Stazione di polizia di Biloxi
Spencer si siede. Si è chiuso a riccio e non sembra voler parlare con nessuno. Sarah capisce cosa sta provando. Tobias Henkel lo perseguita anche da morto. Si volta verso Emily e cerca di riportare l’attenzione sul caso.
- Cosa vi hanno detto alla scuola?
- Abbiamo parlato con i professori – interviene Hotch anticipando Prentiss – Il preside sta chiedendo il permesso ai genitori per farci parlare con i ragazzi. I docenti sono tutti concordi nel definire Noland e Larsson due bravi studenti, brillanti, ben inseriti… insomma il prototipo dei bravi ragazzi.
- Non mi sorprende quello che dicono i docenti, mi interesserebbe di più sapere cosa pensano i loro compagni “sfigati”.
- Come scusa? – Hotch appare perplesso.
- Sarà che la mia esperienza alle superiori mi fa partire prevenuta, ma non credo ai “bravi ragazzi”. Invece di parlare con i loro compagni di squadra, gradirei molto di più parlare con gli studenti poco inseriti nel tessuto sociale. Mi spiego meglio – Sarah non voleva essere brutale, ma non c’era un modo carino per dirlo – di solito questi “bravi ragazzi” sono i promotori di atti di bullismo. Io venivo tormentata dal capo delle cheerleader, per non parlare di quello che erano in grado di fare i giocatori della squadra di football alle matricole.
Spencer solleva lo sguardo e anche se a malincuore annuisce.
- Anche per me era cosi. Quelli più cattivi erano gli atleti e le cheerleader. Si ritenevano i padroni della scuola e attaccavano quelli più deboli.
- Quindi state dicendo che quelli che hanno successo alle superiori sono tutti dei bulli? – chiede JJ punta sul vivo.
- Diciamo che sono talmente presi da loro stessi da non rendersi conto di ferire gli altri con i loro atteggiamenti – cerca di smussare Spencer.
- JJ, Sarah ha ragione. Anch’io prima di diventare un atleta ero preso di mira proprio dai ragazzi più popolari della scuola. E’ la legge del branco.
- Io non ho mai fatto niente di simile! – dice JJ visibilmente offesa.
- L’eccezione che conferma la regola. Non dico che anche questi ragazzi fossero cosi, ma se anche fosse non ce lo direbbero i loro amici. Sarebbe più facile conoscere veramente questi ragazzi attraverso gli occhi dei meno popolari – ribadisce Collins.
- Ok – dice Hotch con un sospiro – Ci organizzeremo in questo modo. JJ e Morgan interrogheranno i ragazzi della squadra di football e le cheerleader. Reid e Collins intervisteranno i ragazzi…
- I nerd. Puoi dirlo, tutti li definiscono cosi – dice Collins senza guardarlo.
Era concentrata su un punto della parete. Lei era stata fra gli sfigati della sua scuola. Lei era quella che persino i nerd evitavano. Ricordava fin troppo bene Missy e le altre cheerleader e quello che era successo nello spogliatoio dopo l’ora di ginnastica. Era la legge del branco e lei aveva imparato ad accettarla a 10 anni. JJ non poteva capire, lei era fra le elette. Miss popolarità. La capitana della squadra di calcio, per di più anche carina. Sicuramente tutti le morivano dietro. Per lei i tre anni di superiori erano stati un incubo e sicuramente era cosi anche per Spencer.
Camera di un albergo, Biloxi
Sarah è seduta sul letto mentre Spencer continuava a camminare su e giù. Non le ha rivolto la parola da quando è arrivata venti minuti prima. E’ visibilmente scosso. Lei continua a guardarlo senza proferire parola, sa che qualsiasi cosa possa dire sarebbe quella sbagliata. Lui improvvisamente si ferma.
- Mi dispiace, stasera non sono dell’umore per una conversazione.
- Capisco. Vuoi che vada via?
- Forse sarebbe meglio – dice lui dandole le spalle.
- D’accordo. Buonanotte.
Lei si alza lentamente e si dirige verso la porta. Mentre poggia la mano sulla maniglia si sente afferrare da dietro. Lui la stringe e nasconde il viso nei capelli di lei.
- Non… non…
- Vuoi che rimanga? – chiede lei dolcemente – Non c’è bisogno che parliamo se non vuoi.
- Io… non essere arrabbiata – dice lui in un sussurro.
- Non sono arrabbiata. Perché dovrei esserlo? – dice lei spingendo il suo corpo contro quello di lui e poggiando le mani sui suoi bracci – Sono solo preoccupata per te…
- Sarah.
Lei si libera dal suo abbraccio e si volta. Con delicatezza gli sposta i capelli dal viso e poi gli posa un bacio all’angolo della bocca.
- Sono qui. Se vuoi parlare o semplicemente hai bisogno della mia presenza, io sono qui.
- Io… Raphael… - lui non trova le parole.
- Non è lui, Spencer. Tobias è morto. Non è lui. – lei poggia le mani sul suo viso e lo costringe a guardarla negli occhi.
- Lo so. E’ irrazionale. Hai ragione non può essere lui.
- La tua reazione è perfettamente normale. Dopo quello che ti ha fatto… - cerca le parole per consolarlo – Ma stavolta è diverso. Ci sono io qui con te. Non permetterò a nessuno di farti ancora del male.
Lui sorride finalmente.
- Dovrei essere io a proteggere te, non il contrario.
- Beh, giungiamo ad un compromesso…
- Quale?
- Io proteggo te e tu proteggi me, semplice – dice lei con un sorriso.
Lui ridiventa serio e la stringe a se senza smettere di guardarla negli occhi.
- Ti amo.
- Anch’io ti amo.
Il bacio è dolce e delicato. Non è il momento della passione, ora hanno solo bisogno di riaffermare quella verità che li lega. Si sono scelti e non permetteranno a nessuno di interferire. Si prendono cura l’uno dell’altra, è questa la forza del loro amore.
- Forse sarà meglio che io vado sul serio… se Hotch mi cercasse…
- Giusto – dice lui con rammarico mentre la lascia andare.
- Per qualsiasi cosa, chiamami. Non importa se è tardi. Anche se hai il solito incubo o se hai bisogno di parlare. Capito?
- Capito – annuisce lui convinto – Ci vediamo domani e non dimenticare il dossier che ti sei portata come scusa…
- Già. In teoria dovrei essere qui per studiarlo con te – lo guarda con una luce divertita negli occhi – Vergogna dr Reid!
- Per cosa? – dice lui stupito chiedendosi cosa ha fatto.
- Riesci sempre a distrarmi! – ride lei dandogli un ultimo bacio a fior di labbra.
Esce dalla stanza e richiude la porta dietro di se con cautela. Deve prendere l’ascensore visto che la sua camera è su un altro piano. Quando le porte si aprono si trova davanti l’ultima persona al mondo con cui vorrebbe rimanere chiusa in quello spazio angusto.
- Buonasera Collins. Cosa ci fai su questo piano?
- Buonasera Hotch. Dovevo chiedere delle cose a Spencer – lei indica il fascicolo che tiene in mano – Volevo trovare una strategia comune per far aprire i ragazzi domani durante gli interrogatori.
- Poliziotto buono e poliziotto cattivo? – ironizza lui.
- Vedremo – risponde lei premendo il pulsante del suo piano.
Non lo guarda in faccia e cerca di rintanarsi nel punto più lontano da lui.
- Collins, qualcosa non va? – chiede lui notando le manovre di lei per allontanarsi.
- Non vorrei che la mano sfuggisse di nuovo al tuo controllo – dice lei cattiva.
- Pensavo avessi detto… - lui stringe i pugni e abbassa lo sguardo.
- Quello che ho detto, l’ho detto prima che tu cominciassi a comportarti come uno stronzo! – dice lei visibilmente arrabbiata.
- Ricordati che sono sempre il tuo capo! – sbotta lui.
- Oggi non ti sei comportato come l’agente Hotchner capo dell’unità, ti sei comportato come Aaron l’uomo che non accetta un rifiuto! – gli sbatte in faccia lei.
Lui sospira e si massaggia gli occhi, visibilmente stanco.
- Lo so che… insomma mi dispiace se ho passato il segno, ma…
- Aaron – qualcosa è cambiato nel tono di lei, ora ha qualcosa di dolce – io non posso darti quello che vuoi.
- Perché c’è un altro? – dice lui con rammarico.
- No. Semplicemente non provo le stesse cose, per me sei solo il mio capo. Non credo che questo cambierà mai.
Lui la osserva. E’ bella e sa di esserlo. Ma in lei c’è molto di più. E’ intelligente, spiritosa, interessante. Si sente un adolescente quando la guarda. Lei gli fa provare delle emozioni che aveva completamente dimenticato.
- Cercherò di contenermi… ma per favore non sbattermi in faccia che hai preferito uno più giovane.
Lei lo guarda perplessa. Poi pensa che anche Hotch è un profiler, deve aver capito che si è legata a Spencer.
- Non ho preferito lui perché è più giovane – dice finalmente – Siete cosi diversi che non si può ridurre tutto ad una questione di età…
- Andiamo! Siamo due maschi alfa, cosa c’è di diverso in Morgan!
Lei sbarra gli occhi sorpresa. Poi realizza come deve apparire all’esterno il suo rapporto speciale con Derek. Pensa a lei e Derek come coppia e anche se non è il momento più opportuno una risata le esce dal profondo dell’anima.
- Oddio… tu… pensi che… io e Derek… - riesce a dire fra una risata e l’altra ormai senza fiato.
- Perché ridi di me? – ora Hotch si sta veramente arrabbiando, si sente offeso.
- Non rido di te… - lei riesce a riprendere il controllo – Oddio! Io e Derek? E’ questo che pensi?
- Perché non è cosi? – Hotch corruga la fronte.
- Hotch, ora capisco perché ti hanno messo a capo dell’unità – dice lei cercando di trattenere la risata che sembra pronta a uscire nuovamente dalle sue labbra.
- Perché? – domanda lui perplesso.
- Perché come profiler fai schifo. Io e Derek siamo solo amici, io non sono innamorata di lui e lui non è innamorato di me.
In quel momento la porta dell’ascensore si apre e lei si incammina lungo il corridoio.
- Davvero? – chiede lui raggiungendola.
- Davvero. E’ vero, ho una relazione, ma non con Derek.
- Lui lo conosco – un tarlo è stato deposto nella sua mente.
- Che differenza farebbe? – chiede lei alzando un sopracciglio – Sapere lui chi è attenuerebbe quello che stai provando?
- Hai vinto – si arrende lui – Sono uno stupido.
- Questo è fuor di dubbio, ma sei anche un ottimo capo –finalmente gli sorride.
Lei si ferma davanti alla porta della propria camera, lui si mette le mani in tasca e si guarda i piedi.
- Scusami per oggi.
- Buonanotte Hotch.
- Buonanotte Collins.
Continua…