Licht
Ciao a
tutte!
Scusate per
il ritardo immondo, ma ho avuto una marea di problemi in questo periodo.
Comunque il prossimo capitolo dovrebbe arrivare piuttosto in fretta, anche perché
è già quasi tutto scritto.
Non ho
proprio tempo di rispondere a tutte, ma comunque mando un grosso bacio a chi ha
recensito lo scorso capitolo e ha chi ha inserito la storia tra le seguite o
tra le preferite!
Ora vi
lascio alla lettura, fatemi sapere cosa ne pensate e vi prometto che la
prossima volta mi prenderò tutto il tempo possibile per rispondervi!
Lily.
CAPITOLO
QUINTO
La loro nuova Sala Comune era accogliente.
Certo, nessuna Sala Comune avrebbe mai potuto essere paragonata alla Torre dei
Grifondoro, ma ad Harry non dispiaceva nemmeno quella semplice saletta con un
arredamento sobrio ma piacevole.
Faceva freddo, questo sì.
Perché sfortuna voleva che fossero
stati collocati proprio nei sotterranei, nell’ala opposta ai dormitori
Serpeverde.
E nemmeno il camino riusciva a
placare il rigido clima tipico di quella zona del castello.
Eppure era l’unico che sembrava
accorgersi di quel dettaglio. Zabini e Malfoy, abituati dopo ormai svariati
anni di permanenza in quella condizione, erano perfettamente a loro agio mentre
chiacchieravano tra loro seduti su uno dei divani in pelle rossiccia. Scott, che
per Harry era e sarebbe sempre stato Riddle, non ostentava alcuna emozione,
ostinato com’era a fissare il fuoco che ardeva nel camino. Harry aveva notato,
in quelle poche ore, che in realtà era una caratteristica tipica di quel
ragazzo il fatto di non dare mai mostra di ciò che provava.
Questo infastidiva Harry. Gli era più
difficile tenerlo d’occhio se non capiva cosa pensasse o provasse.
Riguardo a Sauer, poi, si era
rifugiata nella stanza che le era stata riservata e aveva a malapena augurato
una falsa “Buonanotte” a tutti.
“Potter! Ma, diamine, ci sei?”
esclamò Zabini per l’ennesima volta in direzione del Salvatore,
“O Merlino, sì! Scusa, Zabini, mi ero
un po’ perso” farfugliò Harry imbarazzato,
“Me ne sono accorto” ghignò il
ragazzo, poi continuò “Io e Draco ci chiedevamo cosa avessi fatto quest’estate”
“Io in realtà non potrei essere meno
interessato, Potter” sibilò Malfoy,
“Oh, scusalo. Non gli va giù il fatto
che, in quanto compagni di casa, la socializzazione sia inevitabile” disse per
tutta risposta Blaise.
Harry, imbarazzato da
quell’inaspettato tentativo di conversazione, non seppe torcersi nulla di
meglio di un semplice “Beh, non ho fatto nulla”.
Ma poi, alla fine, ci pensò su e
raggiunse la sconcertante conclusione che quella appena detta non era altro che
la pura verità.
Se avesse dovuto riassumere la sua
estate in breve, non avrebbe potuto trovare parole migliori.
“Oh avanti! Non posso credere che il
Salvatore del Mondo Magico si sia lasciato sfuggire tutte le feste più in dell’estate” strascicò Malfoy, ma
Harry si irrigidì all’istante.
Non sopportava di essere definito il
Salvatore del Mondo Magico. Insomma, aveva salvato miliardi di persone
sconosciute, ma non era riuscito a sottrarre alla morte la maggior parte delle
persone che lo avevano amato e protetto e sostenuto nel corso della sua vita.
Che senso aveva, dunque, essere considerato un Salvatore se le uniche persone
che desiderava salvare erano morte? Sapeva che quei pensieri erano decisamente
egoistici, ma aveva letteralmente bisogno di pensare un po’ a se stesso dopo
una vita di sacrifici per gli altri.
“Non vedo cosa ci fosse da
festeggiare, Malfoy” rispose quindi con astio,
“Lascialo perdere, te l’ho già detto.
E poi con lui questa è una causa persa. Per Draco c’è sempre un motivo per
organizzare un mega party!”
Harry quasi rise all’espressione
offesa che si dipinse sul viso di Malfoy, diretta al suo migliore amico.
“Dicevo semplicemente che avrebbe potuto
concedersi un po’ di divertimento, tutto qua!” mormorò infastidito,
“Credo che tu abbia ragione, ma
diciamo che ho avuto molto su cui riflettere e non ho avuto tempo di svagarmi”
“Ehi!Ehi! Potter, frena! Tu che dai ragione a me? Da quando?”
“Va beh! Io volevo essere un po’
serio e tu subito che sfotti!”
E un suono cristallino e puro si
diffuse in tutta la saletta. Harry non aveva mai sentito Zabini ridere, ma si
chiese subito come mai.
Poi si ricordò che loro non erano
amici. E la sua mente ancora si chiese come mai e come poteva aver preso in
antipatia una persona con una risata così.
Perché quella risata gli aveva fatto
dimenticare che faceva freddo e gli aveva disegnato un sorriso divertito sulla
faccia e aveva fatto ridere anche Malfoy, che però aveva una risata più grave.
“Merlino, avevate delle facce”
esclamò dopo essersi ricomposto. E il sorriso di Harry non si era ancora
spento.
Poi Malfoy iniziò dal nulla una
conversazione con Zabini su dei vecchi amici che avevano in comune e
l’attenzione di Harry venne richiamata nuovamente dal giovane Scott.
Lo trovò ancora dove lo aveva
lasciato, ma notò che era più rannicchiato su se stesso e non guardava più il
fuoco, bensì teneva le palpebre serrate e le mani sulle orecchie.
Harry al primo sguardo pensò che
dormisse, ma poi notò che si comportava come se cercasse di proteggersi da qualcosa.
Ma da cosa? Perché si tappava le
orecchie?
Il suo sguardo puntato verso Scott
doveva aver richiamato anche l’attenzione di Zabini e Malfoy.
“Tutto bene, Scott?” chiese infatti
Blaise “Scott?” chiese ancora, lievemente preoccupato, quando non ricevette
risposta.
Poi Tom sembrò riscuotersi e rispose
con voce neutra “Tutto bene, scusate, ero assorto”
“Tutti pensierosi questa sera!”
esclamò Zabini,
“Sì” rispose Tom, evidentemente non
cogliendo o non curandosi del tono scherzoso di Blaise. Poi si alzò e senza
nemmeno degnarsi di dir nulla si chiuse nella stanza da letto che avrebbe
condiviso con tutti loro.
“Tipo strano questo Scott” mormorò
Malfoy inviperito,
“Già, decisamente strano. Sembra
vivere su un altro pianeta” commentò a sua volta Zabini.
A quel punto entrambi i ragazzi
dovevano aspettarsi un ulteriore commento da parte di Harry, perché questi si
ritrovò ad essere fissato come uno che sta per dire la novità dell’anno.
Al che si limitò a dire, seppur con aperta antipatia, “Sì.
Strano”. Un quarto d’ora dopo erano tutti a letto e Harry ascoltò per un po’,
prima di addormentarsi pesantemente, i mormorii di Draco e Blaise. Dal letto di
Tom Riddle proveniva solo un respiro affannoso e irregolare. Forse stava avendo
un incubo.
Un cane nero e un lupo gigantesco correvano tra i tronchi neri e spogli,
unici abitanti di quella foresta. Correvano. Correvano. Correvano.
Harry correva con loro e non si era mai sentito così felice, così… leggero.
Poi, all’improvviso, un proiettile silenzioso colpiva il petto nero del
cane. Harry e il lupo si fermavano ad osservarlo e sotto i loro occhi il cane
si trasformava in uomo.
Harry conosceva quell’uomo dai capelli leggermente brizzolati. Sirius.
Si voltava verso il lupo e scorgeva nei suoi occhi delle grosse lacrime di
dolore. Il dolore più profondo che Harry avesse mai visto.
Poi il lupo si portava in posizione di attacco. Voleva ucciderlo. Pensava
che fosse lui il colpevole della morte di Sirius.
Harry avrebbe voluto dire che no, non era stato lui. Ma la voce non voleva
saperne di uscire. E il lupo si trasformava anch’egli in uomo.
Harry conosceva anche quell’uomo. Remus.
Ma proprio quando l’uomo era sul punto di ucciderlo, un altro proiettile
volava tra gli alberi e si andava a conficcare nel petto di Remus.
Moriva anche lui e non c’era più nessuno, a parte Harry, nel bosco.
Harry era triste, triste, triste. E lentamente sprofondava tra le stesse
radici degli alberi scuri. Nella sua testa solo una fredda e crudele risata.
Si svegliò grondante di sudore e con
il petto sconquassato dal fiatone. Gli incubi erano tornati. Si era illuso di
poterli allontanare una volta arrivato ad Hogwarts, ma evidentemente non era
così. Facendo attenzione a non far rumore, scivolò giù dal suo letto per
recarsi in bagno, dove avrebbe potuto sciacquarsi il volto. Fuori la luna
regnava ancora sovrana nel cielo scozzese.
Notò subito il letto vuoto di Tom
Riddle. Si chiese dove diamine fosse andato, dato che potevano essere, al
massimo, le tre di notte. Una strana sensazione di inquietudine lo investì.
Si sentiva come quando la McGranitt
lo aveva convocato nel suo ufficio. Tutti i suoi sensi erano all’erta.
Proseguì lentamente verso il bagno,
guardandosi attorno ad ogni passo.
Arrivato davanti alla scura porta in
legno, la aprì con cautela ed entrò.
Fu lì che trovò Tom Riddle, riverso
sul pavimento,con le mani premute con forza sulle orecchie.
Sentì il sangue ghiacciarsi nelle
vene. Riddle gemeva, si graffiava a sangue l’esterno e l’interno delle
orecchie, si contorceva sullo scuro pavimento del bagno.
Gli si avvicinò, dimenticando la
cautela, ma non osò proferir parola. Tom Riddle era talmente fuori di sé che
non si era nemmeno accorto del suo arrivo.
Harry notò che faceva di tutto per
non lasciarsi scappare delle grida. Era chiaro che non aveva la minima
intenzione di farsi cogliere nel bel mezzo di quella crisi.
Preferì lanciare un incantesimo
silenziatore sulla stanza. Voleva arrivare fino in fondo alla “questione
Riddle” da solo, senza coinvolgere Malfoy e Zabini.
Si accovacciò al suo fianco, ma
ancora Tom non diede il minimo segno di averlo percepito.
Allora tirò fuori il coraggio e, tra
i gemiti dell’altro ragazzo, anche la sua voce si fece strada tremolando.
“R-Riddle”
Il ragazzo a cui aveva rivolto quel
richiamo si girò e, stampato in viso, aveva uno sguardo di puro terrore. Cercò
subito di strisciare il più lontano possibile da lui, ma Harry seppur confuso,
lo afferrò per un polso sottile e lo costrinse a star fermo. Riddle si dimenava
debolmente dalla sua salda presa, evidentemente era allo stremo delle forze.
“Che diamine ti sta succedendo,
Riddle?” chiese Harry con il tono di voce più serio che aveva,
Il moro però non rispose, ma al
contrario riprese a tapparsi e graffiarsi le orecchie. Era disperato, ma Harry
non poteva aiutarlo se non capiva perché.
Gli prese le mani nelle sue e cercò
con tutta la sua forza di tirargliele via così che potesse spiegarsi. Ma Tom
non cedeva nemmeno di un millimetro.
“Guarda che ti Schianto!” cercò di
minacciarlo, Tom sembrò allentare un po’ la presa e un minimo di lucidità fece
capolino nei suoi occhi.
“P-Potter…
Che vuoi da me?” farfugliò a fatica,
“Voglio aiutari,
deficiente” ringhiò Harry.
Come guarito anche solo dal proposito
da Harry, Tom si tranquillizzò all’istante.
“Ma che..?” chiese confuso Riddle.
“Che ti succede?”chiese ancora più
confuso Harry, al quale non era sfuggita l’improvvisa “guarigione”del giovane
Riddle alias Scott.
“Non sono affari tuoi!” sbuffò
alzandosi di botto per sfuggire a quella conversazione. Ma un giramento di
testa gli fece subito cambiare idea e Scott tornò a sedersi per terra.
Con la schiena adagiata al muro, vi
poggiò anche la testa e cercò di respirare profondamente per riprendere il
controllo di se stesso.
Harry non si lasciò scappare quella
occasione e subito “ritornò all’attacco” con le domande.
“Riddle, dimmi che diavolo è
successo” non era più una richiesta, era un ordine e non avrebbe più tollerato
rifiuti o giri di parole.
“A che scopo, eh?” sbraitò l’altro,
d’un tratto recuperando tutte le forze “A che scopo dovrei renderti partecipe
di una cosa che non potresti capire, Potter?”
“Cosa intendi?” Harry era sempre più
confuso,
“Vorrei vedere te. Non resisteresti
nemmeno un secondo se solo…” si interruppe.
Harry lo guardò, quasi supplicandolo
mentalmente di proseguire. La curiosità era sempre stata una sua pecca.
Ma Riddle, approfittando di un suo
momento di distrazione, balzò in piedi e con espressione contrita scivolò fuori
dal bagno.
Harry ebbe la tentazione di
trascinarlo fuori dalle cortine del letto a baldacchino, ma poi si ricordò di
Malfoy e Zabini e si convinse a lasciar cadere l’argomento. Per quella notte.