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Autore: WillowG    22/10/2010    0 recensioni
Ogni amicizia nasce da un incontro. Una serie di One-shot legate tra loro riguardanti i membri fondatori dell'AX. Come si sono conosciuti, e cosa li ha portati a creare l'AX.
Genere: Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caterina Sforza, Vaclav Havel
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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file 02 Secondo ricordo di Vaclav e la giovane Catherina. Sempre aperta a critiche e suggerimenti.

File 02

- FIRST DAY SCHOOL -

 La piccola sveglia lampeggiò un paio di volte, prima di iniziare a suonare. Con un grugnito, una mano si abbatté sull’oggetto, facendo tacere il baccano infernale. Ci volle ancora un minuto buono, perché il proprietario della mano si decidesse ad uscire da sotto le coperte. E se qualcuno l’avesse visto in quel momento, mai avrebbe pensato ad un temuto prete della Santa Inquisizione. I lunghi capelli scuri erano un’unica massa informe, e un velo di barba gli copriva il mento. Stiracchiandosi come un gatto impigrito, Vaclav Havel iniziò la sua prima giornata a Villa Sforza. Rasoio e spazzola, iniziò a prepararsi. I capelli finirono al loro posto in pochi miracolosi istanti, ma la barba era un’altra storia. Vaclav detestava farsi la barba. Una perdita di tempo quotidiana che avrebbe pagato per non dover fare. Ma il regolamento dell’Inquisizione era molto rigido sulla presenza fisica. La barba, anche se curata e ben tagliata, non era concessa.
 Mentre si spalmava la schiuma sul volto, il prete si prese tempo per osservare meglio la sua camera. Era modesta, anzi, aveva il dubbio più che fondato che fosse la più piccola e meno bella dell’intera villa, ma era più che confortevole. Pulita e calda, priva di spifferi. L’arredamento era semplice ma di buona qualità, il letto comodo, e aveva anche un modesto ma pratico bagno privato, completo di tutti i servizi e una doccia. Per lui, appena uscito dalla caserma militare dell’Inquisizione, era una camera a cinque stelle. Solamente le lenzuola, bianche, pulite e morbide, erano una tentazione davvero enorme, tanto da rendergli alzarsi dal letto una piccola tragedia.
 Iniziando a passarsi il rasoio su una guancia, si costrinse a pensare al lavoro. Dal suo arrivo, non aveva più visto la giovane Duchessa, se non di sfuggita mentre Carlo lo accompagnava a cenare dopo il giro della casa. Catherina stava andando nella sala da pranzo, e gli scoccò un’occhiata che avrebbe trasformato una fiamma in un cubetto di ghiaccio. Decisamente il prete non era nelle sue grazie.
 Fu quindi con un senso di sollievo che scoprì che, per quella sera, non era ancora in servizio, e avrebbe mangiato con il personale. In seguito avrebbe cenato con la Duchessa, in quanto guardia del corpo.
 La schiuma venne lavata via dalla lametta, mentre il prete sospirava demoralizzato. Quella mattina però era in servizio. Eccome. Il suo compito era scortare la giovane Catherina alla scuola privata che frequentava. E questa volta, gli ordini erano chiari: il suo era un incarico ufficiale, e avrebbe dovuto passare tutto il tempo possibile in compagnia della giovane Duchessa. E ovviamente indossando la divisa della Santa Inquisizione. Non era ben sicuro di quale delle due cose fosse quella che lo faceva stare peggio.
 Sciacquandosi il volto, cercò di trovare, con molta difficoltà, un lato positivo nella vicenda. E l’unico che trovò fu che sarebbe stato Carlo a portare lui e la Sforza all’istituto. Il vecchio stava simpatico a Vaclav. E il sentimento pareva reciproco. Di certo, era l’unica persona di quella casa che non lo trattava con totale odio. La governante, la Signora Beatrice, poi, sembrava avere le stesse intenzioni di Attila e Nerone. Fortunatamente mancava delle zanne.
 Per indossare l’abito si prese tutto il suo tempo. Mettersi ogni parte della divisa, dalla tunica rocca al colletto, ai crocifissi, erano un rito. Era come calarsi in una parte. Prete e soldato. Guerriero e sacerdote. L’Inquisitore era la fusione vivente del potere sia militare che religioso del Vaticano.
 Sospirò, demoralizzato. E ovviamente baby sitter papale. Gli Inquisitori erano le guardie del corpo di Vescovi e Cardinali, o del Papa, e già di queste importanti categorie lo erano raramente. Gli Inquisitori erano soldati, guerrieri in grado di combattere contro i Methuselah. Non guardie del corpo di ragazze che andavano ancora al liceo.
 Altro sospiro. Ma questo era l’incarico che gli aveva dato il suo capo. E non un capo qualsiasi, ma il capo dell’intera Inquisizione, Cardinale Francesco. E lui chi era per disobbedire?
 Cercando di entrare in un mentalità puramente professionale, il giovane prete prese un mantello da mettere sopra alla divisa, per non dare troppo nell’occhio, e si affrettò a scendere nel cortile: il rombo del motore a testimoniare che Carlo era già pronto, e aspettava i suoi passeggeri.

 Vaclav si sistemò per l’undicesima volta il rigido colletto. La divisa rossa da Inquisitore, nascosta sotto un mantello scuro, tanto sgargiante quanto scomoda. Carlo sorrise al ragazzo, riflesso sullo specchietto retrovisore dell’auto. Il viaggio da Villa Sforza alla scuola privata delle giovane Duchessa durava da soli dieci minuti, e il prete sembrava già essere sul punto di strapparsi il pezzo d’indumento dal collo. Per arrivare a destinazione, sarebbero passati ancora altri cinque minuti. Ma l’Inquisitore non era l’unico a disagio. Il volto di Catherina sembrava scolpito nel ghiaccio, l’insofferenza stampata nelle iridi grigie. Carlo era indeciso se ridere o piangere. L’aria che si respirava nell’auto era densa e pesante. Il giovane prete era a disagio, nonostante il volto impassibile, e la Duchessa scontrosa e insofferente alla sua presenza. Soprattutto da quando aveva ricordato che, come parte del lavoro di guardia del corpo, Padre Havel sarebbe dovuto venire a scortarla anche all’interno della scuola, lasciandola solo durante le lezioni. Il vecchio autista sospirò, disilluso. Se la sua esperienza col genere umano era tanto come niente esatta, le due persone che stava trasportando sarebbero presto esplose.
 Gli ultimi chilometri vennero percorsi con incredibile lentezza, nonostante il contachilometri dell’automobile dicesse il contrario. L’anziano autista fermò la vettura appena fuori dall’istituto, come al solito, dove l’arrivo della lussuosa auto passasse inosservato.
 -Siamo arrivati. Padre. Duchessa.- Senza neppure rispondere al saluto, la piccola furia bionda schizzò fuori dall’auto, infischiandosene beatamente dell’educazione signorile di attendere che le venisse aperta la portiera. Sospirando, Vaclav scese a sua volta dal mezzo, e rivolgendo uno sguardo supplichevole a Carlo, chiese con tono educato.
 -Grazie del passaggio, Carlo. Sa già a che ora passerà a prenderci?-
 -Oggi la Signorina ha lezione solo la mattina. Passerò a prendervi poco prima dell’ora di pranzo.- Rispose il vecchio, cercando d’infondere con un sorriso un po’ di ottimismo nel giovane prete. Con risultati nulli.
 -Molto bene.- Annuì Havel, senza sapere se essere sollevato o meno. In un luogo pubblico, anche una scuola esclusiva come quella frequentata dalla Sforza, sarebbe dovuto stare all’erta come non mai. Nella villa, per quanto grande, tenere d’occhio la giovane Duchessa sarebbe stato molto più semplice. Ma sarebbe dovuto stare in continuo contatto con la ragazza. Mentre nell’istituto, almeno, il tempo con il suo incarico si riduceva drasticamente grazie alle lezioni. E, se le sue supposizioni  erano corrette, avrebbe avuto un aiuto: due guardie dall’aspetto muscoloso e intimidatorio, stavano ai lati del portone, auricolare all’orecchio e sguardo impassibile, sotto lenti scure. E se la governante, Beatrice, gli aveva dato notizie vere, molte altre erano sparse per l’edificio. Molti degli studenti erano figli di persone illustri ed influenti, e la sicurezza era uno dei primi vanti della scuola.
 E mentre il prete prendeva gli ultimi accordi sull’ora in cui l’autista baffuto sarebbe tornato, non si avvide che la giovane Sforza era passata, prima di avviarsi all’entrata dell’edificio scolastico, a sussurrare qualcosa all’orecchio di una delle guardie. Se solo Vaclav si fosse voltato un istante prima, avrebbe anche visto l’uomo irrigidirsi visibilmente, mentre l’espressione dietro gli occhiali scuri si faceva truce.
 -A più tardi allora, Padre.- Sorrise Carlo mettendo in moto l’auto. -E … buona fortuna!- Aggiunse, accelerando talmente in fretta da non dare il tempo al prete di chiedere che cosa intendesse dire. Ma qualunque cosa fosse, non ci voleva di certo un genio per capire che non sarebbe stato nulla di positivo.
 Il rumore dell’auto era ancora nell’aria, quando Vaclav si voltò per seguire Catherina, decidendo di ignorare le ultime parole dell’autista, e scacciando indietro tutti i suoi brutti presentimenti. La giovane Sforza era appena sparita dietro la porta d’entrata, e lui stava per fare lo stesso, per trovarsi davanti le due guardie. Aria feroce, e nocche scricchiolanti. Più simili a buttafuori professionisti che a guardie di un istituto scolastico.
 -Qualche problema, signori?- Domandò il prete, cercando in tutti i modi di mantenere un’espressione gentile. La risposta fu un ringhio basso, in cui si potevano a stento distinguere le parole.
 -Sì.- Fece il gorilla di destra, subito spalleggiato da quello di sinistra.
 -I molestatori di ragazzine non sono benvoluti, qui!- La mascella di Havel cadde fino quasi all’altezza ginocchia. Molestatore? Chi? Lui?! E no! Questo proprio no!!! Nella sua carriera, non molto lunga, per la verità, di Inquisitore, aveva ricevuto moltissimi epiteti. Cane del Vaticano era solo il più gentile. Ma mai. Mai era stato chiamato molestatore di ragazzine. E questa era un’offesa che non era disposto ad accettare. In fondo, stava solo svolgendo il suo incarico. Seguire la Duchessa. E solo il Signore sapeva se ne avrebbe fatto a meno. La mascella ritornò al suo posto, mentre la sorpresa faceva spazio all’ira. Sapeva che era di certo un equivoco, e avrebbe potuto benissimo spiegarsi. Ma la sua pazienza ormai era un ricordo lontano. E comunque i due energumeni non sembravano molto intenzionati a parlare, per momento.
 Mentre le due guardie si scagliavano contro il prete con un ruggito, il sopracciglio del giovane inquisitore iniziò ad avere un tic nevoso, mentre le mani si stringevano a pugno, ed ogni traccia di gentilezza spariva dal volto affusolato.

 Il suono della campanella fu una dolce melodia per Catherina. Le lezioni di scienze le erano sempre state un po’ indigeste. Ciononostante, per tutta la mattinata il suo umore era stato più che ottimo. Il sorriso che sembrava esserle stato stampato a fuoco per tutta la durata delle lezioni, prese una piega leggermente malefica. Era ora di andare a vedere in che stato era il prete che le aveva affibbiato suo fratello. Sempre che ne fosse rimasto qualcosa. Gli uomini della sicurezza avevano la mano molto pesante.
 L’idea le era venuta appena scesa dall’auto. Le guardie alla porta dell’istituto non erano mai brillate d’intelligenza, ma erano estremamente protettive verso gli studenti. E così, approfittando della momentanea distrazione della sua nuova guardia del corpo, si era diretta con occhi innocenti e spaventati dall’energumeno più vicino, e gli aveva sussurrato che un uomo con il mantello la stava inseguendo. La guardia non era stata neppure sfiorata dall’idea di una menzogna: tutti all’istituto conoscevano Abel, ma non sapevano che sarebbe stato lontano per qualche tempo, e che quindi il prete dai capelli lunghi era il suo sostituto. Certo, anche il fatto che indossasse un mantello aveva giocato a favore della giovane. Se Vaclav avesse messo in bella mostra la sua divisa, di certo la storiella non sarebbe stata bevuta tanto facilmente.
 -Allegre oggi, eh?- Catherina trasalì, presa alla sprovvista da una voce femminile a pochi centimetri dall’orecchio. Ma subito tirò un sospiro di sollievo, riconoscendola.
 -Irene! Mi hai fatto venire un colpo!- La proprietaria della voce rise apertamente.
 -Bastasse questo con te, Catherina!- La giovane Sforza tentò un’espressione offesa, ma non riuscì a resistere a lungo. Irene era una delle pochissime ragazze dell’istituto che poteva considerare come amica. Lunghe trecce castane chiaro e occhi dello stesso colore, su un viso abbronzato di lentiggini, e una bocca a cuore sempre pronta a sorridere. Semplice come le sue origini. Al contrario della maggioranza degli studenti della scuola, infatti, Irene si era iscritta grazie a una borsa di studio, e non grazie a famiglie facoltose in grado di pagare la retta senza battere ciglio.
 -Allora, Duchessa. Che cosa fa sorridere così tanto Sua Signoria?- Fece la ragazza con tono scherzoso, per poi continuare con uno più basso e serio. -Senza avere Abel nei paraggi … beh, mi aspettavo di vederti più … più …-
 -Musona?- Suggerì la bionda, senza perdere un solo grado di piega all’insù delle labbra.
 -Triste.- Precisò Irene. -Ma musona può andare lo stesso.- Accorgendosi del progressivo spopolamento della classe, le due studentesse si affrettarono a raccogliere le proprie cose, e a dirigersi verso l’uscita.
 -Allora? Me lo dici o no, il motivo per cui sorridi tanto?- Chiese di nuovo Irene, decisa a scoprire il mistero dell’amica. Con fare complice, Catherina rivelò in poche parole di Vaclav e dello “scherzetto” che gli aveva fatto prima di entrare a scuola. Irene rimase indecisa se ridere o preoccuparsi. Decise per la seconda.
 -Ma … Catherina! Quello che hai fatto è grave! Potresti finire nei guai per questa cosa … E se quel prete si fosse fatto male?-
 -È un membro della Santa Inquisizione, Irene. Combattono con i Methuselah. Non può essere tanto delicato.-
 -Ma le guardie picchiano duro! Sono degli armadi a sei ante!- Catherina dissolse le preoccupazioni dell’amica con un gesto noncurante della mano.
 -Oh, suvvia, Ire, non essere tanto tragica! Al massimo avrà qualche osso rotto … spero.- L’ultima parola venne appena sibilata, ma Irene la sentì benissimo.
 -Sai, quasi preferivo se eri musona. In questa versione sadica mi fai un po’ troppa paura.- La Duchessa iniziò a ridere, e batté una mano sulla spalla della morettina, che comunque non perse una virgola della sua preoccupazione.
 -Avanti, usciamo! Sono piuttosto curiosa di sapere quanto Padre Havel si sia … divertito!-
 -Parecchio, se devo essere sincero.- La bionda per poco non saltò in braccio alla compagna di classe, vedendosi davanti nientemeno che Vaclav, senza neppure un graffio. Lo sguardo impassibile, se non per una piega malefica delle labbra, che a stento si poteva chiamare sorriso. Alle sue spalle, due doloranti e tumefatti energumeni, che vagamente assomigliavano alle guardie dell’istituto, si stavano ancora prodigando di scuse. Catherina lanciò un’occhiata fulminatrice al prete, ma questi sostenne lo sguardo senza battere ciglio. Dopo un confronto di pochi istanti, la Sforza interruppe il contatto visivo e si avviò all’auto a passo di marcia, dove un Carlo allibito per poco non si dimenticò di aprire le portiere. Il giovane inquisitore la seguì con lo sguardo finché non fu seduta al suo posto, per poi salire anche lui sull’auto.
 “Uno pari.” Pensò, segnandosi su un’immaginaria lavagna un punto a suo favore sotto una colonnina con su scritto il suo nome, accanto a quella col nome di Catherina. Non poteva immaginare che ne avrebbe segnati ancora molti. Da entrambe le parti.
 Irene guardò sparire l’auto dell’amica, stranita. Poi sorrise. Eh, sì. La vita dei ricchi non era poi così noiosa come aveva sempre pensato … e per una volta, non ebbe neanche un briciolo di desiderio di essere al posto della Duchessina.

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 Lo studio cardinalesco fu invaso dalle risate, non appena finito il racconto. Perfino il perennemente stoico Hugue non riuscì a sopprimere un sorriso divertito.
 -E così anche il Capo ha fatto i suoi errori!- Riuscì a dire Leòn, mentre cercava di riprendere il controllo. Vaclav sorrise, ma una vena amara era notabile nell’espressione.
 -Ero giovane, e ho perso il controllo. A pensarci dopo, reagire a quel modo è stato sciocco e impulsivo.-
 -Oh, avanti, ‘clav! Chiunque avrebbe reagito così! Io almeno di sicuro …-
 -Leòn, se ci fossi stato tu, al posto di Havel, avresti preso a sculacciate Catherina subito dopo il fatto dei cani!- Rimbeccò Abel, agguantando con rapidità fulminea alcuni nuovi dolci portati da Esthel. Il prete ispanico non si scompose più di tanto.
 -Probabile.- Poi si rivolse di nuovo a Know Faith. -E dì, un po’, come ha preso la cosa la nostra Cardinalessa? Da quanto ho capito, neanche all’epoca era una che lasciasse correre …- Padre Havel non ebbe però il tempo di formulare una risposta, che la posta si aprì, facendo entrare Catherina e Très. Ogni sorriso sparì dalle labbra dei presenti, mentre un pesante silenzio scendeva sulla stanza. Il volto della Cardinalessa Sforza era una maschera fredda e impenetrabile. Vaclav e Abel si lanciarono un’occhiata. Solo loro, tra tutti i membri dell’AX conoscevano abbastanza la Sforza da riconoscere il vero significato di quello sguardo. Il muro impassibile che la giovane donna costruiva attorno a sé quando si sentiva particolarmente vulnerabile. Ma, se si fosse guardato meglio, gli occhi avevano l’inconfondibile scintillio delle lacrime, trattenute con tutta la forza di volontà che la Cardinalessa possedeva. Con un cenno appena percettibile, i due preti erano già d’accordo. Havel si schiarì la voce, quel tanto da attirare su di sé l’attenzione dei presenti, tranne di Catherina che sembrava persa nel suo mondo.
 -William, se non sbaglio avevi da sistemare quei bracciali per Lèon, vero?- Wordsworth venne colto di sorpresa, ma afferrò subito il velato ordine del vecchio amico.
 -Più che giusto.- Annuì, e prese una lunga boccata di fumo prima di alzarsi dalla poltrona. -Andiamo, Dandelion.-
 -Hey! Ma come!? Ce ne andiamo così? Adesso? Dopo che abbiamo aspettato tant …- Le proteste del prete ispanico vennero bloccate da una mano sulla spalla di un Abel sospettosamente entusiasta.
 -Dei bracciali nuovi? Davvero? Avanti, Leòn, andiamo a vederli, dai!- Padre Garcia De Asturias emise quasi un ringhio.
 -Li abbiamo già visti, i bracciali.-
 -Ma io no! Avanti, Leòn! Sono curioso!- Ma i piagnucolii del prete occhialuto riuscirono solo a far irritare ulteriormente l’ispanico.
 -E io invece no! Non li voglio neanche vedere! Ho rischiato di farci fuori Vaclav, con quegli arnesi!!!-
 -Un motivo in più per andare a provarli di nuovo, no?- S’intromise Kate, che aveva ormai intuito la situazione, ed era accorsa in aiuto di Padre Nightroad. Con un grugnito esasperato, Leòn cedette.
 -E va bene. Andiamo. Ma se stavolta faccio esplodere mezzo Vaticano, la colpa è del professore, chiaro?-
 -Te l’ho già detto!!! Sono solo sano metallo!!! Niente esplosivo!!!- Ribatté indispettito William, punto sul vivo. Leòn indirizzò tutto il suo nervoso sull’inventore.
 -Ciò non toglie che quei cosi siano pericolosi!!!-
 -Sono armi!!! È logico che lo siano!!!- E mentre continuavano i loro battibecchi, i due preti si avviarono alla porta. Kate svanì, presumibilmente già nel laboratorio. Abel, subito dietro, ma prima si voltò verso Esthel, e riservandole il sorriso destinato solo ed esclusivamente alla suora dai capelli rossi, le fece cenno di venire con lui.
 -Non ci accompagna Sorella Esthel?- La giovane arrossì leggermente, ma poi annuì.
 -Oh? Ehm, sì, subito, Padre Nightroad!- Tentennando solo un istante per lanciare una occhiata alla Cardinalessa, Esthel seguì il prete dai capelli argentei fuori dalla stanza.
 Nella stanza ora erano rimasti solo Hugue, Très, Vaclav e Catherina. Il silenzio stava per diventare sconfortabile, quando la donna emise un lungo, sofferto sospiro e si sedette alla sua scrivania, per poi rivolgersi allo spadaccino.
 -Padre De Watteau. Ho appena incontrato i parenti di Sorella Noelle.- Il volto di Hugue rimase impassibile, ma negli occhi chiari passò un lampo di emozioni.
 -Capisco.-
 -Vorrebbero ringraziarvi. Per aver riportato a casa la loro congiunta.- Continuò la donna. Il dolore ora era ben visibile nel volto fine del biondo, ma la voce era ferma come sempre.
 -Io … ho solo fatto quel che dovevo. Era una compagna dell’AX. Riportare la sua salma a casa era il minimo.- Catherina annuì.
 -Se non ve la sentite di incontrarli, posso capirvi. Ma sappiate che fareste un enorme favore a queste persone.- La voce della Cardinalessa era dolce e comprensiva, capiva bene la riluttanza di Swordancer. La ferita della morte della suora era ancora aperta, non solo per lui, ma per tutti i membri dell’AX, ed era di gran lunga più dolorosa di qualunque ferita fisica. Ma allo stesso tempo capiva il desiderio dei famigliari di Noelle. Hugue rimase in silenzio qualche istante. Poi annuì, chinando leggermente il capo. I lunghi capelli dorati gli coprirono una parte del volto.
 -Molto bene.-
 -Padre Très ti porterà da loro.- Disse la donna, facendo un cenno al Cyborg, che rispose con un meccanico “affermativo”, prima di fare strada allo spadaccino.
 Appena rimasti soli, Catherina lasciò cadere la sua maschera davanti a Vaclav, come anche solo davanti ad Abel riusciva a fare. Calde lacrime cominciarono a scendere dagli occhi cristallini, un segno di debolezza che una donna del suo rango non avrebbe dovuto permettersi. Il prete le mise una mano sulla spalla, un gesto di conforto proibito al di fuori dell’ufficio deserto. Catherina prese la mano dell’uomo tra le sue, più piccole ed esili, e non coperte da guanti. Il semplice gesto sufficiente a darle forza. L’altra mano di Vaclav andò ad asciugare alcune lacrime, mentre la giovane donna si sfogava.
 -Non sono riuscita a dirgli nulla, Vaclav.- Un singhiozzo soffocato. -I parenti di Noelle. Non sono riuscita a dirgli nulla. Solo che era stato Hugue a … riportarla a casa.- Occhi grigi che sembravano fatti di vetro cercarono quelli mogano del prete. -Mi hanno ringraziato, Vaclav. Solo per avergli dato una bara su cui piangere … Mi hanno ringraziato … e sono stata  io a mandarla a morire!-
 -Non è vero. E lo sapete.-
 -Le ho affidato io quella missione! L’ho mandata io a Barcellona! Sono colpevole quanto colui che ha attivato il Silent Noise …-
 -Non dire così!- Nella foga, Havel mandò a quel paese ogni formalità, lasciando perdere il voi e prese il volto della Duchessa di Milano tra le sue mani, costringendola a guardarlo negli occhi. -Non potevi sapere cosa sarebbe accaduto. E per quanto sia orrendo, sappiamo che nel nostro lavoro ci possono essere delle casualità.- Con un sospiro, il prete cercò di riacquistare la sua solita calma. -Siamo preti e suore, uomini e donne, Catherina. Ma siamo anche agenti. Siamo stati reclutati per le nostre capacità. Ci hai scelti tu stessa, perché siamo in grado di affrontare le missioni che ci vengono affidate. E che queste missioni siano pericolose, lo abbiamo sempre saputo, sin dal primo giorno. Volenti o nolenti, ci muoviamo in un mondo in guerra, per quanto subdola, e la guerra porta morte.- Un altro sospiro, stanco. -Lo stesso giorno in cui ognuno di noi ha accettato di entrare nell’AX, sapeva che non era certo il ritorno dalle missioni. Ma abbiamo sempre la speranza che le nostre azioni ci possano portare a un mondo migliore. Ed è per questo che continuiamo a stare al tuo fianco.-
 -Non perché posso aiutare Hugue a trovare gli assassini della sua famiglia, Leòn a non passare la vita in prigione, e Très perché ne sono diventata proprietaria?- Sbatté poco delicatamente in faccia al prete la donna.
 -Non posso del tutto ribattere a questo.- Ammise Vaclav, mentre le mani della Sforza andavano di nuovo a coprire le sue, ma senza spostarle.
 -Ma sono rimasti, e continuano a sostenerti e a seguire i tuoi ordini, e ti dimostrano ogni giorno una fedeltà che Francesco, per fare un esempio, non può pretendere, se non da un paio dei suoi uomini. Certo, i tuoi metodi di reclutamento lasciano un po’ a desiderare …- Un leggero sorriso fece una timida apparizione sulle labbra della bionda. Il primo da quando era rientrata nel suo ufficio, dopo l’incontro con Francesco e quello subito successivo della famiglia di Noelle.
 -Grazie Vaclav.- Mormorò, iniziando ad asciugarsi le lacrime. Entro pochi minuti, Catherina Sforza sarebbe tornata l’indistruttibile donna d’acciaio in grado di far perdere il sonno a metà dell’assemblea dei vescovi e cardinali. E non solo per la sua più che bella presenza. Know Faith sorrise, gentile come al suo solito, ma soddisfatto di essere stato d’aiuto alla sua Cardinalessa.
 -Sono qui per questo.- Oramai tornata di umore più leggero, nonostante gli occhi ancora rossi, la giovane donna fece passare lo sguardo sulla stanza, fino a fermare gli occhi sulla foto, lasciata sul tavolino da tè, proprio vicino a una tazza immacolata e alla teiera, che ancora conteneva una dose di liquido caldo. Servendosi da bere, Catherina osservò, per la prima volta, la fotografia. Un enorme sorriso le salì alle labbra.
 -Dunque è di questa che avete parlato, mentre non c’ero? Nostalgia dei vecchi tempi?- Chiese, sventolandola davanti al naso di Vaclav. Il prete sorrise.
 -Non ancora. Per adesso ci siamo limitati al nostro primo incontro e al primo giorno che ti ho accompagnato a scuola.- Un mugolio poco signorile scappò tra le labbra sottili della donna.
 -Urgh. Non so quante volte te l’ho detto, ma scusa ancora per Attila e Nerone … e per le guardie … anche se credo che sia tu che dovresti chiedere loro scusa …-
 -È stata legittima difesa!- Si giustificò il prete, punto sul vivo. Un elegante sopracciglio biondo si inarcò sospettoso. -D’accordo. Ammetto di esserci andato un po’ pesante.- Un sorriso divertito sostituì quello gentile che Padre Havel indossava di solito. -Ma la faccia che hai fatto quando mi hai visto … impagabile!- Catherina gli diede una pacca giocosa, che fece solo aumentare l’ilarità dell’ex inquisitore, che ora rideva apertamente. La donna sospirò con fare esasperato, poi spostò di nuovo la sua attenzione sulla foto. Lo sguardo divenne malinconico.
 -Ti ricordi? Quello che è successo qualche giorno dopo?- Vaclav tornò serio.
 -La prima volta che hai pianto davanti a me.- No. Non avrebbe mai potuto dimenticarlo. Il primo vero passo nella loro improbabile amicizia.
 -Sembra così tanto tempo fa …- La voce di Catherina era piccola, tremendamente fragile. Havel le fu subito vicino. Era come se la donna che la sua vecchia amica e il suo capo stesse svanendo, lasciando il posto alla ragazzina fragile ma testarda che aveva incontrato tanto tempo prima.
 -Perché è stato tanto tempo fa.- La Cardinalessa riuscì a sorridere.
 -Hai ragione. Ma a volte, mi sembra che sia passato molto più tempo di quante ne è davvero trascorso.- I due rimasero in silenziosa contemplazione della foto, mentre la memoria slittava a eventi ancora precedenti.

Fine File 02

 Ecco qua! Finito un altro “file” … spero, come al solito, di essere stata fedele a sufficienza ai personaggi … in caso contrario, ditemelo, che vedrò di esserlo di più nei prossimi capitoli. Ora, una domanda per i più esperti di TB … qualcuno sa che razza di armi usa Vaclav? Abel usa una pistola quando non è trasformato, Hugue la spada, Leòn i bracciali o il bazooka, William un bastone/spada, se ho letto bene, ma Havel, a parte sapere che diventa invisibile, non so altro. E dato che tra uno o due capitoli avrei anche qualche scena di combattimento, mi servirebbe davvero saperlo … Grazie a chiunque sappia rispondermi … e un enorme ringraziamento a Nuage che ha commentato lo scorso capitolo! ^_^ grazie mille!!! Vedrò di inserire sempre un po’ di Abel per te!!!

 Ciriciao!

Will
  
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