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Autore: Viviane Danglars    14/10/2010    4 recensioni
Ichigo è un investigatore, ha un cliente e un “caso” da risolvere.
Non è pulito, non è delicato e non finisce bene.
[ Respirò a fondo nell’aria ancora fresca della mattina, senza aprire gli occhi. Non ne aveva bisogno per visualizzare il luogo dove si trovava; sapeva com’era fatta la ringhiera di ferro che sentiva premergli, fredda, contro le reni. E sapeva che, sotto di lui, c’erano numerosi piani e poi soltanto l’asfalto, non liscio né propriamente grigio, ma sicuramente duro.
Numerosi piani di poveracci e disperati, prostitute e drogati, ubriaconi e malati e, sopra di loro, lui: Renji Abarai, con i suoi tatuaggi, le mani robuste infilate nelle tasche, la maglietta lisa che profumava della lavanderia di Momo e i capelli rossi raccolti in una coda spettinata.
]
~ [Liberamente ispirato al film Million Dollar Hotel.]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Renji Abarai
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo dodicesimo.
Idioteque




[ We're not scaremongering -
this is really happening,
happening … ]




Promising volcanic change of plot.
REM




- Che cazzo… - aveva borbottato Renji quando Momo lo aveva svegliato di mala grazia. - Che ti prende? -
- C’è qua il tuo amico – aveva sibilato la ragazza.
La giornata non era stata buona.
Nanao aveva osservato con occhi apparentemente tranquilli, mentre Ichigo Kurosaki dimostrava di essere pericoloso esattamente come Momo pensava, ed era sempre più convinta che una seconda riunione strategica fosse necessaria.
Sembrava che le cose stessero né più né meno precipitando.
L’ultima volta che Kurosaki si era fatto vedere, era in compagnia del suo cliente, il quale aveva rischiato di farsi ritoccare il muso da Renji e si era guadagnato l’antipatia di chiunque l’avesse incrociato. Già soltanto scoprire che erano state condotte indagini su di lui aveva innervosito Renji notevolmente – anche se, poi, Momo lo aveva zittito piuttosto logicamente: - Be’, cosa ti aspettavi? -
Già: si era quasi fidato. Gli stava quasi simpatico, quel tizio.
Di sicuro Renji non avrebbe commesso più lo stesso errore.
D’altronde, anche Ichigo sembrava in qualche modo diverso: era stato particolarmente nervoso, sin da quando si era presentato all’Hotel quella mattina. Sembrava avere altre cose per la testa, o forse non averne abbastanza.
Qualunque fosse il suo problema, aveva perquisito tutte le stanze del quarto piano, stavolta senza sorrisi né scherzi, ma mostrando la faccia asciutta del poliziotto.
Shunsui aveva imprecato quando Ichigo l’aveva svegliato, aprendo bruscamente la sua porta. Dormiva ancora a quell’ora e Nanao, protettiva e agitata, aveva protestato ad alta voce inseguendo Kurosaki che apriva ante e armadi.
- Che cosa sta cercando? Cosa diavolo pensa di trovare? -
Ma Ichigo non aveva risposto. Con calma e in silenzio, giusto i modi un po’ bruschi, aveva finito la sua perquisizione… al termine della quale non aveva concluso niente.
Hiyori non si era fatta vedere, mentre Shinji canzonava l’investigatore con aria annoiata. Renji temeva che il ragazzo stesse scherzando un po’ troppo col fuoco, ma Ichigo non aveva battuto ciglio, neppure quando Shinji aveva cominciato a chiedere a voce alta se fosse o no ritardato e se no come mai non gli rispondeva una buona volta.
Yachiru, eccitata, seguiva Nanao; e la cosa non aveva stupito nessuno perché Kenpachi si teneva alla larga da un po’.
Gli inquilini del quarto piano si erano trasformati in pubblico e non opponevano nessuna resistenza, ma si limitavano a seguire i movimenti dell’investigatore con uno scetticismo costruito ad arte. Rangiku era uscita in vestaglia, stropicciandosi gli occhi e scostandosi appena per far entrare Ichigo quando lui aveva borbottato: - Mi scusi – e aveva cominciato a perquisirle la camera. Quanto a Grimmjow e Tatsuki, non c’erano, e così Renji era rimasto in piedi di fianco ad Ulquiorra, che sbatteva le palpebre più del solito, innervosito. Ichigo aveva lanciato appena un’occhiata al ragazzo magro e pallido, ma non aveva chiesto nulla e Renji non gli parlava, in un silenzio prudente ma dichiaratamente ostile.
Dopo aver curiosato per un bel po’, Ichigo non aveva trovato niente. Renji aveva mentalmente ringraziato il cielo che quell’idiota di Grimmjow, per una volta, fosse stato abbastanza furbo da portare la sua roba da un’altra parte. C’erano solo le medicine di Ulquiorra, ma Ichigo le aveva ignorate quanto aveva ignorato Ulquiorra in persona.
E così, se ne era andato, scornato e a mani vuote.
- Che cosa cercavi? Un tesoro sepolto? – lo aveva apostrofato Renji, sarcastico e sollevato dal fatto che in effetti, di tesori, Ichigo non ne aveva trovati.
Ma l’altro aveva solo scosso la testa e sollevato una mano per salutarlo, dandogli le spalle.
Contrariato, sì, ma non sembrava troppo colpito di non aver trovato nulla. Avrebbe dovuto essere piuttosto arrabbiato, si era detto Renji: in fondo non aveva concluso niente di niente, e non aveva spunti per poter proseguire le indagini…
Eppure Ichigo non aveva l’aria di chi ha appena visto andare in fumo una busta paga. Renji non fece in tempo a riflettere sul fatto che la cosa avrebbe potuto essere motivo di preoccupazione.
Momo era in piedi sulla soglia della sua stanza quando Ichigo aveva ridisceso, torvo, le scale. Non aveva detto nulla, ma il suo viso aveva un’espressione che suonava inquietante sui lineamenti normalmente dolci della ragazza.
- Renji – lo aveva chiamato.
Portandosi dietro Ulquiorra, il ragazzo si era avvicinato.
- Nanao ed io pensavamo di riunirci ancora. – Breve pausa, uno sguardo agli occhi verde smeraldo persi nel vuoto. – Dopo questo, penso che sia necessario. -
- Sì. – Renji aveva sbuffato, grattandosi la testa. – Bisognerà dirlo anche a tutti gli altri… e a Kenpachi… chissà dov’è. -
Momo storceva la bocca. – Penso che preferisco non saperlo, dov’è. Non sono certa di fidarmi di lui, Renji… in fondo non si è mai capito con esattezza come sia andata quella storia con la madre di Yachiru – aveva bisbigliato lanciando un’occhiata alla bambina, che se ne stava a pochi metri di distanza e, lieta come sempre, riusciva a far sorridere persino Shunsui e Nanao.
Già, quella storia. Per qualche tempo, quando Zaraki era appena arrivato lì, quella voce aveva avuto la capacità di spaventare un po’ gli altri inquilini, finché tutti non si erano affezionati troppo a Yachiru. Ora la maggior parte pensava che fosse soltanto una diceria senza alcuna base fondata. Comunque, non era importante.
- Per quel che mi riguarda, può anche averla ammazzata. Non è questo il problema, ora. -
Momo si era mordicchiata un labbro ma poi aveva stretto le spalle, e aveva detto che come al solito potevano usare casa sua.
Così erano lì anche quella sera, a mangiare il riso di Momo, stavolta senza Toushiro la cui presenza silenziosa e torva era stata sostituita da quella piuttosto esuberante di Grimmjow.
- Quel figlio di puttana. – Il ragazzo sparava insulti con costanza e dedizione, attingendo senza sosta alla sua ciotola. – Ma che cazzo, eh? Cioè non posso nemmeno uscirmene di casa, porca… -
- Sì, Grimmjow – disse Momo in tono pacato, e l’altro interruppe il turpiloquio, socchiudendo gli occhi.
– Quel deficiente di mio fratello è ancora tutto stranito. -
Seguì un breve silenzio. Shunsui non aveva toccato il suo riso e si limitava a rigirare tra le dita il bicchiere, con aria lugubre.
- Kurosaki deve andarsene – concluse Momo. Renji, un po’ teso, aveva le mani appoggiate sulle ginocchia e se le osservava con apparente interesse, la fronte aggrottata.
- Sì, ma come? – domandò Rangiku, la voce esitante. – Insomma, fino a che… -
- Dobbiamo dargli quello che vuole – concluse Momo.
Renji sollevò gli occhi di scatto. – Cosa? -
Puntò lo sguardo su Momo, che lo puntò su di lui, ma nessuno dei due disse niente e nessuno degli altri intervenne. Nanao si era interrotta, allarmata, quando aveva visto Renji contrarre le dita sui jeans.
- Di cosa stai parlando? – chiese infine il ragazzo, un ringhio contenuto nella voce.
- Renji… non possiamo rischiare tutti per una persona sola – disse Momo in tono deciso. C’era cocciutaggine nei suoi occhi. Rangiku la osservava stupito mentre Shinji grattava il fondo della sua ciotola con l’aria di chi ritiene più saggio starne fuori.
- E che cosa volete fare allora?! – sbraitò il ragazzo. – Consegnare Rukia a… -
- Non consegneremo nessuno! – protestò Momo. – Semplicemente gli diremo la verità. Che è stata qui… e non sappiamo dove sia ora. Che deve cercare altrove. -
- In questo modo vorrà sapere chi l’ha aiutata – ringhiò Renji.
Momo lo fissò per un istante in silenzio. Gli altri si scambiarono uno sguardo.
- Non necessariamente… non sarà necessario coinvolgerti, una volta che avrà saputo che non è più qui cercherà altrove… -
- Stronzate! – Renji si alzò in piedi bruscamente. – Avete deciso di lavarvene le mani, questa è la verità! -
Fu a quel punto che Kenpachi sbatté il suo bicchiere sul tavolo e voltò il viso dall’espressione per niente amichevole verso l’altro.
– Stammi a sentire, ragazzino. Dal mio punto di vista ti abbiamo già fatto un favore a coprirti fino ad ora, insieme alla tua amica. Chi ce lo fa fare di rischiare il culo per una che manco conosciamo? -
Grande e grosso com’era, nonché solitamente silenzioso e poco interessato, Kenpachi intervenne e la cosa stupì un po’ tutti. Ma Renji esitò a parlare quando si rese conto, dal silenzio pesante che si era creato, che le parole appena pronunciate dall’altro erano proprio ciò che anche gli altri stavano pensando.
Serrò le labbra e contrasse il viso, ottenendone di deformare i tatuaggi che aveva sulla fronte. – Rukia è una di noi. Quelli sono degli stronzi – sollevò un braccio, con veemenza, indicando un concetto generico di “mondo” fuori dalla finestra di Momo – che pensano di essere migliori di noi, che pensano di poter venire qua a fare quello che gli pare perché hanno i soldi, mentre lei è una di noi. Ma voi come dei venduti preferite tradirla pur di avere indietro la vostra tranquillità… -
- Non è questione di tranquillità, Renji! – tentò Nanao. – Ma qui… se quello decidesse di andarci giù pesante… -
- Mi arrestano, amico – chiarì Grimmjow, roteando gli occhi per spostare il suo sguardo azzurro su Renji che gli era di fianco. – Me, Tatsuki e mandano Ulquiorra chissà dove. E Shinji e Hiyori… -
- Be’, non occorre parlarne, di Shinji e Hiyori – disse l’interessato con una risatina, agitando pigramente una mano davanti al viso nascosto dal basco.
- In qualsiasi caso è un casino – concluse Kenpachi. – E poi la tua ragazzina avrà pur trovato il modo di filarsela in questo tempo, no? -
Renji non era contento e questo era palese. – E chi è stato a spifferare a Kurosaki che era stata qui? Eh? – volse uno sguardo intorno pronunciando quelle parole, - E’ questo qualcuno che dovremmo ringraziare se ce lo ritroviamo tra i piedi… -
- Non è stato uno di noi – protestò Rangiku.
- Ma certo, sarà stato un fantasma… -
- Se hai delle accuse da fare dillo e basta – ringhiò Kenpachi.
Seguì un breve silenzio, durante il quale Renji lo fissò per un secondo, due secondi, come galvanizzandosi all’idea della cosa pericolosa che stava per fare. – Non pensi che la tua adorabile bimbetta parli un po’ troppo, Kenpachi? -
- Stai dicendo che è stata Yachiru? -
- E chi altro? -
Zaraki si limitò a scoprire i denti in una smorfia inquietante. – Yachiru non sa niente di questa storia, e non può aver detto niente. -
- Ne sei sicuro? -
- Mi stai dando del bugiardo? -
- Chi dà del bugiardo a Ken? -
L’intero tavolo si congelò quando la bambina comparve sulla porta. Ma nessuno quanto suo padre che, senza ancora alzarsi, ruotò la sedia per volgersi lentamente verso di lei.
- Yachiru, dovresti dormire… - la redarguì, la voce raspante e spaventosa esattamente come se avesse minacciato qualcuno di sgozzarlo, e non rivolto un gentile rimprovero alla figlia.
- Facevate rumore – spiegò la bambina allegramente. Qualcuno lanciò attorno un’occhiata colpevole mentre Yachiru saltellava fino al tavolo e sulla gamba di Kenpachi.
- Di che parlavate? Di me? -
- No – si affrettò a chiarire Nanao.
- Sì – rispose Renji. Kenpachi gli lanciò uno sguardo che avrebbe dovuto esser sufficiente a far desistere chiunque, ma Renji si chinò verso Yachiru e chiese ugualmente: - Ascolta, vorrei chiederti una cosa, ma tu devi promettere di dire la verità. -
- Okay, Testa d’Ananas – rispose la bimba sorridendo apertamente.
Renji ignorò il commento e proseguì: - Hai visto il tizio che era qui stamattina? Quello coi capelli arancioni? -
- Sì. Che colore buffo, eh? -
- Hai ragione. Dimmi una cosa, l’avevi mai visto prima? -
Fu allora che Yachiru rispose come nessuno si sarebbe aspettato, se non Renji, che più che aspettarselo però ci sperava e infatti rimase stupito quanto gli altri.
- Certo che l’ho visto. -
- Come? Davvero? -
Tutta la tavola osservava Yachiru, che a dire il vero non sembrava spaventata da quell’attenzione. La bimba annuì ancora soddisfatta e Kenpachi domandò sconcertato: - Ma quando? -
- Oh, non me lo ricordo… un po’ di tempo fa. – Lei si portò l’indice alle labbra alzando lo sguardo verso l’alto, cercando di ricordare. – Ero giù che giocavo, sapete, ed è sbucato lui… credeva che non ci fosse nessuno – ridacchiò.
- E… gli hai parlato? – chiese Nanao stupefatta.
- Be’, gli ho chiesto chi era e cosa ci faceva lì – rispose Yachiru come se fosse una cosa ovvia.
- Non gli hai detto nient’altro? – insisté Renji.
- No, Testa d’Ananas – assicurò Yachiru gioiosa.
- Yachiru, dimmi la verità – insisté lui nervosamente.
- Te la sto dicendo! -
Renji perse la calma, ed alzò la voce. – So che gli hai detto dell’altro! Devi ripetermi esattamente quello che gli hai detto! -
- Ti ho detto di no! – negò la bambina, ancora, corrugando la fronte dalle sopracciglia chiare.
- Renji… - tentò Nanao.
- Attento a quello che fai – ringhiò Kenpachi.
Renji si zittì, lo sguardo bruciante puntato su Yachiru. Lei, più che spaventata dalla sua rabbia, sembrava dispiaciuta. – Non essere arrabbiato, ti ho detto la verità! -
- Non sono arrabbiato, ma tu non hai detto la verità – disse il ragazzo alzandosi in piedi.
- Non è vero! -
- Adesso basta, - disse Kenpachi, e Renji proruppe, fissandolo con astio: - Chi è stato allora, eh? -
- E’ stato il mio amico… - tentò Yachiru, alzando la sua vocetta acuta tra le loro. – Non sono stata io, lui era con me, è stato lui! -
- Yachiru, non c’è bisogno che tu dica altro. – Kenpachi si alzò, sempre tenendola agevolmente in braccio. – Me ne vado. ‘sera a tutti. -
- Buona… sera… - salutò Nanao sconsolata, e altre voci vaghe e discordanti imitarono il saluto, senza che i proprietari osassero troppo guardarsi l’un l’altro negli occhi. Nessun altro aveva osato mettere becco in quella discussione; solo Renji, in piedi, restò a guardare in cagnesco padre e figlia che se ne andavano.
Finché Grimmjow, che aveva posato il mento sulla mano ed era rimasto a fissare sdegnosamente il vuoto con aria annoiata, contrasse un sopracciglio e domandò con l’aria infastidita di chi ha subito un affronto personale: - Aspetta un attimo, cos’ha detto?


Ichigo aveva ormai mandato a quel paese la prudenza, motivo per il quale non si fece problemi ad aprirsi la strada a calci tra le vecchie tubature accatastate sul pavimento del corridoio, ottenendone in cambio un baccano infernale.
La prima volta che era stato in quel posto, aveva fatto molta attenzione a non farsi notare e non provocare alcun rumore; solo per ritrovarsi a sollevare lo sguardo dalla sua torcia e a fissarlo negli occhi chiari di una bimbetta, che lo osservava come se lui avesse appena fatto irruzione nel salotto di casa sua.
Poco distante da Ichigo e dalla sua nuova conoscenza, invece, c’era probabilmente l’ultima persona che l’investigatore si sarebbe immaginato di incontrare, una persona che d’altronde aveva visto solo poche volte in foto e che all’inizio non aveva riconosciuto.
- Se stai cercando la ragazzina coi capelli neri, io l’ho vista – aveva detto il Signor X, sollevando una voce insinuante, un po’ stridula, che aveva l’aria di non venire usata spesso. Ichigo, che stava cercando di sopravvivere a Yachiru, si era voltato stupefatto verso il loro terzo incomodo, che fino a quel momento aveva considerato soltanto come un vecchio senza tetto seduto su un materasso sfondato.
- Sai qualcosa di lei? -
- Certo che lo so. Da qui, sento tutto – aveva risposto l’altro, lanciandogli un’occhiata intelligente.
Ichigo lo aveva osservato per un po’, stupito, prima di domandare incredulo: - … Mayuri Kurotsuchi? -
- Si chiama Testa Blu – aveva spiegato Yachiru, avvicinandosi tranquillamente all’uomo che Ichigo considerava morto fino a pochi minuti prima, e che, anche ammesso fosse ancora vivo, rimaneva fino a prova contraria un pazzo altamente pericoloso.
Ichigo non sapeva molto di Mayuri Kurotsuchi; non l’aveva mai incontrato: ma, a suo tempo, si era parlato molto di lui e il viso visto nelle foto era difficile da non riconoscere. Eppure Yachiru non era spaventata, né Mayuri aveva reagito in altra maniera, vedendosi riconosciuto, che con uno sguardo scettico.
- Credevo che fossi morto. -
- Credevi che fossi pazzo - aveva risposto Mayuri tranquillamente. – Eppure io sono qui e tutta Tokyo mi crede morto. Chi è il pazzo? -
Di sicuro non era normale. Né la sua voce né il modo in cui inclinava la testa né i movimenti a scatti delle sue mani sottili. Eppure non era un matto farneticante: era senz’altro intelligente e capiva perfettamente la situazione in cui si trovava – dava corda, tra l’altro, a Yachiru, una bambina, che gli saltellava attorno tutta contenta.
- Sai che Testa Blu mi ha insegnato un sacco di cose? -
- Ah, davvero? – Non gli era venuta una risposta più intelligente. Attorno al materasso sfondato c’erano disegni, penne e strumenti vari, molti dei quali Ichigo non riconobbe: dovevano essere fabbricazioni artigianali, e chissà qual era il loro scopo. Tutta roba che avrebbe preferito vedere nelle mani di qualcuno sano di mente, in ogni caso.
- Sì, per esempio come nascono i bambini – aveva spiegato Yachiru con espressione caparbia, e Mayuri aveva pigramente sorriso, mostrando i denti, in un modo inquietante.
- Che brava… - aveva commentato Ichigo. Sui fogli i disegni sgangherati di Yachiru si alternavano a righe fitte della scrittura sottile del dottore. Il ragazzo avrebbe pensato male, fosse dipeso da lui, ma in effetti aveva dovuto ammettere che il pazzo sembrava stranamente inoffensivo.
Per questo Ichigo aveva creduto a quello che il redivivo dottor Kurotsuchi gli aveva detto quella prima volta, al secondo piano del Million Dollar Hotel.
Ed ora era di nuovo lì, con la torcia e tutto il resto, sperando che il pazzo fosse ancora dove lo aveva lasciato, perché gli era tornato in mente un nuovo particolare.
Mayuri, infatti, era lì. Vestito di stracci che probabilmente un tempo erano stati bianchi, le mani abbandonate sulle cosce delle gambe incrociate, lo sguardo fisso che si sollevò pigramente verso di lui.
Niente Yachiru, stavolta. Meglio.
- Toh. Chi si rivede – disse il pazzo, senza alcuna traccia di umorismo nella voce.
- Sai com’è. Mi sono affezionato a te. -
A quest’ironia Mayuri non rispose, limitandosi a tenere fissati gli occhi su Ichigo, apparentemente non disturbato dalla luce violenta della torcia, come se fosse stato un qualche tipo di rapace notturno.
- Hai detto che hai visto la ragazza con i capelli neri. Non sai chi era con lei. -
- Non lo so. -
- Eppure mi hai detto anche che l’hai sentita, è così? -
Mayuri annuì. – Da qui, sì, da qui si sente. Quando passano, quando camminano. -
Ichigo si era chiesto proprio questo. Perché Rukia Kuchiki era passata vicino al secondo piano, se a nasconderla era qualcuno che abitava al quarto? Le scale: per quale motivo non l’ascensore?
Si nascondeva, forse? Ma allora da chi, e chi invece l’aiutava?
Dove stava andando?
- Allora vuoi dirmi cosa hai sentito? -
L’altro sbatte le palpebre, una volta soltanto. – Ho sentito la sua voce. -
- Cosa diceva? -
- Parlava. -
- Da sola? -
- No. -
Eccoci, pensò Ichigo. Abbassò la torcia, distogliendola dal viso di Mayuri, che non fece nulla per indicare di aver notato il cambiamento.
- Con chi? -



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... non dite nulla.
Sì, cioè, l'avevo detto che la storia l'avevo in cantiere, e che avevo intenzione di finirla, no?
Prima o poi. XD Più poi che prima. Be', insomma, pian piano. XD E mi sono sentita tremendamente in colpa per aver ricevuto tanti commenti (tra cui una segnalazione positiva! *_*) senza aver aggiornato in ages, quindi...
;)
   
 
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