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Autore: Dreaming_Archer    29/10/2010    3 recensioni
Questa non è una storia che si trova sui libri. Nessuno ha mai parlato di come la grande casa degli Svevi si sfaldò, come si concluse il regno cominciato dal Barbarossa. Ebbene, così: Anno 1267, un ragazzo di appena quindici anni, Konrad, viene incoronato Re Corrado V di Svevia. E' l'ultimo Hohenstaufen che può prendere la corona, l'unico rimasto. Konrad va incontro al suo destino, e prepara un'incursione in Italia per sanare i secolari conflitti tra Guelfi e Ghibellini. Tra intrighi, tradimenti, e battaglie, la triste storia dell'Ultimo Re di Germania.
Genere: Avventura, Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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L'ultimo Re - capitolo 10 L'ultimo Re

Capitolo 10

Metà Ottobre 1268 – Napoli, sede della corte di Carlo d’Angiò

Carlo d’Angiò era seduto svogliatamente sul trono, con il mento appoggiato sul palmo della mano, e ascoltava con finta attenzione i pareri dell’assemblea.

Aveva dovuto convocare per formalità i rappresentanti di ogni città del regno, e da quasi un mese ormai il tribunale giudicava i prigionieri.

Carlo era già deciso sulla loro sorte: dovevano essere giustiziati. Non poteva permettere al giovane re di crescere ed aumentare la sua potenza; non doveva tornare a Landshut, dove aveva un consigliere troppo prezioso: il duca Luigi. Per fortuna dell’Angiò, la città bavarese era troppo lontana perché la notizia vi giungesse in tempi utili, così non doveva preoccuparsi di Luigi.

Era stanco di quei continui tira e molla: un giorno sembravano essere giunti ad una decisione; quello dopo qualcuno si opponeva proponendo come condanna la reclusione per alcuni anni.

Così, Carlo si decise: quello era il giorno della decisione definitiva, l’assemblea doveva presentare un verdetto.

Si alzò in piedi, attirando su di sé gli sguardi di tutti. << L’assemblea si è riunita abbastanza a lungo. Ognuno di voi, ora, riferirà la propria decisione in merito. >>

Il silenzio che seguì non durò a lungo, il primo ad alzarsi fu Alardo di Valery, che in quanto consigliere personale del re, presenziava all’assemblea. << Io >> Disse con voce scura, guardando Carlo negli occhi. Con quello sguardo sancirono un patto silenzioso. << Li condanno a morte per essersi ribellati al sovrano legittimo ed essersi alleati con i saraceni. >>

Carlo fece alzare qualcun altro, me capì dal suo sguardo che non aveva intenzione di seguire l’idea di Valery. Personalmente, non si poteva imporre su di un’assemblea formale, quindi doveva persuadere i nobili per una condanna a morte. << Fin dove si estendono le vostre terre, Conte? >> Chiese all’uomo che si era alzato. Sapeva benissimo chi fosse, stava solo mettendo in atto il suo piano.

<< Fino al mare, signore. >> Rispose titubante l’altro.

Carlo sorrise soddisfatto. << Volevo giusto costruire una dimora estiva. >> Mormorò, poggiando la mano sull’elsa della spada.

Il conte rimase sconcertato a fissare il tiranno. << Io li condanno a morte. >> Disse, con gli occhi bassi.

<< Forse il prossimo anno per il castello, che ne dite? >> Chiese l’angioino sorridendo sornione.

Si stava alzando un altro barone, deciso a non condannare a morte i prigionieri, quando Carlo lo bloccò. << Penso che due voti per la condanna a morte siano sufficienti. La legge vince sempre, no? >> Domandò alla sua zittita assemblea, poi si voltò a uscì dalla stanza. La decisione era presa.

***

28 Ottobre 1268 – Campo Moricino, Napoli

Gli operai erano alla prese con l’estenuante lavoro di svuotare il Campo Moricino dal mercato, e costruirci un patibolo. Nella grande piazza c’erano numerose bancarelle, e per far smuovere i venditori ci misero tutta la loro forza di volontà, e pazienza.

Infine, la piazza era vuota, e sullo straordinario paesaggio del golfo, spiccava il patibolo da poco eretto. Un palco di forma quadrata alto quasi come un uomo, al sui centro avevano sistemato un ceppo, reso lucido dalle lunghe esecuzioni. Da lassù, il prigioniero poteva vedere tuta la bellezza del paesaggio, sentire la delicata brezza del mare accarezzargli il volto. La bellezza della natura, e la crudeltà dell’uomo erano unite in un insensato ossimoro. Una sadica idea di Carlo.

***

Stesso periodo – Nelle prigioni di Castel dell’Ovo

Il rumore di passi proveniva dal corridoio delle prigioni. Konrad alzò subito la testa dalla scacchiera che aveva davanti. Vi stava giocando con Federico, anche se gli scacchi non erano un gioco che gli piaceva molto: troppo ragionamento;  ma era tutto ciò che gli avevano permesso.

La finestrella posta sulla porta della cella si aprì, mostrando il volto ghignante di Carlo d’Angiò.

Konrad si alzò in piedi e si mise in mezzo alla stanza, spinto ancora una volta dall’orgoglio. << Non dovevate disturbarvi a venire quaggiù. >> Disse, beffardo.

Carlo però non scherzava. << L’assemblea ha emesso un verdetto. >> Spiegò. << E domani verrete decapitati. Tutti quanti. >>

Konrad cercò di rimanere impassibile, e per un attimo Carlo credette non avesse capito. << E’ tutto? >> Chiese dopo un po’ il ragazzo, restando immobile.

Carlo allora sferrò un’altra delle sue frecciatine. << Tra poco passerà un prete per la confessione, e … >> Fece una smorfia. << Di solito passa anche un barbiere, ma non ne hai bisogno! >> Scoppiò a ridere e lasciò le prigioni, mentre Konrad tornava mesto al suo posto.

<< Cosa ne pensi, Federico? >> Chiese, con voce atona.

Federico non era triste, o spaventato dalla condanna, era semplicemente infuriato. << Penso che è sbagliato, perché siamo prigionieri di guerra … >> Intanto che parlava, Konrad tornò a guardare la scacchiera. Prese in mano un alfiere di legno scuro, e lo soppesò leggermente.

<< E non possiamo essere uccisi. L’intera assemblea non può aver votato per la nostra condanna … Carlo li ha corrotti ancora una volta … >> Guardò l’amico, cercando di capire cosa pensasse, ma non ci riuscì. << E tu cosa pensi? >>

Konrad strinse l’alfiere nel pugno, e serrò gli occhi, per non piangere. Lentamente riappoggiò il nero alfiere sulla scacchiera, ma Federico non ci badava.

<< Credo che Carlo abbia appena fatto scacco matto. >>

Il ragazzo lo osservò alzarsi e mettersi a scrivere qualcosa su uno dei pochi fogli che gli avevano concesso. Il suo sguardo allora cadde sulla scacchiera. L’alfiere era in centro, e svettava sulla pedina del re bianco, buttato di lato.

***

29 Ottobre 1268 – Campo Moricino, Napoli

La piazza era gremita da un’enorme folla, giunta anche da fuori città per vedere l’esecuzione.

Carlo d’Angiò era seduto in alto su una torre che dava sulla piazza, con tutta la corte al seguito, pronto a godersi lo spettacolo. Coma aveva previsto, il paesaggio era bello da mozzare il fiato: a sinistra la nera montagna del Vesuvio, e a destra lo spettacolo degli scogli dell’isola di Capri, dove il mare si scontrava violentemente, come se fosse contrario al’esecuzione di innocenti.

Quando giunsero i condannati, la folla si zittì all’istante. Sembrava che anche il fragore delle onde si fosse fatto silenzioso. Konrad precedeva i compagni, con passo fermo e sicuro. Il suo orgoglio lo spingeva ad andare avanti, fin sotto la torre dove lo guardava beffardo l’Angioino.

Lo guardava come mai aveva guardato nessuno, provando emozioni che mai aveva provato. Nemmeno quando combatteva a Landshut, e nemmeno durante la battaglia. Lo voleva uccidere. Voleva vedere la sua testa rotolare insanguinata sul patibolo, la testa di un colpevole.

Carlo sicuramente capì da quello sguardo le emozioni del ragazzo, ma fece solo un cenno con la mano, e i soldati lo portarono sul patibolo.

Adesso erano solo lui e il boia, a guardare quella folla silenziosa ai loro piedi. Konrad sentì una ferita aprirsi nel suo cuore, una ferita terribilmente dolorosa, che per un attimo incrinò la sua espressione impassibile. Quelli erano i suoi sudditi, e ora assistevano alla sua esecuzione.

Forse se non fosse partito da Landshut, tutto sarebbe andato in modo diverso; e il suo pensiero volò subito alla madre, che probabilmente non poteva sapere cosa stava succedendo al figlio, e continuava ignara la sue giornate.

Proprio in quel momento, il boia spinse Konrad in ginocchio, e lui poggiò il capo sul ceppo, costretto a guardare a terra. Il ragazzo sentì allora crescere dentro la disperazione, e il suo sguardo cercò quello di Federico, incatenato con gli altri in attesa della propria ora. Lo guardava con sguardo implorante, come se potesse ancora fare qualcosa. Konrad scosse impercettibilmente il capo.

La voce del banditore giunse acuta e dolorosa alla sue orecchie. << Le ultime parole? >>

Konrad guardava ancora Federico, che si muoveva irrequieto, dall’altra parte della piazza. << Il mio ultimo pensiero è per mia madre. >> Mormorò con un filo di voce. << Quale dolore le provocherà la mia morte. >>

Il banditore si fece da parte, e il carnefice alzò fin sopra la testa la lama lucente dalla scure.

<< Aufidersen, Bruder. >> Sillabarono le sue labbra per l’ultima volta, guardando Federico dritto negli occhi. Il ragazzo si dimenava e scalciava, per riuscire a liberarsi, ma ormai era inutile. La scure era già calata.

Fine

...Siamo ai titoli di coda... che tristezza...

Non so bene come fare a scrivere i "saluti finali", perchè è la prima volta che mi capita. però è strano mettere la parola "fine"... suona così tragico. bhè, in un certo senso è così, la storia è finita. a qualcuno di voi sarà piaciuto il finale (Hivy, sicuramente), e ad altre no, ma è così che è successo, e non me la sentivo di stravolgere completamente un evento.

sono curiosissima di sapere cosa ne pensate, e in generale, spero che la storia vi abbia (anche se per poco) fatto passare dei bei minuti attaccati allo schermo.

come al solito grazie mille alle mie assidue recensitrici: Hivy, Shenim e Tracywelsh. grazie, grazie grazie, anche a quelli che hanno seguito e preferito (si dice? ;) questa storia....

quindi, per l'ultima volta in questa storia...

Ciaoo



La vostra,

Archer

  
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