quell’uomo.
Ancora.
Veloce.
Delirio e
nirvana
insieme.
Il sesso caldo di Dom che esplode fra
le sue labbra.
Calore che si dipana nel suo corpo,
piano, come fiele che si
distribuisce per bene.
Dom emette un piccolo urlo soffocato,
un lamento di bimbo,
mentre si sente svuotato da ogni paura, mentre sente già che
ne sta partorendo
altre, di paure, che s’arrampicano in lui.
Il fiato d’entrambi che si
fonde.
Le fronti sciolte in sudore, le mani
gelide che cercano la
bocca dell’altro.
Le dita di ghiaccio di Matt che
strizzano le labbra tremanti
del biondo.
‘Quanta
bellezza
aggredita, sciupata?’
La cintura che viene chiusa veloce,
vergogna.
Un bacio sulle labbra di Dom, un
bacio che ha il sapore
della sua stessa essenza, che lo disgusta e lo infastidisce
perché le labbra di
Matt sembrano serene.
Click.
Qual è la linea di confine
fra dove tu inizi ed io finisco?
Esiste questa linea?
Due mani che s’incontrano e
che spingono il biondo di nuovo
verso l’auto.
La notte è lunga, e
c’è una casa solitaria in periferia, di
quelle che piacciono tanto al biondo, c’è una casa
dove si può sentire il
Tamigi danzare, c’è una casa dove
c’è un letto mai troppo caldo e mai troppo stretto
per due persone.
Click
… Flash.
Spazio
dell’autrice:
Eccomi, dopo tanto tanto, troppo
tempo!
Perdonatemi, sinceramente, ma sono
impegnatissima e non ho
avuto né tempo né voglia di scrivere ultimamente.
Questo capitolo è
stato…impegnativo per me, credo.
Insomma ho sofferto scrivendo, devo
dire.
Nel prossimo capitolo
succederà qualcosa, promesso, giurin
giurello, o come ca$$o si dice .
Passo a ringraziare chiunque abbia recensito o messo la storia fra le preferite, e chiunque mi sostiene.
Prima di tutto le mie migliori amiche, che non so come, ma riescono sempre a leggere ogni singola minchiata che scrivo e riescono sempre a darmi la forza di andare avanti, di coltivare questa mia passione.
‘Coltivala come i fiori del male.’ Come dice quel matto di un prof.
Beh, e un grazie ad ogni persona lontana e vicina che mi sostiene. Vi voglio bene;
Bene, dopo il momento
“ringrazia come fossi una diva”, vi
ringrazio singolarmente.
Deathnotegintama
:
Adoro totalmente quel tuo ‘giusto gusto dello
squallido’.
Sei
un mito, grazie immensamente!
Lilla
Wright: Le tue
recensioni onomatopeiche mi fanno sempre sorridere un sacco **
Grazie
mille, Lilla!
WhItE_mOoN92
: TU! Ahahauhauah.
Grazie sempre e costantemente, non credo ci sia bisogno di dire altro.
Io e te
ci siamo ‘fatte’ purtroppo metaforicamente, Wembley
insieme! Ahahahaha. Ti
voglio un bene della malora! <3
_DyingAtheist
:
Sono stracontenta ti sia piaciuto il capitolo, e sono felicerrima che
ti sia
piaciuta l’intera storia.
Grazie
di tutto cuore.
Beeeeh,
ci si rivede.
S.