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Autore: Mr Black    11/10/2010    1 recensioni
Una what-if che riscrive la fine di Eclipse, stravolgendo poi Breaking Dawn.
Mentre si fa sempre più vicina l'armata di Victoria e dei vampiri neonati, il triangolo amoroso Edward-Bella-Jacob esplode con tragiche conseguenze. Così, Edward e Bella andranno incontro ad un destino radicalmente diverso.
Non faccio altro che ripetere gli stessi sogni ed ormai, francamente, lo trovo pure stancante. Prima - non saprei esattamente dire quanto "prima" fosse - era solo dolore. Il dolore perfetto. Sognare un'eternità radiosa e svegliarsi in un'eternità di buio nero, nerissimo.
Altro che alba dirompente... la mia vita è più una notte polare. Anche di giorno, c'è sempre buio. Il sole non sorge mai.
Il sole non sorgerà mai più.
La storia che la Meyer non ha avuto il coraggio di raccontarvi.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen | Coppie: Bella/Edward, Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PARTE QUINTA: I SOGNI SONO COME I FIORI



L'autunno dell'Alaska non è come l'avrei mai immaginato. E' decisamente peggio.
Forks, finché vi avevo vissuto, mi era sempre sembrata una cittadina grigia, buia e polverosa. Anche l'autunno mi sembrava spento. Ma ora che mi trovo qui, in questo posto dimenticato da Dio e, si spera, anche dai Volturi e da tutti gli altri pericoli mortali, Forks mi appare più viva e colorata che mai. Ricordo con una dolce punta di nostalgia i colori dell'autunno di Forks, che c'erano davvero, ne sono sicura.
Ma il tempo della nostalgia e dei rimpianti, il tempo del passato insomma è proprio finito.
E' mattina, tarda mattinata. Il salone è pieno della luce spenta tipica dell'Alaska: quella luminosità un po' opaca, tangibile, come una sorta di nebbia molto chiara e luminosa, che però non è vera luce, non ti dà proprio l'idea di essere frutto dell'energia solare. Edward suona il piano, vagamente annoiato dal lento scorrere del tempo. Io vago per il salone, come un'anima in pena inconsolabile. Guardo fuori la finestra, torno a sedermi, prendo un libro, lo rimetto a posto, accendo la tv e un istante dopo cambio idea. Non mi va proprio di guardare la tv, è faticoso dover rientrare nel mondo comune e civilizzato. Sentir parlare nuovamente di inflazione, film in uscita, cronaca nera, le novità del campionato... no, non fa più per me. In questo mondo lontano dal mondo ho rinunciato alla mia vita passata. Non che avessi una grande possibilità di scelta. Sono morta e risorta, come una fenice, sono tornata a nuova vita dalle ceneri del mio passato. Ormai ho smesso di pensare al passato, a quella che ero e quella che sono adesso, ho smesso di chiedermi se mai tornerò come prima, e cosa c'era di così diverso nel prima e perché l'adesso mi sembra così strano e diverso.
Il pendolo suona un'altra volta. E' passata un'altra ora.
Edward continua a suonare Debussy.
Se il tempo scorre lentamente non è per noia e mancanza di occupazioni e distrazioni, anzi. E' la tipica noia ed impazienza dell'attesa.
Le cose adesso si stanno movimentando, e anche parecchio.
Ho passato mesi in uno stato catatonico. A stento, tutt'ora, riesco a credere di aver saltato, così, un paio di mesi della mia esistenza, mentre il mio inconscio riviveva gli incubi della morte di Jacob. Jacob. Raramente mi soffermo su questo pensiero: che Jacob, il mio Jake, non c'è più. Che nelle nostre ultime 24 ore insieme è successo di tutto: abbiamo scherzato, litigato, ci siano baciati, me ne sono pentita, ci siamo detti ti amo, e me lo sono rimangiata, e poi, così, improvvisamente, è scomparso dalla mia vita, e non tornerà mai più. Lui e tutti i problemi annessi. Niente più indecisione, niente più senso di essere strappata a metà, niente più eclisse. Mai più sentirò il calore del suo pelo lupesco.
Scaccio il pensiero.
E anche una volta che mi sono svegliata, le cose non sono cambiate. Ho ricordi confusi e assottigliati di quel periodo di riabilitazione. Ricordo di aver quasi odiato Carlisle, che però è stato con me infinitamente paziente, ricordo il senso di vuoto totale, un vuoto che non è mai stato leggero, però, ma incredibilmente pesante. I ricordi sono tornati, poco a poco, ma non tutti. Quelli con Edward sono andati via, ma ora lo so: ne creeremo insieme di nuovi.
Ogni tanto però qualcosa riaffiora come per magia. Davvero l'inconscio è un pozzo senza fondo governato da leggi sconosciute ed insondabili.
E adesso?
Nemmeno il tempo di pensare a come costruire una nuova vita, qui, che già un nuovo problema è alle porte. Carlisle mi aveva già raccontato dei Volturi, ma nessuno di noi, forse, temeva realmente un simile esito della problematica. Del resto la minaccia dei Volturi da quando sono tornata con Edward e Alice dall'Italia sembrava essersi affievolita e dunque dimenticata, perché sostituita da minacce più impellenti. Ma il passato non ha mai finito con te.
Così siamo in attesa. Carlisle e Jasper sono partiti questa notte in cerca di aiuto. Se è inevitabile lo scontro con i Volturi, ha detto, allora è il caso di preparasi e raccogliere tutto il malumore nei confronti del vecchio ancestrale clan. A riguardo sono parecchio curiosa, vorrei proprio conoscere altri vampiri che non siano i Cullen o pazzi assetati di sangue come James e Victoria. Ad esser sincera, più che curiosità è disperazione. Sono appena sopravvissuta al casino scatenato dalla sete di vendetta di Victoria e ora mi tocca vedermela con i Volturi. Come se non bastasse, sono rimasta umana, debole ed impotente. L'unica distrazione è, appunto, la curiosità. Penso anche a Emmett e Rosalie, ma ormai ho perso le speranze di poterli vedere. Del resto, è meglio così, per tutti quanti. Se fossi in loro forse agirei allo stesso modo, tenendomi alla larga da tutto quanto. Rosalie ha Emmett, e questo sicuramente le basta, non può chiedere di meglio. Se fossi io a dover scappare, sola con Edward...
Scaccio il pensiero, è una fantasia inutile.
Ieri pomeriggio è riaffiorato un altro ricordo. Io ed Edward avevamo intenzione di sposarci. Cosa ne è stato di quel proposito? E cosa ne sarà adesso? Guardo Edward, bello come un David di Michelangelo, un tutt'uno con l'elegante pianoforte, un'opera d'arte vivente. Guardo me stessa, così evidentemente ed inevitabilmente umana, io, le mie occhiaie, i miei graffi ed i miei lividi.
E allora lo dico.
“Sposiamoci.”
“Scusa?” dice Edward, continuando a suonare, senza nemmeno voltare lo sguardo nella mia direzione.
“Mi sono ricordata. Dovevamo sposarci. Perché non lo facciamo?”
Edward continua a suonare. Le note di Debussy sono l'unica risposta che ho.
Poi, finalmente si decide a rispondermi, lo sguardo fisso sul pianoforte, la voce neutra. “E' davvero quello che vuoi?”
L'eco delle sue parole risuona dentro di me come se fossi una grande ed inutile cassa armonica. E' davvero quello che voglio?
“Io... ricordo che lo volevo. Lo volevamo davvero. Non è così?”
Edward smette di suonare improvvisamente, finalmente incontro i suoi occhi.
“Ricordi anche qual era l'altro proposito? La condizione imprescindibile affinché tu mi sposassi?”
“Cosa... di cosa stai parlando?”
Edward è scattato in piedi e mi fissa, lo guardo duro, mentre io sono rimasta seduta sul divano, dall'altra parte del salone, incapace di muovermi e raggiungerlo, incatenata dannatamente a me stessa, ai vuoti della mia memoria.
“Se non lo ricordi... è meglio così.”
“No! Non ci provare, Edward! Sono stanca di sbattere sempre contro questa realtà, che tutti sapete molte, troppe cose che io non ricordo più, e che evidentemente per me erano importanti!”
“Non era importante, dopotutto. Non ci pensare più. Concentriamoci su questo. Vuoi sposarmi? Sarebbe un po' affrettato, ho promesso di darti il più bel matrimonio possibile, ma qualcosa si può fare...”
Rimango in silenzio, confusa, stizzita.
“Bella.”
Continuo a rimanere inghiottita nel mio silenzio.
“... non parliamone più, allora. Abbiamo altro a cui pensare.”
Già. I Volturi, il nuovo pericolo mortale, e tutto quanto. Ho un deja-vù che mi scuote terribilmente. E' la stessa situazione di parecchi mesi fa, l'incombente minaccia dei neonati, ed io riuscivo solo a pensare ai miei problemi sentimentali. C'era qualcosa che volevo...
Poi accade. Accade che ricordo.
“Volevo diventare una vampira.”
“...”
“Non è così, Edward?”
Edward mi guarda e non risponde. Continuiamo a guardarci e a non risponderci. Questa non comunicabilità è davvero diventata lo specchio della nostra relazione. Continuiamo a sbagliare sempre i tempi e i modi. Siamo in ritardo uno sull'altra.
“E' tornata Alice, devo andare.”
Lo vedo uscire dal salone, velocemente, troppo velocemente, il mio occhio lo vede, ma il mio cuore no, rimane intrappolato alla sua immagine evanescente, davanti il piano, mentre si fa strada, lentamente, dentro di me, la sua assenza.
E così rimango sola.

Mentre Alice ed Esme mettono a posto la spesa, aiutate da Edward, io mi occupo dei fiori.
E' stata Esme ad iniziarmi al giardinaggio, e come sempre si è rivelata un'ottima idea. Curare un piccolo giardino fa bene al corpo e all'animo, tiene occupati, aiuta a dare un senso alle giornate, ti fa sentire in qualche modo utile. Tutte parole di Esme, tutta sacrosanta verità. Non credevo d'esser così brava nel giardinaggio, non credevo di poter trovare – in questo contesto, poi – un hobby al quale dedicarmi con passione, costanza e dedizione. All'inizio Esme mi dava una mano, elencandomi istruzioni passo dopo passo, ma ora riesco a cavarmela da sola. Così, quando mi annoio, quando sono un po' giù di morale, o stanca, ed Edward non c'è, o semplicemente ha di meglio da fare che starmi appresso, esco fuori dalla porta sul retro e mi dedico al mio giardinetto. Curo fiori, piante sempreverdi, anche qualche ortaggio.
Mi fa piacere rifugiarmi in questo piccolo pezzo di terra colorata. Ed è vero che fa bene all'animo: la vita, attraverso questi delicatissimi fiori, riesce a vincere ed imporsi persino qui, in questo luogo inospitale e freddo.
A volte mi sorprendo a pensare ad Esme come ad una seconda mamma. E' inevitabile. A volte mi invade, come un fiume in pena, la mancanza di mia madre, e di Charlie. Mi mancano tremendamente i miei genitori, ma il più delle volte cerco di non pensarci. Evito di pensare anche solo alle dimensioni del dolore straziante che hanno provato alla notizia della mia morte. Vorrei poter tornare da loro. Mi basterebbe anche soltanto poter alzare la cornetta e sentire di nuovo la voce di mia madre, ma non posso, lo so. Ne abbiamo parlato, io e Carlisle, e abbiamo deciso insieme di aspettare. Quando tutto sarà sistemato, potrò finalmente tornare dai miei genitori, forse tornare ad avere la mia solita vecchia vita a Forks, chissà.
Sono solo sogni. Forse. Ma i sogni vanno accuditi, con tenerezza ed ottimismo, proprio come i fiori.
Continuo a lavorare alla terra, a strappare erbacce, appianare il terriccio, perdendo il senso del tempo, finché Edward esce fuori e mi raggiunge, rientrando nella mia vita.
“Stanno venendo su bene.” Dice, avvicinandosi rapidamente. Lo vedo inginocchiarsi vicino ad una piantina, sfiorarla con le sue dita perfette, con dolcezza e cautela.
“Già.”
“Tutto merito di Esme.” Aggiunge, ed io mi limito ad annuire. Continuo a lavorare, tolgo le ultime erbacce ed aggiungo un altro po' di terriccio nell'ultima piantina, quindi mi lascio riposare in ginocchio, sul terreno, mi tolgo i guanti da giardinaggio e mi asciugo la fronte, vagamente imperlata di sudore.
“Secondo Alice, Carlisle e Jasper saranno di ritorno per cena. Con un ospite, a quanto pare.”
Cena. Il momento della giornata in cui raduniamo tutte le nostre ipocrisie intorno ad una tavola. Io sola a mangiare, mentre gli altri mi accompagnano con i loro sguardi e le loro parole. Come un'impossibile famiglia felice.
“Dai, rientriamo. Le ragazze ti aspettano in cucina.”
Mi rialzo, annuisco di nuovo e seguo Edward dentro casa, pronta a rispettare il mio ruolo, la mia parte.

La previsione di Alice si è dimostrata perfettamente corretta. Carlisle e Jasper sono arrivati poco prima di cena, quando stavamo finendo il lavoro in cucina. Edward aveva menzionato la possibile presenza di un ospite, ed ovviamente la cosa non aveva mancato di stimolare la mia curiosità e fantasia. Sono davvero curiosa di conoscere altri vampiri, e non sapendo nemmeno se si trattasse di un uomo o di una donna, ho cominciato a creare mentalmente una variegata galleria di personaggi.
Ma trovarmi davanti l'ospite è ben altra cosa.
Davanti la porta ho trovato, tra Jasper e Carlisle, una donna dalla bellezza straordinaria. Molto alta, un'aria regale. Si chiama Siobhan, ed è il leader del clan irlandese.
Così ci è stata presentata.
A quanto pare, è una grande amica di Carlisle. E' una vampira notevolmente longeva e potente, tanto da esser considerata con un certo riguardo dagli stessi Volturi. Un alleato prezioso, insomma.
Inizialmente Carlisle non si è perso in tante cerimonie, così sono dovuta tornare in cucina a dare man forte ad Alice ed Esme. Siobhan si è detta sorpresa della nostra singolare abitudine, dei vampiri che cucinano e si siedono a tavola solo per fare compagnia ad un'umana, ma il suo volto non traspirava sorpresa, né qualunque altra emozione.
Non vedevo l'ora di metterci a tavola, divorata dalla curiosità.
E così finalmente ci troviamo tutti quanti nell'elegante sala da pranzo di casa Cullen. Alice ha di nuovo esagerato con il cibo, mi pare uno spreco assurdo, ma non voglio offenderla né dare l'impressione alla nostra ospite d'essere un'ingrata schizzinosa, quindi mangio tutto quanto mi viene offerto, seguendo la vivace conversazione che vede protagonisti Carlisle e la sua amica.
Dalle parole che i due si scambiano, dalle leggere inflessioni della loro voce, si riesce a vedere l'entità e l'intimità del loro rapporto. Esme siede davanti a Carlisle, ma non sembra per nulla disturbata dalla cosa. Mi chiedo se possa esistere, anche tra i vampiri, un'emozione così fortemente umana come la gelosia.
Edward, alla mia destra, rimane completamente in silenzio, attento a seguire la conversazione. Alice, che sta alla mia sinistra, parla sottovoce con Jasper, per nulla disturbati.
Per un po' la cena continua in questo modo.
Finalmente finisco di mangiare, sentendomi sazia oltre ogni limite e decenza, e allora Carlisle ci concede la verità.
“Vi ho già detto che nel mondo dei vampiri c'è un certo malcontento nei confronti dell'amministrazione, per così dire, dei Volturi. Eppure, non immaginavo ci fossero clan in attesa di un mero pretesto per poterli sfidare apertamente. A questo punto, non solo lo scontro è inevitabile, ma necessario.”
“E' così.” Dice Siobhan, attirando l'attenzione di tutti. Carlisle lascia che si prenda il suo spazio e le concede il suo momento. “Tutti i clan sono autosufficienti e, in genere, governati da principi per lo più egoistici ed indifferenti verso gli altri, ma questo non vuol dire che non valgano i rapporti personali di amicizia, come nel caso mio e di Carlisle, ma soprattutto, ciò non vuol dire non siano tutti pronti ad unirsi per una causa comune. La sfida al potere millenario dei Volturi è una causa comune eccellente, da questo punto di vista. E, lo ammetto, era solo questione di tempo. Se anche il vostro destino non avesse preso l'attuale piega – sì, Carlisle non ha risparmiato i dettagli su quanto vi sia accaduto – sono certa che, in un altro tempo e in un altro universo, i Volturi avrebbero trovato un altro pretesto per manifestarvi le loro ostilità e le loro mire di potere.”
Siobhan ha una bella voce, calda ma decisa, ha uno sguardo serio, convinto, sembra una persona capace di ottenere sempre ciò che desidera.
“Certo, ciò non vuol dire tutti i clan siano spinti dalle medesime motivazioni. Come ho già suggerito a Carlisle, c'è un clan che potrebbe fare al caso vostro – anzi, al nostro, perché ormai ci siamo dentro anche noi. Il clan rumeno di Vladimir e Stefan. E' un clan molto potente e molto antico, un ottimo alleato in battaglia, tuttavia, quanto alle loro motivazioni... sbarazzarsi dei Volturi per poi ritrovarci i rumeni al potere non credo sia un'ottima idea. Ma staremo a vedere.”
“Insomma, volete reclutare più clan possibili per scontrarci contro i Volturi.” Interviene Edward, lo sguardo serio, ma che non fa una piega.
“Sì, è così.” Asserisce Carlisle.
“E' troppo pericoloso.”
“Edward?”
“Non voglio che vengano coinvolte così tante persone per un capriccio dei Volturi. Perché è un capriccio, in fondo, no?”
“Edward, ne abbiamo già parlato...”
“Andrò io. Mi consegnerò io ai Volturi, è me che vogliono.”
Sgrano gli occhi. Quando gli è venuta questa idea, e perché la sta dicendo solo adesso con totale naturalezza?! Sono esterrefatta, non riesco nemmeno a dire qualcosa. Guardo i visi degli altri Esme ed Alice preoccupate, Siobhan impassibile.
“Edward, non essere sciocco. Non si tratta più di capricci, lo sai. E poi, non credere di poter risolvere tutto, così. E' soprattutto me, che vogliono.” Interviene Alice.
“Non mi pare il caso di mettersi a discutere su chi è il più favorito dai Volturi.” Dice Esme, interrompendo la diatriba.
“E' questo che vuoi, Carlisle?” dice Edward, dopo un istante di imbarazzato silenzio. “Vuoi la guerra universale vampirica?” dice, con una buona dose di ironia, sfoggiando il suo tipico sorriso sghembo.
“E' ciò che vogliamo tutti, a questo punto.” Sibila Siobhan. “E' già stato deciso.”
“E a Bella non ci pensi? Che colpa ha, lei? Perché dovrebbe ritrovarsi coinvolta nelle nostre guerre vampiriche?”
“Perché è coinvolta, Edward.”
Per l'ennesima volta sento Edward e Carlisle discutere di me, mentre io non riesco a proferire parola.
“Perché non fate parlare la ragazza? Ormai è coinvolta, è evidente, ma ritengo debba avere la sua parte di responsabilità così come di scelta, non vi pare?” chiede Siobhan, rivolgendomi improvvisamente il suo magnetico sguardo.
“Io... ecco...” mi faccio coraggio, non voglio più il ruolo della stupida ragazza umana da salvare. “Ormai ho accettato il mio destino. E voi, beh, mi avete accettato nella vostra casa, nella vostra famiglia. Non ho alcuna intenzione di tirarmi indietro, e farò la mia parte.” E a questo punto... mi viene un pensiero, ma esito un istante.
“Allora è deciso.” Dice Siobhan, soddisfatta.
“E se dovesse succedere come con Victoria?”
“Non accadrà, Edward. Staremo attenti.”
“Risparmiami le frasi di circostanza, Carlisle.”
No, non accadrà di nuovo. Non andrà a finire come contro Victoria. Non sarò più la ragazza umana, bersaglio dei cattivi, da proteggere e per la quale sacrificarsi.
“Devo diventare una vampira.” Dico a voce troppo alta, naturale, spontaneo ed incontrollato esito dei miei impetuosi pensieri.
Alle mie parole segue un silenzio inaspettato, che qualche istante più tardi viene spezzato da Edward.
“Bella, ne abbiamo già discusso.”
“No!” lo interrompo. “Non ricominciamo. Ascoltami. Ha senso. Così, in questa forma, sarò di impiccio. Da vampira potrei tornarvi utile.”
Edward apre bocca per ribattere, ma viene interrotto da Siobhan. “Mi dispiace, ma ritengo sia fuori discussione. E' vero, da umana non puoi esser di alcun aiuto, ma da vampira neonata saresti decisamente d'intralcio.” Ecco. Di bene in meglio.
“Siobhan ha ragione.” Mi dice Carlisle, lo sguardo comprensivo. “I tempi sono troppo stretti. Rimanderemo la decisione a quando tutto sarà finito.” Rimandare, rimandare, rimandare. Non sento dire altro, ultimamente. Ma so di non potermi opporre.
Mi volto a guardare Edward, i suoi occhi sono come quelli di una statua, fermi, maledettamente inespressivi.
Siobhan e Carlisle riprendono a discutere. Di nuovo a parlare di clan, di alleati e possibili nemici, li sento elencare tutti i clan che conoscono, fare programmi, previsioni, interrotti puntualmente da Esme, Jasper, Alice. Sento un'infinità di nomi diversi, non credevo conoscessero così tanti vampiri. Mi rendo conto di sapere veramente poco di questo mondo. Sono entrata a forza nella loro vita, nella loro casa e nella loro famiglia, solo per inseguire il sogno d'amore di un'adolescente quale ora forse non sono più, ed improvvisamente mi ritrovo catapultata in un intero cosmo estraneo. Ma mi basta volger lo sguardo alla mia destra per scorgere il profilo di Edward, per ricordarmi che è grazie a lui che tutto questo acquisisce un senso, e che non ho alcuna intenzione di tornare indietro.

Più tardi, dopocena, salutiamo la partenza di Siobhan, con la certezza di rivederla presto. Ci concediamo dunque un momento di relax in salone. Edward suona, come sempre, riempiendo l'aria di dolci note. Io lascio che il mio cervello sistemi e metabolizzi tutte le novità. Carlisle ed Esme continuano a parlare per un po', così come Jasper ed Alice. Finché Alice richiama l'attenzione di tutti: ha una nuova visione.
Le sue visioni ultimamente si fanno sempre più frequenti, ma anche confuse e pesanti. Spesso finisce in vero e proprio stato di trance. Sono ormai diversi giorni che appare profondamente spossata e stanca, è anche più silenziosa del solito. Ho sempre l'impressione ci sia qualcosa sotto, ma mi dico , ogni volta, che è l'effetto delle sue visioni. Del resto, si tratta di qualcosa di insolito che soltanto lei conosce, e che io non posso nemmeno lontanamente immaginare, provare.
Dunque, Alice ha un'altra visione. Molto chiara e molto precisa, ma anche molto breve. Niente di traumatico, per fortuna.
“Sta arrivando Emmett.”
E rimaniamo tutti spiazzati.
Dice di aver visto Emmett in viaggio, subito dopo lo ha visto entrare in casa, e ha visto tutti noi parlare. Niente di preoccupante, Emmett sembrava perfettamente in salute e non sembrava portare cattive notizie. Alice cerca di tranquillizzarci, ma rimane la domanda: e Rosalie?
Quando si fa tardi vado a letto. Edward mi accompagna e mi dà la buonanotte, poi mi lascia sola con i miei pensieri. Oggi ho conosciuto un'altra vampira, Siobhan, è stata una grossa novità. E domani dovrebbe arrivare Emmett. Stanno succedendo così tante cose, e così tanto velocemente, che comincio ad avere anch'io qualche brutto presentimento... e alla fine mi addormento, persa in un sonno stranamente senza sogni, ma molto, molto pesante.

Quando mi risveglio mi accorgo che è mattinata inoltrata. Sento delle voci provenire da basso. Rapidamente passo dal bagno, mi sciacquo, e scendo in cucina ancora in camicia da notte. Dalla cucina provengono voci piuttosto alte. Spalanco la porta e mi accorgo di Emmett, in piedi davanti il frigorifero, che chiacchiera con Alice, radioso in volto.
La prima cosa che mi colpisce è l'enorme imbarazzo dell'essermi mostrata ad Emmett, dopo così tanto tempo dall'ultima volta che ci siamo visti, in pigiama. Arrossisco violentemente, mormoro una scusa e torno veloce come un fulmine nella mia camera, a cambiarmi.
Quando ritorno giù tutti quanti si sono spostati nell'ampio salotto, e lì li raggiungo. Ci sono proprio tutti. Emmett parla, tutti gli altri ascoltano. Come varco la soglia, però, Emmett s'interrompe e tutti si voltano a guardarmi. Alice reprime una risatina, Emmett mi rivolge un gran sorrisone.
Arrossisco di nuovo, pensando all'incontro di pochi minuti prima, ma Emmett avanza e, senza nemmeno darmi il tempo di rendermene conto, si avventa su di me e mi stritola in un grosso abbraccio.
“Sono così contento di rivederti!”
Blatero qualcosa, cercando di sciogliere la sua stretta. Finalmente mi lascia andare.
“Ops. Scusa. Sai... la forza dei vampiri, e tutto quanto. Non sono più abituato ad averti tra i piedi!” altro sorrisone di Emmett. “Sono proprio felice, Bella. Vedo che sei tornata la solita ragazza goffa che tutti abbiamo imparato ad amare!”
“Emmett!” esclamo, arrossendo ancora. E l'aria si riempie delle risa di tutti i presenti.
E' straordinario. E' bastato tornasse Emmett per dimenticare tutti i pensieri più cattivi e tornare a ridere spensieratamente.
Finalmente prendo posto sul divano accanto ad Edward, che subito afferra la mia mano per stringerla e non lasciarla più. Carlisle mi fa un breve riassunto di quanto Emmett ha raccontato finora: elenca i luoghi in cui hanno viaggiato, i clan di vampiri da cui sono stati ospiti.
“Rosalie ha sempre voluto viaggiare per il mondo. Così per un po' l'ho accontentata.” Aggiunge Emmett.
Proprio grazie ai continui contatti con i vari clan ha sentito la notizia della controversia con i Volturi. E così è deciso di venire e vedere che succede.
“Rosalie, beh... ne è all'oscuro. Non sa che sono venuto qui. Quando abbiamo sentito dei Volturi si è impaurita. Certo, è preoccupatissima per tutti voi, ma proprio per questo non vuole tornare. Io però non potevo andare avanti così, senza sapere nulla di voi... non ho potuto far altro che inventare una scusa e raggiungervi il più velocemente possibile.”
“Quindi non rimani.” Interviene Esme.
“Mi dispiace.” Risponde Emmett. “Davvero. Ma non posso lasciare Rosalie. Credetemi... mi piacerebbe, davvero, unirmi a voi e prendere a calci nel sedere quei vecchi raggrinziti dei Volturi! Ma...”
“Ti capiamo, Emmett.” Dice Jasper, prendendo la parola. “Non preoccuparti.”
“Sì, è così... l'importante è che voi due stiate bene.” Aggiunge Esme.
“Ci ho pensato a lungo, ho riflettuto sulle varie possibilità... ma ormai ho deciso.”
“E' meglio così, Emmett.” Alice. “Credimi.”
Non posso far a meno di notare la strana voce di Alice, le sue parole... rimaniamo un attimo in silenzio, guardo Alice, il volto basso, serio, gli occhi assenti. E poi suona il telefono, risvegliandoci tutti quanti. Carlisle va a rispondere, dice che è Siobhan, ed Emmett riprende a parlare.
Emmett si fa aggiornare sulle novità, gli raccontiamo di Siobhan e della guerra che verrà, ma ben presto la conversazione scivola su argomenti più semplici e tranquilli. Emmett ha poco tempo ancora a disposizione, presto dovrà tornare, evidentemente vuole trascorrere questo poco tempo con la sua famiglia come ha sempre fatto, senza sentir parlare di guerre e strategie, di alleanze e nemici.
E così il tempo vola, e senza che me ne renda veramente conto si fa pomeriggio, e mi ritrovo davanti l'ingresso principale a salutare Emmett, di nuovo in partenza.
“Stammi bene, piccola. Vedi di stare lontana dai guai!” mi dice, rivolgendomi ancora una volta il suo sorrisone, anche se i suoi occhi sembrano velati dalla tristezza. Resiste ancora alle insistenze di Esme, che gli chiede un recapito, rifiuta di darglielo ma promette di farsi sentire presto e di rimanere in contatto, e poi si allontana, scomparendo dal mio sguardo, una macchia scura che annega nel grigio luminoso dell'Alaska.

La sera stessa mi ritrovo da sola, nell'ampia veranda della nuova casa Cullen. Fa molto freddo, ma il mio pesante maglione mi tiene abbastanza calda. E la tazza di tisana fumante fa anche la sua parte.
Edward Carlisle e Alice sono a caccia. Da quando Emmett è ripartito la casa è nuovamente sprofondata nel silenzio. La cena è stata sbrigativa, ho mangiato poco. Alice non ha nemmeno insistito affinché assaggiassi il dolce che ha preparato. E' così strana... più passano le ore e più me ne rendo conto. Ma poi accade sempre qualcosa, un pensiero, un dialogo, una visione, e me ne dimentico. Com'è labile la mia mente, per ora. Come'è debole. Si lascia trasportare con grande facilità dallo scorrere degli eventi.
E' proprio una bella e fredda serata di fine autunno. Il cielo è sereno, si vedono moltissime stelle, molte di più di quante se ne vedevano a Forks. Forse potrei anche abituar mici seriamente, a vivere qui. In incognito, in attesa, in una perenne fase di transizione. Chissà.
Sono sola con i miei pensieri quando sento la porta aprirsi sulla veranda.
“Oh. Scusa.” Mi volto, vedo Jasper, i capelli leonini gli coprono parte del volto. “Ti lascio sola.”
“No, no, figurati.” Rispondo, alzandomi di scatto dalla sedia a sdraio sulla quale stavo. “Nessun disturbo.”
Jasper fa spallucce, mi passa oltre e si piazza alla parte opposta da me.
“Scusa... sei controvento. Il tuo odore mi ha investito.”
“Oh, certo. Capisco.”
Già, il mio odore. Jasper continua ad avere qualche difficoltà a sopportare la mia vicinanza.
“Mi dispiace.” Sussurro.
“No, ma no. Non devi scusarti. Non è mica colpa tua!” ribatte Jasper, gesticolando. “Sono io a dovermi scusare. Dopo tutto questo tempo ancora non riesco ad abituarmi, a resistere. Le vecchie abitudini sono sempre dure a morire.” Abbozza un sorriso, e già sento il calore liquido del suo sguardo scivolarmi dentro. La sua abilità speciale.
Lo guardo bene, è di una bellezza accecante, estrema. Ma è diverso da Edward. Edward è di una bellezza perfetta, canonica, sarebbe l'idolo degli antichi scultori greci. Ma Jasper è tutt'altra cosa, è una bellezza diversa, più pesante, più esagerata, più estrema, davvero. Così come Rosalie. Non per niente ha sempre retto la loro copertura di essere gemelli: sono belli allo stesso modo, talmente belli quasi da disgustarti.
Guardo dunque Jasper, la sua bellezza assurda, il volto eternamente giovane e pulito, e stento a credere, come ogni volta, sia stato fino a poco tempo fa un vampiro crudele e sanguinario, una perfetta macchina da guerra. Una macchina da guerra ancora perfettamente in funzione, come mi è stato mostrato tempo fa, ai tempi di Victoria e dei neonati.
Mentre formulo questi pensieri, non mi accorgo dell'inevitabile scorrere del tempo, del silenzio che si è posato su di noi, come la neve leggera che ti sfiora e nemmeno te ne accorgi: ma quando se ne raccoglie fin troppa, eccome se la senti.
“Allora, Jasper, ti vedremo combattere di nuovo, a quanto pare.”
“A quanto pare.” Replica lui, con un sussurro, la voce incredibilmente magnetica e penetrante.
Lo vedo rivolgere lo sguardo verso un punto impreciso dell'oscurità, mormorare qualcosa tra sé, come se fosse indeciso, dubbioso e pensoso.
“Qualcosa che non va? Vuoi che... insomma... mi allontano?”
“Oh no, Bella, non è per te, puoi stare tranquilla.” Altro sorriso, altro calore liquido che mi scorre nelle vene. “Stavo pensando... non ti sembra strana, Alice?”
“Come?”
“Le sue visioni. Temo fortemente abbia visto qualcosa... forse più di qualcosa. Noi abbiamo un legame unico e indissolubile, ci diciamo sempre tutto. Non so se è perché siamo dei vampiri, ma abbiamo sempre un'empatia estrema. L'avrai visto, no? Non abbiamo nemmeno bisogno di parlare, ci intendiamo senza dover ricorrere alle parole, senza doverci esprimere. Eppure, ho come la sensazione ci sia qualcosa che non va. Ma non riesco a capire. E' proprio strano. Magari a te ha detto qualcosa.”
Per un attimo rimango stordita. Tanto per cominciare, non ho mai avuto una conversazione simile con Jasper, e non l'ho mai sentito parlare così tanto. A scuotermi, però, è il fatto stia parlando di Alice. Anche lui ha notato che c'è qualcosa di strano.
“Sinceramente... sì, ho anch'io questa sensazione. Ma non mi ha detto nulla. Se non si è aperta nemmeno con te...”
“Non promette bene, già.”
“Ma non temere... forse quando sarà il momento lo farà.” Aggiungo, senza nemmeno rendermene conto.
Restiamo di nuovo in silenzio, il vento a sussurrarci i suoi movimenti.
Finché tocca a lui riprendere a parlare.
“E... tra te e Edward? Tutto bene?”
Per un momento mi viene quasi da ridere, per l'alto tasso di assurdità in tutto questo. Siamo un vampiro ed un'umana, a parlare insieme. Ci attende un altro pericolo mortale,eppure perdiamo tempo in conversazioni di circostanza, come due vecchi amici che si rivedono dopo tanto tempo e chiedono notizie.
“Mentirei se ti dicessi che è una meraviglia, e che è tutto come prima. A volte... a volte mi vengono improvvisamente dei ricordi, a volte credo di avere dei ricordi. Io... prima che, insomma, prima che succedesse quel che è successo... le cose tra me ed Edward erano complicate, a quanto ne so. Io volevo diventare una vampira, e lui voleva sposarmi. Me lo sono ricordato da poco.” Parlo, continuo a parlare senza accorgermi delle parole che sfuggono al mio controllo, mentre m'invade una sensazione di piacere, di liberazione da un peso, mi sento più leggere. Com'è riposante parlare con Jasper...
“Però, sai una cosa?, ho capito come posso reagire. La prenderò come una prova, una prova per me ed Edward, per il nostro amore.”
“Sono sicuro che la supererete brillantemente, insieme.”
E così continuiamo a parlare, spargendo la nostra voce nell'aria fredda della notte che si attarda con dolcezza, finché vediamo tornare Alice ed Edward, e tutti e due, io e Jasper, mettiamo fine alla nostra conversazione e ai nostri pensieri, pronti a riunirci ai nostri rispettivi compagni.

Un paio di giorni più tardi, casa Cullen diventa un crocevia di vampiri. La casa non è mai stata così affollata, e forse proprio per la presenza di tutti questi vampiri che vanno e vengono, vampiri che si muovono a velocità superiori della norma umana, mi sembra di essere troppo lenta per gli eventi, lenta al punto da sembrare ferma, immobile, mentre tutto muta.
Carlisle e Siobhan arrivano e partono di nuovo. Anche gli altri si allontanano un pomeriggio per poi fare ritorno la sera. Edward, Jasper, persino Esme. Mi chiedo cosa facciano e dove vadano in così poco tempo, spostandosi freneticamente più volte al giorno. Soltanto Alice resta, ma è come se non ci fosse. Chiusa in un silenzio innaturale, travolta dalle sue visioni. Vorrei poter fare qualcosa, anche soltanto starle accanto, ma mi rendo conto che quei piccoli gesti che a noi umani sembrano tanto importanti, stare ad ascoltare, una mano sulla spalla, una parola di conforto, per i vampiri sono più che superflui. Alice rimane a casa, chiusa nella sua stanza, a catalogare e studiare tutte le sue continue visioni, una dopo l'altra, dando precisi indirizzi a Carlisle e agli altri. Non uscire di pomeriggio, ha detto ieri a Carlisle, non lasciare Edward solo a casa, questa mattina, ma anche, non andare con gli egizi dagli irlandesi, o evita l'autostrada e prendi la statale XX. E sono tutti così presi da quel che accade, da non chiederle minimamente le ragioni di quelle sue istruzioni, guidati da una fiducia cieca verso la sua abilità innata. Ma io continuo a temere ci sia qualcosa dietro, e la cosa non mi rassicura affatto.
Ciò che è ormai certo, è che avrà luogo una grande battaglia tra noi ed i Volturi. Alice ha visto una gran varietà di esiti diversi della battaglia, e suggerisce a Carlisle ogni singolo vampiro da reclutare, così da ottenere una vittoria sicura. E Carlisle esegue, spostandosi alla velocità della luce.
Ciò che continua ad essere incerto è il quando. Se fino a qualche giorno prima l'arrivo dei Volturi era previsto per il mese prossimo, adesso l'incontro si fa sempre più vicino. Probabilmente i Volturi sanno che Alice continua a scrutare il futuro, e dunque cercano in tutti i modi di camuffare le loro intenzioni.
E' in momenti come questi che mi manca tutto quel che mi dà stabilità. Mi mancano i miei genitori, mi mancano le telefonate di mia madre, i silenzi di mio padre, mi manca persino la scuola, a Forks. Mi mancano gli abbracci di Edward, troppo preso dagli eventi e dai compiti che Carlisle gli affida. E non voglio nemmeno pensare a tutto quel che è rimasto a La Push. No, davvero.
E così i giorni passano, allungandosi e restringendosi in uno spazio-tempo che ha dimenticato le sue leggi.

E' la metà di Novembre quando avviene il primo ufficiale consiglio di guerra. Secondo le ultime previsioni di Alice, l'arrivo dei Volturi è previsto in un paio di giorni.
In questi ultimi giorni ho fatto la conoscenza di tantissimi vampiri: e la possibilità di conoscere persone nuove, vampiri antichi e provenienti da paesi lontani, mi ha un po' risollevata e tenuta occupata, distratta da pensieri funesti e visioni di morte. Certo, in un angolino nascosto della mia mente ho continuato a pensare che se questa volta dovesse accadere un imprevisto, come la morte di Jacob, impazzirei del tutto, e nemmeno Edward potrebbe più salvarmi.
E' una buia mattina, e il salone è affollatissimo. I clan stanno tutti raggruppati allo stesso modo: ogni leader seduto elegantemente su una bella poltrona, e tutti gli altri membri attorno, in piedi. Soltanto il clan dei Cullen si presenta diverso. Carlisle sta in piedi, al centro della sala. Io sto in disparte, insieme a Edward, così come Jasper, Alice ed Esme.
Carlisle parla, continua a parlare già da parecchio, tiene un bel discorso motivazionale, e tutti lo seguono attentamente, anche se i volti di tutti questi vampiri non tradiscono alcuna emozione.
Mi guardo attorno, guardo i visi che ormai ho imparato a distinguere e riconoscere.
Siobhan sta alla mia sinistra, accomodata su una poltrona vicino il pianoforte di Edward. Il suo compagno, Liam, sta alle sue spalle, appoggiato allo schienale della poltrona. Accanto, in piedi, la giovane del gruppo, Maggie. Anche lei ha un'abilità speciale molto appetitosa: sa riconoscere le menzogne altrui. In questi giorni è spesso intervenuta, sempre su ordine perentorio di Siobhan, a sedare le controversie individuando i mentitori. Molti diverbi sono scoppiati infatti con il clan rumeno: che non a caso stanno dalla parte opposta della sala, vicino ad Alice, Jasper ed Esme (seduti sul divano). Vladimir e Stefan sono due vampiri antichissimi, e il loro aspetto lo rende alquanto evidente. Sono del tutto inespressivi. Sono i più determinati a rovesciare il governo dei Volturi, perché interessati a prenderne il posto. Malgrado ciò, secondo Carlisle non c'è nulla da temere, e Maggie ha provato la veridicità delle loro buone intenzioni.
Tra gli egizi spicca Benjamin: un bel ragazzo di giovane aspetto, creatura del leader Amun. Carlisle sta proprio parlando di lui, indicandolo come punta di diamante della formazione principale. Il discorso sta diventando un po' troppo tecnico, si parla di prima e seconda linea. Carlisle sta facendo i nomi di tutti coloro sono invitati a combattere in prima linea. Jasper, i rumeni, Siobhan e Benjamin, capace di controllare gli elementi della natura.
“A guidare la seconda linea saranno Zafrina e Alice.” Dice Carlisle, attirando la mia attenzione. “Le loro specifiche abilità le rendono fondamentali come azione di supporto e di regia.” Mi volto verso Zafrina, il leader dell'Amazzone: una bellezza da mozzare il fiato. Edward mi ha detto che la sua abilità è quella di creare illusioni. Una controparte ideale della guardia personale dei Volturi.
A completare il quadro, un bel numero di vampiri nomadi. Tra le grandi conquiste di Carlisle spiccano due vampiri: Charles e Makenne. Due vampiri europei che Alice ha visto nelle sue visioni al fianco dei Volturi. E' anche una sua conquista: è riuscita a interpretare in maniera giusta l'inflessione di alcune sue visioni, indovinando il malcontento dei due vampiri verso i Volturi, e così Carlisle è riuscito a sottrarli agli antichi vampiri italici giusto per un soffio. Jasper, dal canto suo, ha contattato due vecchie conoscenze: Peter e Charlotte. Due vampiri – inutile dirlo – giovani e bellissimi, dai capelli di platino.
Quando il discorso di Carlisle giunge al termine, è Siobhan a prendere la parola. Ma progressivamente la mia attenzione viene rapita da dettagli insignificanti e pensieri momentanei. Sono solo una ragazza umana, non chiedetemi di comprendere le vostre strategie di guerra!, vorrei dire a tutti loro, ma sarebbe inutile. Non può esserci alcuna comprensione reciproca. Sento tra me e questi clan una distanza incolmabile. Non sembrano nemmeno registrare la mia presenza. Eppure mi sarei aspettata delle resistenze, delle affermazioni di scetticismo, anche qualche reazione violenta. I Cullen eccellono nel loro stile di vita vegetariano, altrettanto non può dirsi dei clan più esotici, come quello rumeno o egizio. Sicuramente Carlisle li avrà preparati a dovere, prevenendo qualunque ostilità o reazione sopra le righe, ma vedo in loro una totale diffidenze ed indifferenza.
Del resto, sono vampiri che si preparano ad una guerra, senza che il loro volto faccia una grinza. Perché mai dovrebbero concedersi il lusso di una reazione alla presenza di una ragazza umana?
Così, mentre continuo a lasciarmi trasportare dai miei pensieri, il tempo scorre, le parole si ammassano. Siobhan smette di parlare, mettendo fine alla parte dei monologhi, e il salone si riempie di un acceso dibattito tra tutti i vampiri presenti. Tutti partecipano, discutono, soltanto io rimango ferma in silenzio. Anzi. Non solo io. Guardo bene, vedo Alice, è rimasta in disparte, silenziosa, lo sguardo basso. E' completamente immobile.
“Alice...” mormoro, senza nemmeno tentare di farmi udire oltre il gran vociare dei vampiri. Avanzo verso di lei, spostandomi tra i vampiri che, adesso in piedi, affollano la sala. “Cosa succede, Alice?”
Un istante dopo Alice urla e si scuote. La vedo cadere in ginocchio, stringersi la testa tra le mani, urlare “No, no, no!”.
Il silenzio piomba sulla sala. Prima che il mio occhio lo registri, Jasper scatta e si china su di lei.
“Alice... Alice!” urla Jasper, ma la ragazza continua a stringersi la testa, finché improvvisamente la visione cessa. Alice si rialza, lo sguardo stravolto.
“Puoi dirmi cosa hai visto?” Le chiede Carlisle, una mano sulla sua spalla. “Ce la fai?”
Alice annuisce, e poi risponde: “Sono già qui. Questa notte. Accadrà tutto questa notte.”
E si scatena il caos.

  
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