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Autore: LetShizueGo    26/10/2010    1 recensioni
"Come se non bastassero angeli psicopatici che vogliono distruggere l'intera umanità adesso si ci mettono anche dei pagani finiti nel dimenticatoio... possibile che non si ha un'attimo di pace?" [Possibili spoiler sulla quinta stagione]
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione, Contesto generale/vago
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A/N: Ho iniziato a scrivere questa storia qualche tempo fa, quindi per l'inizio l'aggiornamento sarà veloce ma ci tengo a dire che questa storia è da vedere come una continuazione alla quinta serie in quanto ho iniziato a scriverla prima che la sesta fosse mandata in onda in America quindi possono esserci incongruenze con quelli che saranno gli svolgimenti e le scoperte future rispetto al telefilm (ad esempio non si può guarire dalla vampirizzazione XD -ep 6x05)

 

Capitolo 1

L

a pioggia cadeva veloce e furtiva sull'asfalto, le gocce erano così sottili e fitte che a vederle sembravano un unico telo opaco. Si infrangevano rumorose sul parabrezza della Chevy in corsa che, scura, si nascondeva nella notte tempestosa. I tergicristalli in continuo movimento non facevano in tempo a spazzar via l'acqua che altre gocce lo ricoprivano, rendendo impossibile vedere nitidamente l'autostrada.
Alla guida della macchina un Dean tranquillo, sorridente e leggero come non lo era mai stato o, se invece lo era stato, non ne aveva il minimo ricordo.
Dopo la sconfitta di Lucifero sembrava che il peso del mondo, che prima gravava sulle sue spalle, fosse svanito nel nulla, come se non ci fosse mai stato.
Il pensare però a quell'evento così.. apocalittico gli faceva inevitabilmente pensare al fratello, ormai svanito nel nulla, sacrificato per rimediare a quello a cui Sam stesso aveva dato inizio spezzando l'ultimo sigillo. Dean però si sentiva responsabile di tutto, in fondo era lui che aveva spezzato il primo sigillo dando il via a quel valzer di morte che aveva condotto all'apocalisse prima e alla morte di Sam poi. Per quanto il fratello avesse sbagliato a dare ascolto a Ruby, per quanto avesse imperdonabilmente sbagliato bevendo sangue demoniaco, non meritava l'inferno, quello stesso inferno in cui lui era vissuto per quarant'anni prima di essere miracolosamente salvato per volere divino.
Ah il divino, dov'era in quel momento, dov'era quando per notti aveva pianto e, nella disperazione, lo aveva implorato di riportare Sammy indietro, perchè sentiva troppo forte la sua assenza?
Ma ormai si era rassegnato, dopo due anni di estrema solitudine aveva capito che nessun Dio avrebbe riportato indietro suo fratello, e che la vita da marito e padre non faceva per lui. Voleva bene a Lisa e Ben ma la sua vita era sulla strada, viaggiare di stato in stato, cambiare motel ogni settimana, correre su quell'asfalto con la sua adorata Impala del '67, sentendo il motore cantare e accompagnarlo a suon di Led Zeppelin e Guns 'n' Roses.
Ed era proprio in quel modo che ormai viveva, salvando altre vite, uccidendo demoni e sfogando la sua rabbia nel lavoro, scopandosi qualche donna stupida e frivola ogni volta che ne sentiva il bisogno e fermandosi in un bar prima di ripartire per un'altra giornata, bevendo scotch da quattro soldi ad un bicchiere fin troppo vuoto per i suoi gusti.
Sentiva che si stava consumando lentamente, giorno dopo giorno sentiva la morte sempre più vicina, e se queste sensazioni fossero state reali allora lui sarebbe stato in pace con se stesso, ma non era così e, per quanto la mancanza del fratello lo facesse stare male ogni dannata volta che lo ricordava, lui stava bene, era contento di sentire la sua piccola Chevy cantare, era felice di poter continuare a salvare vite innocenti anche senza nessuno a fianco. Era finalmente orgoglioso di quello che era, per una volta era fiero di essere un cacciatore e i lati negativi passavano in secondo piano. Era grazie all'apocalisse che aveva imparato quanto realmente fosse importante il suo operato e quanto potesse determinare la sua assenza.
Certo, ormai dopo aver combattuto angeli e demoni potentissimi, i poltergeist e i fantasmi gli sembravano bazzecole, però era la routine, e meglio aver a che fare con quella roba piuttosto che con arcangeli e diavoli che cerano di fotterti il corpo solo per litigare fra di loro per poi lasciarti morto stecchito lì dove sei, ammesso che ti vada bene, ovviamente.
Dean rallentò nei pressi di uno squallido motel vicino l'autostrada, si sarebbe fermato per qualche ora così si sarebbe riposato un po' prima di riprendere la corsa verso il Massachusetts.
La macchina si fermò proprio davanti la porta del locale e subito Dean scese dalla lucida Impala, dirigendosi con tutta calma verso l'entrata, incurante della pioggia che lo bagnava rapidamente. Varcata la porta si guardò intorno sconcertato. La moquette bordeaux era tutta consunta e la carta da parati che rivestiva la sala era sbiadita dal tempo, rendendo quasi irriconoscibili i disegni floreali che vi erano stampati in colore scuro.
-Buonasera, desidera?- chiese una voce acuta, femminile. E infatti da dietro il bancone spuntò una donna sulla trentina, con i capelli neri sottili e poco curati, gli occhi troppo grandi per quel viso piccolo e un vestito a pieghe che aveva l'aria di avere un paio d'anni come minimo.
-Una singola, Corey Hudson- disse appoggiando i gomiti al bancone e porgendo il documento falso alla donna.
Lo guardava con quell'espressione che lui aveva visto fin troppe volte in una donna per non capirla, e lei sorrise distogliendo gli occhi dal giovane per compilare il modulo.
-Per quanto restate?- chiese con voce gentile, cercando di dare un tono melodioso a quella voce troppo alta per risultare piacevole.
-Solo stanotte- rispose con noncuranza il Winchester puntando il suo sguardo verso il paesaggio deserto che era dipinto fuori, al di là della finestra vestita di tende sudice.
-Prego da questa parte-
Seguì la donna attraverso fuori e per il porticato fino ad arrivare ad una porta in legno, squisitamente intagliata e dello stesso colore della moquette.
La donna gli diede le chiavi e con un ultimo sorriso sparì nell'ombra della notte, lasciandosi dietro di se Dean che osservava la porta con uno mezzo sorriso soddisfatto.
Entrato nella camera rimase leggermente stupito del cambio di atmosfera che lo circondò. Il letto aveva delle splendide coperte verde smeraldo con bordi neri ricamati, le pareti dipinte di un verde pastello che donava luce alla sala e un tavolo elegante quanto la porta d'ingresso. Le camere erano così diverse dall'entrata che quasi non si sarebbero dette appartenenti a quel motel dall'aspetto tanto squallido e quasi schifoso.
La prima cosa che fece fu dirigersi nel bagno, in cui con sua sorpresa trovò una vasca invece della solita doccia, e aprire l'acqua calda.
Si guardò per un attimo allo specchio lucente e si trovò davanti ad un Dean stremato e dall'aspetto orribile. Le occhiaie erano livide e gli occhi erano rossi, sul taglio che aveva sulla fronte non si distingueva quale fosse la crosta e quale il sangue secco e il viso era macchiato di nero un po' dappertutto.
Osservò un'altra volta il suo riflesso quasi sconcertato constatando quanto era ridotto male.
-Ah, stavolta sono ridotto proprio male- sospirò ironico avviandosi verso la vasca colma d'acqua e piena di schiuma candida. Si sbottonò la camicia osservando il corpo pieno di graffi e con qualche cicatrice, memoria degli scontri che aveva vissuto in passato, e sorrise soddisfatto mentre si guardava i suoi addominali. Era narcisista e non gli dispiaceva esserlo, almeno lui se lo poteva permettere.
Buttò la camicia sul pavimento e la stessa fine fecero anche i jeans e i boxer e si infilò tutto entusiasta nella vasca, godendo del piacere del suo corpo immerso nel calore dell'acqua trasparente, era così raro che riuscisse a farsi un bel bagno rilassante che ormai si era anche dimenticato quando aveva fatto l'ultimo.
Chiuse gli occhi sorridente e poggiò la testa sul bordo della vasca, concentrandosi per sentire ogni suo muscolo decontrarsi lentamente per effetto del caldo, riuscendo finalmente a non pensare a nulla se non al piacere di non sentire più dolori muscolari.

Si trovava in un garage poco illuminate, pieno di attrezzi da meccanico e con un' auto gialla nel centro della stanza, doveva essere una Porche 911 da quel che gli sembrava. Si avvicinò alla macchina per osservarla e girandole intorno riuscì a scorgere qualcosa nell'ombra, come una sagoma immersa nel buio.
Incuriosito si avvicinò e vide una donna incantevole, con lunghi capelli neri e occhi azzurro ghiaccio, vestita di rosso rubino, legata ad una trave con la testa ciondolante.
Si mise a correre e si piegò davanti a lei scuotendole le spalle per farla rinvenire. Ci volle un po' ma ci riuscì, la ragazza alzò il volto lentamente, mostrando segni di percosse e un labbro sanguinante. Era debole, lo si sentiva, riusciva a respirare a fatica.
-Stai tranquilla, ti libero subito!- esclamò Dean alzandosi e cercando di slegare la catena che la bloccava alla trave.. Una catena di ferro massiccio per legare una donna così fragile? Sembrava quasi senza senso!
-No, Dean... Tucson... aiutami ti prego, non ce la farò...-
La ragazza riperse i sensi e Dean si ritrovò fuori da quel posto, nella sua stanza di motel.

Dean si svegliò di soprassalto con una strana angoscia che gli nasceva da dentro senza un preciso motivo. Sentì il suo corpo scosso da un tremore ed imprecò.
-Dannazione! Mi sono addormentato nella vasca!-
Si alzò velocemente afferrando l'asciugamano e avvolgendoselo in vita uscì dall'acqua ormai fredda e corse in camera per prendere il cellulare e controllare l'orologio. Erano le quattro del mattino.
Era stato praticamente tre ore quasi nella vasca a dormire e ora congelava, in piena estate per giunta! Starnutì e si maledisse per essersi lasciato andare in balia del sonno per poi ritrovarsi raffreddato ed intorpidito, si sentiva come un vecchio con i reumatismi.
Comunque si era riposato quanto bastava per poter guidare e rimettersi in marcia, voleva arrivare il prima possibile a Fall River per indagare su quel caso di mutilazione della figlia dei Cassidy.
Come poteva esserci un Dio se poi succedevano quelle cose? La sua fede era morta così come era nata, semmai fosse mai nata, perché ok, credere agli angeli è un conto, ma Dio? Qui si parla di una forza indistruttibile e assoluta, senza possibilità di contrapposizione, il che implica che se questa forza dice A sia A e quindi, se questa forza vuole la pace, come fa un angelo, una sua minima parte, a decidere di volere il male? Ovviamente aveva risposto a questa domanda con un semplice “non esiste nessun dio” ma ci stava pensando fin troppo e questo pensiero lo irritava oltremisura, così si impose di pensare ad altro.
Inconsciamente gli venne in mente quello strano sogno che aveva avuto, era un sogno che aveva dell'indescrivibile, non aveva mai visto quella donna, quindi non capiva come l'avesse potuta sognare, e poi quell'ansia insensata... però cavolo se era sexy e affascinante! Era da inventare, chissà se Cass poteva improvvisarsi anche creatore, oppure mutatore, era una bella idea.
Afferrò le chiavi dell'auto e si avviò fuori lasciandosi il grazioso monolocale alle spalle così come la proprietaria trasandata che lo aveva fissato la sera prima.
Arrivò all'Impala e la mise in moto, premendo il pedale dell'accelerazione con così tanta impazienza che rischiò di andare a sbattere contro un pick-up mentre faceva manovra.
Riprese la sua corsa con la stessa velocità con cui l'aveva interrotta, ascoltando musica a tutto volume, cantando ogni tanto quei motivi che più amava, pensando e ripensando a cosa lo aspettava più in là.

 

Fall River, Massachusetts

Dlin, dlon.
La donna che aprì la porta aveva il volto segnato dal dolore, gli occhi gonfi e rossi, il viso contorto in una smorfia dettata dal pianto, le mani che si muovevano in continui tic nervosi.
-Salve, lei è?- chiese con un filo di voce all'uomo che aveva suonato il suo campanello. Era stanca dei soliti curiosi o dei giornalisti locali che indagavano al suo caso senza riguardo e senza tregua, non le davano un attimo di respiro e non riusciva neanche a stare un po' con suo marito. Era giusto? Non le sembrava. Così stava davvero sperando che la risposta di quel giovane non fosse “giornalista” o qualsiasi altra cosa, anzi, meglio se non avrebbe risposto, sperava che girasse sui tacchi e se ne andasse senza fiatare.
-Ispettore Corey Hudson, FBI- rispose Dean Winchester tirando fuori da quella scomoda giacca uno dei suoi innumerevoli distintivi falsi. Odiava quel travestimento eppure era il più utile, quello che veniva usato di più e che aveva più efficacia, però ciò non toglieva che si sentisse ridicolo in giacca e cravatta, sembrava un damerino con quei vestiti addosso!
-Prego, entri pure- disse la donna con uno strano sguardo, sorpresa che la federale stesse indagando sul caso della figlia.
Dean entrò gettando solo una breve occhiata alla casa dei Cassidy prima di mettersi comodo su un divano ed iniziare con le domande.
Sprofondò serenamente nella poltrona di pelle bianca senza lasciar trasparire il minimo indizio di quanto si sentisse bene ora che finalmente poteva stare un po' comodo invece di distruggersi la schiena su quel sedile scomodo della sua auto.
-Allora ditemi- iniziò dopo una brevissima pausa guardando attentamente la donna e poggiando i gomiti sulle ginocchia, -quando avete trovato vostra figlia?-
La donna si asciugò gli occhi e stette in silenzio per qualche istante prima di riprendere il controllo di sé e rispondere alla domanda del ragazzo.
-L'altra notte, doveva essere all'incirca le due di notte, sono stata svegliata da un rumore e poi ho sentito mia figlia piangere, giusto il tempo di andare di sopra e ho visto mia figlia...-
Smise di parlare e iniziò a singhiozzare, abbassando il capo e scuotendo lentamente la testa, cercando di continuare il suo racconto del terrore.
-...ho vi-vi- visto mia, mia figlia nella culla, c-c-con il petto.. squarciato e... e... vuoto-
Dean non commentò, né proseguì con le sue domande che in quel momento gli ingombravano la testa, sapeva il dolore del perdere qualcuno, anzi lui ne aveva persi fin troppi: sua madre, suo padre, suo fratello.. Ellen, Jo.. tutti quelli che gli stavano vicino facevano una brutta fine, come se fosse destinato a restare da solo.
Ma fu scosso dalla donna che aveva ripreso compostezza, smettendo di singhiozzare per lasciare spazio alle parole.
-il medico legale mi ha detto che non è stato strappato via, ma asportato- concluse la signora Cassidy chiudendosi in se stessa.
-E mi dica signora, ricorda di aver sentito qualche rumore strano o ha sentito sbalzi termici, o odore di zolfo?-
-No, niente di simile, ma qualcosa di strano c'era.. oltre a tutto il resto ovviamente.. insomma saranno state sicuramente allucinazioni ma mi è sembrato di vedere del liquido nero sul corpo di Brittany, ma ripeto, non sono sicura-
-Potrei usare un minuto il bagno?-
La donna annuì e Dean risalì velocemente le scale, cercando la porta della nursery, che trovò facilmente grazie al divieto d'accesso posto dalla polizia locale.
Entrò lentamente dirigendosi alla culla, aveva un indizio lampante della presenza di fantasmi, magari qualche raro caso di possessione spiritica, o qualcos'altro insomma, ma di certo l'ectoplasma non lo trovi tutti i giorni!
Arrivato alla culla la mise a soqquadro, ispezionandone ogni centimetro per trovare una traccia di quello che gli serviva e fu sotto il cuscino che la vide, quella macchia nera simile a pece, il segno indelebile di una presenza spiritica.
-Fantastico, ho a che fare con Jack lo Squartatore- borbottò il ragazzo stufo per scendere nuovamente nel salotto dove lo aspettava la madre sofferente.
-Signora ho finito le domande, le mie condoglianze- disse avviandosi verso la porta e lasciandosi la vedova Cassidy alle spalle.
Messa in moto la macchina si diresse verso l'obitorio per vedere il cadavere della neonata e parlare con il medico legale. L'aveva incuriosito l'esportazione del cuore della bambina, insomma di solito i fantasmi sono grezzi, violenti, non sono così pazienti e meticolosi da asportare un cuore, ma soprattutto non sognano nemmeno di sprecarsi a fare un intervento chirurgico. Non c'era un gran che di logico in quella storia, o almeno non per ora. Scartò a priori l'ipotesi di infestazione in quanto la casa era stata costruita si e no quattro anni prima ed era sempre appartenuta ai Cassidy, che non vantavano morti degne di nota per cui uno spirito dovesse rimanere sulla terra e divertirsi a squartare i neonati.
Però non c'erano dubbi che ad uccidere la piccola Brittany fosse stato proprio un fantasma. Doveva semplicemente aspettare e scoprire cosa il medico legale gli avrebbe detto.
Era in quei momenti che sentiva il peso della solitudine, il dover fare tutto da solo e fare quelle stupide ricerche sul web non era proprio nel suo stile eppure ormai lo faceva e basta, ma aveva comunque l'aiuto di Bobby, che non era poco, doveva ammetterlo.
Parcheggiò davanti l'ospedale per incamminarsi verso la sala delle autopsie, vagando solitario e con aria decisa fra i corridoi pieni di medici e pazienti che facevano avanti e indietro con gran da fare.
Una dottoressa sulla quarantina stava per andarsene quando fu fermata da un infermiere che sembrava avesse fin troppa fretta, correva e aveva il fiatone, così stanco della corsa che si piegò sulle ginocchia appena arrivò dalla donna.
-Dottoressa, un altro caso- disse a voce piuttosto alta.
-Arrivo subito!- esclamò lei di risposta lasciando lì la borsa per rimettersi di fretta e furia il camice e prese a camminare velocemente.
Dean, desideroso di sapere quello che gli stava accadendo intorno, non si fece scappare l'occasione quando la donna gli passò vicino e le chiese se sapesse indicargli il medico legale che si era occupato del caso Cassidy.
-Sono io, lei chi è?- rispose la dottoressa fermandosi di scatto ma sempre con una certa ansia che cercava di nascondere.
-FBI, detective Hudson- rispose Dean seguendo sempre la solita procedura.
La dottoressa prese il distintivo e lo esaminò attentamente prima di restituirlo al proprietario.
-Dottoressa Diane Vain, mi segua, c'è qualcosa che potrebbe interessarle- disse risoluta e riprendo la sua veloce camminata.
Entrarono in una di quelle sale tutte uguali che Dean conosceva bene, celle frigorifere per conservare i cadaveri da analizzare ed evitare così l'inizio del processo di putrefazione, provette, campioni di sangue, microscopi e attrezzi da chirurgo erano sparsi più o meno su tutti i piani di appoggio che vi erano nelle vicinanze. Sul lettino c'era un piccolo cadavere di un bambino, doveva avere poco più di un anno.
-Chi è?- chiese il giovane avvicinandosi lentamente al lettino restando comunque dietro alla dottoressa.
-E' Andrew McGear- disse la dottoressa avvicinandosi a sua volta al cadavere e dandogli un'occhiata accurata. Il corpo del bambino era coperto di sangue, il petto era tagliato verticalmente e..
-Il cuore è stato asportato- concluse la dottoressa Vain sospirando.
-Non capisco, hanno asportato il cuore chirurgicamente?-
-Sì, e la cosa peggiore è che nessuno si è accorto di nulla, ma anche la velocità con cui è stato fatto l'intervento è... sovrannaturale-
-Eh già. Sovrannaturale- borbottò Dean. Ma ora gli sorgeva un altro interrogativo: come faceva lo spirito a colpire in posti differenti? Di solito c'è qualcosa che li tiene legati ad un luogo e da lì non possono muoversi, eppure questo spirito lo aveva fatto.
Osservò il torace e represse una smorfia di puro orrore. Per quanto fosse abituato a vedere cadaveri sezionati ogni volta gli faceva lo stesso schifo delle altre, era più forte di lui, non riusciva ad abituarsi. Per di più questo era un bambino, e oltre all'abituale senso di nausea, che accompagnava la vista dei cadaveri, c'era anche un senso di sconforto; erano già morti due bambini, a quanti altri sarebbe stato asportato il cuore se lui non fermava quello spirito il prima possibile? Doveva darsi una mossa. Aveva bisogno di aiuto.
Comunque ispezionò il piccolo torace e notò quello che aveva già visto nella stanza della piccola Brittany: ectoplasma.
-Cosa gliene sembra detective?- chiese la dottoressa dopo pochi minuti, osservando l'aria pensierosa di Dean che cercava di trovare un nesso logico a tutta quella situazione.
-Non lo so dottoressa, ma sono qui per scoprirlo- rispose Dean afferrando il cellulare.
Uscì dalla sala e compose un numero sulla tastiera e premette il tasto di chiamata.
Tu Tuuu, Tu Tuuu, Tu Tuuu
-Pronto, Dean?-
-Sì Bobby, sono io. Ho bisogno di alcune informazioni.

Dean Winchester era steso sul letto e fissava il soffitto senza pensare a nulla in particolare, il cellulare in mano faceva presupporre che stesse aspettando una telefonata che, in effetti non tardò ad arrivare.
Come squillò il telefono Dean sobbalzò, rientrando improvvisamente cosciente e rispose con ansia.
-Sì Bobby?-
-Allora Dean, ho controllato ed ho scoperto un paio di cose interessanti. Allora, tanto per cominciare il piccolo Andrew è il cugino della prima vittima, ma nella zona della casa non c'è stato nessun omicidio o cose del genere-
Dean rimase in silenzio un attimo cercando di riflettere. Adesso aveva un elemento in più, ovvero il legame di sangue fra le vittime.. ma rimaneva sempre interdetto sull'eccessiva mobilità dello spirito.
-Senti Bobby, so che suona strano, ma se avessimo a che fare con uno spirito che perseguita la famiglia invece che infestare un luogo?-
-Lo avevo pensato anche io e senti qua: il bisnonno dei due cugini era chirurgo. Il figlio dei Cavendish morì sotto un suo intervento... il cadavere del ragazzo era privo di cuore-
-Sembra proprio il nostro caso ma, Bobby, non ci sono Cavendish nella zona!- esclamò Dean deluso.
-Beh, non so che dirti Dean, in bocca al lupo- rispose Bobby atono, senza sapere che dire al ragazzo che sembrava demoralizzato da tutta quella faccenda.
-Crepi- borbottò Dean e riattaccò.
Era punto e a capo, non aveva idea da dove cominciare, se non dal risalire all'assassinio del ragazzino. Forse era lui lo spirito. Così si mise al computer e iniziò a cercare tra i fascicoli della polizia e archivi di giornali. Fu così che risalì alla notizia della morte di Andy Cavendish e apprese con suo disappunto che tutti i Cavendish erano stati cremati ma che la madre del bambino fu comunque seppellita nel cimitero di Fall River.
Fu così che la speranza di Dean si riaccese leggermente. Anche se c'era solo l'urna della madre di solito insieme al corpo, o alle ceneri, venivano seppelliti anche gli effetti personali più cari al defunto e quindi c'era la possibilità che ci fosse qualcosa lì al cimitero che la teneva legata alla terra. Ma comunque, come faceva a spostarsi da un luogo all'altro? E come riusciva a squartare quei poveri bambini? Oh ci capiva sempre meno in quello schifo di caso. Pensò per un po' a qualcosa, e gli venne anche un'altra idea, forse anche più plausibile della prima. In ogni caso si infilò il giubbotto, prese le chiavi della macchina e si avviò verso il cimitero continuando a pensare e ripensare alle ipotesi che gli passavano per la testa.
Fece correre la sua Impala verso il cimitero di paese ignorando tutti gli stop, i semafori rossi e i limiti di velocità, rischiando un paio di volte di schiantarsi contro un muro o un'auto. Ma non gliene importava nulla, era solo questione di tempo, era durante la notte che erano avvenuti gli omicidi e se non si sbrigava a far fuori quel fantasma sarebbero morti altri bambini innocenti, che peccavano solo di essere nati con un cognome che non piaceva allo spirito.
Non era giusto eppure la vendetta non aveva limiti, se la prendeva anche con le generazioni future, non trovava pace neanche dopo la morte del colpevole. Eppure c'era qualcosa che ancora non gli quadrava, mancava l'ultimo tassello del puzzle e non riusciva a trovarlo, ne aveva già provati tanti e ancora non era riuscito a trovarlo, lo cercava intensamente ma nulla, lo aveva perso e non riusciva a recuperarlo.
Arrivò al cimitero in pochi minuti e saltò giù dall'Impala in una manciata di secondi precipitandosi all'interno del luogo sacro. Accese la torcia ed iniziò a cercare la lapide che gli interessava. Camminava lento attraverso i corridoi d'erba tra le lapidi messe in fila ed ordinate con un criterio preciso. Entrare nei cimiteri, profanare le tombe e bruciare ossa e bare... era stufo di quel lavoro, eppure ogni volta che provava a smettere inevitabilmente si ritrovava sulla sua Impala a caccia di casi su cui indagare. Era magnetico, non riusciva ad evitare di ritrovarsi in mezzo a spiriti e demoni. La cosa che lo sconcertava era che lui era felice in quell'ambiente, per quanto potesse esser dura quella era la sua vita, nessun'altra, lo aveva capito quando andò da Lisa e Ben per prendere quel posto di marito e padre. Era affezionato a loro ma la sua vita era lì, sulla strada e nei cimiteri, a cercare tombe e bruciare resti di morti.
Finalmente la trovò, una vecchia lapide corrosa dal tempo: Mary Jane Cavendish, morta del 1911.
Iniziò a scavare di fretta e furia, cercando ogni volta qualche oggetto che potesse appartenere alla donna o comunque che la potesse tenere legata alla terra quando una voce lo canzonò alle sue spalle.
-Ho sempre odiato i ficcanaso, signor Hudson, e lei rientra in quella categoria-
La dottoressa Vain era in piedi e fissava Dean con uno sguardo sadico e beffardo, sghignazzando con gusto e osservando il ragazzo mentre continuava a scavare con forza.
-Oh, non ti servirà a nulla, non c'è niente che possa interessarti lì- continuò sarcastica agitando un libro di pelle nera.
Dean lo osservò e si irrigidì, magia nera.
La donna iniziò una cantilena il una lingua arcaica e la temperatura iniziò a calare drasticamente, e appena la cantilena finì il fantasma di una donna apparse davanti a Dean e subito con un campo di forza lo scaraventò contro un albero.
Sentì lo schianto e sbatté la testa, il sangue caldo che gli inzuppava i capelli e scorreva lungo il collo lo fece rabbrividire. Vide lo spettro avvicinarsi e cercò di rialzarsi, sentiva la testa girargli e le gambe pesanti, si sentiva immerso in una bolla e isolato da tutto il resto. La risata della donna attirò nuovamente la sua attenzione e si concentrò per afferrare il senso delle sue parole.
-Sai, i Cavendish ci sono ancora, anzi sono l'unica e, sì, questo è un controllo spiritico, ho imparato finalmente a controllare i fantasmi dei miei antenati quindi, se vuoi sbarazzarti dello spirito dovresti uccidermi, ovviamente prima che lo faccia Mary-
Come poteva essere così sadica la gente? Come faceva a godere del dolore altrui? Certamente non poteva essere normale, non riusciva ad immaginare l'uomo così cattivo e meschino, non lo aveva mai accettato, neanche quando gli angeli continuavano a ripeterglielo.
Il fantasma di Mary Jane gli andò contro, afferrandogli il collo e sbattendolo contro un albero, soffocandolo. Sentiva il respiro sempre minore, e invano cercava di afferrare la pistola dallo stivale, perché mai poi l'aveva messa lì? Allora iniziò a frugare fra le tasche in cerca di qualcosa che gli potesse essere utile, mentre il fiato era sempre minore, mentre la dottoressa sghignazzante si avvicinava sempre di più fino ad affiancarsi al fantasma e incitarla ad uccidere.
-Uccidilo, così potrai strappargli il cuore così come fecero a tuo figlio!- urlava e rideva mentre la donna metteva più forza nel braccio e stringeva sempre di più il collo del giovane cacciatore. Finchè la mano non toccò qualcosa di appuntito. Dean caccio dalla tasca un chiodo arrugginito e lo lanciò contro la sagoma diafana e quella scomparve appena il chiodo la toccò. Fu un attimo. Atterrò in piedi e ficcò un coltello fra le costole della donna, fin troppo vicina per non prenderla.
La donna iniziò a tossire e a vomitare sangue prima di accasciarsi al suolo priva di vita.
Dean si voltò e vide il fantasma che prima lo aveva attaccato.
-Grazie di avermi liberato-

Era distrutto. Voleva andarsene da quella città il prima possibile. Un'esperienza orribile quanto quella non l'aveva avuta da un bel po'. Fortuna che aveva previsto la manipolazione spiritica e si era messo quel chiodo in tasca, sennò goodbye Dean!
Accese la radio e si mise a canticchiare Highway to Hell, quanto gli piaceva quella canzone! In ogni caso era finita ed era soddisfatto del suo operato, nulla di chissà quanto complicato alla fine però l'ansia della prima volta aveva preso il sopravvento. Ma era stato ringraziato da un fantasma, che ricompensa migliore di quella? Chissà se era il primo cacciatore a cui capitava.
Era tutto entusiasta quando fermò la sua Chevy davanti alla porta dell'hotel e scese continuando a canticchiare fra sé tutti i motivetti che gli passavano per la testa.
Entrò in casa e si fece una bella doccia fredda prima di iniziare a fare le valigie, sì che era soddisfatto ma prima se ne andava da quel posto e meglio era.
Dlin-dlon
-Ma chi diavolo è ora?-
Andò ad aprire la porta e la schiuma da barba gli cadde dalle mani, la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite.
-S-Sam?!- sussurrò con un filo di voce.

 

 

   
 
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