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Autore: ArtemisiaDea87    07/10/2010    3 recensioni
Nella grande periferia di Napoli, precisamente Scampia, c'è una scuola. Se scuola essa possa esser chiamata. Un bell'istituto di ben quattro piani, dai professori efficienti e studenti deficienti. In ogni classe, ogni anno, vengono promosse quattro persone a caso, che hanno meno di 59 rapporti. Eleonora, non se n'era mai lamentata. Amava la sua scuola come amava gli studenti e i professori che invece la odiavano. Antonio Riccione era il ragazzo più bello che occhio umano avesse mai visto. Alto, riccioli neri come l'onice, occhi verdi e carnagione scura. Se ne fregava di tutto e di tutti ma tutto e tutti l'amavano. 234 rapporti, dieci sospensioni e due denunce, Antonio veniva considerato il figo della situazione. Il loro era un rapporto di odio e amore. Oppure un rapporto di schifo e sbavo. Quell'anno sarebbe iniziato un nuovo anno, precisamente il loro QUARTO anno. Un vero inferno.

E' la prima storia originale che scrivo, spero davvero di non aver fatto una gaffe. Spero che vi piaccia e che voi lasciate una traccia al vostro passaggio. Grazie in anticipo

Genere: Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era dolore, niente di più.

Erano lacrime, nulla di meno.

Era amore, non si poteva contrastare.

Eleonora dondolava su se' stessa, inginocchiata sul pavimento freddo dell'ospedale, con le mani sul petto e l'espressione vuota.

Era dolore, non si poteva contrastare.

Non parlava, Eleonora, non aveva forza per farlo.

Erano lacrime, non si potevano fermare.

Piangeva, Eleonora, senza fare altro.

Era amore, la prosciugava, portandola alla follia.

Quei dardi di ferro pentravano nella carne, lacerandola, ferendola.

Squarciandola.

Era silenziosa la Sala d'attesa, nessuno fiatava, anche se affollata di pazienti malati oppure parenti preoccupati.

I loro occhi erano puntati su' di lei, ma nessuno l'aiutava, nessuno la consolava.

Era amore, non poteva essere contrastato.

Eleonora aveva ancora le mani sporche di sangue, proprio come i suoi pantaloni e la sua felpa.

L'aveva visto cadere dinnanzi ai propri occhi, senza poter fermare il tempo.

Aveva sentito il suo respiro affievolirsi, lentamente, con sofferenza.

Dondolava, Eleonora, sull'orlo di una nuova crisi.

Era il suo cuore che batteva a malapena, stanco di tutte quelle ferite.

Stanco di quella continua sofferenza.

Eleonora singhiozzò, infilandosi le mani nei capelli, disperata.

Ti amo.

Nella sua mente si ripeteva quella continua nenia, che non aveva fine, che non aveva inizio.

Se ne stava accasciata su' se' stessa, senza fare altro.

Senza poter fare altro.

Perchè tutto era finito.

Perchè tutto era andato distrutto.

Pregava, Eleonora.

Sperava, Eleonora.

Teneva fede, senza respirare per non disturbare.

Teneva speranza, senza far battere il suo cuore per non crollare.

Non voleva nulla di più e nulla di meno.

Voleva solamente che lui tornasse a respirare.

Voleva solamente che lui stesse bene.

Voleva che uscisse da quella Sala operatoria zoppicante, con il suo solito sorriso, con la sua solita aria sconvolta.

Rivoleva solamente il suo Antonio.

Non voleva il Mondo.

Non voleva il Sole.

Non voleva l'universo oppure una stella...

Voleva solamente che Antonio stesse bene.

Nulla di meno, nulla di più.

Eleonora alzò gli occhi, sentendo qualcosa bloccarle il respiro.

Si alzò di scatto, pulendosi il viso bagnato.

Non avrebbe ascoltato il resoconto del Dottore, no.

Quei gran figli di puttana si erano messi contro la persona sbagliata, e lei lo sapeva bene.

Uscì fuori dall'ospedale, prese un taxi, facendosi accompagnare nel suo Rione.

Camminò, Eleonora, con gli occhi assottigliati e i pugni serrati.

Non c'era pietà nei suoi occhi.

Non c'era compassione nelle sue iridi di pietra.

La ragazza entrò in un palazzo conosciuto, salendo velocemente le scale e fermandosi dinnanzi ad un gran portone blindato.

Sospirò, Eleonora, conscia di ciò che stava per fare.

Suonò ripetutamente a quella porta, aspettando paziente.

- Chi è? - Urlò una voce anziana dall'altro lato.

- Sono Eleonora, signora. La figlia di Giovanni Esposito. - Urlò con voce chiara.

La donna aprì velocemente la porta, lasciandola entrare con un sorriso sincero.

- Come va', tesoro? - Domandò con piccole rughe a deturparle il viso.

- Ho bisogno di parlare con suo figlio, è in casa? - Disse Eleonora.

La donna anziana sobbalzò, mettendosi una mano sul cuore.

- E' successo qualcosa a tua madre? - Domandò ansiosa.

Eleonora abbozzò un sorriso, scuotendo il capo.

- Bene, seguimi. - Le disse conducendola in un salottino ben arredato.

Lì c'era un uomo sui quarant'anni.

Alto, muscoloso, rasato, dagli occhi neri e carnagione scura.

- Eleonora, come mai da queste parti? - Domandò sorpreso.

Era lui colui che comandava, ed era lui a cui doveva rivolgersi.

La ragazza si accomodò, guardando con espressione seria l'uomo.

- Tu sai che ti voglio molto bene... Mi hai cresciuta, ed eri molto amico di mio padre... - Iniziò la ragazza.

L'uomo annuì, incitandola a continuare.

- Sai vero che se ci viene fatto un torto, noi non perdoniamo. - Disse Eleonora.

L'uomo annuì, non capendo però dove volesse arrivare.

- Hanno fatto del male ad una persona a me cara, molto cara. E hanno cercato di far del male a me stessa. Io non sono come mia madre, a me non piace giocare. - Sibilò con occhi assottigliati.

- Chi è stato? - Disse l'uomo con ira crescente.

- Dei ragazzini che hanno eseguito gli ordini sbagliati. Sotto terra li voglio. - Disse Eleonora segnando i nomi dei ragazzi su un fogliettino.

- Sotto terra? - Domandò con un ghigno il miglior amico di suo padre.

- Sciolti nell'acido. - Sussurrò la ragazza.

Eleonora uscì da quella piccola casa, chiamando poi un taxi e facendosi accompagnare al capannone.

C'era ancora la polizia, ma Eleonora entrò dal retro, non lasciandosi notare.

Si avvicinò a Vincenzo, l'amico di Antonio, tenendo le mani.

- Non ho niente. - Sussurrò il ragazzo spaventato.

- Dammi quella cazzo di pistola. - Sibilò Eleonora.

- Non posso, questa è del Boss. - Mormorò Vincenzo.

- Ho parlato io con il Boss. Ora dammi quella cazzo di pistola se non vuoi che te la punti ad una tempia e ti spappoli il cervello. - Disse Eleonora.

Vincenzo le diede immediatamente la pistola, ansimante, per poi scappare.

La ragazza depose la pistola di Antonio nella sua borsa, facendosi accompagnare vicino ad un pozzo abbandonato, lì buttò la pistola.

Eleonora sapeva che quel figlio di puttana, che aveva osato puntare una pistola contro Antonio, era già sotto terra.

Lei non era sua madre.

Lei non perdonava.

Lei non aveva compassione con chi la feriva.

Non provava pietà con chi toccava ciò che l'era caro.

Non le importava di un cazzo.

Voleva la sua vendetta, e l'avrebbe avuta il giorno dopo quando sui giornali avrebbe visto i nomi di quei coglioni nella sezione del camposanto.

 

 

 

 

Angolo Autrice:

I nomi e i cognomi che faccio, sono naturalmente frutto della mia fantasia, non userai mai cognomi veri di persone che conosco, facendo riferimento a loro U.U

Conosco, diciamo, la funzione che si usa quando succede una tarantella. 

clakki94: beh, lo scoprirai nel prossimo capitolo se muore o no U.U Beh, io non cadrei mai nel banale ( ma quanto mi fruscio? XD ) Sono sempre tragica e drammatica, che ci vuoi fare XD Sono contenta che ti abbia stupita, spero che questo capitolo ti piaccia e che tu continua a seguirmi. Alla prossima, baci!! ( ps. Beh, dovresti delimitare le cose da fare, mi dispiace che poi tu abbia un crollo nervoso. ) ( pss. non avrei mai abortito, nemmeno sotto tortura. Certo che si va' avanti, la vita non finiva con lui e mai finirà senza di lui. )




  
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