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Autore: past_zonk    17/10/2010    6 recensioni
"Fuori s’inizia a sentire il rumore della pioggia che precipita dal cielo. La finestra semiaperta lascia che un soffio si vento gelido penetri nella stanza spoglia. Matt rabbrividisce, Dominic non s’accorge quasi di quell’alito puro. Nulla ha senso."
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Breathe
 
Le parti sottolineate sono semicitazioni. Palahniuk e Morgan, se ricordo.
Forse il capitolo è eccessivamente piccolo. Scusate.

 
Click. Flash.
La gonna di lana dondolava ritmicamente, assieme ai passi poco ritmici di una donna giovane, alta e molto magra.
La gonna s’arricciava ai bordi. Era d’un colore rosso molto intenso, che ricordava il sangue e che dava alla ragazza un aria vagamente intellettuale.
Tra i seni piccoli cadeva immobile un ciondolo d’argento e all’anulare destro riluceva un piccolo anellino d’oro.
I capelli erano sempre tirati un po’ all’indietro, incastrati tra forcine.
Una polaroid era nascosta tra la stoffa della borsa da quattro soldi, pulsando di passione e di momenti incastrati su carta fantasma.
Il rumore dei passi riecheggiava in quel posto malfamato grazie alla sottile punta arrotondata delle scarpe di vernice lucida.
 
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Era tardi. Dom lo poteva sentire fin dentro le ossa, che era tardi. Lo poteva testimoniare il lenzuolo, appiccicato ossessivo alla sua pelle e l’orologio di mogano, che batteva inesorabilmente un tempo che gli faceva venire voglia di suonare. Fuori, probabilmente il sole era già alto, ma non ne era sicuro, visto la tenda e gli infissi che non permettevano alla luce di vomitare pulviscolo in quella stanza.
Matt dormiva ancora, accoccolato nel suo angolo di letto, con un lembo del lenzuolo immacolato fra le dita e un fischio impercettibile che nasceva dal pneuma di quel naso leggermente otturato. Il freddo assorbito la sera prima si faceva sentire, la bellezza di quei baci fin troppo umidi si rimaterializzava nei ricordi di Dom. Ancora una volta aveva amato Matt, ancora una volta s’era ritrovato sveglio nel suo letto ad osservarlo dormire e a pensare alla notte precedente. Ancora.
Quella notte era stata diversa. La luna pareva cantare un mantra, mentre le dita troppo calde del biondo esploravano la schiena fredda e ossuta di Matt, nudo fra lo sfarzo di quella casa in periferia. Un profumo di fiori d’arancio si diffondeva come una cupola di sogno, che tenera inghiottiva solo quella casa, lasciando Londra e i suoi maldestri abitanti fuori da quella bolla stupida di felicità. Si sa che nel mondo non c’è felicità, mai, eppure quell’odore penetrante sembrava annunciarla, come una dama bellissima che si presenta senza invito ad un ballo. Non puoi farla andar via, dopo che s’è conciata i capelli con quella maestria innata di donna.
Forse un dio distratto, un dio esotico, giocava con due bamboline woodoo dalle loro sembianze. Forse lasciava che quella mora penetrasse lentamente l’animo inquieto della bionda, e che le sussurrasse parole di conforto. Forse, ma solo per caso, l’aveva lasciate abbracciate tutta la notte, quelle bamboline malefiche dagli occhi a spilli.
I demoni del passato, ora, volavano via dalla finestra, come vento che soffia per una volta lontano da te, che non ti stravolge.
Matt s’era deciso? Voleva amare Dom in segreto, voleva cedersi?
Dom non sapeva ancora rispondere a quegli interrogativi che rimbombavano nel suo cervello e poteva solamente far finta di dormire per un’altra mezz’ora, finché Matt non si fosse svegliato di sobbalzo, rendendosi conto d’aver perso un’altro giorno di ‘lavoro’.
 
Il caffè è annacquato, pensa.
Il caffè è annacquato, le tende sono polverose e la gabbia toracica inghiotte un cuore, pensa Matt.
‘Lavami via’ pensa Matt. Wash me away.
La stanza illuminata e popolata da pulviscolo tiene in grembo 4 uomini.
Matt è seduto su un divanetto di pelle rossa e si sciacqua le guancie con quel che viene erroneamente chiamato ‘caffè’.
Dom ha i capelli sporchi, oleati quasi, e siede accanto al tavolo in legno.
Chris e Tom, sono vicini su un divano a motivi floreali, davvero inguardabile.
La saletta delle riunioni della loro casa discografica è sempre stata un tantino vintage, nel senso più dispregiativo del termine. Londra, fuori, danza su Chopin. Su quelle registrazioni che Matt ha sull’i-pod , quelle in cui si sente il respiro quasi affannato del pianista prendere groppi d’aria a etti.
Inghiottirli e buttarli giù come quel caffè che a Matt brucia l’esofago.
Vorrebbe carezzare tasti d’avorio.
Due occhi grigio verdi cercano d’incastrarsi fra i suoi, azzurri. Con una fune cercano di trarlo a sé.
Come una calamita bisognosa d’attenzione. Come una farfalla che ha pochi giorni, forse persino ore, di vita.
-Non va. - Chris si massaggia il mento ospitante barba rada.
-No, non va. - Tom ribadisce il concetto.
-Avevo sonno, stamattina. Non capiterà più. Anche Matt aveva sonno, l’ho costretto io ad uscire, ieri.-
-Non dovete cercar scuse come ragazzini! Avevamo le prove. Possiamo farle anche oggi pomeriggio, ma è per principio che mi girano le palle. Perché da un bel periodo tu e Matt, non avete più regole. Per me non è un gioco. Io ho una famiglia.-
Nessuno pensava seriamente che Chris fosse in grado di sputare insieme così tanti concetti in una volta. Eppure l’ha fatto. Wow.
-Non va, Chris.- Matt apre bocca. -Stasera non voglio esibirmi.-
-Cosa? E perché???.- Tom non dovrebbe essere lì con loro. Non è giusto, ecco. Ora parla anche. Il fatto è che Matt è da un po’ irato con Tom e le sue battutacce sul periodo buio che i Muse stanno passando.
-Il perché lo devo dire a Chris e a Dom. -
La faccia di Tom è spettacolare. Ci vorrebbe una foto ad immortalarla. Magari ci si faranno tante risate su., dopo anni. Occhi spalancati, bocca spalancata, sopracciglia inclinate verso l’alto.
Una faccia da nobel che interpreta a meraviglia il concetto di ‘Come osi?’.
Tom s’alza lentamente dal divanetto, l’espressione di Chris è contrariata. Dom osserva sbigottito ciò che non avrebbe mai creduto di vedere.
Il chiaro annuncio dell’apocalisse : Matt che litiga con Kirk.
Anni e anni, mesi e mesi, giorni e giorni di conoscenza senza neanche una discussione.
Forse perché Tom s’accontentava di acconsentire e limitarsi al suo ruolo di documentarista della band. S’accontentava d’essere eclissato dai Muse, dai suoi migliori amici. Sarebbe per tutti una pacchia, lavorare con i propri amati amici, ma la paranoia e la frustrazione non sono state inventate per caso; qualcuno doveva pur provare quelle emozioni. Beh, ecco Tom Kirk, che testa la frustrazione e paranoia.
Ecco Tom Kirk che esce scosso da quella stanza, con gli occhi di Matt che si rifugiano in quelli del biondo per non guardare quella strana scena.
- Matt, ora parla.- mugugna Chris con il pollice e l’indice a coprirsi gli occhi.
Tutti aspettano che la voce del cantante annunci qualcosa.
Qualunque cosa, tranne quel silenzio.
Questi silenziofobici, questi chiacchieradipendenti.
-Non ho voglia di suonare.-
-Si tratta di voglia?.- Chris urla. Dom tace.
-Sì. - Matt fa la primadonna.
- Matt non puoi. La band è composta da tre persone. Non puoi buttarci nella merda con te. - Dominic finalmente parla, con voce titubante. Quella stessa mattina, aveva sperato che al suo risveglio Matt fosse ancora il ragazzino dai maglioni enormi di Teignmouth.
Sbagliato.
Era la star esigente ed egoista che si rifiuta d’andare in scena. Forse per dispetto, dolore o pigrizia. O forse per tutto quello messo insieme.
Ha le punte delle dita rosse di freddo, Matt, raggelate come bastoncini di pesce scaduti. Come cibo spazzatura che qualcuno ti rifila, come se tu fossi l’essere più schifoso di questo universo.
Chi lo sa se gli alieni ce l’hanno, il cibo spazzatura.
Spazzatura, trash, come l’informazione.
Come il mondo, i clown, i ragni, il vomito, l’anestetico, lsd, lampadine rotte e sangue non tuo;
Come tutte le cose alle quali Matt pensa per non affogare nei sensi di colpa, in quel lago nel quale mugugna la famiglia intera del bassista, dove i bambini lo chiamano zio e dove Kelly gli chiede il perché di quella scelta.
Ma cazzo, lui non ha detto di voler chiudere con la band. Vuole solo un attimino di pausa.
Come a Natale, quand’era sedicenne. E passava i pomeriggi a spruzzare la neve finta tra i capelli di Dom che lo spintonava, irato. Le finestre accese, le ombre tutte insieme a conversare.
Come le palline rosse di vetro mezze rotte, mutilate.
Il temporale. Le mele. Napoleone. Il buio.
Anche se non fosse stato Natale, Dom sarebbe stato lì lo stesso, a spintonarlo.
Ora no. E’ questa la vaga impressione del moro.
-Sì che posso. Chris, Dom. Non sono in grado di suonare. Mi sento male.-
-Quanto vuoi?.-
-Due settimane, almeno.-
-Bene. Chiama gli organizzatori. Scrivi su Twitter delle scuse calorose e dì che t’è morto il pesce rosso.-
A Matt viene in mente Wish you were here.
Le anime rosse nella boccia di vetro. Secondo quella canzone era una cosa positiva vivere in una boccia col proprio amante.
Dom sembrava prendersi tutto lo spazio, però, in quella strafottutissima boccia. A Matt mancava l’aria, chiuso lì.
Voleva un letto e Dom.
Non una boccia.
Forse Matt non aveva capito un cazzo di quella canzone. Forse Matt non aveva capito un cazzo neanche della vita.
Chris chiude gli occhi. Dom s’alza e si siede accanto a Matt sul divanetto rosso.
‘Lasciami un po’ d’aria in questa boccia, amore.’
-Perché vuoi farlo?.-  alita Dominic.
Forse Chris non ha neanche sentito ciò che Dom gli ha detto, sussurrando caldo nell’orecchio.
Matt chiude forte le mani a pugno, finché le nocche non arrossiscono.
Poi stende le mani fredde e sente le dita schioccare leggermente. Il palmo formicola forte, come se tanti spilli lo infilzassero.
La luce dà alla stanza una sfumatura azzurrina, sembra di vivere in uno di quei film francesi da pellicole strane. Quelli in cui gli attori decadenti baciano la propria donna molto lentamente.
Tutto blu, come le labbra della loro canzone.
Come gli occhi spalancati di Matt sedicenne che a Natale si versava la cera liquida sui polsi e la lasciava seccare, coi palmi rivolti al cielo ed un’espressione rilassata sul viso. Si sentiva il dio del suo mondo personale.
La porta si spalanca.
Tom entra col capo chino, guarda di sbieco Chris e sussurra un ‘potete venire di là, per cortesia?’
Sembra un dipendente qualunque, una parrucchiera carina che concia i capelli con troppa lacca.
Tom è spaventato.
Anche Chris ora è turbato. Ancor più di prima.
-Che succede?.-
-Dovete vedere una cosa. - a Tom la voce tremola, come se l’ugola stesse per morire.
Matt stringe per un attimo la spalla di Dom e fa leva su di essa per alzarsi. Il biondo, come una marionetta s’alza e raggiunge Chris, ormai uscito da quella stanza blu/fredda.
Migrano nell’altra stanza, leggermente più buia.
Il neon bianco punge la retina degli occhi di Matt.
Sul tavolo nero di pece, stanno alcune riviste. Chissà quante notizie stupide, in quegli insulsi giornali. Rumors, pettegolezzi inutili. Mentre qualche donna africana muore col proprio bambino al seno. Mentre un nuovo Giuda governa un paese corrotto fino all’osso. Mentre le televisioni plasmano la mente di giovani senza ideali. Mentre l’uomo elefante piange e la donna barbuta scopa. Mentre un insetto t’entra sottopelle e t’uccide lentamente.
Alberi sacrificati per un giornale, per qualche donna non depilata, che vuole a tutti i costi sapere il nome dell’escort con cui se la fa’ il premier.
‘Il Grande Fratello non ci spia. Il Grande Fratello c’intrattiene’
La speranza cade come una mela troppo matura.
E quell’ammucchio di fatti irrilevanti e probabilmente falsi giace sul tavolo della saletta londinese.
-Guarda.-
Tom quasi non parla. Forse è morto qualcuno tipo Lady D.
Forse il loro ex produttore è schiattato. Forse è schiattata la groupie preferita di Tom.
Anche lui andava a puttane.
Matt pensa a tutto, tranne che quel giornale possa parlare di lui.
Poi, vede su quelle pagine sottili, una foto sbiadita, scattata probabilmente al buio.
Le foto si moltiplicano.
Poi Matt riconosce dei ciuffi biondi, una chioma mora.
Riconosce il suo maglione largo, nero, abbinato al cielo.
Poi riconosce il parcheggio di barboni.
Riconosce immagini confuse.
Un bacio
.
Riconosce un singhiozzo di Dom, dietro di sé.
Riconosce il calore sulle sue guancie.
Riconosce un lieve giramento di testa, e poi non percepisce null’altro.

 

 

Spazio dell’autrice:

Devo dire che ho paura.
Forse ho rovinato questa storia.
Vi prego di non pensare al ‘fatto’ della foto come una cosa positiva. Insomma, non credo lo sia.
Ora son cazzi. Per me, intendo!
Beh, vorrei ringraziare chiunque m’ha recensito:

 
Deathnotegintama : Tu. Devi finirla d’osannarmi. Devi scrivere.
Tu devi e basta.
Scusa se questo non è un ringraziamento adeguato, ma ho un po’ di febbre.
Ti voglio bene, genio.

N i s h e: Se nel capitolo prima eri felice del ritorno di Matt, beh, ora devi penare un altro po’.
Spero tu non mi voglio a male per questa strana svolta della storia.
Ti voglio bene, tesoro.

MuseLover: Ma grazie infinitamente. Tu sai farle le recensioni. Arrivano dritte al cuore. <3

BrokenGlass: Tu che mi dici che l’intero BellDom può essere sintetizzato in quella frase, è una delle cose più belle che mi siano mai state dette.
Tu che sei un amore e che hai una vocetta adorabile.
Grazie di tutto.
Ti voglio bene.

_DyingAtheist: le sai fare le recensioni! E ne sono onorata di riceverne da te.
Grazie tantissime.

Lilla Wright: Non ho davvero nessuna intenzione d’ucciderti ad ogni capitolo, tesoro, ma se la cosa è positiva, allora mi fa più che piacere!
Tu e le tue faccine! Le tue recensioni sono un’ondata di simpatia e soddisfazione.
Grazie!

 

   
 
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