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_Cap. 28
Aiuti
Ero in cima alle scale ancora in pigiama, sentivo voci smorzate provenire dalla cucina, Edward stava spiegando tutto a mio padre, vincendo le sue timidezze e le sue remore. Non potevo crederci, aveva fatto questo per me!! Nessuno aveva avuto il coraggio di affrontare Charlie, nemmeno uno come Jacob, che lo conosceva da anni e aveva la sua approvazione. Ma Edward... Edward era stato meraviglioso, coraggioso, franco e deciso...
Aspettai che mio padre lasciasse la stanza e corsi di sotto gettandomi tra le braccia.
“Grazie Edward!” dissi con il migliore dei miei sorrisi.
Lui non sorrise né mi strinse, si limitò a farsi abbracciare non ricambiando.
“Ci vediamo Bella!” disse dopo un istante. Ma cosa stava succedendo?
Mi sembrava di rivivere un incubo. No, non poteva farmi provare tutto quel dolore, non sarei sopravvissuta questa volta. Dovevo parlargli.
“Edward… aspetta!” lo inseguì fin sul porticato... dio, si gelava.
“Edward, Edward, Edward...” non riuscivo a smettere di chiamarlo.
“Non lasciarmi ancora...” dissi infine. Edward si blocco come se una scossa elettrica lo avesse pervaso poi fece per scendere i gradini della veranda.
No non poteva andarsene così.
Con un ultimo sforzo di volontà gli afferrai la manica del cappotto. No, stavo per piangere, non volevo piangere ma le lacrime salivano da sole fin sul bordo delle mie ciglia.
Si voltò e mi guardò per un lungo momento, l’espressione dolente, come la mia.
“Non ti lascio...” disse in un sussurro, abbracciandomi.“Ci vediamo fra qualche ora...!” si avvicinò sempre di più fino a far toccare le nostre labbra in un bacio lungo, dolce, senza urgenza. Smise solo quando venni pervasa dai brividi. Ero uscita in pigiama, senza un giaccone che mi proteggesse. Fuori dovevano esseci dieci gradi sotto lo zero...
“Ora rientra, non vorrei ti ammalassi! In quel caso non riuscirei a portarti in un posto!” doveva portarmi in un posto...dove?
Mi rilassai un istante e corsi dentro, il tepore mi rigenerò il corpo e l’anima. Affacciandomi alla finestra vidi Edward. Era fermo, strano, guardava verso la casa... La sua aria triste mi dava i brividi... Se fosse scappato di nuovo?
No, l’aveva promesso, non sarebbe più andato via da me.
Salii di sopra e mi sedetti sul letto, sfiorai il cuscino su cui aveva poggiato la testa Edward... era bagnato, bagnato dalle sue lacrime. Edward aveva continuato a piangere silenziosamente per tutta la notte e io non mi ero accorta di nulla. Anche ora, il suo atteggiamento così distaccato doveva nascondere qualcosa... Edward era sempre così attento a non farmi soffrire, a minimizzare le sue paure, la sua sofferenza. Solo quando il sonno lo privava delle difese rivelava il vero se stesso e l’entità del suo dolore. La verità, rivelata dal sogno, mi si rovesciò addosso con tutta la sua potenza. Come avevo potuto dimenticare Edward, come avevo potuto, anche solo per poco, anteporre le mie sciocche questioni alla sua quotidiana tragedia.
Ommioddio! Mi ero comportata da sciocca ragazzina, non ero riuscita a capirlo, non ero riuscita a stargli vicino... glielo avevo promesso e invece...
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Avevo lasciato Bella sul portico di casa sua, il suo ultimo sguardo, così colmo di tristezza, mi aveva spezzato il cuore. La capivo, dopo la mia fuga, era comprensibile che avesse paura, che non si fidasse più di me.
Avevo paura anch’io. Paura che non accettasse tutto il dolore che portavo con me, paura di infliggerle pene che non meritava, paura di costringerla a portare un fardello più grande di lei...... paura che non mi accettasse veramente.
Non volevo allontanarmi così ma temevo che, se fossi rimasto ancora un po’ sarei stato travolto. Travolto dalle mie ansie... già le sentivo montare dentro di me. Sentivo i brividi pervadermi il corpo, sentivo il malessere crescere, la nausea arrivare... dovevo parlare con mio padre, o meglio, con l’unica persona che mi aveva fatto da padre.
Schiacciai l’acceleratore al massimo, dovevo arrivare a casa...subito.
La villa era illuminata a festa, Alice doveva averci messo lo zampino, beh, in fondo era la vigilia di Natale...
Parcheggiai nell’ampio garage e scesi lentamente.
I miei piedi rifiutavano di muoversi, quasi fossero immersi nel cemento. Dovevo farcela. Sudavo, sudavo nonostante il freddo pungente...
Sentivo addosso l’odore del sangue, “ruggine e sale”, mi aveva detto Bella tanto tempo fa... Ancora sangue, sangue sulle mie mani, oh mio dio! NO! Il freddo cristallo tra le mie mani, il calore di mia madre, del suo corpo coperto di sangue, i suoi occhi tanto simili ai miei, la sua voce...
Stavo soffocando, soffocavo nel suo sangue, il suo petto era stato così facile da sfondare...
Dolore, ancora dolore. Ora ero lucido, le rivelazioni del mio sogno mi colpirono con tutta la loro forza distruttrice...
“Aiutatemi...” dissi prima di accasciarmi a terra nella neve.
Un urlo agghiacciante giunse alle mie orecchie. Era la mia voce, ne ero consapevole, solo che sembrava provenire da un altro mondo, stentavo a riconoscerla tanto era intrisa di disperazione.
Intravidi la figura di Jasper avvicinarsi a me, non ero sicuro si trattasse davvero di lui, non ero più sicuro di vivere in questa realtà o di essere ancora nel sogno... non ero più sicuro di nulla.
“Jasper...” balbettai, “Bella...amore...” le ultime parole furono rivolte a lei poi, l’oscurità.
Mi risvegliai nello studio di mio padre. Ero svenuto, Jasper mi aveva raccolto e ora, ancora tremante, mi guardava in modo strano, quasi terrorizzato.
“Alice Esme, Rosalie e Emmett sono fuori a far compere...” tentò di dire Jasper.
La notizia mi tranquillizzò. Non ero pronto a raccontare a mia sorella il motivo della mia tremenda sofferenza.
“Papà!” dissi con la voce quasi inesistente...
“Edward, figliolo, bentornato tra noi!” mi sorrise, Jasper al suo fianco si rilassò.
“Papà!” ripetei assaporando quel suono sulla bocca poi, inaspettatamente la diga crollò e mi ritrovai, dopo dieci anni, a piangere convulsamente sulla sua spalla.
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L’auto di Edward era appena rientrata nel garage, finalmente potevo parlare con qualcuno... Alice era uscita a fare compere insistendo per portare con se tutti noi. Io avevo declinato l’invito poiché raffreddato; in realtà, per quanto amassi Alice, non sopportavo proprio l’idea di essere trascinato da un negozio all’altro.
Mi avvicinai al ingresso, mio fratello era ancora in macchina, sembrava assorto poi, la portiera si aprì.
Edward scese lentamente, troppo lentamente per essere normale. Era ricoperto di sudore ed era pallido come la neve. Provai ad avvicinarmi, sembrò non vedermi. Gli occhi, persi nel vuoto, erano totalmente incapaci di mettere a fuoco. Sembrava che la sua anima l’avesse abbandonato e il suo corpo fosse solo un rigido guscio di carne e sangue.
“Edward!” provai a chiamarlo, ma non si avvide della mia presenza. Fece qualche passo poi parlò.
“Aiutatemi...” disse e si accasciò a terra nella neve. Poi, un urlo agghiacciante proruppe dalla sua bocca.
Non avevo mai sentito nulla del genere, così spaventoso, così carico di disperazione.
Iniziai a tremare, anche se non eravamo veri parenti, anche se avevo pochi anni in più, lui era il mio fratello più piccolo, quello più sensibile, il più bisognoso di amore. Dovevo fare qualcosa. Era accasciato a terra, sembrava privo di sensi, mi avvicinai, aprì gli occhi...
“Jasper...” balbettò il mio nome, “Bella...amore...” le ultime parole furono per la donna della sua vita, poi svenne.
Lo presi in spalla ed entrai in casa chiamando nostro padre. Carlisle era nel suo studio, lo portai li attendendo che si riprendesse.
“Alice Esme, Rosalie e Emmett sono fuori a far compere...” dissi vedendo Edward che si guardava intorno spaventato. Subito pensai al mio amore così sensibile e caparbio, Edward aveva ragione ad essere preoccupato, per Alice vederlo in quello stato sarebbe stato un vero shock.
“Papà!” pronunciò le parole con un tono di voce appena udibile... Carlisle si fece più vicino e io lo seguii.
“Edward, figliolo, bentornato tra noi!” il volto di mio zio era dolcissimo mentre lo guardava, io stesso mi ritrovai a sorridergli. Come si poteva fare del male ad una persona come Edward?
Chi non lo conosceva avrebbe potuto considerarlo incostante e lunatico, poco incline alla socializzazione e malinconico, in realtà era un’anima pura, con un profondo senso dell’onore e con una sensibilità accentuatissima. Cosa l’avesse ridotto nello stato nel quale versava, ora non mi era dato saperlo, ma gli sarei stato accanto, di questo ero certo.
“Papà!” ancora la sua voce debole e rotta da un’emozione fortissima. Poi, inaspettatamente iniziò a piangere stretto dall’abbraccio di Carlisle. Da quando lo conoscevo non l’avevo mai visto versare una sola lacrima e ora, tutto il dolore accumulato gli si riversava addosso.
Mi feci più vicino accarezzandogli i capelli mentre Carlisle continuava a tenerlo stretto finché i singhiozzi rallentarono fino a fermarsi e Edward alzò gli occhi timidi e imbarazzati su di noi.
“Ho scoperto come è morta mia madre!” disse infine.
Un brivido mi percorse la schiena guardando la luce disperata nei suoi occhi.
“Mia madre si è uccisa!” aveva ripreso padronanza di se. Anche se gli occhi tradivano la sofferenza nel pronunciare quelle parole; aveva indossato di nuovo la sua maschera di freddezza.
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Edward piangeva ormai da mezz’ora, non lo avevo mai visto così, ero seriamente preoccupato. I suoi sbalzi di umore continuavano a peggiorare. L’aver scoperto l’amore gli aveva aperto il cuore a sentimenti che aveva represso per anni, gli aveva fatto provare una gioia insperata, - non lo avevo mai visto così sereno e sorridente, - ma l’aveva reso più vulnerabile, più sensibile...
“Mia madre si è uccisa!” aveva detto con decisione.
Aveva riaperto cassetti della memoria che, la sua mente ferita, aveva nascosto persino a se stesso.
“...E mi ha costretta ad aiutarla...” non potevo credere a quello che avevo appena sentito, non potevo credere che qualcuno, tantomeno una madre, potesse aver fatto una cosa del genere. Edward aveva solo pochi anni...
“Sei sicuro Edward?” chiesi. Annuì, nei suoi occhi c’era una serietà e una sincerità che mi imbarazzarono.
Come aveva potuto un ragazzo sopportare un tale dolore senza che la sua mente subisse delle conseguenza?
L’unica risposta che riuscivo a darmi era che mio figlio si fosse costruito un guscio protettivo, una sorta di realtà parallela in cui la madre non poteva aver commesso un tale gesto. Ma l’amore aveva compiuto uno strano miracolo, abbassando le barriere della sua mente, lo aveva reso vulnerabile ai ricordi.
Lo tenni stretto ancora un po’ mentre Jasper, preoccupato e spaventato, si era recato in cucina per preparare una tisana rilassante alle erbe.
“Ti va di raccontarmi cosa ricordi dell’episodio della morte di tua madre?” annuì e iniziò a raccontarmi il suo sogno.
Sentivo i brividi pervadermi, ero un medico, ero abituato a vedere la sofferenza sul volto dei miei pazienti, ma nessun dolore era paragonabile a quello che vedevo ora dipinto sul volto di Edward.
“Come si è scatenato il ricordo? Puoi dirmelo?” mi guardò per un istante, indeciso, stentando a trovare le parole.
“Credo che Bella... non so, è come se Bella avesse la chiave del mio mondo segreto... non riesco a capire ma sento che, quando sto con lei, le nuvole che ottenebrano i miei ricordi, si diradano per un istante lasciando intravedere pezzi della mia infanzia...”
“E’ l’amore Edward, l’amore ha un grande potere sugli uomini e su di te, figliolo, il potere e ancora più grande. Tu hai chiuso il tuo cuore, ai sentimenti forti, per troppi anni, ti sei limitato a sopravvivere in una sorta di limbo, dove nulla potesse toccarti ma Bella, Bella ha trovato l’accesso segreto per entrare il tuo cuore e ora sei indifeso e nudo davanti a lei...”
“Ho paura papà!” disse infine, lo sguardo indecifrabile
“Non devi, non rinchiuderti, abbi il coraggio di affrontare il tuo passato...”
“ E se Bella non riuscisse ad accettarlo? Se pensasse che il mio dolore è un fardello troppo pesante per le sue spalle? Oggi ha fatto una tragedia per un nonnulla, cosa farà se quello che ricorderò, se quello che le dirò, sarà troppo duro da sopportare?”
“Cosa vuoi fare allora Edward? Arrenderti prima ancora di iniziare a combattere?” fece cenno di no ma gli occhi restavano bassi. Edward aveva bisogno di crescere, aveva bisogno di imparare ad affrontare i suoi problemi...ma capivo quanto per lui fosse difficile e doloroso lasciarsi andare totalmente e completamente...
Quando Esme ed io avevamo accettato di prendere con noi questi due ragazzini, immaginavamo che il loro passato fosse duro e difficile. Alice era uno spirito vivace ma Edward... Edward era chiuso come un riccio, quasi non avessero vissuto le medesime esperienze.
“Non ti ricordi cosa hai detto a Bella quando sei tornato?” fece cenno di si continuando a fissarsi le mani. “E allora? ...Inoltre, tu la ami disperatamente e lei ti ricambia, dunque, a testa alta, cerca di affrontare quello che ti è successo...”
“Carlisle, tu mi aiuterai?” si era fatto piccolo, era imbarazzato, non aveva mai chiesto a nessuno di aiutarlo... era un buon segno riconoscere i propri limiti.
“Anche se dovessi chiederti di consigliarmi un bravo psicologo?” continuò, sempre più imbarazzato. “So di avere dei problemi, spero solo di farcela a superarli da solo o con l’aiuto di chi mi ama... ma se...” non riusciva a continuare. Edward era sempre stato un ragazzo dall’intelligenza pronta e vivace, consapevole delle sue potenzialità ma anche dei suoi limiti.
“Certo, su questo non avere mai dubbi! La tua famiglia ti sosterrà sempre! E ricordati, chiedere aiuto è un segno di maturità!” mi sorrise, la prima volta da quando si era ripreso. Sembrava più sereno...
Si alzò barcollando ancora un poco.
“Vado in cucina, devo ringraziare Jasper...”
“Vai pure ma ricorda... Quando due anime infine si sono trovate, si sono scoperte compatibili e complementari, hanno compreso di essere fatte l'una per l'altra, di essere, dunque, simili, si stabilisce tra loro per sempre un legame, ardente e puro, proprio come loro, un legame che inizia sulla terra e continua per sempre nei cieli...*”
“ Me lo ricorderò... grazie papà” e detto questo scomparve.
Sperai con tutto il cuore che Bella potesse aiutarlo... ero molto preoccupato per lui... quanti altri orrori erano nascosti nei cassetti della sua mente?
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“Pronto Edward” avevo disperatamente bisogno di sentirlo, mi ero comportata da vera idiota con lui. Idiota e ingrata ...
“Bella, amore!” la sua voce era strana, ma sentivo l’eco del sollievo aleggiargli nel tono.
“Mi volevo scusare per il mio atteggiamento...” non riuscivo a dire altro, ero imbarazzata. Stupida, stupida, stupida!
Una pausa poi ancora la sua voce così strana, roca... mi ricordava... no...
“Edward cos’è successo? Come stai?”
“Nulla, non preoccuparti amore, non è successo nulla, sono solo un po’ stanco!” Non mi ingannava, sicuramente, a freddo, il ricordo di ciò che aveva fatto sua madre... di ciò che aveva fatto a lui... sentii una morsa allo stomaco... dovevo andare. dovevo raggiungerlo subito.
“Edward... posso venire da te?” gli chiesi, preoccupata dalla sua risposta.
“Certo!” una nota di entusiasmo accese la sua voce per un istante ma poi...
“Bella, è la vigilia di Natale, non preferisci stare con tuo padre, con i tuoi amici, con la tua famiglia...!” un moto di rabbia sali dalle mie viscere per arrivarmi alla bocca.
“Edward, mettitelo in testa, anche se a volte mi comporto da bambina, la mia famiglia è dove sei tu!” Forse avevo osato troppo. Dall’altro capo del filo un lungo silenzio poi, un singhiozzo...
“Edward!” chiamai
“Grazie!” mi rispose con la voce rotta dal pianto.
Presi le chiavi del fuoristrada di seconda mano, regalo di mio padre...
“Vado dai Cullen!” dissi con tono risoluto che non ammetteva repliche. Un borbottio mi fece intuire che mio padre non era proprio felice all’idea.
“Stai attenta, le strade sono ghiacciate!”
Corsi a cercare riparo nel mio mezzo e inserii un CD.
http://www.youtube.com/watch?v=sm2Evkfa20c
“L’amore è tutto carte da decifrare... e lunghe notti e giorni per imparare”**
Dovevo imparare ad amare, ad amarlo veramente, a comprendere e a farmi capire da lui...
“...Perché l'amore è carte da decifrare, e lunghe notti e giorni da calcolare, se l'amore è tutto segni da indovinare,
Perdona se non ho avuto il tempo di imparare, se io non ho avuto il tempo di imparare.”
*Victor Hugo ad Adèle Foucher (1821)
**Carte da decifrare (Ivano Fossati)
Carte da decitrare
L'amore è tutto carte da decifrare e lunghe notti e giorni per imparare io se avessi una penna ti scriverei se avessi più fantasia ti disegnerei su fogli di cristallo da frantumare
E guai se avessi un coltello per tagliare ma se avessi più giudizio non lo negherei che se avessi casa ti riceverei che se facesse pioggia ti riparerei
che se facesse ombra ti ci nasconderei
Se fossi un vero viaggiatore t'avrei già incontrata e ad ogni nuovo incrocio mille volte salutata se fossi un guardiano ti guarderei se fossi un cacciatore non ti caccerei se fossi un sacerdote come un'orazione con la lingua tra i denti ti pronuncerei se fossi un sacerdote come un salmo segreto con le mani sulla bocca ti canterei
Se avessi braccia migliori ti costringerei se avessi labbra migliori ti abbatterei se avessi buona la bocca ti parlerei se avessi buone le parole ti fermerei ad un angolo di strada io ti fermerei ad una croce qualunque ti inchioderei
E invece come un ladro come un assassino vengo di giorno ad accostare il tuo cammino per rubarti il passo, il passo e la figura e amarli di notte quando il sonno dura e amarti per ore, ore, ore e ucciderti all'alba di altro amore e amarti per ore, ore, ore e ucciderti all'alba di altro amore
Perché l'amore è carte da decifrare e lunghe notti e giorni da calcolare se l'amore è tutto segni da indovinare
Perdona se non ho avuto il tempo di imparare se io non ho avuto il tempo di imparare.