Fanfic su artisti musicali > Escape the Fate
Segui la storia  |       
Autore: PsicoSoul    18/10/2010    3 recensioni
Sbattuta fuori casa con meno della metà delle mie cose. Ripudiata da un patrigno che ha preferito una ragzza più giovane. [...] Ciao, ho dicaissette anni e mi chiamo Brittany, lo so è un nome da star, mi piace. Ma non sono una diva.
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

Capitolo Cinque.

 

“Che strano questo Monte” penso, sdraiata sul mio letto. “Il giorno prima scocciato mi dice di smettere di battere il tempo, il giorno dopo attacca bottone sul Bus.”

Ripenso all’ora prima, quando il biondino mi ha accompagnata davanti all’uscio di casa.

“Abiti qui?” chiese.

“Sì.”

“Ma i tuoi ancora non sono arrivati?”

“Abito solo con mia madre, e a quanto pare non è ancora in casa, deve aver trovato lavoro” esclamai io, un po’ delusa del fatto che non ci fosse a casa per cena.

“Se vuoi rimango con te, non è un bel posto questo” chiede impacciato.

Non mi sembrava il caso di dirgli di sì, in fondo lo conosco da solo un’oretta nemmeno.

“No dai, stai tranquillo” decisi di rifiutare.

“Senti io ti do il mio numero, abito due strade più avanti, se succede qualcosa chiamami” propose.

“Va bene. Grazie mille”. Registrai il suo numero e  gli feci uno squillo in modo che lui avesse il mio.

Mi salutò titubante, entrai in casa, ed eccomi qui, a fissare l’intonaco scrostato della mia minuscola camera da letto.

Mi cambio. Metto una tuta sformata con sotto dei fuseaux neri. La mia tenuta da casa. Come la chiama mia madre. Chissà dove ha trovato lavoro. Chissà a che ora torna. Non mi ha lasciato nemmeno un post-it. Vabbè ho diciassette anni, so badare a me stessa.

Un rumore. Uno di quei rumori provocati da un bidone che cade.

La mia schiena è percossa da un brivido.

Britt non spaventarti, ci saranno dei gatti o dei cani randagi in giro. Le finestre sono tutte chiuse, la porta è serrata. Di cosa devi aver paura?” penso. Mi tornano in mente le parole del biondino “Non è un bel quartiere”.

“Doveva proprio dirmi così? L’ha fatto apposta quell’idiota” esclamo ad alta voce.

Un altro rumore, questo un po’ meno forte. Scaldo in fretta la camomilla e mi metto sotto le coperte.

Decido di tirare giù anche le tapparelle, non si sa mai. Vado alla finestra.

Mentre tiro giù la tapparella un viso sbuca all’improvviso da sotto. Caccio un urlo spaventoso.

Le mie mani subito corrono al cellulare, e alla lacca. Che cazzo può fare poi una lacca me lo spiegate eh! Il viso è sparito mentre urlavo.

Corro in cucina e frugo dentro al cassetto. Quella faccia però aveva un non so che di familiare, ma sarà una mia impressione.

Estraggo un coltello. Intanto il mio dito tremante ha già composto il numero della polizia.

Il campanello suona. Mi avvicino lentamente alla porta e guardo dallo spioncino. Vedo una nuvola di capelli corvini che sta sorridendo.

“Idiota” sibilo tra le labbra.

“Che cazzo vuoi?” urlo da dentro.

“Vengo in pace Britt” sta ridendo.

“Sei un deficiente”

“Ti sei spaventata? Ti ho visto con il biondo prima”

“Mi ha seguita?”

“Sì, ho preso il Bus subito dopo, aprimi che fa freddo dai”

“No.”

“Ho i Muffins, spero che ti piacciono”

Mmh se hai i Muffins allora ti apro, aspetta a che gusto sono?”

“Due al cioccolato e due ai mirtilli”

Apro la porta.

“Mangio io quelli ai mirtilli” dico imbarazzata.

“Certo” risponde lui divertito.

Lo faccio entrare. Lo vedo guardarsi intorno. Non riesco a capire come mai lui sia qui.

Perché gli ho permesso di entrare? In fondo è uscito solo oggi con me, in fondo è da due giorni che ci conosciamo.

“A che pensi?” mi chiede notando la mia espressione imbambolata.

“A niente, ma come mai non sei con Sophie?” chiedo sprezzante io.

“Non mi interessa lei.” mi fissa negli occhi. Sono costretta ad abbassare lo sguardo, non riesco a sostenere quell’oceano nero che mi scruta.

“E invece il biondo chi era?” mi chiede un po’ infastidito.

“L’ho conosciuto sul Bus, si chiama Bryan” rispondo io, celando un sorriso.

“Ah e che ci faceva davanti alla porta di casa tua?”

“Mi ha chiesto se volevo che.. ma a te che te ne frega scusa?”

“me ne frega! Allora? Rispondi o no?”. Alza la voce.

Lo guardo, spaventata.

“Scusami Britt, non volevo alzare la voce con te.” Cerca di scusarsi.

“Mi aveva chiesto se volevo che rimanesse, perché questo non è un bel quartiere e ci potrebbero essere malintenzionati in giro” gli dico guardandolo.

“E sono arrivato io.” Sorride strafottente.

“Appunto”.

Mi alzo sulla punta dei piedi per cercare di vedere il sacchetto di carta che tiene dietro la schiena. Lui alza le braccia, non ci arrivo. Inizio a saltellare per riuscire a prenderlo. Continua a scansarsi. Mi ritrovo a un pelo dal suo viso. Sento il suo profumo, ha un non so che di intrigante. Sa di fumo di sigarette, misto all’odore di un dopobarba. Mi guarda divertito, mi sa che si è accorto del mio cambio di umore.

Approfitto della sua distrazione e afferro il sacchetto. Cerca di riprenderselo, corro in camera ridendo.

Ci sediamo sul letto. mi guarda spiluccare dei pezzetti di Muffin.

“Sei buffa sai?”

“Perché?”

“E lo chiedi anche? Sembri un folletto in una felpa di cinque misure più grandi e stai mangiando un Muffin briciola per briciola.” Ride.

“E tu ti sei visto? Con quei capelli e la matita che ti cola?” rido anche io.

Passiamo la sera a parlare, mi racconta che Sophia è una sua ex compagna di nottate, non l’ha chiamata ragazza perché non lo è mai stata.

Decido di raccontargli del mio patrigno, sembra dispiaciuto.

Squilla il telefono.

“Pronto?”

“Tesoro? Sono la mamma”

“Ciao mamma” esclamo felice.

“Tutto bene?”

“Sì è tutto apposto, tu? Dove sei? Quando torni?” chiedo veloce, vedo che Ronnie ride.

“Ho trovato lavoro in un ospedale qui vicino, pulisco le camere, le sale, e così via. Devo afre anche il turno di notte se voglio portare a casa un po’ di soldi. Spero non ti dispiaccia.”

“No mamma, va bene” dico delusa. Ronnie mi guarda curioso e preoccupato.

“Ci vediamo domani pomeriggio se mi fanno venire a casa, ti voglio bene tesoro”

“Te ne voglio anche io Mamma, buon lavoro”

Riattacca.

Ronnie mi guarda e nota la delusione sul mio viso.

“Sta al lavoro?”

S-sì” singhiozzo io.

“Ehi ma perché piangi?”

“Perché non lo so ok? Perché sono in una casa da sola, la terza notte e mia madre è al lavoro. E sarà così finchè non troverà niente di meglio” ora sto piangendo. Non capisco perché piango, di solito mi tengo tutto dentro.

“Ci sono qui io. Se vuoi sto tutta la notte, tanto a casa mia non sentiranno di certo la mia mancanza” dice dolcemente lui.

“Sicuro?”

“Al cento per cento, basta che smetti di singhiozzare.”

“Va bene” abbozzo un sorriso.

“Così va meglio”

“Se vuoi puoi dormire sul divano”

“Ti pare che io dormo su un divano? Resto qui con te!” esclama serio.

MMh” rispondo pensierosa.

Sono troppo stanca per ribattere. Spengo il telefono e mi stendo sul letto, infilandomi sotto il piumone. Sento Ronnie che si sdraia accanto a me, è un po’ piccolo il letto per due persone. Ma piuttosto che restare da sola va bene anche così.

“Buonanotte folletto” sussurra lui.

Non riesco a rispondere. Mi sto già assopendo.

Appoggia una mano sul mio fianco. Non gliela sposto. Mi addormento, protetta da quella mano calda.

 

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Escape the Fate / Vai alla pagina dell'autore: PsicoSoul