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Autore: kikkisan    12/10/2010    19 recensioni
"E’ una calda mattina d’estate.
Salgo sulla nostra collina preferita, dove da piccoli amavamo giocare a rincorrerci..." inizia cosi, questa che per me è la prima storia a capitoli, una storia iniziata più di un lustro fa, una storia che deve fare ancora un po’ di strada per arrivare alla fine, che forse zoppicherà qua e la, ma che spero possa trasmettere a Voi che la leggerete quello che ha trasmesso a me nello scriverla.
Dopo il prologo iniziale, cosa successe il giorno dell’accusa di tradimento? E se il messaggere di sua maestà arrivasse un attimo dopo...
Leggetela e se vi va ditemi che ne pensate nel bene e nel male.
E come sempre Carpe Diem.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi, imperdonabile come sempre, ma sono di nuovo tra voi dopo un periodo arido di voglia e d’idee e con la tecnologia che a casa mi ha completamente abbandonato.
Tranquille siamo quasi giunti al termine; mancano solo pochi capitoli e mettero la parola fine a questa 'folle' storia:)
Questo capitolo è dedicato a Livia, Lady in Blue, Tetide e Pry per il sostegno, l’amicizia, l’allegria delle mail, senza di loro forse questo capitolo non avrebbe ancora visto la luce.


 

Calore.
Mi solletica il viso.
Luce.
Mi accarezza gli occhi.
E sento la paura crescere dentro di me.
Quella che ogni mattina mi invade prima di scoprire che le tenebre non hanno ancora vinto.
Quella che ogni sera mi costringe a combattere contro le ombre celate dietro quest’ occhio.
Si, io ho paura.
Paura di aprirli e trovarmi davanti ad un muro di difficoltà.
Paura di aprirli e non vedere più te.
Non riuscirò mai ad abituarmi a quest’oscurità che man mano mi risucchia nel buio della vita.
Mai.
Metto una mano davanti alla luce e apro l’unico occhio che ancora mi tiene sospeso, tra luce e ombra.
Vedo.
Ancora.
Sospiro e guardo il soffitto.
La notte è passata e la mia mano stringe ancora la tua.
E’ calda.
Mi alzo dalla poltrona.
Mi fa male la schiena.
Sorrido.
Sto invecchiando.
Ti guardo.
Vorrei tanto invecchiare insieme a te Oscar.
Vorrei tanto vedere le prime rughe marcare il tuo viso.
Sarai bellissima, lo sarai sempre.
Mi siedo sul letto.
Ti sono accanto Oscar.
Puoi sentirmi?
Ti sto tenendo la mano.
Riesci ad avvertire il mio tocco?
Intreccio le mie dita alle tue.
Dove sei Oscar?
Dov’è imprigionata la tua mente?
Dov’è rinchiusa la tua anima?
Ma ovunque tu sia ti prego, ascolta il tuo cuore.
Torna da me.
Continuo a stringerti la mano.
Forte.
Cosi forte da sentire le tue ossa urlarmi il loro dolore.
Cosi forte da sentire le mie ossa appoggiarsi alle tue.
Grida Oscar.
Urlami che ti sto facendo male.
Inveisci contro di me.
Contro questo corpo che per un istante è affogato nel mare dell’indifferenza.
Contro questi occhi che per un attimo si sono persi nel loro buio.
Urla Oscar.
Urla.
Ma.
Non vi è alcuna reazione.
Non c’è risposta alla mia supplica.
Né replica alla mia preghiera.
Sospiro.
E mi chiedo ancora.
Perché?
Perché tu?
Tu, al posto mio.
Mi spiegherai un giorno Oscar?
Spiegherai alla mia mente che l’apparenza è solo il rifugio per i deboli?
Spiegherai al mio cuore che l’illusione è solo l’ultima preghiera dei condannati a morte?
Aiutami a capire Oscar.
A capirti.
Aiutami a cogliere quell’essenza di amore che ho visto nei tuoi occhi.
Aiutami a comprendere il brivido che ha scosso il tuo corpo.
Aiutami Oscar, altrimenti impazzirò.
E lascerò che la pazzia consumi la mia anima.
Morendo insieme a te.
Ti guardo ancora.
Il tuo viso è ancora pallido ed inespressivo.
Metto la mano sulla fronte.
La febbre sembra passata.
La mano scivola lungo il tuo viso accarezzandolo.
Perdonami, se puoi.
Per aver permesso al mio corpo di indietreggiare.
Perdonami.
Per aver permesso alle mie mani di arrendersi.
Perdonami.
Perché ho permesso all’oscurità di portarti via da me.
Io, non sono un eroe Oscar.
Io non so cosa, io non so chi sono.
Senza di te.
Ti supplico Oscar, non farmelo scoprire.
Mai.

Sento la porta aprirsi.
Vedo mia nonna e il dottore avvicinarsi.
Mi scosto dal letto.
Le sente il polso.
Le sente la fronte.
Apre uno alla volta i suoi occhi.
Mette giù la mano.
Sospira.
Il mio cuore si ferma.
Si volta verso di me, il suo sguardo è stanco.
Scuote la testa.
La situazione non è buona.
Fa cenno a mia nonna che deve medicare la ferita.
Capisco e mi avvicino alla porta.
Mi volto ancora una volta.
Ti prego Oscar, resisti.
Ti prego resta con me.
Ti prego.

Esco e la accosto lentamente.
Sento i suoi passi.
Vi riconosco generale.
Risento la sua voce alle mie spalle.
Sembra più calmo.
Sembra non avercela più con me.
Mi giro verso di lui.
E’ pallido, sembra non aver dormito stanotte.
Nessuno di noi l’ha fatto.
Nessuno di noi è riuscito a chiudere occhio.
Continuo a guardarlo.
Sembra volermi dire qualcosa.
Sembra volersi tirare indietro.
Ora rivedo il padre.
Ora rivedo il genitore.
Ditemi Generale, vi ascolto.
Lacrime.
Lo so Generale, non è stata colpa mia.
Piange.
Lo so Generale, è stato un attimo di follia.
Lo so, e vi capisco.
Ma.
Oscar sta rischiando la sua vita e per cosa?
Per un titolo nobiliare?
Per le vostre ricchezze?
E’ sempre vostra figlia maledizione, Generale.
Vostra figlia Oscar.
La stessa che quando era piccola anelava duellare con voi.
La stessa che vi sedeva accanto, davanti al fuoco, in attesa di nuove storie.
La stessa che cavalcava con voi sulle rive della Normandia.
La stessa che vi ha reso orgoglioso.
Tante volte.
No Generale, Oscar non è cambiata.
No Generale, Oscar è rimasta sempre la stessa.
E’ il mondo che sta cambiando.
E la Francia lo sta seguendo.
Ora, scusatemi ma devo andare.
Devo salvare i miei compagni.
Devo mantenere una promessa
E trovare Bernard.

 

***

Corri cavallo corri.
Portami a palazzo Jarjayes.
Voglio tornare da lei.
Voglio tornare dal mio amore.
Corri cavallo corri.
Un piccolo ramo mi ferisce il viso.
Non importa.
L’acqua del fiume mi inzuppa gli stivali
Non importa.
Corri cavallo corri.
Portami da lei.
E ti prego fa che sia ancora con me.

Accosto la grande vetrata.
Sento i passi veloci di mia nonna dirigersi verso le cucine.
I nostri occhi s’incrociano, per un istante.
I miei aspettano il miracolo, i suoi mi rimandano solo il suo tormento.
No, la situazione non è cambiata.
Respiro e mi avvio verso la tua stanza.
Quando.
Le mie orecchie si tendono.
I miei sensi s’irrigidiscono.
Un rumore strano.
Un rumore particolare.
Avverto una sensazione di paura.
Conosco quel rumore.
So da cosa proviene.
Appoggio la mano al freddo marmo delle scale e corro.
Ascolto e corro.
Apro lentamente la porta del grande salone e lo vedo.
A terra.
Di spalle.
Inginocchiato.
Le spalle ricurve, di chi porta, ormai da troppo tempo, il peso delle proprie colpe.
La testa alta di chi vuol morire con dignità.
La fredda canna della mia pistola dritta alla tempia.
Ha già caricato.
Conosco quel rumore.
So da cosa proviene.
No Generale non lo fate.
Piange.
No Generale sarebbe un sacrificio inutile.
Si dispera.
No Generale, lei non ve lo perdonerebbe mai.
Il dito sul grilletto accenna tragicamente a un movimento.
No.
GENERALE.
No.
Fermatevi.
Corri Andrè corri.
Impedisci a un padre di espiare le proprie colpe con un freddo proiettile.
Corri Andrè corri.
Impedisci a uomo di cancellare la sua vita con un colpo di fuoco.
Corri Andrè corri.
Impedisci al Generale di far soffrire Oscar, di nuovo.
La mia mano afferra violentemente sulla sua.
Alzo la canna verso la grande vetrata.
Spara.
Il colpo s’infrange sui vetri.
Li sento schizzare via come schegge di ghiaccio.
Puzza di polvere.
La sento entrare nelle narici, consumandole.
La sento entrare nel mio corpo e bruciarlo.
Gliela strappo dalla mano, ferocemente.
Quasi a fargli male.
Urla.
No Generale non vi lascio.
Inveisce.
No Generale non vi permetterò di morire.
Maledice.
No Generale, che senso avrebbe.
Continua a piangere.
Continua a condannarsi.
Mi grida che Oscar è grave.
L’aria si ferma in gola.
Mi urla che morirà, che non c’è più nulla da fare.
Il mio cuore perde un battito.
E che nessuno riuscirà a salvarla.
La vista mi si appanna.
Nessuno più, ormai.
No.
Lascio la sua mano.
No.
Lascio cadere la pistola.
Oscar no.
Cado in ginocchio davanti a lui.
Lui in ginocchio davanti a me.
Le mani sul freddo marmo.
Si dispera.
Mi dispero.
Le lacrime scendono violente sulle mani.
Alza lo sguardo verso di me.
"Io l’ho uccisa Andrè. Ho ucciso mia figlia".
No.
Non è ancora morta.
Dannazione.
E’ ancora in quella stanza.
Il suo respiro è ancora caldo.
Il suo cuore continua la sua incessante lotta.
E’ viva.
Viva.
E voi non potete uccidervi.
Non si muore per una colpa.
Vi prego ascoltatemi.
Sospira.
L’aiuto a rialzarsi.
Sembra essersi calmato.
Raccolgo la pistola e mi avvio alla porta.
Torno a sperare in quel miracolo.
Ma.
Lo stridio di una lama mi fa girare violentemente.
La sua spada era rimasta li, in un angolo buio.
E ora è tra le sue mani, puntata sul suo cuore.
Vi prego generale.
Vi prego fermatevi.
Non è necessario.
Ora sono io che imploro voi.
Fermatevi.
Ma nel suo sguardo leggo solo la rassegnazione di un padre che ha solo errori da dimenticare.
I suoi occhi guardano i miei, fuggendo la vergogna.
I suoi occhi parlano ai miei, supplicando il perdono.
Mentre la follia corre veloce lungo la lama della sua spada.
E poi.
Secco.
No.
Deciso.
No.
Dritto al cuore.
No.
Senza via di scampo.
No, vi prego, no.
Mi lancio verso di lui.
Vedo la lama trapassargli il cuore.
Il suo sangue si mescola con quello della figlia.
Intrecciando dolore e sofferenza.
Bruciando ricordi e memorie.
Il cuore di un padre nel sangue di una figlia.
Le mie mani si tendono verso di lui.
Prendono l’elsa, tirandola via.
Un rumore secco spezza il mio urlo.
Le sue mani toccano le mie.
Le sue gambe non reggono più il suo peso.
Cerco sostegno nelle poche forze che mi rimangono, portandolo a terra con me.
Delicatamente.
Tra le mie braccia.
Tengo stretta la mano sul suo cuore.
Un brivido percorre tutto il mio corpo.
La memoria mi catapulta a ieri notte.
E sangue.
Sangue.
Sangue.
Sulle mie mani.
Sgorga attraverso le mie dita, disegnando scie di morte.
Fluisce lungo il mio braccio, graffiando le mie vene.
Esplode a terra, annullando la sua vita.
Cerco di girarmi per gridare.
Per chiedere aiuto.
Ma.
La sua mano afferra il mio braccio.
Lo stringe con le ultime forze che gli restano.
Generale.
Scosta la mia mano che tiene ancora la ferita.
Mi fa cenno di no con la testa.
Vi prego.
Mi fa capire che non vuole essere salvato.
No.
Mi sorride.
No.
E piange.
Piange il Generale.
Piange il padre.
Lacrime che sanno solo di un vuoto mai riempito.
Lacrime che assaporano il gusto della fine.
Lacrime che si mescolano al sangue.
Sangue che lascia questa vita.
Questa vita che dice addio.
Questa vita che non avrà un’altra possibilità.
Perché è troppo tardi, ormai.
E lui lo sa.
Lo sa il Generale
E lo so anch’io.
Le sue ultime parole annegano nel mio silenzio.
"Va, ha bisogno di te. Salvala tu, figlio mio".
Un ultimo respiro.
E infine.
La sua bocca si piega in un sorriso.
I suoi occhi si chiudono.
Il suo viso si inclina appoggiandosi al mio petto.
La sua mano lascia la mia.
E muore.
Cosi.
Senza perdono.
Senza clemenza.
Senza addii.
Cosi muore François Augustin Reynier de Jarjayes.
Cosi muore un padre.
Cosi muore una colpa.
Non vedo più nulla.
Ora sono le lacrime a offuscare la luce.
Ora è il mio pianto a trascinarmi nell’oscurità.
Il mio corpo sussulta.
Singhiozza.
Geme.
E infine.
Urlo.
No.
Piango.
No.
Maledico.
No.
Lo scuoto.
No.
Non mi rassegno.
Generale, vi prego.
Ma non vi è più vita in questo corpo.
Non c’è più respiro in quelle labbra socchiuse.
Né luce in quegli occhi chiusi.
Lo appoggio delicatamente sul freddo marmo.
Mi alzo tremante.
Mi avvicino alla finestra.
Il sole sta morendo nelle profondità del mondo, lasciando dietro di se sfumature di un altro giorno che se ne va.
Portando con sé gli errori di un uomo.
Trascinando via la colpa di un padre.
Sferro un pugno alla finestra che si frantuma.
Frammenti di vetro s’incastrano nella mia pelle, tagliando le mie dita.
Frammenti di vita sono scivolati via dalle mie mani, lacerando il mio cuore.
E giuro.
Non lascerò che la morte prenda anche lei.
Non lascerò che posi le sue vesta soffocando la sua anima.
Io vi giuro Generale.
Oscar non morirà.
A costo di strapparla io stesso, dalle mani di Dio

 

Ringraziamenti

Un grazie di cuore a Mina72, Kira91, Ninfea Blu, Baby Elisa, Beatrix_, Crissi, Sarangel11, Leila345, Cantarella e REMY, per le bellissime recensioni a “Un attimo ancora” e per il sostegno datomi in ogni parola, e grazie a tutte coloro che leggono solamente.
Vorrei inoltre scusarmi con Baby80, Crissi, Cicina, Kir91, Leila345 per il ritardo nel recensire le vostre storie, ma appena la tecnologia (leggasi Pc andato a farsi benedire) tornerà in casa mia, sarò sicuramente più veloce nel commentare. Abbiate un po’ di pazienza.
Penso di aver detto tutto.
Mi congedo da voi ringraziandovi ancora e come sempre Carpe Diem.

   
 
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