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Autore: Unsub    18/10/2010    1 recensioni
Lui la abbraccia e lei sposta lo sguardo verso i cespugli vicini. Rimane un attimo interdetta… non può essere.
Un urlo le esce dalla bocca e gli uccelli volano via dai rami degli alberi.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Sarah Collins '
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Capitolo 8 Capitolo VIII. Nightmare

Camera d’albergo, Biloxi
-    Non posso venire da te… no, niente… ehmm… si, buonanotte.
 Sarah riattacca il telefono con calma e si volta verso il suo ospite. Lui è lì, seduto sulla poltroncina con la testa incassata nelle spalle che osserva un punto del pavimento. Non le dice niente, non la guarda nemmeno. Lei percepisce la rabbia in lui, la frustrazione.
Lentamente Sarah si sposta e prende delicatamente una sedia. La poggia davanti alla poltroncina e si siede a fronteggiare il suo interlocutore. Lui finalmente alza gli occhi ad incontrare quelli di lei.
-    Dobbiamo parlare – esordisce lei.
-    Ritorniamo sempre allo stesso punto.
-    Sei tu che non vuoi capire – lei sospira.
-    Cosa c’è di sbagliato?
-    Tutto. Non avresti dovuto fronteggiare Hotch. So cavarmela da sola.
-    Non ne combino mai una giusta, vero? – un sorriso amaro piega le labbra di Morgan.
-    Avevi le migliori intenzioni e ti ringrazio – lei gli poggia una mano sul ginocchio – Ma non credi che ora Hotch sarà ancora più maldisposto verso tutta la situazione? Ho paura che percepisca il tuo intervento come un’ammettere che la squadra è tutta dalla mia parte.
-    Ed è cosi infatti! Lui non si sta comportando bene. Sembra un bambino viziato.
-    Questo lo sa anche lui. Non credi che si senta già abbastanza umiliato dal non riuscire a reprimere i suoi sentimenti?
-    Tu per prima l’hai sfidato ieri!
-    E’ diverso. Io sono la sua antagonista in questa storia, tu sei uno dei suoi uomini – Sarah sospira mentre cerca le parole giuste – In questo momento sa di aver sbagliato, ma è qualcosa più forte di lui. Qualcosa che non riesce a controllare. Dovresti stargli vicino, non aggredirlo.
-    Sei troppo buona. Io al tuo posto non sarei cosi comprensivo.
-    Dovresti concentrarti di più sui tuoi problemi, non sui miei.
Derek distoglie lo sguardo.
-    Stanotte ho avuto lo stesso incubo.
-    Cyrus?
Lui annuisce sconsolato.
-    Si, stava picchiando Emily. Io assistevo alla scena ma non riuscivo a muovermi.
-    Ti sei sentito impotente, vero? – lei sorride dolce – Non credi di doverne parlare con lei?
-    Di cosa? Di miei incubi?
-    Di quello che provi veramente.
-    Tu non sai come può essere…
-    Difficile? – lei sorride – Da quando avevo diciassette anni ho dovuto imparare a cavarmela da sola. Non ho mai avuto nessuno su cui fare affidamento, nessuno di cui prendermi cura o che si prendesse cura di me. Ero letteralmente terrorizzata di ammettere quello che provavo.
-    Eppure ci sei riuscita – il tono di lui è pieno di tristezza – Perché io non ci riesco?
-    Perché sei spaventato. Non preoccuparti, è una cosa normale per le persone come noi.
-    Cioè? – lui aggrotta la fronte.
-    Derek, io e te siamo molto simili. Non mostriamo mai la parte più sensibile di noi stessi. Siamo bravi a fingere di essere due menefreghisti, due duri. Siamo quelli che non hanno mai paura di niente. Non ci fidiamo di nessuno.
-    Già…
-    Eppure tu sai che c’è qualcuno di cui ti puoi fidare, qualcuno a cui puoi mostrare quello che non mostri a nessun’altro. Ne abbiamo già parlato.
-    Tu come ci sei riuscita?
-    Ho spento il cervello, me ne sono fregata delle regole e ho bussato alla sua porta nel cuore della notte.  Dopo di che ho radunato tutto il mio coraggio e…
-    E?
-    Semplicemente gli ho detto la verità.
-    Che sarebbe? – Derek è rapito dal discorso di Sarah, lei non parla mai cosi apertamente del suo rapporto con Spencer.
-    Io sono follemente innamorata di lui – ammette lei diventando rossa in volto, poi prosegue – come tu lo sei di Emily.
Lui abbassa gli occhi e sorride. Lei arriva sempre al nocciolo del problema. Ora sta a lui comportarsi di conseguenza.
-    Credo che ora andrò a bussare ad una porta.
Lei si alza e lo accompagna. Sulla porta gli da un bacio sulla guancia e gli carezza il volto.
-    Buona fortuna, ma non ne hai bisogno.
-    Grazie, ciuffo buffo.
-    Quando vuoi due neuroni.

E’ appena uscita dalla doccia. Si aggira  per lo spogliatoio con l’accappatoio stretto al corpo acerbo. Le altre ragazze sono tutte più grandi. I loro corpi di adolescenti creano uno stridente contrasto con il suo corpo di bambina. Missy, il capo delle cheerleader, la guarda dall’alto in basso e da di gomito alla sua amica che soffoca una risata. I loro commenti sono perfidi e lei cerca di non ascoltarli. Si avvicina all’armadietto dove ha riposto i suoi vestiti. Non vuole aprirlo, sa che loro vogliono che lei si metta a piangere. Vogliono umiliarla e prenderla in giro. Lei non può permetterlo. Lei non permette a nessuno di vederla piangere. Anche se vorrebbe fermarsi , le sue gambe continuano a portarla avanti verso lo sportello che ormai è sempre più vicino. NO! Vede la sua mano infantile sulla maniglia e vuole fermarsi ma sa che non può. Deve arrivare fino in fondo. L’anta dell’armadietto si apre con una lentezza esasperante.

Si sveglia sudata nel suo letto. Sperava di aver superato quello che era successo quel giorno di quindici anni prima, ma evidentemente non è cosi. Cerca di riprendere sonno, ma l’inquietudine continua a serpeggiare sotto la sua pelle. Si volta verso l’orologio. Le 5,30. Tra mezz’ora avrebbe dovuto alzarsi lo stesso. Sbuffa e scosta le coperte mettendosi a sedere sul letto. Le manca Spencer. Vorrebbe averlo vicino ora, vorrebbe che lui la stringesse fra le braccia.
Va in bagno e apre la doccia. Tanto vale vestirsi e cominciare a lavorare di nuovo sul caso. Si siede di nuovo sul letto per allacciarsi le scarpe e il suo sguardo si posa sul telefono. Potrebbe chiamarlo, ma ha paura di svegliarlo. Sbuffa di nuovo.
Prende i fogli che aveva portato in camera la sera prima. Sono i post del blog che Garcia ha trovato. Sono pieni di pettegolezzi cattivi su ragazzi che lei neanche conosce. Chi ha fatto sesso con chi, chi è un bullo, chi una sgualdrina, chi ha rubato da un negozio…
Sembra che questi ragazzi cosi perfetti all’apparenza siano in realtà pieni di problemi visto il loro comportamento. Sempre che quello riportato nei post sia vero…
Cerca di concentrarsi alla ricerca delle possibili vittime quando sente bussare piano alla porta. Apre piuttosto titubante, chi può essere alle sei del mattino?
Spencer la guarda stralunato, profonde occhiaie mettono in risalto il pallore della sua pelle. Lei si scosta per lasciarlo entrare e poi chiude la porta. Come si gira verso di lui si trova schiacciata contro la porta. La sta baciando con passione e rabbia. Lei lo lascia fare.
-    Scusami – dice lui nascondendo il viso nei suoi capelli.
-    Nottataccia?
-    Si. Tu come mai sei già in piedi a quest’ora?
-    Nottataccia – risponde lei con un sorriso.
-    Vuoi parlarne?
-    No. E tu?
-    No.
Lui si scosta e la guarda negli occhi. Con un dito disegna i lineamenti del viso di Sarah e poi scende piano sul collo fino al primo bottone chiuso della camicia di lei.
-    Mi sei mancata – dicendo cosi la bacia dolcemente prendendole il viso fra le mani.
-    Anche tu.
-    Andiamo a fare colazione?
-    Si. Ho voglia di un maxi cappuccino e di una bella ciambella con tanto zucchero.
Spencer ride e le posa un altro bacio sulla fronte.
-    Qualsiasi cosa tu voglia.
Escono dalla stanza mano nella mano e si incamminano verso l’ascensore.
Da dietro la porta socchiusa, non visto dai due, Hotch li osserva andare via. La sua mascella si contrae e senza far rumore richiude la porta.

Continua…

Per Benny:.... eheheheh... non esattamente.... uahahahah
   
 
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