Era notte fonda su Neoterra. L’Arcadia non era
ancora decollata e quindi ne approfittai per uscire all’aperto a schiarirmi le
idee. Il cielo era scuro, senza stelle. In lontananza si scorgevano le luci di
una città e tutto intorno era silenzio.
Mi sentivo calma, tranquilla. Il terrore e
l’angoscia che avevo provato poco prima si erano completamente dissolti.
Mi incamminai lungo la fiancata dell’astronave,
fino a raggiungere un piccolo laghetto. Avevo caldo, davvero molto caldo. Per
cui, approfittando del buio e del fatto che non potesse esserci in giro
nessuno, mi tolsi l’uniforme rimanendo solo con gli indumenti intimi. Entrai in
acqua lentamente, lasciandomi accarezzare dalle lievi onde che formavo io
stessa muovendomi. Nuotai con calma per qualche metro poi mi fermai lasciandomi
galleggiare mollemente per alcuni minuti. Intorno era tutto silenzio, oscurità.
Mi accorsi improvvisamente che qualcuno, sul bordo del lago, mi stava
osservando nella penombra. Era una figura inconfondibile, che ben conoscevo. Risalii
verso la riva e, stranamente, senza alcun’imbarazzo, uscii dall’acqua
lentamente, lasciando che la figura mi osservasse.
“Non occorre che tu ti giri, questa volta!” dissi.
Le parole mi uscirono da sole senza che io potessi trattenerle in alcun modo,
con un timbro di voce così sensuale che mi stupì e che mai avrei sospettato di
possedere.
Era molto buio ma io riuscivo a distinguere
Harlock senza difficoltà. Questa volta non si girò, rimase immobile ad
osservarmi in silenzio mentre lo raggiungevo.
Appena gli fui abbastanza vicina, mi porse il suo
mantello per coprirmi. Allungai lentamente una mano per prenderlo, tenendo gli
occhi ben fissi nei suoi senza mostrare alcun pudore e…ooops! Il mantello mi scivolò a terra.
Entrambi ci chinammo, nel medesimo istante, per raccoglierlo. Almeno quella doveva essere
la sua intenzione, ma non di certo la mia. Infatti, nel’inginocchiarmi, finsi
di perdere l’equilibrio e gli piombai addosso.
In una frazione di secondo ci ritrovammo stesi a
terra, io sopra di lui.
In condizioni normali non avrei mai permesso che tutto ciò accadesse. Figuriamoci! Io che tento
di sedurlo?? Ma ora in me di normale non vi era proprio niente.
I nostri visi erano così vicini che potevo
percepire il suo respiro e sentire i battiti del suo cuore.
“Coraggio, rialziamoci….” mi disse a bassa voce.
Io non dissi una parola e nemmeno mi spostai da quella posizione, anzi,
per tutta risposta , mi protesi ulteriormente verso di lui, sfiorandogli le
labbra con un bacio. Harlock non
oppose resistenza né fece niente per allontanarmi.
Mi
passò lievemente una mano tra i capelli ed io ne approfittai per continuare la
mia opera di seduzione. Infilai una mano sotto alla maglia della sua uniforme
ed accarezzai lievemente la sua pelle, risalendo fino al petto. Riuscii, non so
come, a sfilargliela in un attimo e con la stessa rapidità affondai le labbra
sul suo collo. Ebbe un sussulto, un tremito. Mi allontanò da sé con un rapido
movimento, guardandomi dritto negli occhi. In quel preciso momento fu come se
ricevessi una secchiata di acqua gelata in pieno viso. Ritornai in me sia
fisicamente che mentalmente. Provai un imbarazzo terribile, sentendomi una
specie di Namino Shizuka, l’unica mazoniana che, tempo addietro, riuscì a
baciarlo.
Con
il viso in fiamme cercai subito qualcosa con cui coprirmi mentre mi profondevo
in mille scuse “..mi dispiace….non so cosa mi sia preso…come ho potuto
comportarmi così…mi vergogno profondamente..” ed altre frasi simili.
Harlock
con molta calma si rimise la maglia dell’uniforme, poi mi appoggiò il mantello
sulle spalle.
“Capitano,
ti chiedo umilmente scusa…..non so cosa mi stia succedendo…..”
Mi
lasciai scivolare di lato mollemente, sedendomi a terra e raccogliendo le
ginocchia al petto. Vi appoggiai la testa per nascondere la vergogna.
“….credo
che sia giusto metterti al corrente di altre cose che abbiamo decifrato dalla
lastra….” Mi disse Harlock con voce
seria, sedendosi accanto a me.
Mi
girai per guardarlo e dissi “…quali altre cose devo sapere??sto per diventare
una donnaccia di facili costumi???” chiesi, cercando di sdrammatizzare.
“L’essere
dentro di te ti causerà cambiamenti…..è possibile che tu faccia o dica cose che
normalmente non faresti o diresti …. potresti anche diventare improvvisamente
aggressiva e pericolosa….e al momento purtroppo noi non siamo in grado di
prevederlo.” mi rispose con aria preoccupata.
“…quanto
durerà tutta questa situazione?” chiesi, rialzandomi.
“
Il dottor Zero suppone che non durerà molto…forse un paio di mesi…ne saremo
certi quando avrà terminato di tradurre le incisioni.” rispose.
Bene,
quindi oltre che portatrice forzata di un mostro, ero pure pericolosa e fuori
controllo….ero proprio finita in una bella situazione….
* * * * *
Erano
passate un paio di settimane da quella notte e, per mia fortuna, non avevo
combinato altri disastri.
Ora
ci trovavamo sul pianeta Thypon . Eravamo lì in sosta, per permettere agli uomini di provvedere alla riparazione
dell’ala sinistra dell’astronave. Credo che tutti o quasi sapessero della mia
situazione, infatti mi guardavano con occhi strani. A volte leggevo nei loro
sguardi la compassione, altre volte vi vedevo una sorta di diffidenza, di
timore.
Gli
unici che continuavano a comportarsi normalmente erano il capitano, Tadashi,
Mimeh ed ovviamente il dottor Zero. La cuoca invece si faceva in mille per
prepararmi succulenti pranzetti che la maggior parte delle volte io nemmeno
finivo.
Non
avevo cambiato le mie abitudini, anzi mi sentivo piena di energie e passavo la
maggior parte del tempo sul ponte di comando, nonostante i rimproveri del
dottore.
Non
mi era ancora passata però la sensazione di imbarazzo al ricordo di quella
notte su Neoterra. A volte, pur non guardandolo direttamente, sentivo lo
sguardo di Harlock su di me e , se mi
giravo verso di lui, il suo viso assumeva un’espressione indecifrabile. Forse,
credeva che riuscissi ancora a percepire i suoi pensieri. Invece dopo la notte del bacio, non sentii più la famosa
eco.
“Capitano,
abbiamo terminato di riparare l’ala. Che facciamo, decolliamo subito?”
Chiese
il primo ufficiale Yattaran, entrando di corsa sul ponte.
“Non
c’è fretta….fate un giro per la città e approfittatene per procurarvi un po’ di
scorte alimentari!” rispose il capitano.
“Vengo
anch’io!” dissi di slancio, muovendomi verso l’uscita.
“Kei!
È meglio che tu rimanga a bordo.” Mi ordinò il Capitano con tono deciso.
Improvvisamente
un senso di rabbia incontrollabile mi pervase tutto il corpo. Presi la mia
pistola spaziale e con un balzo fulmineo fui di fronte a lui, puntandogli
l’arma dritta al petto.
“Ho
detto che voglio andare anch’io e ci andrò!”
La
mia voce rimbalzò tra le pareti del ponte, simile ad un ghigno malefico, mentre
gli uomini, ammutoliti, assistevano impotenti alla scena.
Solo
Mimeh tentò di muovere alcuni passi nella mia direzione.
“No.”
Le disse Harlock guardandola. Poi girò l’occhio verso di me e mi fissò.
“E’
meglio che tu rimanga.” Mi disse nuovamente.
Sentii
che Tadashi stava per estrarre la pistola, probabilmente nel tentativo di
fermarmi. Io fui più veloce e, mantenendo la mia arma puntata contro Harlock,
con l’altra mano estrassi dal fodero la spada del capitano e sparai un colpo
alle mie spalle, senza bisogno di girarmi a guardare.
Tadashi
gridò e lasciò cadere la pistola. Inspiegabilmente avevo mirato al suo polso
senza dover prendere la mira, riuscendo a disarmarlo.
“non
farlo mai più o la prossima volta mirerò al cuore.” Dissi.
Nel
pronunciare quelle parole mi accorsi che dalle mie labbra usciva un alito
ghiacciato, come di ghiaccio era il mio corpo in quel momento.
All’improvviso
l’Arcadia tremò. Persi momentaneamente l’equilibrio e Harlock fu velocissimo ad
approfittare della situazione, disarmandomi. Mi afferrò saldamente per un
braccio mentre il dottore mi praticava un’iniezione sedante. Dopo pochi istanti
la vista mi si annebbiò e persi i sensi.
Quando
riaprii gli occhi, mi ritrovai con enorme stupore, non nella mia cabina, ma in
quella in cui di solito venivano tenuti
i nemici pericolosi catturati durante i nostri viaggi spaziali. Non era una
vera e propria cella, ma una cabina perennemente video sorvegliata e dotata di
dispositivi di sicurezza particolari. Indossavo una specie di camicia di tela
senza lacci o bottoni al posto della mia uniforme.
Mi
alzai dal letto e mi diressi verso il pannello che serviva a comunicare con il
ponte. Attesi alcuni minuti sperando che qualcuno rispondesse al mio segnale;
invece nessuno mi diede alcuna risposta.
Cominciai
a girare nervosamente per la stanza. Che cosa avevo combinato…..perché mi
tenevano chiusa in quella stanza come se fossi il peggiore dei loro nemici?
Le
luci di apertura della porta d’ingresso si illuminarono. Entrò Mimeh con un
vassoio. Si mosse lentamente lungo la stanza, andando a depositare il vassoio
sul tavolino. Mi fece cenno di accomodarmi ed io eseguii senza parlare.
“Ricordi
quello che è successo qualche ora fa sul ponte?” mi chiese con tono
insolitamente duro.
“No…non
ricordo. Ma se mi avete chiusa in questa stanza…..devo averla fatta grossa….”
Risposi a bassa voce.
Mentre
io mi accomodavo al tavolino, Mimeh inserì una tessera nel computer presente
nella stanza. Girò il monitor verso di me dicendomi di guardare attentamente il
filmato in cui era rappresentato il mio “assalto” al capitano, nonché il colpo
sparato di spalle a Tadashi.
Io
ero senza parole….come avevo potuto comportarmi così…..mi salirono le lacrime
agli occhi. Mimeh spense il computer e venne a sedersi accanto a me.
“lo
sappiamo che non è colpa tua….che non controlli le tue azioni….” Mi disse con
voce più dolce. “ma tu capisci che sei un pericolo per tutti noi. Sei come una
bomba ad orologeria che potrebbe esplodere in qualunque momento….”
Mi
guardò dritta negli occhi. Che cosa voleva dirmi con quella frase?
“ora
cerca di mangiare qualcosa…più tardi verrò ancora a tenerti compagnia.” Si
allontanò ed uscì dalla cabina.
Il
rumore prodotto dall’inserimento dei sigilli di sicurezza che blindavano la
porta risuonò implacabile nella mia testa
confusa.
Presi
tra le mani la tazza di the, cercando di berne qualche sorso. Lo sconforto mi
pervase nuovamente. L’essere rinchiusa in quella cella mi ricordava quella in
cui, tanti e tanti anni addietro, venni reclusa
prima che Harlock comparisse nella mia
vita, salvandomi da morte certa e ospitandomi a bordo della sua astronave. Ora,
su quella stessa astronave, venivo tenuta prigioniera perché ritenuta
pericolosa.
Mi
avvicinai alla porta, percependo dall’altra parte una presenza.
“C’è
qualcuno lì? Harlock sei tu?” chiesi,
sperando che il capitano fosse venuto a farmi visita. Volevo scusarmi
con lui, ne avevo proprio bisogno dopo aver visto la registrazione delle mie
azioni di poco prima.
Sentii
i sigilli della porta blindata che venivano tolti. Pochi istanti dopo la porta
si aprì nuovamente. Il capitano! Era davvero lui! Si, ma non era solo. Due
uomini armati fino ai denti lo scortavano. Abbassai la testa e mi allontanai
dalla porta per permettere loro di entrare.
“Andate
pure. Non c’è bisogno che restiate anche voi!” ordinò Harlock ai due ufficiali.
Questi lo guardarono con stupore ma si allontanarono subito, eseguendo
l’ordine.
“…ho
visto il filmato…” azzardai con voce flebile. “non so cosa mi sia preso….cioè
posso immaginarlo…ma….” Mentre
pronunciavo quelle parole mi aggiravo per la cella come un’anima in pena. Come
potevo scusarmi per delle cose che non avevo commesso? O meglio, le avevo
commesse ma non volontariamente…..
Odiavo
la situazione in cui mio malgrado ero finita ma non riuscivo proprio ad
accettare di essere un burattino nelle mani di Noo. Anzi nelle mani del suo
futuro discendente.
“Harlock,
non si può proprio far niente per togliermi da questa orribile situazione?”
chiesi con sguardo implorante, sperando che dalle sue labbra uscisse la
soluzione ai miei problemi.
“non
ancora…ma ci stiamo lavorando.” Mi rispose sconsolato. “purtroppo dovrai
rimanere ancora qui per un po’” concluse.
Andai
a sedermi sul bordo del letto e mi coprii il viso con le mani. Volevo
mascherare la mia angoscia, la mia disperazione. Mi sentivo impotente di fronte
a quella sciagura che mi era capitata e , nonostante tutti i miei sforzi,
l’unica soluzione che vedevo era sempre la stessa : interrompere in qualunque
modo la gravidanza.
Al
solo formularsi di quell’idea nella mia mente, avvertii come una scossa
fortissima in tutto il corpo che mi fece gridare di dolore. Che la creatura
percepisse i miei pensieri?? No, non poteva essere….
Harlock
si avvicinò velocemente e mi appoggiò una mano sulla spalla. “che succede?” mi
chiese con aria preoccupata.
“…niente…niente…ora
è passato” gli risposi, cercando di alzarmi in piedi.
“…..ti
prego….non lasciare che mi tengano rinchiusa in questa cella….” Gli dissi con
voce supplichevole, aggrappandomi al suo braccio.
Lo
stava facendo di nuovo! L’Essere stava
usando il mio corpo per la sua sopravvivenza. Ed io, pur avvertendolo, non
potevo oppormi.
Con
un rapido movimento mi avvinghiai al capitano e lo implorai nuovamente di non
lasciarmi in quella prigione.
“Non
puoi permettere che rimanga qui ! Potrei aver bisogno di aiuto..nelle mie
condizioni….lo sai vero?” gli chiesi con una voce melodiosa che sapevo bene non
appartenermi.
Ma
Harlock aveva già intuito il “cambio” di personalità. Senza scomporsi più di
tanto si liberò con delicatezza dal mio abbraccio. Poi mi prese il viso con
entrambe le mani e cominciò a scrutarmi dritto negli occhi, quasi cercasse di
andare oltre di essi per arrivare a me e permettermi di tornare in possesso del
mio corpo, delle mie azioni.
Con
un gesto secco staccai le sue mani dal mio viso e lo spinsi con forza
all’indietro, facendolo cadere a terra.
Poi
cominciai a ridere, una risata isterica, un ghigno malefico.
“Che
cosa stai tentando di fare? Credi di riuscire con uno sguardo a dominare la mia
volontà?” gridai con forza.
Con
un balzo velocissimo gli fui a fianco e , mentre Harlock giaceva ancora a
terra, gli sferrai un calcio in pieno stomaco.
“Potrei
finirti qui, se solo lo volessi…..ma per mia sfortuna… la donna che mi sta
generando, tiene molto a te…..” gli sibilai in faccia, mentre lui continuava a
guardarmi dritto negli occhi, con un’espressione di dolore dipinta sul viso,
dovuta al calcio di poco prima.
Gli
ufficiali, udendo tutto quel trambusto, si precipitarono all’interno della
cella. Naturalmente non ebbero tempo di muovere un muscolo perché io li
aggredii muovendomi dieci volte più in fretta di loro. Li disarmai e lanciai le
loro pistole a terra con tale forza che si disintegrarono all’istante.
Terrorizzati,
i due uomini rimasero immobili nell’esatto punto in cui si trovavano,
permettendomi di uscire dalla cella.
Percorsi
il corridoio in direzione della mia cabina. Mentre camminavo vidi la mia
immagine riflessa nel vetro di uno degli oblò.
“che
razza di camicia mi hanno messo addosso? E’ veramente orribile!” dissi
continuando a camminare. Con un gesto violento mi strappai di dosso quella
stoffa orrenda. Ero a pochi passi dal mio alloggio, quando incrociai Tadashi il
quale, vedendomi praticamente nuda, arrossì violentemente.
“Ragazzino,
che hai? Non hai mai visto una donna senza vestiti??” lo schernii con la solita voce inquietante.
Sentii
una fitta ad un fianco. Mi girai e scoprii che qualcuno mi aveva sparato un
proiettile con anestetico. In pochi istanti ero a terra, priva di sensi.
**** *****
“capitano,
credo che ormai ci sia un unico modo per salvarci…..Kei se ne deve andare!!”
La
voce di Tadashi mi risuonava nella testa con un timbro ovattato. Aprii gli
occhi e capii che nella mia cabina si stava tenendo una riunione. Oltre a
Tadashi riuscii a distinguere Yattaran, Mimeh e il dottor Zero. Doveva esserci
anche il capitano, ma non riuscivo a vederlo.
“Harlock…..sappiamo
che è una decisione dolorosa da prendere…..ma è necessario farlo. Non sappiamo
come affrontare questa situazione…Prima la allontaneremo e meglio sarà per
tutti noi….”
Stavolta
era Mimeh a parlare. Sentirle pronunciare quelle parole fu come ricevere una
pugnalata in pieno petto, sebbene il suo tono fosse rammaricato.
Mi misi a sedere di scatto per dirgliene quattro, ma mi accorsi di essere legata al mio letto. “che cosa ho fatto?? Perché mi avete legata ??” gridai disperatamente.
Sentii
il tocco di una mano sulla spalla destra e mi girai di scatto. Harlock era ad
un passo da me e mi guardava con espressione seria. “ Capitano, è vero che
volete abbandonarmi???”
Passarono
due,cinque,dieci secondi ma lui non rispose.
“Scendete
dalla nave. Se temete per la vostra vita, potete andarvene anche subito!!”
Disse infine, con tono imperativo.
Gli
altri lo guardarono allibiti.
“Harlock,
come puoi tenerla ancora a bordo?? Ti ha assalito più di una volta! Ti ha
puntato una pistola dritta al cuore!!”
disse Tadashi sconcertato.
“Proprio
tu parli, Tadashi? Dimentichi che poco tempo fa Kei ha rischiato la sua vita
per salvarti?? Ti ha fatto scudo con il suo corpo mentre il servo di Noo ti
sparava!” Disse il capitano con veemenza guardando dritto in faccia il ragazzo.
“Ed
è stato allora che il suo spirito si è impossessato del suo corpo….lasciandovi
il suo discendente!” concluse. Poi si avvicinò a me e mi disse l’unica cosa che
in quel momento desiderassi davvero sentire:
“Non
temere….non ti abbandonerò. Troverò un modo...questa è una promessa!"
“grazie….Harlock….
” fu l’unica parola che riuscii a
pronunciare con un filo di voce in quel momento. Strinsi forte gli occhi per
evitare di piangere e pensai che avevo fatto bene a “consacrare” il mio cuore a
quell’uomo. Solo lui avrebbe potuto accettare una simile sfida contro il sovrannaturale,
contro l’ignoto per salvare una vita…..la mia vita.
“Lascio
a voi la decisione di rimanere sulla nave o di sbarcare. Appena si farà giorno
decollerò da Thypon.” Disse poi , rivolto al gruppetto di persone che ancora
sostava nella mia cabina.
Si
avvicinò al mio letto e tagliò i lacci che imbrigliavano i miei polsi. Fece la
stessa cosa con quelli che mi legavano le caviglie. Poi mi aiutò ad alzarmi e
mi invitò a seguirlo, tenendomi sottobraccio. Mentre attraversavamo la stanza,
Mimeh si avvicinò e tentò nuovamente di fargli cambiare idea : “…dove la stai
portando….?....sei davvero sicuro di quello che stai facendo??” . I suoi occhi
erano più brillanti del solito ed anche il suo corpo a tratti si illuminava.
Come ogni volta in cui era in preda a forti emozioni.
Oltrepassammo
la soglia e ci incamminammo lungo il corridoio. Gli altri ci seguivano a
distanza, in silenzio. Stavamo procedendo in direzione della cabina di Harlock.
A pochi passi dalla porta si fermò e, guardando chi ci aveva seguito fino al lì,
disse con tono pacato:
“La
mia cabina è il posto più sicuro della nave. Kei vi rimarrà fino a quando sarà
necessario. L’equipaggio sarà al riparo da eventuali pericoli….sempre che decidiate
di rimanere a bordo.”
“…nella
tua cabina?....ma…Harlock!!” ripeté Mimeh con tono sconcertato.
“c’è
qualche problema, Mimeh?” le chiese, sempre con voce calma.
“….no….nessun problema…..se sta bene a te condividere l’alloggio con lei…per me va bene….” rispose rassegnata.
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stavolta credo di averci azzreccato con il titolo del capitolo! (per il secondo non mi viene in mente niente, quindi si accettano suggerimenti).
Grazie a Monsterella per le recensioni. Spero che ti abbia intrigato di più questo capitolo rispetto al precedente. Grazie anche a chi ha solo letto senza commentare.