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Autore: Beatrix Bonnie    09/10/2010    6 recensioni
-Seguito de La setta degli Eletti-L'oscuro nome di Reg, la foto di un bambino dai capelli rossi che sembra appartenere al passato, la sua bacchetta magica, la corrispondenza con una ragazza di nome Priscilla e degli strani incidenti che avvengono a Doolin. Che cosa collega tutto questo con un'organizzazione segreta di nome Extraiures e con l'oscuro passato di un professore del Trinity? Sarà la sete di vendetta di una sorella perduta nel tempo a dare finalmente la spiegazione agli assurdi fenomeni che sconvolgeranno il terzo anno di Mairead, Edmund e Laughlin.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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CAPITOLO 6

Rovine e rivelazioni






Il preside del Trinity era ritto davanti a loro, come sempre con uno di quei suoi buffi cappelli a punta sulla testa. «Ti stavo cercando, Edmund, ma quando sono passato a casa Boenisolius, Reammon mi ha detto che ti avrei trovato qui» spiegò l'omino, con un grosso sorriso.

«Stava cercando me, signore?» domandò Edmund incredulo, anche se l'improvvisa apparizione del preside lo aveva rinfrancato perché sembrava che il mago avesse sempre la soluzione pronta per ogni problema: magari lo avrebbe salvato dalla terrificante prospettiva di diventare il figlio adottivo di McPride.

Captatio annuì. «Sì, vedi, Edmund desidero scambiare due parole con te da tempo, ma sono stato un po' impegnato in questi giorni» disse il mago, aggiustandosi gli occhialetti rotondi sul grosso naso. «Ah, Mairead, sapresti indicarci un posticino tranquillo dove potremmo fare quattro chiacchiere?» domandò poi rivolto alla ragazzina.

Mairead rimase un attimo sovrappensiero, poi esclamò: «Ci sarebbero le rovine dell'abbazia di Boyle, non distanti da casa mia: sono un bel luogo immerso nel verde e lì non ci va mai nessuno».

«Bene allora, ti dispiacerebbe accompagnarci?»

Quando furono finalmente soli, Edmund si voltò verso il professore con sguardo interrogativo. Le rovine dell'abbazia creavano un ambiente surreale, con quei colonnati semidistrutti che si erigevano verso il cielo plumbeo, come perenne monito della vanità dell'essere.

Captatio si sedette sull'erba, invitando Edmund a fare lo stesso.

Il ragazzino eseguì l'ordine, ma fremeva troppo per le parole che gli avrebbe rivolto il preside, così ignorò il silenzio composto dell'uomo e domandò: «Di che voleva parlarmi, signore?»

«Non lo immagini, Edmund?» rispose Captatio, voltandosi verso di lui con uno sguardo benevolo.

Il ragazzo prese un lungo respiro. «Di McPride» sussurrò infine.

Captatio annuì con serietà. «Esatto. Riesci a immaginare perché abbia preso quella decisione su di te, Edmund?» lo incalzò poi, scrutandolo a fondo con i suoi acuti occhi azzurri.

Il ragazzo abbassò il capo e si fissò la punta delle scarpe. McPride gli aveva fatto uno strano discorso, ma non aveva affatto voglia di ripeterlo al preside, come se l'avesse pronunciato lui e se ne vergognasse. «No, signore, non ci riesco».

Edmund non poté vedere il sorriso di Captatio, perché aveva ancora gli occhi a terra, così interpretò quell'attimo di silenzio come un tentennamento del mago. «Signore?» chiese allora, esitante.

Captatio sospirò, poi riprese: «Vedi, credo che in questo caso ci possano venire d'aiuto di Babbani. Hai presente il detto “tieniti vicini gli amici e più vicini i nemici”? Ecco, credo che McPride stia proprio agendo così».

Tuttavia le parole di Captatio non dissiparono le perplessità di Edmund. «McPride vede in me un nemico?» chiese stupefatto.

Il Preside si voltò verso di lui e sorrise. «Edmund, quante volte devo dirti che sei un mago estremamente dotato? Anche McPride se ne rende conto e credo che tema la tua fiera opposizione e indipendenza. Ma, divenendo il tuo tutore legale, ti porterà a vivere con sé e ti terrà vicino, almeno fin quando non diventerai maggiorenne. Probabilmente spera anche di influenzarti, di portarti dalla sua parte: ogni maestro vorrebbe avere un discepolo come te a cui trasmettere i propri insegnamenti e a cui lasciare in eredità il proprio sapere».

Edmund osservò meditabondo un insetto che ronzava davanti ai suoi occhi: e così McPride aveva paura di lui e voleva averlo come suo discepolo? Sì, Captatio aveva ragione, quelle erano più o meno le stesse parole che il Presidente aveva rivolto a lui pochi giorni fa.

«Signore, non c'è modo di evitare tutto questo?» chiese flebilmente, con una nota di disperazione nella voce. Di notte continuava a sognarsi il ghigno di McPride, se lo immaginava come un polipo che lo invischiava con i suoi tentacoli.

Lo sguardo compassionevole di Captatio gli rispose prima delle sue parole. «Temo di no, Edmund».

l ragazzo si lasciò prendere dallo sconforto: non voleva diventare il figlio di McPride, non voleva essere lasciato in pasto a quello squalo.

«Potresti rallentare il processo, però. Sicuramente il Tribunale Minorile della Breith Cuirt vorrà ascoltare anche il tuo parere in merito e se tu ti dimostrassi contrario, potresti far sorgere delle perplessità nei giudici. Tuttavia temo che McPride riuscirà ad ottenerti, alla fine. Probabilmente in meno di due anni» disse ancora Captatio.

Edmund sospirò affranto e allora sentì la mano del preside che si posava sulla sua spalla, per rinfrancarlo. Non c'era modo di evitare quell'incubo.

«Io non sarò mai come McPride!» esclamò d'un tratto Edmund, con veemenza. L'ostinazione era l'unica arma di difesa contro il suo carnefice.

Captatio rise con più serenità. «La tua caparbietà ti fa onore, Edmund, ma non demonizzarlo».

«Perché non dovrei? È viscido e... falso. Mi fa ribrezzo!» rispose il ragazzo, scandalizzato.

Captatio si perse via ad osservare le nuvole grigie all'orizzonte. «Sì, forse sì, ma è un uomo politico. Io lo capisco».

«Lo capisce?»

Captatio gli sorrise, ma non era il suo solito sorriso sereno e rassicurante: c'era un fondo di tristezza e amarezza sulle sue labbra increspate. «Sì. Vedi, sono stato anche io al vertice del potere, sono stato anche io Presidente della Repubblica».

Quella rivelazione sconcertò Edmund. Per parecchi minuti fissò il preside con gli occhi sgranati, incapace di commentare la cosa. Alla fine gli uscì solamente un: «Davvero?»

«Già» rispose flebilmente Captatio. «Fu durante il periodo della guerra contro il Primo Reich di Grindelwald. Ero giovane, al mio primo mandato, pieno di speranze e aspettative, sicuro che essere in una posizione di potere mi permettesse di migliorare la situazione, anche magari usando mezzi non del tutto leciti. Al terzo anno di governo fui accusato di alto tradimento, destituito dalla carica e processato: mi avevano beccato a complottare con Grindelwald».

«Me lei era innocente!» protestò Edmund, interrompendo il racconto. Non poteva credere che Captatio si fosse davvero alleato con un mago oscuro come Grindelwald.

Il sorriso del Preside era tirato e amaro. «No, o almeno non del tutto. Avevo sì incontrato Grindelwald, ma solo per convincerlo ad accettare di duellare con Silente: ero persuaso che, visto che Albus non voleva affrontare il mago, se fosse stato Grindelwald a sfidarlo, non si sarebbe potuto tirare indietro».

«Ma l'ha fatto per un giusto fine!»

«No, Edmund. Per quanto nobile, il fine non cambiava la gravità di quello che avevo fatto: avevo offerto a Grindelwald la mia alleanza affinché lui si decidesse ad affrontare Silente, perché ero certo che Albus l'avrebbe sconfitto. Ma se non l'avesse fatto? Se avesse vinto Grindelwald? Mi sarei trovato un una pessima situazione» Captatio interruppe il racconto e sospirò. «Sai, quando sei in politica, spesso ti dimentichi di quale sia il limite tra il giusto e l'ingiusto. Credi che ogni tua azione sia giustificata dal fine di concordia sociale al quale punti. Ma il fine non deve mai giustificare i mezzi».

Edmund interiorizzò quella massima del preside, ma era troppo curioso per non porre altre domande. «E come andò a finire, signore?»

«Fui scagionato da tutte le accuse, in realtà. Ma quella lezione servì a farmi capire che non ero fatto per governare, così tornai al mio vecchio lavoro di insegnante di Incantesimi e scoprii che mi piaceva molto di più stare tra i ragazzi che tra i politici: ci sono meno menzogne, meno secondi fini, meno falsità» concluse Captatio. I suoi occhi erano tornati nuovamente sereni e luminosi.

Per parecchio tempo i due maghi si persero a fissare l'orizzonte.

Edmund non era affatto scandalizzato dalla scoperta del passato di Captatio: in qualche modo quella dolorosa ammissione del suo mentore lo rendeva più umano ai suoi occhi e in un certo senso i suoi insegnamenti acquisivano una maggiore forza, proprio perché proferiti da una persona che li aveva provati direttamente nella sua vita.

Ma c'era ancora una domanda che restava sospesa nell'aria. Edmund si torturò le dita, ma alla fine trovò il coraggio di fare la sua richiesta: «Com'era, signore, com'era Grindelwald?»

L'eco della sua voce fu l'unica cosa che gli rispose per parecchi secondi.

Captatio chiuse gli occhi, forse immerso nei suoi ricordi, poi alla fine sussurrò: «Un cieco».

«Cieco?»

«Sì, non vedeva il male che stava causando con quella sua insensata ricerca del Bene Superiore, quel perfetto ordine cosmico a cui tanto anelava».

Edmund tornò a fissarsi mani, sovrappensiero. Forse quel doloroso giudizio Captatio l'aveva fatto più su se stesso che su Grindelwald. In un certo senso aveva ammesso di essere stato cieco anche lui, quando aveva proposto quell'ardita alleanza al mago oscuro, anche se non c'era confronto con la gravità dei crimini commessi da quest'ultimo. Chissà, magari quella era la malattia di un po' tutti i politici.

Eppure Edmund era convinto che McPride non fosse affatto cieco: sembrava una persona che puntava direttamente ai suoi obbiettivi senza troppe esitazioni, ben consapevole dei cadaveri che lasciava lungo l'argine del fiume nella sua risalita verso la foce. Se almeno Captatio, e così anche Grindelwald, sia pure in misure diverse, avevano avuto come obbiettivo un bene comune, McPride sembrava avere a cuore solo il suo bene. Ma nessuno pareva accorgersene. Persino Mairead gli aveva detto che non poteva essere malvagio e ora Captatio gli veniva a dire di non demonizzarlo, sebbene Edmund fosse certo che McPride non andasse davvero a genio nemmeno a lui. Possibile che solo lui ci vedesse tanto male? Forse stava realmente esagerando?

«Penso proprio che mi auto-inviterò per la cena a casa Boenisolius» esclamò Captatio proprio in quel momento, strappando Edmund dai suoi pensieri. «Ho saputo che Reammon è un ottimo cuoco» continuò il Preside, facendogli l'occhiolino.

«Oh, sì, è un ottimo cuoco» rispose lentamente Edmund, ancora sovrappensiero.

Poi, insieme, si avviarono verso casa Boenisolius.

In realtà Reammon aveva già provveduto ad invitare degli ospiti per quella sera: i nonni Joey e Aaron. Tuttavia, quando Edmund e Captatio arrivarono a casa, Reammon insistette perché si fermasse a cena anche il Preside del Trinity. Fu così che nel piccolo ma soprattutto incasinato salotto di casa Boenisolius si radunarono quattro diverse generazioni di maghi. Captatio era stato insegnante di Incantesimi di Joey e Aaron, ma era già Preside all'epoca in cui Reammon aveva cominciato a frequentare il Trinity. Edmund e Mairead ebbero il piacere di rivivere anni che parevano così lontani dai loro attraverso i ricordi dei nonni e del preside. Ma quella che tenne più banco di tutti fu proprio nonna Joey.

«Sapete che vi dico?» esclamò d'un tratto, menando la forchetta in aria come un predicatore. Tutti i commensali si voltarono verso di lei. «Questa storia delle nobili schiatte... È davvero ridicola. Io sono Nobile, ma nessuno mi ha impedito di sposare Aaron, che è sì Purosangue ma di origini Babbane» sentenziò la donna, con aria decisa.

Edmund non era proprio sicuro che nessuno le avesse impedito di sposare un plebeo: possibile che la sua famiglia, negli anni Cinquanta, fosse così mentalmente aperta? Forse era più corretto dire che Joey aveva fatto in modo che nessuno glielo impedisse. Sembrava proprio che l'energica nonnetta fosse stata nella casa del Nagard, quando era al Trinity.

«Ma la tua famiglia non disse niente, Josephine?» chiese cordialmente Captatio.

Edmund ebbe come l'impressione che il Preside avesse fatto apposta quella domanda, come se sapesse della curiosità che mordeva il suo giovane studente.

Nonna Joey scoppiò a ridere prima di rispondere. «I miei genitori non approvarono all'inizio, ma quando nacque Reammon, il loro nipotino, si sciolsero come una candela al fuoco». A quelle parole la donna lanciò uno sguardo amorevole al figlio. «Nessuno poteva resistere ai suoi occhioni da cerbiatto».

Reammon si alzò da tavola di scatto, imbarazzato. «Vado a prendere il secondo!» annunciò alla tavolata, e se la defilò in cucina.

Nonna Joey allora riprese il racconto: «Con mia sorella Evangeline non ci parlavamo praticamente da dieci anni: io non avevo approvato il suo matrimonio, lei certamente non poteva approvare il mio. Scarsa simpatia reciproca... ma che ci devo fare? Abbiamo scelto strade diverse».

Edmund avrebbe voluto scoprire chi fosse il marito di Evangeline O'Brian, perché aveva come la sensazione di conoscerlo, ma non ebbe il coraggio di fare quella domanda così personale.

«E sai che cosa dico a te, ragazzo mio?» continuò poi nonna Joey, rivolgendosi a Edmund.

Il giovane scosse la testa impacciato, senza sapere se avrebbe dovuto sentirsi spaventato o onorato dal fatto che l'anziana maga gli rivolgesse la parola.

Joey assunse un tono serio. «Ciò che rende un uomo realmente uomo, è la sua libertà. E la libertà si realizza nelle scelte personali. Quindi, a tutti coloro che vantano un'origine illustre o che ti sbeffeggiano per ciò che sei, tu rispondi che sono le tue scelte a determinarti come persona. Nient'altro».

Un silenzio rispettoso seguì quelle parole. Edmund ebbe come l'impressione che avessero un valore profetico per lui, qualcosa che riguardava il suo oscuro passato.

Proprio in quel momento Reammon tornò dalla cucina, reggendo in precario equilibrio una padella con delle patate al forno e un'altra contenente degli stinchi di maiale. Suo padre si alzò prontamente da tavola per aiutarlo, ma non c'era persona meno indicata di Aaron Boenisolius per evitare che accadesse un disastro. Era, se possibile, ancora più imbranato e pasticcione del figlio.

«Ce la faccio, papà» disse Reammon, ma Aaron aveva già allungato le mani verso la padella e così i due si scontrarono uno contro l'altro, facendo volare in aria le patate.

Per alcuni terribili secondi Edmund pensò che sarebbero stati investiti da una pioggia di tuberi, invece le pietanze calarono dolcemente nei piatti di ciascun commensale. Edmund osservò stranito le sue, ma alzando lo sguardo capì l'origine di quell'atterraggio indolore: Captatio aveva la bacchetta levata.

«Grazie» esclamò Reammon, appoggiando sul tavolo gli stinchi con enfasi, come se avesse combattuto contro dieci leoni per riuscire a portarli in salotto.

Aaron si risedette a tavola con un sorriso disinvolto, come se lui non c'entrasse nulla con quella faccenda.

Mairead ridacchiò. «Dovrebbe venire da noi a cena più spesso, professore. Eviterebbe a buona parte del nostro cibo di finire sul pavimento» sospirò sconsolata.

«Che coppia di imbranati!» commentò invece nonna Joey, scuotendo la testa con disappunto.

Edmund sorrise, pensando di aver scoperto da chi Reammon avesse ereditato la predisposizione a combinare pasticci.

Captatio rise sotto i baffi, nel vero senso della parola, ma poi cambiò argomento, facendo una domanda che lo punzecchiava da tempo: «Mi sono sempre chiesto, Josephine, come abbia fatto Aaron a conquistarti...»

La domanda era davvero curiosa: sembrava che Joey e Aaron non avessero molto in comune, lei energica e decisa, lui imbranato e con la testa fra le nuvole. Eppure...

Questa volta, nonna Joey non rispose subito, anzi lanciò uno sguardo intenerito al marito. Nel vedere come quella donna così determinata si fosse sciolta al solo incrociare gli occhi con l'uomo della sua vita, Edmund capì quanto fosse profondo il legame che li univa.

E finalmente Aaron parlò: per la prima volta Edmund sentì la sua voce calda e tranquilla. Fu una risposta semplice, spontanea: «L'ho fatta ridere».




Ecco qui, a grande richiesta tornano i nonni Joey e Aaron! Spero che vi sia piaciuta la cenetta di famiglia: è proprio Aaron che conclude il capitolo perché questa è la sua unica battuta e volevo che fosse ad effetto. Nel frattempo, ho rivelato qualche cosina del passato di Captatio e del futuro di Edmund: spero che abbiate gradito. Visto che sono tecnologicamente molto avanzata, vi metto QUI il link del sito ufficiale della cittadina di Boyle: se andate su “attractions” c'è una piccola descrizione della Boyle Abbey e se cliccate sull'immaginetta ve la ingrandisce. Buon giro turistico! ;-)

Dal prossimo capitolo cominceranno i misteri! Alla prossima!

@ Julia Weasley: sì, volevo che Mairead e il padre vivessero in un villaggio babbano e mi è saltato all'occhio il pittoresco paesino di Boyle (grazie a google earth ho perfino scelto in quale casetta a schiera abitano! XD). Quando andrò in Irlanda, sicuramente andrò a visitarlo! Ah, la soffitta... chissà cosa c'è in soffitta! Mi sembrava normale che Mairead si fosse innamorata del grande Troy, migliore cacciatore e capitano della nazionale! E' un po' come le ragazzine babbane che si innamorano dei calciatori! Edmund geloso è dolcissimo! E non sarà limitata ad un poster la sua gelosia.... ihihihi! Visto che le tue supposizioni erano nuovamente azzeccate? Captatio ha parlato a Ed dell'adozione. Continua a supporre, fidati del tuo istinto (usa la forza, Luke!) XD A presto!

@ darllenwr: la localizzazione della casa di Mairead è avvenuta un po' per dei giochi del caso, ma ne sono pienamente soddisfatta. In realtà credo che nemmeno Reammon sia in grado di trovare il bandolo di casa sua, tanto è in disordine! Certo non è abituato ad avere ospiti. I rapporti di Edmund con le ragazze saranno parecchio difficili per lungo tempo: lui non è certo abituato a quel genere di cose! Era comunque il caso di dimostrargli come babbani e maghi possano convivere più o meno pacificamente nello stesso paese. Come al solito, grazie mille dei commenti. Alla prossima!

@ quigon89: le riflessioni di Edmund sull'annuncio erano state rimandate a questo capitolo, in realtà, per questo ne ho parlato poco in quello precedente. Comunque grazie della dritta sugli incubi, l'ho aggiunta in questo chapter! ;-) La casetta è fantastica: ho pensato a Reammon e mi sono detta, “dove potrebbe vivere un pazzo come lui?” ed è venuta fuori quella villetta disordinata come non mai! No, Captatio non ha mai fondato un ordine come quello di Silente, perché effettivamente si trattava di combattere contro un organizzazione, l'EIF che è considerata fuorilegge anche dal governo... ma non è detto che le cose cambino presto o tardi! ;-)

@ Ereane: credo che la casa sia ancora in piedi per la memoria di Mary Weasley, come vedrai nel capitolo successivo. Poi Mairead è un minimo più ordinata di suo padre! XD Edmund è geloso ma non se ne rende ancora veramente conto... ma dovrà penare non poco! Mi diverto a farlo un po' soffrire pene d'amore! Ah, il suo passato... mmm, domanda di riserva? Vi rivelerò tutto solo nel 5 racconto, sorry! Nel prossimo capitolo però Reammon farà una delle sue comparse migliori, vedrai! A presto!

@ Sydelle: Edmund è un po' inquietante ogni tanto, lo so! Ma ti dovrai aspettare anche di peggio da lui, temo! A presto!






EDIT: procede anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi!

   
 
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