Fanfic su artisti musicali > Muse
Segui la storia  |       
Autore: past_zonk    06/10/2010    7 recensioni
"Fuori s’inizia a sentire il rumore della pioggia che precipita dal cielo. La finestra semiaperta lascia che un soffio si vento gelido penetri nella stanza spoglia. Matt rabbrividisce, Dominic non s’accorge quasi di quell’alito puro. Nulla ha senso."
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tracce di Cristina Donà, Depeche Mode, Doors e Cure in questo capitolo.

 

Breathe

 

‘Sei qualcosa d’impossibile da raggiungere, ma è soltanto una questione di tempo. Sei come l’idea platonica di bellezza, ma non riesco a toccarti, io non so perché’

                                                                                                                                           -Bluvertigo

 

 

Le suole gommose delle scarpe baciano l’asfalto gelido. La luna emana un vago alone, oscurata dalle nuvole vaporose, in quel cielo corvino come la chioma di una Venere inventata, una Venere che gioca a dadi con i cuori mortali di noi uomini, che ride delle nostre paure e dei nostri problemi minuscoli quanto la nostra rilevanza nel gioco detto ‘destino’. Una volta, tra le pagine polverose d’un libro, il biondo, trovò una strana similitudine che paragonava l’amore ad una gabbia piacevole, ad una prigionia salvifica. E si chiese, allora, come si potesse definire tale una cosa gioiosa come l’amore, si chiese cosa significasse sentirsi così schiavi di questo sentimento. Costantemente inchinati al suo volere, pronti a lasciarsi trascinare lontano dai propri desideri di pace. Non era stato capace di capirlo, mentre, freddo e caldo allo stesso tempo, in una camera troppo illuminata, gemeva tra le cosce bianche della sua prima ragazza. Non l’aveva capito neanche fra migliaia di ventri e labbra e capelli oleosi, con la pelle sudata che aderiva al divano in pelle, in balia di seni violacei e capezzoli come bottoncini. Era umiliante pensare al modo in cui aveva scoperto l’altra faccia dell’amore, tra il silenzio sommesso di una penombra accennata, in una notte londinese, con le labbra più rosse del solito.

Dom adora le case in periferia, le trova affascinanti, lontane dal caos del centro, dotate di una strana aria decadente, totalmente fuori luogo, risplendono illuminate dalla luna come tante schiene ricurve.

Quella casa profuma di Tamigi e lucciole, profuma di lontano e di cielo stellato. E’ in periferia, è lontana.

Sono le 21.15, ma Dominic non si sente in ritardo, quei quindici minuti in più li ha poeticamente sprecati a guardare l’acqua del fiume incresparsi in una danza continua, le onde piedi di zingara iperattivi. La casa è ormai poco distante, l’aria sembra umida ma non piove, il cielo sta solo avvertendo gli uomini di coprirsi, di prepararsi ad accogliere la pioggia. Dom bussa alla porta, Dom guarda ancora il cielo, Dom si gratta la tempia, Dom aspetta.

La porta scricchiola ed un ‘Ciao’ sosta lì a mezz’aria.

-Ciao. -

Matt è tornato, si sente dal tono più naturale della voce, più somigliante a quello del giovane scapestrato e timido di Teignmouth. Sembra più piccolo, avvolto nella felpa troppo larga, di un nero uniforme ed in un paio di pantaloni del medesimo colore. S’abbina al cielo, l’ha sempre fatto.

-Andiamo, Dom?.-

E il giovane piccolo percussionista vorrebbe chiedere dove, quando e perché, ma s’annoia probabilmente, così decide di fidarsi del Matt rinato. Annuisce.

- Dom, hai fame?.-

-No .-

-Ok. -

- Perché volevi offrirmi la cena?.-

- Forse.-

Il minuscolo omuncolo inglese si dirige verso la sua auto giocherellando con le chiavi lucenti.

Apre lo sportello e fa cenno a Dom di seguirlo. I due entrano nell’abitacolo riscaldato, Matt spegne la radio ed il biondo cerca d’accendersi una sigaretta.

-Non lo fare, ho la nausea.-

Missione fallita, Dom ripone la sigaretta nel pacchetto di plastica bianco e rosso. Sbuffa e guarda fuori dal finestrino il mondo cominciare a muoversi, prima lentamente, poi sempre più veloce.

-Non t’interessa sapere dove andiamo?.-

-A dir la verità non tanto, basta che facciamo presto o domani non mi sveglio.-

-Ti sveglio io domani.- La risposta del chitarrista lascia leggermente basito Dom che aggrotta le sopracciglia e non risponde all’affermazione, uccidendo così quello strano scambio di battute.

Matt sembra sapere con precisione dove andare, e la cosa è positiva in un certo senso.

Guida in modo davvero strano, il moro, guarda la strada ma sembra che non lo faccia, sembra immerso nei suoi pensieri e Dom vorrebbe chiedergli di far guidare lui. Sarebbe inutile comunque, Matthew direbbe sicuramente di no.

Matt ora canticchia, facendo sembrare quell’uscita quasi un appuntamento, come fossero una lurida coppietta qualsiasi. Mugugna il ritmo di una canzone inglese, forse The Scientist, ma il biondo non n’è sicuro. Di quando conobbero i Coldplay ricorda solo un sentimento di odio o semplice gelosia nei confronti di Chris Martin, era geloso dell’amicizia che stava nascendo fra lui e Matt, quella sorta di rivalità giocherellona.

Mordersi il labbro mentre i due giocavano era a quei tempi diventato quasi un passatempo.

-Ti senti ancora con Chris?.-

Matt guarda stupito il biondo, socchiude gli occhi e alza le sopracciglia in un’espressione interrogatoria, quasi dicesse ‘Ma sei scemo o cosa?’.

- Dom, è logico che ‘mi sento’ ancora con Chris, ieri eravamo al bar con lui.-

Dom ridacchia, lo fa sinceramente dopo un po’ di tempo.

-Intendevo Chris Martin, il cratere fra i denti, biondino … Hai presente?.-

-Ah! E ci vuole tanto a dirlo? Comunque no, non ci sentiamo da un po’. Immagino ti faccia piacere.-

Matt scruta Dom con la coda dell’occhio, mentre guida ancora verso una meta ignota.

-Perché dovrebbe farmi piacere?.-

-Non eravate grandi amici, tutto qui.-

-Non ho la più pallida idea di cosa tu stia dicendo, Bells.- Dom ride

-Ah, davvero? … Comunque siamo arrivati.-

Davanti a loro si staglia una distesa di buio denso, il cielo ha lasciato scappare le stelle prima visibili.

-Dove siamo?.-

Matt si guarda attorno e parcheggia l’auto in uno dei tanti spazi appositi.

Un enorme parcheggio, si direbbe. Ci sono tantissimi abitacoli colorati,tante auto, abbandonate lì. Quel posto è tetro, nella periferia di Londra. E’ un enorme centro commerciale, uno di quei discount in cui ci trovi davvero di tutto, persino un fucile di precisione. Lontano, sulla collina, si vede il fuoco di una probabile dimora di barboni.

Ora Dom ricorda, barboneggiavano anche loro tra quelle parti, quando arrivarono a Londra con qualche soldo in tasca.  Non che fossero veri barboni … Insomma s’accamparono lì per una notte, accasciandosi tra il freddo, lasciando che i maglioni abnormi coprissero le loro mani screpolate dal vento londinese.

-Ma qui … - sussurra il biondo.

-Ti ricordi?.- Matt apre la portiera lasciando entrare un vento sinuoso che volteggia sul naso rossastro di Dom. Il moro scende e fa cenno al biondo di seguirlo.

Dom apre la portiera, distrugge il tepore nascosto tre le pieghe del suo corpo. Cammina sul terreno mal asfaltato e si posiziona affianco a Matt, che osserva nostalgicamente quel luogo.

-Sì, mi ricordo.-

-E ci torneresti, a quel giorno?.-

-Matt, non lo so. Non eravamo i Muse, quel giorno.-

-Sì, ma se potessi scegliere fra divenire famoso o star con me senza problemi?.- Matt è sincero.

- Non lo so. - Dominic si sente a disagio, quel luogo gli incute una strana sensazione di spavento, forse perché sembra ancora incastonato in quell’epoca lontana.

Come riascoltare ‘Riders on the Storm’.

-Like a dog without a bone.- Matt canticchia.

-Che domanda del cazzo che hai cacciato.-

-Sì, lo so. Vieni.-

Matt prende la mano di Dom e lo trascina con sé fino ad una sorta di capanna aperta, contenente tanti carrelli.

Pioviggina.

La mano del moro è ruvida, come attraversata da mille schegge, quasi fosse asilo di stigmate profonde. Un santo, un martire che martoria.

Quella più morbida di Dom, che sembra una sacca calda in cui avvolgere le proprie paure, si lascia pungolare dall’elettricità nata tra quel tocco.

‘respira’.

L’aria ha l’asma, il cielo geme.

Un tuono squarcia il silenzio.

Matt corre sbilenco e si getta al riparo, trascinando con sé Dom, sotto quella cupola azzurrina, dove sostavano più o meno tre carrelli, contenenti sciarpe o guanti, coperte luride di chissà chi.

Matt ride, ha il fiatone.

-Perché m’hai portato qui?.-

Matt s’avvicina pericolosamente al viso del biondo, sul suo naso cereo una goccia balla in bilico, gli occhi sono ridenti, la bocca serrata. Le sue mani si poggiano delicatamente sul collo scoperto del biondo, che indossa una maglia con annesso scollo a ‘v’.

Dom osserva le scarpe del moro.

Poi, Matt, gli perfora il labbro. Lo cinge fra entrambe le sue labbra violacee dal freddo. Lo avvolge, quel labbro inferiore, lo martoria, lo succhia, lo lecca, lo appanna col suo fiato.

Quel labbro diventa il finestrino/tela appannato che vive nei giorni di pioggia.

Dom serra gli occhi, immobile, la bocca semiaperta, inerme come un orologio d’antiquariato non funzionante.

Assapora l’essenza di vino rosso che rilascia la saliva di Matt, assorbe il rumore della pioggia che batte sul tetto di plastica.

Matt abbandona quel labbro, gli occhi sono due fessure iceberg, come se si sentisse estremamente rilassato da quel contatto.

Dom l’osserva.

L’epidermide pulsa d’eccitazione, pulsa talmente tanto che la voglia di nutrirsi famelicamente di Matt schiaccia la paura di ricadere in quel baratro di vasche e deliri.

Nei recessi della mente, un ordine parte veloce, fino ad arrivare alle mani, che ora aggrediscono violente le spalle del moro.

Dom l’afferra, spinge il corpicino di Matt contro il suo, forte, con violenza.

Il petto di Matt comprime quasi la gabbia toracica del biondo, il cuore urla, claustrofobico.

E la bocca di Dom mangia vorace quella di Matt, soffia aria fino alle sue corde vocali.

Gli ombelichi si guardano a vicenda, le cosce si sfiorano, i bacini dialogano insieme.

E’ un fagocitare d’emozioni e passione, quel bacio.

Sono le braccia di Dom che si incrociano attorno alla vita del moro, imprigionandolo in quella morsa.

Le tre note di Con-science strisciano sul suolo d’asfalto.

Matt apre le labbra, alita ancora tutto il suo essere sulla bocca dell’amante.

Deve comandare, violare Dom lì, in quell’istante, nel modo più squallido che esista.

Il moro spinge il batterista nell’antro più scuro di quella cuccetta, fa aderire violentemente la schiena di Dom alla parete, gli morde forte un orecchio.

Dom geme, stringe i pugni.

Le due erezioni si toccano.

Il suono ritmico dei pneumi d’entrambi ascende verso le nuvole.

Matt s’immerge nel collo del biondo, che poggia entrambe le mani sulle spalle del moro. La pioggia si fa più forte.

Irriconoscibili, i due amanti si strusciano in un parcheggio … la vita è proprio strana.

Dom si morde le labbra, Matt morde quelle del biondo.

Il corpo del cantante si struscia forte contro quello di Dom, quasi s’accende un fuoco da quel contatto.

I gemiti sommessi sono uditi solo dalle particelle vaganti.

-Non qui.- mugugna Dom.

-If only tonight we could sleep… If only tonight we could fall…- canta Matt di tutta risposta, con il fiatone, con la pelle bollente e un orgasmo che si nasconde fra le sue ossa.

Matt deterge con la saliva appiccicata alla sua lingua il collo liscio di Dom, deterge il suo petto, deterge la sua camicia nera.

Ora brama con la lingua la fibbia della cintura, inarcando la schiena e appoggiando le mani sui fianchi del manichino biondiccio, inerte.

E con i denti sfila la cinta, e bacia il bottone del jeans, mentre proliferano germi ovunque.

Esserini ributtanti che s’arrampicano sull’edera del corpo di Dom.

Il biondo prende a pugni la parete umida, scivolosa come il dorso di una lumaca.

-No.-

-Zitto.-

Matt apre giusto il necessario la zip, proprio come si fa quando sai di non poter cadere più in basso di questo. Avvolge fra le sue labbra viola la vergogna eretta di Dom, la verga con parole non dette, la spinge sulle pareti rossastre della sua bocca.

Dom ritrae le sue iridi all’interno della palpebra, le lascia vagare in quella membrana calda e molliccia, gli occhi si ritraggono. Le convinzioni si dissolvono, ancora. La sua coscienza corre sull’asfalto bagnato di quel parcheggio, i suoi piedi sono gelati, i suoi capelli umidi, ogni singola cellula del suo corpo eccitata, il bacino in fiamme.

‘To bring you free love’

Matt si sente offuscatamente felice.

Si sente portatore di un qualcosa, che potrebbe essere amore o solo eccitazione. Un dono fra le sue mani, una bocca umida, un’auto abbandonata, un bacino che lo sostiene.

La sua nuca che si spinge sempre più in avanti, come se sapesse già cosa fare, come se fosse esperto nel far impazzire quell’uomo.

Ancora.

Veloce.

Delirio e nirvana insieme.

Il sesso caldo di Dom che esplode fra le sue labbra.

Calore che si dipana nel suo corpo, piano, come fiele che si distribuisce per bene.

Dom emette un piccolo urlo soffocato, un lamento di bimbo, mentre si sente svuotato da ogni paura, mentre sente già che ne sta partorendo altre, di paure, che s’arrampicano in lui.

Il fiato d’entrambi che si fonde.

Le fronti sciolte in sudore, le mani gelide che cercano la bocca dell’altro.

Le dita di ghiaccio di Matt che strizzano le labbra tremanti del biondo.

‘Quanta bellezza aggredita, sciupata?’

La cintura che viene chiusa veloce, vergogna.

Un bacio sulle labbra di Dom, un bacio che ha il sapore della sua stessa essenza, che lo disgusta e lo infastidisce perché le labbra di Matt sembrano serene.

Click.

Qual è la linea di confine fra dove tu inizi ed io finisco? Esiste questa linea?

Due mani che s’incontrano e che spingono il biondo di nuovo verso l’auto.

La notte è lunga, e c’è una casa solitaria in periferia, di quelle che piacciono tanto al biondo, c’è una casa dove si può sentire il Tamigi danzare, c’è una casa dove c’è un letto mai troppo caldo e mai troppo stretto per due persone.

Click … Flash.

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice:

Eccomi, dopo tanto tanto, troppo tempo!

Perdonatemi, sinceramente, ma sono impegnatissima e non ho avuto né tempo né voglia di scrivere ultimamente.

Questo capitolo è stato…impegnativo per me, credo.

Insomma ho sofferto scrivendo, devo dire.

Nel prossimo capitolo succederà qualcosa, promesso, giurin giurello, o come ca$$o si dice .

Passo a ringraziare chiunque abbia recensito o messo la storia fra le preferite, e chiunque mi sostiene.

Prima di tutto le mie migliori amiche, che non so come, ma riescono sempre a leggere ogni singola minchiata che scrivo e riescono sempre a darmi la forza di andare avanti, di coltivare questa mia passione.

‘Coltivala come i fiori del male.’ Come dice quel matto di un prof.

Beh, e un grazie ad ogni persona lontana e vicina che mi sostiene. Vi voglio bene;

Bene, dopo il momento “ringrazia come fossi una diva”, vi ringrazio singolarmente.

 

Deathnotegintama : Adoro totalmente quel tuo ‘giusto gusto dello squallido’.

Sei un mito, grazie immensamente!

 

Lilla Wright: Le tue recensioni onomatopeiche mi fanno sempre sorridere un sacco **

Grazie mille, Lilla!

 

WhItE_mOoN92 : TU! Ahahauhauah. Grazie sempre e costantemente, non credo ci sia bisogno di dire altro. Io e te ci siamo ‘fatte’ purtroppo metaforicamente, Wembley insieme! Ahahahaha. Ti voglio un bene della malora! <3

 

_DyingAtheist : Sono stracontenta ti sia piaciuto il capitolo, e sono felicerrima che ti sia piaciuta l’intera storia.

Grazie di tutto cuore.

 

 

Beeeeh, ci si rivede.

 

S.

Image and video hosting by TinyPic
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Muse / Vai alla pagina dell'autore: past_zonk