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Autore: francyrm21    18/10/2010    1 recensioni
Jasmine non è una ragazza come tutte le altre. Otre ad essere stata abbandonata dai suoi genitori, dalla nascita è in grado di fare cose fuori dal comune. Grazie a queste sue abilità, Jasmine affronta tutte le notti il mondo dei vampiri per proteggere gli umani dal pericolo. Una casualità le farà incontrare la famiglia Cullen e la tribù dei Quileutes. Instaurerà rapporti di affetto con entrambe le parti: Renesmee Cullen diventerà la migliore dell amiche che poteva sperare di trovare; Seth, il giovane Quileute, conquisterà il suo cuore troppo trascurato negli anni precedenti. La nuova vita che gli si è dispiegata davanti, durerà? O succederanno cose che la metteranno in pericolo?
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!! So che non mi faccio viva da molto e mi dispiace tantissimo!!! Ecco qui un nuovo capitolo che spero alleggerirà la mia posizione nei vostri confronti... (cm parlo bene oggi xD)







magari cn questa fotina di mike alias il MIO seth potrei farmi perdonare :) baci baci




Quella stessa notte feci uno strano sogno. Il cielo oscuro con la sola luce della luna e di qualche piccola stella che Zafrina mi aveva fatto vedere, era tutto intorno a me. Non riuscivo a vedere niente. Andavo in giro nel buio cercando qualcosa che potesse indicarmi dov’ero ma non trovai nulla che potesse essermi d’aiuto. Mi sentivo insopportabilmente sola. Cercavo Seth con tutte le mie forze, correvo e guardavo ovunque per poterlo ritrovare. Gridavo il suo nome con tutto il fiato che avevo in corpo ma tutto era così silenzioso mentre aspettavo una sua risposta da scoraggiarmi ogni secondo che passava. Tutto era come prima di incontrarlo. Nero, solitario e terrificante.
«Jasmine guardami! Sono qui!». Mi svegliai all’improvviso con Seth che mi teneva il viso stretto tra le mani e mi strattonava per farmi ritornare alla realtà. Lo attirai a me con violenza, consapevole del fatto che il mio comportamento non avrebbe fatto altro che renderlo ancora più agitato. Lo strinsi forte in un abbraccio perché non riuscivo a sopportare di perderlo nemmeno in sogno.
«Ero sola. Tu non c’eri e non riuscivo a trovarti». Era difficile capirmi fra i singhiozzi. Lo sentì sospirare visibilmente quando allontanò il mio viso dal suo collo per potermi osservare.
«Mi dispiace amore mio che tu abbia avuto un così brutto incubo ma non devi preoccuparti, io sono qui e non ti lascerò». Il suo sguardo si fece comprensivo mentre mi accarezzava i capelli per farmi calmare.
«È stato così vero. La sensazione di non averti vicino, di non trovarti nel buio era troppo corposa. La sento ancora dentro, sulla pelle». 
«Vedi? Sono qui e ti sto toccando». Disse mentre mi sfregava con forza le braccia come per tenermi al caldo. «Ti sono accanto e ti sto parlando». Un piccolo sorriso timido gli trafisse il viso. «È stato solo un sogno». Mi baciò dolcemente la guancia bevendo via una mia lacrima. Strinsi più che potevo la stretta attorno ai suoi fianchi per poter dimenticare l’incubo. Volevo tanto che le sue parole potessero essere valide per tutto ciò che minacciava di separarci. Volevo svegliarmi una mattina e scoprire che era stato tutto un brutto sogno per poter continuare la mia vita insieme a lui. 
Ma non sarebbe successo.
Mi fece sdraiare di nuovo senza spostare mai il mio viso dal suo collo. «Dormi amore mio, sarò sempre qui ad aspettarti». Mi sussurrò all’orecchio per riuscire a farmi rilassare. Gradualmente mi addentrai nelle nebbie di un sonno senza sogni.
Quando mi svegliai era mattino inoltrato e Seth dormiva ancora sotto di me. Volevo farmi perdonare per averlo amareggiato così tanto solo per uno stupido sogno. Anche se quando lo avevo fatto non mi era sembrato tanto stupido. Inspirai tutti i cattivi pensieri ed espirai forte. Pensavo fosse una cavolata che avevo sentito in giro e invece funzionò. Ricoprì di piccoli baci ogni centimetro di pelle che riuscivo a raggiungere finché non lo sentì modificare il ritmo dei suoi respiri. Mi spostai sulle sue labbra e ricevetti immediatamente risposta.
«Buongiorno».
«Speravo di sentirtelo dire. Volevo rimediare al colpo che ti ho fatto prendere ieri col mio stupido brutto sogno. Credo di esserci riuscita». Sorrisi compiaciuta.
«Non devi scusarti. E poi non è che mi hai proprio spaventato, o almeno non subito. Mi hai chiamato così forte da pensare che fossi in pericolo ma poi ho visto che stavi ancora dormendo». Non potevo crederci. Il mio sguardo shoccato non smetteva di fissarlo.
«Ti ho chiamato? Strano, anche nel sogno gridavo il tuo nome. Sarà stato per questo». Cercavo ancora di giustificarmi per ciò che avevo combinato ma non riuscivo a spiegarmi come fosse potuto accadere. 
«Negli ultimi due giorni fai parecchi incubi. Chissà come mai». Feci finta di non averci fatto caso ma in realtà la sua frase mi colpì a palla di cannone. Era vero. Da quando tenevo nascosta la verità a Seth non avevo fatto altro che avere incubi e lui se ne era accorto. Era un messaggio dal mio subconscio che mi implorava di dirgliela, la verità. Sapevo di doverlo fare. Ma in quel preciso momento mi mancò il coraggio. Non sarei stata in grado di farmi ascoltare e di fargli comprendere al meglio le mie ragioni ed alla fine avrei ceduto per non vederlo più arrabbiato con me se non addirittura sofferente a causa mia. Dovevo aspettare il momento adatto per dirglielo nel quale avrei potuto cercare di fargli capire e di convincerlo ad appoggiarmi magari.
«Può essere che in fondo mi sento agitata per questa visita imminente. Ho paura di come Aro reagirà quando verrà a sapere che stiamo insieme». Era la spiegazione migliore che ero riuscita a formulare con le informazioni che Seth aveva. Al braccio attorno ai miei fianchi si aggiunse anche l’altro come per rimarcare il fatto che fossi solo sua.
«Lui non ti farà niente. Ci sarò io a proteggerti». La preoccupazione per come Aro avrebbe potuto prendere la nostra relazione era la cosa meno importante sulla mia lista, ma come potevo dirgli quella vera che infettava persino i miei sogni? Non l’avrebbe sopportata, ed io non avrei sostenuto il dolore che tutto ciò gli avrebbe causato.
«Ti ho già detto oggi che ti amo?». Il tono che diedi alla domanda non era giocoso come volevo. Sembrava implorante e sofferto e non potei evitarlo.
«Ti amo anch’io e non vedo l’ora che tutto questo finisca così potremmo di nuovo tornare alla normalità. Anche l’intero branco è in subbuglio. Sai già che saranno di più, i vampiri? Non so il perché ma il modo in cui mi trattano negli ultimi giorni, mi sembra quasi che mi stiano nascondendo qualcosa». Mi irrigidì sul colpo appena pronunciò l’ultima frase. Tentai di rilassarmi il più che potevo ma non ci riuscì molto.
«Se fosse qualcosa di importante, non credi che te lo avrebbero detto?». Sentì una fitta al petto per la rivelazione. Dovevo dirglielo al più presto perché meritava di saperlo prima che tutto si fosse compiuto e doveva saperlo da me. E da nessun altro. Si mosse sotto di me e mi fece voltare per guardarmi meglio.
«Ti senti bene? Sembri sul punto di vomitare». Sfuggì dalla sua presa, lo strinsi forte e affondai il viso nella sua pelle per non doverci più pensare.
«Fammi stare un pochino qui e ora mi passa». Dissi con un filo di voce.
«Va bene». Non smetteva di accarezzarmi i capelli mentre sentivo il suo cuore aumentare i suoi battiti per l’ansia. Per colpa mia. Del mio comportamento. Probabilmente aveva già capito che c’era qualcosa che non gli dicevo ma, visto che mi amava, aspettava che fossi io a scegliere se parlargliene o se tenere la bocca chiusa. Baciai il centimetro di pelle più vicino alle labbra che potessi raggiungere e sciolsi l’abbraccio.
«Esco per un po’ se per te va bene. Per favore, tu prova a dormire ancora qualche ora. Ti sveglio io quando sarà pronto il pranzo. Che ne dici?». Un lampo di sorpresa gli attraversò il volto per svariati secondi. C’era ancora quando mi rispose.
«Sei sicura di non voler parlare con me di cosa ti succede in questi giorni?». Il mio stomaco si contorse al solo pensiero di cosa sarei stata costretta a dirgli, per non parlare della sua reazione nel venire a sapere tutto.
«Te ne parlerò, ma non adesso». Mi sentivo morire dentro mentre mi vestivo per poter andare da qualche parte, anche se non sapevo di preciso dove. Come se non avessi niente dentro la pelle, ero vuota. Stavo per uscire dalla stanza quando sentì che mi tratteneva per un braccio. Senza farmi voltare, mi abbracciò appoggiando il mento sulla mia spalla.
«Qualunque cosa sia, non preoccuparti, possiamo risolvere tutto». Mi ero trattenuta fino a quel momento finché non aveva pronunciato quelle parole. Sentì gli argini rompersi e le lacrime debordare. Dovevo andarmene prima che potesse accorgersene. Annuì senza potergli rivolgere una seria risposta e mi dileguai fuori casa il più in fretta possibile. 
I miei occhi erano completamente oscurati dalle lacrime, dovevo fermarmi prima di combinare qualsiasi cosa ed attirare l’attenzione su di me. Ero abbastanza lontana da casa da non essere sentita da Seth in ogni caso. Il famoso confine del territorio dei Quileutes era vicino, anche se ormai il patto con i Cullen non era preso così tanto in considerazione. Le radici di un albero spuntavano fuori dal terreno come se cercassero di staccarsi da esso per potersi liberare da una prigione troppo stretta. Mi sedetti fra di esse per cercare di calmarmi. I singhiozzi mi impedivano di respirare anche se tentavo di appoggiare la schiena al tronco. Le guance erano ormai inondate dalle lacrime che non smettevo di versare e quasi non mi accorsi della gigantesca folata di vento che scosse la vegetazione circostante, compresi i miei capelli che asciugarono in parte il mio viso completamente bagnato. Automaticamente mi chiusi a riccio per non farmi colpire in pieno dal vento. Strinsi le braccia saldamente alle gambe, premendo più che potevo la faccia contro le ginocchia per soffocare la voglia di urlare che non voleva andarsene. Non ero molto allerta perciò mi accorsi in ritardo di qualcosa che si avvicinava a grande velocità verso di me, e per il subbuglio che c’era nel mio cervello non riuscì a riconoscere chi fosse.
«Tesoro, che ci fai qui al freddo?». La voce di Renesmee era come una giornata di sole in dicembre. Piacevolmente inaspettata. Soprattutto per come stavo. Le bastò guardarmi in volto per capire cosa mi aveva costretta così tanto lontana da Seth. La vidi sedersi accanto a me ed intrappolare la mia testa fra il palmo della sua mano e la sua spalla. Una nuova ondata di singhiozzi scosse tutto il mio corpo che si dibatteva contro Renesmee che cercava di calmarmi come meglio poteva. «Sssh. Su, dimmi che cos’è successo». Cercai di prendere fiato e di impedire agli scossoni di non farmi parlare.
«Non riesco più a tenermi tutto dentro, ne con Seth ne con nessun altro». I suoi occhi erano vigili ed erano sprofondati nei miei. «Il solo pensiero di poterlo lasciare mi uccide. Ciò che dovrò dirgli lo ferirà ed io non posso evitarlo, anche se avevo giurato a me stessa che piuttosto che farlo soffrire per qualunque cosa avrei preferito morire. Avevo scelto di metterlo davanti ad ogni cosa, anche a me stessa ed invece adesso rischio di non vederlo mai più per colpa di una mia scelta». Ogni parola era uscita fuori così in fretta da sembrare che fossero state sempre lì, nascoste da qualche parte, pronte ad essere pronunciate.
«Sai benissimo che se volessi, potresti cambiare idea. In qualunque momento tu sentissi di non potercela fare, noi ti capiremo». La sua voce era calma e tranquilla come se tentasse di lasciarmi campo libero per poter decidere senza però esprimere una sua opinione.
«Non cambierò idea! È l’unica cosa che posso fare per riuscire a tenere a bada la mia coscienza, devo fare ciò che è giusto. So che lo è, quello che non riesco a superare è proprio Seth. Come farò a dirglielo, a convincerlo che devo andare fino in fondo a qualunque costo? So cosa gli succede tutte le volte che lo ferisco, e so anche che questa volta sarà un milione di volte peggio, sia per lui che per me. Non mi ascolterà, non sentirà ragione ed io dovrò farlo comunque, anche senza il suo consenso». Sfogarmi con Renesmee stava cominciando a farmi ritrovare lucidità e fermezza. Era proprio ciò di cui avevo bisogno.
«Speravo tanto che nessuno di voi due avesse dovuto affrontare tutto questo, ecco perché non volevo che prendessi questa decisione. Vi voglio bene e so che entrambi soffrirete per ciò che accadrà nei prossimi giorni. Non riesco a sopportarlo». Non sapevo se fosse normale o giusto, ma le sue parole mi diedero forza per tentare di sciogliere quell’abbraccio e per riuscire a parlarle senza più alcun bisogno di essere consolata.
«Combattere per poter avere un futuro con Seth non farà altro che spronarmi a fare meglio. Colpirò con più forza e duro per poter infliggere ai Volturi la sconfitta che si meritano e per dare a te e a tutti gli altri la possibilità di vivere. Io voglio combattere, voglio vederli soffrire più che posso solo per aver attentato alla vita della mia famiglia». Il disprezzo mi fece risollevare dallo stato di disperazione nel quale stavo.
«Cosa farai se Seth la dovesse prendere al peggio?».
«Proverei a convincerlo che combattere è la cosa migliore. E se non dovesse accettarlo, combatterò comunque per lui, per noi, per tutti». Avevo ancora la sensazione di essere vuota dentro, anzi potevo sentire proprio sotto la pelle la caparbietà necessaria ad affrontare la verità anche davanti a Seth.
«Spero tanto che sia il modo migliore per andare avanti». Sembrava sconsolata con una leggera sfumatura di speranza verso la fine.
«Lo è». Sostenni la mia tesi con un debole sorriso ma sincero. «Volevo chiederti, ma come hai fatto a trovarmi?». Impossibile che mi avesse sentito da villa Cullen per non parlare dalla casetta nella foresta.
«Zio Jasper mi ha detto che stavi male, così ti sono venuta a cercare. Immaginavo che non ti saresti mai esposta così tanto davanti a Seth a meno che non fossi sul punto di dirgli tutto. Ho preferito verificare prima di fare una stupidaggine». Jasper aveva di nuovo captato i miei sentimenti a grande distanza, cosa che non gli era mai capitata. 
«Come può essere?».
«Nonno Carlisle ha una teoria. Secondo lui in questi giorni il tuo stato emotivo è stato così al limite che ha persino influenzato le tua abilità, irradiando i tuoi sentimenti ad ondate perché ciò che provi non puoi sopportarlo tutto per intero. Praticamente il tuo subconscio invia i tuoi sentimenti perché sono troppo intensi per essere trattenuti, ecco perché zio Jasper riesce a sentirli così lontani da te». Odiavo il fatto che il mio potere potesse essere il perno che stabiliva ogni cosa nella mia vita. Il mio modo di vivere dipendeva proprio da esso: il tempo che non dovevo far finta di essere umana (quando ancora andavo a scuola) era quasi esclusivamente dedicato a rafforzare le mie abilità in termini esponenziali o ad usarle contro i cattivi. Anche la mia quasi morte era stata causata ed in seguito curata dalle mie abilità. Ed ora, erano il punto caldo di tutto il casino fra me e Seth. O almeno lo sarebbero state. Rovinavano sempre tutto. Tutto ciò di cui mi poteva importare, tutto quello per cui avrei sacrificato ogni briciolo di potere per salvaguardarli.
«Sarà meglio che torni a casa, devo preparare il pranzo per noi due». Un nervosismo furioso mi impazzava nelle viscere perché sapevo che il momento della verità era vicino. Baciai Renesmee sulla guancia e lentamente mi alzai da terra, stringendomi lo stomaco come se stesse per sfuggirmi dall’ombelico.
«Glielo dirai presto, non è vero?». Annuì rivolgendole un’occhiata fra lo spaventato ed il sicuro di se. Ero entrambe le cose.
Quando tornai a casa, Seth era sotto le coperte ed era già sveglio probabilmente ad aspettarmi.
«Amore, ti sei già svegliato?». Mi sedetti vicino a lui cercando di inghiottire l’agitazione che mi attanagliava la pancia. I suoi occhi erano così allerta che probabilmente non si era riaddormentato affatto. Gli accarezzai le palpebre leggermente scure, seguendo i contorni del viso.
«Non ho dormito. Volevo aspettarti». Mi sono avvicinata alle sue labbra lentamente per rassicurarlo per quanto mi era possibile. Lo sentì mentre mi stringeva forte i fianchi e mi attirava a se. Le sue labbra cominciarono a cercare le mie con avidità, con disperazione mentre premeva con forza dietro la mia nuca per avvicinarmi ancora di più. Avvolsi le braccia al suo collo e assecondai i suoi desideri, almeno in quel frangente potevo farlo. Il fiato corto non mi impedì di accorgermi che tutta quell’urgenza era un segnale di quanto potesse essere preoccupato e profondamente sconvolto.
«Seth? Cosa c’è?». Chiesi non appena ne ebbi la possibilità. Nei suoi occhi potevo vedere la riluttanza nel rispondermi. Dopo un sospiro rumoroso, chiuse gli occhi e diede voce ai suoi sospetti.
«Sento che c’è qualcosa che non va, che tu non vuoi dirmi, che nessuno vuole dirmi». Ero psicologicamente pronta ad una risposta simile, infatti la presi diversamente da quella stessa mattina quando mi aveva letteralmente sopraffatto la sola idea che lui avesse intuito che gli tenevo nascosto qualcosa d’importante.
«Te ne parlerò, lo sai che lo farò. Ho solo bisogno di un altro po’ di tempo». Dovevo raccogliere le energie per poter essere in grado di difendere la mia scelta anche davanti ad un suo attacco di iper-protezione, ed in quel momento non lo ero abbastanza. 
«So che è importante altrimenti i ragazzi me lo avrebbero già detto». Sembrava sul punto di esplodere, e quando incontrai i suoi occhi sapevo che il momento era vicino.
«Te ne prego, ti scongiuro. Dammi altro tempo». Lo stavo pregando per una cosa che sapevo lui mi avrebbe concesso nonostante fosse il motivo per il quale stesse diventando matto. Per la prima volta sperimentai con disprezzo l’ascendente che l’imprinting poteva avere su chi ne era stato colpito. I suoi occhi mi dicevano che stava cedendo alle mie richieste senza troppe storie. Lo abbracciai più stretta che potevo perché anche se avevo ottenuto ciò che volevo, ero conscia di quello che era costato a lui potermelo concedere. Sentivo il suo respiro sul collo mentre le sue braccia si stringevano attorno ai miei fianchi con forza, quasi senza farmi respirare. Pensai che me lo meritavo. Una piccola penitenza per essere la causa del suo dolore e probabilmente meritavo di peggio. Mi tirò verso di se sdraiandosi e facendomi scivolare di lato, non mollando mai la presa su di me.
«Restiamo un po’ così? Per favore». Come potevo rifiutarmi? Era mio compito cercare di fare qualunque cosa per rendergli tutto più facile, per il dopo.
«Certo, tutto il tempo che vuoi». Tutti e due su un fianco, la sua testa sul mio braccio ed il suo viso ancora nascosto nel mio collo mentre gli accarezzavo i capelli scuri e ne osservavo le varie sfumature di nero. Ecco come passammo l’intero pomeriggio, e soprattutto cercando di prendere il coraggio che mi sarebbe servito per dirgli tutto.
  
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