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Autore: Maria Sole Cullen    12/10/2010    1 recensioni
Cosa c'è dopo la frase- e continuammo a occuparci beati di quella piccola parte, ma perfetta, della nostra eternità-? Possibile che la storia finisca li?. Tutte le cose lasciate in sospeso qui avranno risposta.
(Ogni bacio della mia nuova vita mi faceva tornare in mente quelli leggeri e accorti della mia precedente esistenza. Una delle cose che ricordavo con più chiarezza era l’atroce sofferenza che provava Edward ogni volta che mi sfiorava. Immaginai il veleno sgorgargli dalla bocca a pochi centimetri dalle mie labbra calde e morbide, il desiderio devastante di sentire il liquido denso e caldo bagnarli le labbra lasciando un aroma che solo il mio sangue poteva dargli. La confusione che provava doveva essere tremenda quando la sua mente imponeva alle labbra di allontanarsi dalle mie per non mettermi in pericolo. Il pensiero mi fece quasi venire sete e mi avvinghiai ancora di più a lui pensando che adesso non doveva più soffrire. Edward sorrise compiaciuto.
questo è solo una assaggio, andate a curiosare.
(è la mia prima ff quindi siate clementi)- Lasciate recensioni-
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il rumore del mare, il rumore di casa

(dal punto di vista di Renesmee)

 scrivete le vostre impressioni

 

 

Stai calma, mi ripetevo continuamente, cercando di trattenere le lacrime, avevo già pianto abbastanza per quel giorno. Mi asciugai con la manica della maglietta le ultime lacrime che erano rimaste ad inumidirmi le guancie.

Dovevo essere forte, mostrarmi coraggiosa. Tirai su col naso e mi stropicciai gli occhi.

All’interno del corridoio, era tutto buio, i miei occhi per metà deboli e umani, ci misero un po’ ad abituarsi, ma sapevo che le due vampire  accanto a me, non avevano alcuna difficoltà a scorgere ogni mio movimento: scappare mi era impossibile.

Una era la vampira che mi aveva rapita. Il rossetto nero si confondeva con il buio di quel posto, ma non facevo fatica a distinguere i capelli biondo grano. I tacchi a spillo ticchettavano vicini a me, come ad indicarmi che al mio fianco c’era qualcuno che mi avrebbe impedito la fuga, se solo avessi provato ad andarmene.

L’altra vampira la ricordavo chiaramente. Jane poco più bassa di me, procedeva avanti spedita, fissando il vuoto davanti ai suoi occhi. L’unico ricordo che avevo di lei risaliva a tre anni prima: il suo viso contorto dalla rabbia mentre cercava disperatamente di colpire mia madre senza trovare uno squarcio nello scudo. Il suo sorriso grottesco mi era rimasto così impresso nella mente che quasi mi sorprendeva vederla così seria e altezzosa.

Il mio passo lento sembrava infastidirle, accelerarono leggermente, aspettando che le seguissi.

Riportare alla mente gli ultimi due giorni era davvero molto doloroso, ma le ferite erano troppo fresche per poterle ignorare. Senza riuscire a opporre resistenza mi ero ritrovata tra le braccia di quella vampira strana e inquietante. Il muso del mio Jacob, contorto dal dolore a causa della ferita, cercava disperatamente il mio volto, ma tutti i suoi sforzi di provare a rialzarsi erano inutili, ricadeva a terra, incapace di tenere la gamba dritta. Sapevo che urlare non serviva a nulla, avrebbe solo inflitto altre pene al lupo rossiccio che avevo davanti, ma non riuscivo a smettere.

Avevo passato il giorno precedente sull’aereo piangendo. Quando feci il primo scalo- senza chiedermi dove fossi o dove fossi diretta, ero troppo triste per pensarci- Jane mi accolse con un sorriso malsano.

“Eccola qua, brava Daphne, sei riuscita a prendere il mostriciattolo, Aro ne sarà orgoglioso” aveva detto con voce stridula ma senza attirare la mia attenzione, non mi importava cosa significava ciò che voleva dire, non mi importava più niente di niente.

“Oh piccolina, che ti è successo, perché stai piangendo, ti manca la mamma forse” disse ridendo, avvicinandosi a me tanto da poter toccare il naso con il mio. Poi all’improvviso, mi diede uno schiaffo con tutta la sua forza. Sentì il sangue pulsarmi sotto la guancia e misi una mano sul viso per esaminare i danni. Le lacrime cominciarono a sgorgare più velocemente e anche i singhiozzi presero il sopravvento, ma non degnai mai Jane di uno sguardo.

Le vampire mi ignorarono per tutto il viaggio. Io cercai di dormire ma fu difficile tenere a bada i pensieri.

Mi svegliarono quattro mani gelide che con violenza mi strattonarono per scendere dall’aereo.

Appena scesa mi accorsi del panorama che avevo intorno. La vegetazione diversa e variopinta mi fece capire di essere molto più lontana da casa di quanto immaginavo.

I familiari toni del verde qui erano completamente assenti.

Sulla pianura sconfinata l’arancione e il rosso della vegetazione dominavano rispetto agli altri colori. Veramente esisteva un posto dove le foglie diventavano di color rosso?

Il sole accecante non faceva fatica a passare tra le piccole e sottili nuvole bianche. Sentivo il calore bruciante sulla mia pelle lucida e brillante.  Niente a che vedere però con la pelle fosforescente delle mani delle vampire accanto a me,completamente avvolte da mantelli sciarpe e cappelli. Se non fossi stata così impaurita magari avrei detto che quel posto era bellissimo. Forze era proprio quello dove viveva mia nonna Reneè. Quel paesaggio sembrava combaciare perfettamente con le descrizioni fatte da mia madre.

In quel momento però, in mezzo alla strada, un uomo con una lunga barba attirò la mia attenzione.  Parlava in modo strano, che non riuscivo a comprendere.

Non poteva essere il posto dove viveva mia nonna, lei abitava in America, ma in quello strano luogo nessuno sembrava conoscere l’inglese.

Da quel momento in poi fu veramente difficile tenere a bada le lacrime. L’unica cosa che mi dava forza era avere la certezza, che qualcuno mi stava cercando.

Il corridoio sembrava non finire mai, ogni tanto Jane mi spingeva avanti, annoiata dal mio passo. Dopo un tempo lunghissimo, finalmente iniziai a vedere un po’ di luce, ma non alzai comunque lo sguardo. Continuavo a tenere gli occhi fissi sul pavimento, con la faccia imbronciata e concentrata per tenere a bada il mio umore.

Diedi un’occhiata davanti a me solo quando avvertì il suono cigolante di una porta a pochi passi. Me ne accorsi troppo tardi, quando ormai la porta mi era arrivata in faccia dopo che Jane e Daphne erano entrate.

Mi massaggiai la fronte, probabilmente sanguinava, perché le due vampire quasi arrestarono il passo, fiutando l’odore. Ci misi la mano sopra sperando di soffocare il profumo che ormai anche io sentivo.

Dopo aver superato qualche altra porta mi ritrovai in un atrio, i polsi bloccati dalle mani delle streghe al mio fianco e la testa sempre a fissare per terra.

Jane si schiarì la voce per attirare l’attenzione di qualcuno, ma non riuscii a capire di chi.

“Mia cara” sussurrò una voce in lontananza, squillante e inquietante allo stesso tempo.

“Hai già svolto il tuo compito? Wow che velocità, avrei giurato che saresti arrivata solo fra qualche giorno.”

Daphne fece una smorfia ed un risolino nervoso.

“Tutto liscio come l’olio, mio signore, non ho incontrato nessuna difficoltà, e le posso assicurare che mandare Jane a controllarmi sia stato superfluo.”

“Ne, sono certo, tesoro” rispose Aro nervoso, ma la sua attenzione ormai gravitava oltre, fissava divertito il mio viso basso e contorto dalla rabbia.

“Con il tuo talento non poteva andare diversamente, che magnifica qualità poter cancellare una parte di ricordi dalla mente della gente. Lo hai usato sulla ragazza?” chiese lui indicandomi, ma senz staccarmi gli occhi di dosso.

Daphne serrò la stretta sul mio polso.

“oh no, non c’è ne stato bisogno. L’ho utilizzato soltanto sulla creatura orrenda che la proteggeva, la tregua con tra i Cullen e i licantropi è ancora attiva”

Alzai gli occhi, mi girai verso Daphne e gli ringhiai contro. Lei mi diede un altro schiaffo ma continuai a guardarla in cagnesco.

“Modera i modi, mia dolce Daffy, la nostra ospite ha diritto ad un trattamento eccellente” disse Aro serio, senza l’ombra di una risata. Le sue parole mi confusero ancora di più, ma non ci diedi troppo peso.

“Allora, sei sicura che il tuo talento abbia funzionato sul ....... lupo” chiese dopo qualche secondo.

“Ma certo, l’unica cosa che ricorderà saranno buchi neri, vuoti di memoria, ma non l’ho usato durante tutto il rapimento, solo l’indispensabile per non farmi riconoscere” Il vampiro si fece pensieroso.

“Ma che brutta parola, rapimento, non è di certo quella che avrei usato io” Disse Aro disgustato dalle parole di Daphne. Si avvicinò a me lentamente, e mi prese il viso tra le mani, lo sollevo e mi alitò contro mentre parlava.

“lo considererei di più un invito a trascorrere del tempo con i tuoi simili, non credi sia più opportuno metterla in questo modo, mia cara Renesmeè?”

Poi si distrasse di nuovo.

“quanto sei cresciuta, mio piccolo bocciolo, ed è passato così poco tempo. Sei diventata veramente splendida, un vero fiore, anche di più della tua bellissima madre” cercai di divincolarmi dalla sua stretta sul mio viso, ringhiandogli contro.

Le lacrime ricominciarono a rigarmi il viso, cercai di ricacciarle dentro ma non seguivano i miei comandi.

Lui sembrò preoccupato.

“Cosa c’è Renesmee, qualcosa non va?” le mani delle vampire intanto non cessavano di stringermi i polsi.

Singhiozzai per parlare, ma non mi voltai a guardarlo.

“P..perr.rchè” dissi in preda ad una crisi.

“cosa ti ho fatto, perché mi avete rapito” cercavo di non urlare ma non riuscivo a regolare il tono della voce.

Aro non sembrò accorgersi del mio tentativo di liberarmi i polsi. Avvicinò una grande mano ai miei occhi e raccolse una lacrima con le dita .

“Tu proprio niente” disse mentre la esaminava sotto la luce delle lampade a neon.

“Sei solamente un’adorabile creatura, finita in mezzo a questo macello, è a causa del tuo clan se sei qui”

Continuava a fissare la mia lacrima sul suo polpastrello, studiandola da ogni angolazione.

“e cosa ti hanno fatto i Cullen allora” chiesi confusa.

Per qualche secondo lui non reagì, rimase immobile con lo sguardo fisso sul suo dito poi alzò la faccia a pochissimi centimetri dalla mia. I suoi occhi erano colmi di odio, le labbra serrate, storte in una smorfia.”

“E-SIS-TO-NO” sibilò lentamente,respirandomi addosso,  quasi spuntando quella parola. Ogni traccia di gentilezza, sembrava volata via.

Poi però si accorse di aver detto qualcosa di sbagliato, e il finto sorriso riapparve sul suo viso.

“Non vorrai farmi credere che non sei a conoscenza del piano dei tuoi genitori, è da anni che ormai ci lavorano, ma non riusciranno a prendere il nostro potere tanto in fretta”

Era una cosa ridicola, i miei non volevano prendere il potere dei volturi

“Ma cosa ............” dissi singhiozzando. Aro però mi bloccò le labbra con un dito. Mi guardò con occhi colmi di rabbia.

Si voltò di scatto dall’altra parte e cominciò a camminare, facendo il gesto di andare a Jane e Daphne.

“ Quello che hanno fatto i Cullen è oltraggioso, cercare di rubare il potere ai volturi è il crimine peggiore che si possa immaginare,è inutile ribellarsi Renesmee Cullen.

Portatela dagli altri, è ora di insegnarle le buone maniere, le auguro una buona permanenza.”

Quella volta non opposi resistenza, ero stata traumatizzata dallo sguardo omicida di Aro, non lo avevo mai visto così, nemmeno nei miei incubi peggiori.

Mi lasciai trasportare in un altro corridoio, questa volta più stretto e più luminoso. Alla fine del cunicolo c’era una grande porta di legno consumato dal tempo. All’interno di essa, numerose voci si rincorrevano rumorose. Sembravano voci infantili, di bambini.

Jane da sotto il mantello, fece uscire un anello pieno di chiavi, prese in mano la più vecchia, con la vernice incrostata. La avvicinò alla serratura e aprì la porta senza difficoltà. Lo scatto che fece la chiave zittì tutte le voci. La porta si affacciava su un altro piccolissimo corridoio, non più lungo di tre metri. Ai due rispettivi lati del muro si trovavano due porticine, molto meno imponenti della precedente.

I bisbigli, nonostante fossero cessati quasi del tutto, provenivano dalla porticina a destra. Da sinistra invece, qualcuno ansimava di dolore.

Jane si avvicinò alla porta di destra, spingendomi dietro per passare. Prese un’altra chiave, questa volta più piccola e aprì. Quanto la porta si spalancò, mi accorsi che subito attaccata, si trovava una grata di metallo, come un piccolo cancello a sbarre larghe e spesse. Abbassai di nuovo lo sguardo.

Il ticchettio di un’altra serratura che si apriva fece sussultare le persone all’interno di quella strana stanza, ma ancora non avevo alzato il viso per capire di chi si trattava.

Il sospiro incredulo di alcuni bambini mi costrinse ad alzare il volto.

Arretrai per la sorpresa. Cosa significava quello scenario?. Decine e decine di bambini erano seduti per terra con gli occhi spalancati dalla paura e dalla sorpresa. Studiai le facce dei ragazzini all’interno della stanza. L’odore di sangue era fresco e inconfondibile, le guance rosee coronavano il volto di quelle bellissime creature, i piccoli cuori battevano con vigore ma nonostante tutte quelle caratteristiche, i loro volti non avevano niente di umano, la pelle dura e pallida  ne era una prova e gli occhi intelligenti sembravano appartenere a persone molto più mature. Riconobbi qualcosa di molto familiare.

Possibile che esistettero così tanti “me”? Io Nhawel e le sue sorelle, non eravamo gli unici ibridi sulla terra? Ero confusa, molto confusa, ma mai quanto le facce dei piccoli vicino a me.

“Perché lei è già grande?” Domandò una bambina che sembrava avere cinque anni. Per mia esperienza, sapevo che ne aveva poco più di uno. Jane si avvicinò a quella ragazzina, con sguardo minaccioso. La bambina si ritirò terrorizzata e iniziò a piangere. Improvvisamente un ragazzo biondo, che poteva avere qualche mese in meno di me, si mise tra lei e Jane.

“Ti prego non farle del male, non voleva parlare, non torturarla”

Il sorriso di Jane si allargò ancora di più. A quanto pare quei  vampirastri conoscevano il potere della vampira, e ne erano terrorizzati.

Il ragazzo biondo chiuse gli occhi e si morse le labbra, tremando e stringendo i pugni ma senza mai gridare.

Non avevo visto nessuno reagire così ad un attacco di Jane.

“Basta”urlai senza nemmeno rendermi conto di quello che avevo fatto. Il ragazzo si rilassò e Jane si girò a fissarmi furiosa. Il dolore però non arrivò, non mi stava attaccando, forse non voleva perdere tempo.

Prese per mano Daphne e velocemente uscì dalla stanza, chiudendo le porte a chiave.

In quel momento caddi a terra in ginocchio, lasciando uscire fuori i singhiozzi che avevo soffocato per tutto il viaggio. Quanto mi mancava casa: lo sguardo di mia madre, il volto di mio padre, Le corse spensierate e felici in groppa a Jacob...........

Eccolo il pensiero proibito. Il mio pianto isterico crebbe, mi accasciai a terra, raggomitolandomi su me stessa. Non mi chiesi cosa pensavano di quella scena i vampirastri davanti a me, nonostante in mente avessi tantissime domande da porre loro.

Presi in mano la conchiglia che portavo al collo, la annusai, profumava di casa. Poi la avvicinai tremando all’orecchio.

Jake si sbagliava. Il rumore del mare era forte e chiaro, il rumore del mio Jacob.

Ma lui non mi avrebbe mai abbandonato li, vero? Mi avrebbe continuato a cercare a qualunque costo, insieme alla mia famiglia, giusto? Nessuno rispose alle mie domande ma sperare era l’unica cosa che mi rimaneva.

Dopo non so quanto tempo presi sonno, sempre appoggiata al pavimento, sempre in lacrime, con la mano stretta alla collana con il lupo e la conchiglia che avevo al collo. Il suo volto era l’ultima cosa che avevo visto prima che tutto finisse, ed era anche la prima che avrei voluto rivedere.

 

  
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