2. Squadra di salvataggio
Harry fissava immobile il monitor spento del televisore; aveva ancora il
telecomando in mano e gli sembrava di avere la testa vuota. Era seduto sul
divano nell’ufficio investigativo Riddle&Riddle dove gli altri due
detective erano, come lui, agitatissimi.
Tom parlava animatamente al telefono col capitano Brass mentre Watson era
appoggiato alla scrivania di Jane e si teneva la faccia tra le mani, sull’orlo
del pianto. “Non posso credere che fino a poche ore fa era tra le mie braccia e
adesso è con quell’uomo…” aveva piagnucolato fissandosi le mani.
Tom aveva chiuso la comunicazione telefonica. “Harry, che fai lì
impalato? Datti una mossa, maledizione!”, ma lui non aveva dato alcun segno di
vita; continuavano a tornargli in mente le immagini che aveva appena visto al
telegiornale: Jane che colpiva un tizio armato in aeroporto e poi veniva
neutralizzata e portata via dallo stesso uomo. “Dobbiamo salvarla!” aveva
incalzato Tom, “La passaporta arriverà tra un’ora.” Vedendo che Harry
continuava a stare immobile, si era avvicinato e l’aveva sollevato di peso dal
divano. Lui l’aveva guardato negli occhi, sconvolto, e poi aveva chiesto con un
filo di voce: “E se fosse morta?”
“Harry, non dirlo nemmeno! E comunque se l’avesse voluta uccidere
l’avrebbe fatto subito.”
“Credi che l’abbia portata via per…per…approfittare di lei?”
“Mi sto per sentire male!” aveva esclamato Watson disperato. “Voglio
venire con voi a New York!”
“Non puoi, John, devi aiutare Holmes col rapimento del figlio del Primo
Ministro. E’ un caso troppo importante.”, aveva risposto Tom risoluto.
“Secondo te dovrei starmene qui a fissare il muro mentre la donna che amo
è nelle grinfie di un pazzo omicida?!”
“Tu la ameresti? Ma se praticamente vi siete appena conosciuti.”
“Non significa niente. E’ molto facile innamorarsi di una donna come
lei.”
“LEI è mia moglie.”
“Ma se l’hai lasciata mesi fa!”
“Non vuol dire che non la ami ancora. E tu non hai nessun diritto di
metterti in mezzo.”
“Stai vaneggiando Harry. Non mi sono messo affatto in mezzo, hai fatto
tutto tu. Sei andato via di casa, ti sei presentato alla scuola dei tuoi figli
con una ragazzina qualunque. Non sai quanto ha sofferto Jane per te.”
“Quindi tu hai ben pensato di approfittare della sua vulnerabilità e
infilarti nel NOSTRO letto.” Aveva detto Harry alzando la voce, ma prima che
Watson potesse controbattere era intervenuto Tom furente. “Vi sembra il momento
di litigare? Io e Harry dobbiamo essere a New York tra meno di un’ora e io sto
cercando di parlare al telefono con la polizia americana e se voi non la
smettete di urlarmi nelle orecchie credo che mi arrabbierò molto!”
John si era seduto sulla sedia di Jane e aveva lanciato un’occhiataccia a
Harry che l’aveva ricambiata.
Tom aveva ripreso in mano il ricevitore e aveva iniziato a prendere
accordi con la polizia di New York. “Arriveremo il prima possibile. Lo so che
non potremo intervenire praticamente nelle indagini, però la donna rapita oltre
a essere mia sorella era anche una detective di Scotland Yard.”
“Immagino, detective Riddle, ma il caso è stato affidato all’FBI e io non
posso intervenire in nessun modo. Deve contattare gli agenti che gli sono stati
assegnati e provare a farli ragionare.”
“Perché si sono messi in mezzo i federali?”
“Abbiamo scoperto che il giapponese ucciso era un pezzo grosso e subito
ci hanno tolto il caso per darlo a loro. Io sono dalla sua parte, detective,
farò di tutto per aiutarla. Appena arrivate venite in Centrale così parliamo di
persona.”
“La ringrazio Capitano Blake.” Aveva chiuso la comunicazione e aveva
guardato Harry seduto sul divano in trepidazione.
“Hanno già scoperto qualcosa?” aveva chiesto Watson.
“Solo l’identità della vittima.”
“Mio Dio…Dovete salvarla a tutti i costi! Non posso perderla così.” Aveva
sussurrato Watson con le lacrime agli occhi.
“Mi fai vomitare, gran figlio di puttana!” Era scattato Harry infuriato.
Si era alzato dal divano e aveva colpito il dottore sulla faccia con un pugno.
“Devi stare lontano da mia moglie! E’ chiaro? STALLE LONTANO!” Tom l’aveva
tirato via con tutta la forza che aveva e per poco non gli aveva staccato un
braccio. “Lasciami, tu! Questo stronzo deve capire che deve stare alla larga da
Jane.” Tom l’aveva stretto ancora di più e alla fine Harry si era arreso alla
presa di suo cognato. “Voglio solo ritrovare mia moglie e lo farò con o senza
di te, Tom.”
“Harry, adesso mi hai proprio stufato. Datti una calmata! Lo so che sei
sconvolto, ma non prendertela con John. Non è colpa sua se è successo quello
che è successo.”
John era seduto per terra e cercava di tamponare il sangue che gli colava
dal naso. “Va bene, Tom, lascialo andare. Dopo tutto, come biasimarlo. Ha
ragione lui, ma questo comunque non gli da il diritto di colpirmi. Mi ha fatto
un male cane!” Aveva detto Watson sollevatosi da terra ed era andato in bagno a
ripulirsi.
“Visto che hai fatto, idiota?! John è una brava persona, molto più brava
di te a dirla tutta. Fai l’uomo e aiutami a ritrovare Jane, lascia perdere
tutto il resto. Concentrati solo su di lei e metti in atto tutto quello che hai
imparato in questi anni sulle indagini sul campo, anche se credo che tu saresti
più un tipo da scrivania.” Aveva aggiunto Tom con un lieve sorriso. Harry aveva
annuito e insieme avevano preso la passaporta appena arrivata.