Mi armai di coraggio, fare una cosa simile significava buttare fuori la mia anima.

Ci sarei riuscito benissimo, lo sapevo.

Ma non ero sicuro di volerlo.

Presi un foglio e una penna, le mie uniche armi per questa battaglia.

Mi sedetti e inspirai profondamente.

Iniziai la mia carriera molto giovane.

Io e mio fratello strimpellavamo qualche nota e qualche parola credendo nel nostro sogno.

Quando incontrammo i ragazzi ci sentimmo in cima al mondo, mi sentii veramente importante.

Non facevo altro che dire “Ragazzi la nostra vita sarà la musica”.

Non c'era niente di più bello che cantare.

Non esiste lavoro meglio ripagato se non quello che ami fare.

Io fui veramente fortunato.

Quando il nostro successo si espanse a livello europeo, fino all'America e infine a livello mondiale mi sentii veramente alle stelle.

I nostri concerti erano qualcosa di grandioso, fenomenale. Dai10.000 ai 15.000 Fans stavano sotto al nostro palco a urlare, piangere, salutarci.

Ci incoraggiavano, ci amavano.

Ricordo quando a un certo punto mi fermavo per prendere una pausa, mi appoggiavo al microfono e li guardavo, guardavo tutte le anime di quelle persone che sognavano con noi, che facevano si che le nostre note diventassero magia.

Non vedevo più persone, ma tante luci, immensamente luminose che riempivano l'atmosfera di qualcosa di particolare, magico, sovrannaturale.

All'improvviso la mia vita è cambiata,

ora non sono più un artista, sono un uomo d'affari.

Non esiste più la magia, l'esaltazione.

Esiste lo sforzo del mio lavoro.

Solo scrivere mi rilassa, ma la condivisione non è più la stessa cosa.

Ho ucciso il sogno dei ragazzi con le mie manie di protagonismo, con la mia voglia di aumentare la mia fama, la mia ricchezza.

Nella mia musica, nei miei concerti non esiste più sentimento.

Il giorno dopo consegnai il foglio a Shine.