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Autore: Leonhard    20/10/2010    2 recensioni
Alessa Gillespie. La strega. Considerata la figlia del demonio da tutti...da tutti? Un episodio segreto della triste infanzia della bambina sta per sorgere...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alessa Gillespie, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2.
 
Alessa si sedeva sempre in prima fila sullo scuolabus. Diceva che così poteva guardare fuori e fantasticare: così facendo, riusciva non ad ignorare, ma almeno ad accettare gli insulti, le beffe e le parole che i suoi compagni le dicevano alle spalle, senza tra l'altro prendersi il disturbo di abbassare la voce.
 
Davanti alla scuola, trovò una comunella di bambini suoi coetanei radunati in gruppo che la guardava male. Giusto, era Mercoledì: probabilmente, quel giorno l'avrebbero circondata. Passò accanto al gruppo di bambini guardando a terra, per non attirarsi grane.
 
“Sapete che oggi arriverà un nuovo bambino?” sentì da una sua compagna.
 
“Già...speriamo che sia simpatico”.
 
Un nuovo compagno. Ad Alessa non piaceva quando arrivavano nuovi compagni. Non sapeva mai cosa aspettarsi da uno nuovo. Non potè non chiedersi cosa le avrebbe fatto, una volta che le sue compagne gli avessero parlato di lei.
 
Sospirò, sperando solo che il nuovo arrivato si limitasse solamente a tirarle i libri.
 
 
“Bambini, questo è Leon” presentò la professoressa. “Si è trasferito qui da Brahams l'altroieri. Mi raccomando, cercate di andare d'accordo. Alessa lo guardava con occhi incuriositi. Era un bambino strano, con folti e lisci capelli color cenere ed occhi molto chiari. Rivolse un sorriso alla classe.
 
“Sono solo albino” disse. “Non preoccupatevi, non mi tingo i capelli”. Coro di risate a cui Alessa non si unì: proprio non aveva voglia di ridere.
 
“Bene, Leon” disse la maestra. “Cercati pure un posto”. Il bambino fece vagare lo sguardo per l'aula, finché non vide Alessa.
 
“Mi siedo là” disse, indicandola. Lei dapprima non capì, poi si ricordò che il posto accanto a lei era vuoto, come lo era sempre stato. L'aula, diversamente da prima, piombò in un rigido silenzio. Il nuovo arrivato che si sedeva accanto alla strega! Leon parve non accorgersene e si avviò tranquillamente al posto. Quando si sedette sulla sedia accanto a lei, Alessa sentì un tuffo al cuore.
 
(Oddio, e adesso?) pensò. Non aveva mai avuto un compagno di banco, non sapeva neanche come comportarsi. (Devo salutarlo io? Oppure rimango zitta? In fondo, se vuole salutarmi, lo farà lui per primo, o potrei infastidirlo...).
 
Leon si volse verso di lei, la guardò per qualche secondo, poi le sorrise. La bambina ebbe la sensazione che lui non le avrebbe fatto male, non l'avrebbe presa in giro, né le avrebbe chiamata strega.
 
Ma le sensazioni sono sempre sbagliate. In risposta al suo saluto agitò la mano e tornò a rivolgere l'attenzione alla professoressa. Sentì lo sguardo di Leon addosso per qualche altro secondo, poi, con la coda dell'occhio, vide che si era nuovamente voltato verso la professoressa. Alessa alzò il suo banco per prendere la sua cartellina. Il suo astuccio era tutto lacerato e penne e matite rotte e sparse per il sottobanco. Con un sospiro, prese la sua cartellina, miracolosamente rimasta integra, e chiuse il banco. Pazienza: era per questo che si riempiva lo zaino di matite e penne di ricambio. Ne pescò una e cominciò a scrivere.
 
Per tutta la lezione non arrivarono palline di carta o colpi di cerbottana. Alessa ipotizzò fosse per via del nuovo arrivato. Leon, accanto a lei, stava seguendo attentamente la lezione. Guardandolo, la bambina scoprì che, se avesse cominciato a chiamarla strega come tutti, ne avrebbe sofferto più del solito. Scosse la testa.
 
(Ma cosa vado a pensare?) si chiese. (Ovvio che comincerà a chiamarmi strega. Lo fanno tutti, da quando ho cominciato ad andare a scuola. Ed ogni nuovo compagno dopo due giorni ha cominciato a prendermi in giro. Lui non farà eccezione).
 
Questo pensiero la riportò alla realtà: lei non aveva nessuno. Per lei era vietato pensare. Vietato sperare. Vietato sognare. Obbligo di stare sola. Obbligo di subire tutte le prese in giro in silenzio. Lei doveva partecipare a quella partita di frecciate recitando la parte del bersaglio senza dire nulla.
 
Sospirò e tornò a concentrarsi sul suo banco, incurante del fatto che il nuovo arrivato non le togliesse gli occhi di dosso.
 
Improvvisamente le cadde sul tavolo un foglietto piegato. Non era una pallina di carta, ma un piccolo pezzo di carta piegato in due. Lo prese e lo aprì.
 
-Non sei molto socievole o sbaglio?-
 
Ad Alessa mancò poco l’infarto. Era un bigliettino. Oddio: non aveva mai letto bigliettini, figurarsi poi se era per lei. Con le mani tremanti, prese la penna e scrisse la risposta sotto, prima di lanciarlo sul banco del compagno.
 
-Sono solo un po’ timida. Scusami-. Il bambino lo lesse ed un sorriso gli increspò le labbra. Volse il foglietto e scrisse.
 
-Tranquilla: non è un male essere timidi. Allora, come ti chiami?-.
 
-Alessa-
 
-Alessa…?-. La bambina esitò: se avesse saputo il suo cognome, come avrebbe reagito? Cosa avrebbe fatto dopo, quando i suoi compagni l’avrebbero convinto che lei era cattiva?
 
-Alessa Gillespie-. Ecco, aveva fatto la cretinata. Lanciò quel biglietto con una sorda tristezza. Era durato poco, ma si era sentita parte integrante di quella classe. O perlomeno con lui. Sospirò, prendendola con filosofia e convincendosi che sarebbe stato l’ultimo bigliettino che avrebbe scatenato una sequela infinita di insulti e prese in giro che si sarebbe unita al coro.
 
Forse fu per questo che rimase piacevolmente stupita quando accanto al suo quaderno si materializzò la risposta. Lo aprì febbrilmente.
 
-Piacere di conoscerti, Alessa Gillespie. Leon Kauffman-.
 
-Senti, posso chiederti di diventare mio amico?-. Aveva scritto senza pensare, ma questa volta riuscì a fermarsi prima di lanciare il pezzo di carta verso il suo compagno. Amico? Ma non scherziamo! Chi avrebbe voluto essere suo amico? Lei non aveva amici. Scosse la testa e appallottolò il foglio. Si alzò ed andò a buttarlo nel cestino. Immediatamente, fu bombardata da cartacce, penne e gomme finché non si sedette nuovamente al suo posto. Si chinò nuovamente sul quaderno e, fingendo di non sentire i rumorosi sussurri di scherno dei suoi compagni, si mise a disegnare. Le piaceva disegnare; sua madre le diceva che era anche molto brava. Leon la guardò per qualche secondo, poi tornò a rivolgersi alla professoressa.
 
Quando l’intervallo finì, Alessa fece per alzarsi. Il bambino, tuttavia, fu più veloce: si mise davanti a lei, impedendole di muoversi. Le sorrise.
 
“Volentieri” disse. Lei finse di non capire e di ignorare la brusca accelerata del cuore. “Amici?”. Lei non ci credette. Optò per un sogno. Sì, doveva essere così: si era addormentata durante la lezione e stava sognando che il nuovo arrivato la volesse come amica. Assecondando il sogno, annuì.
 
“Amici” disse. “Grazie”.
 
 
UNA SCENA COSI’ CI VOLEVA. NEL FILM, NEL VIDEOGIOCO…CREDO DI POTER CAPIRE ALESSA E LA SUA PAURA DI APRIRSI AI SUOI COMPAGNI. BEH, CI LEGGIAMO NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO.
RECENSITE IN TANTI!!!!!! 
   
 
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