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Autore: _Pan_    31/10/2010    2 recensioni
Supponiamo che Yuka sia riuscita ad uscire dall'Accademia e che sia riuscita a portare via Mikan con l'Alice di Shiki e ora vivano pacificamente in un posto molto lontano dalla scuola. Circa dieci anni dopo la fuga, qualcuno decide di cercare la ragazza... riuscirà a trovarla e riconoscerla?
Da capitolo 1: Fa scorrere lo sguardo sulla strada davanti a sé e nota un ragazzo: un normalissimo ragazzo che fissa il cielo, proprio come lei. I capelli neri sono scompigliati dal vento e indossa degli occhiali da sole, tiene le mani in tasca ed è appoggiato alla ringhiera, ma dalla parte interna, un posto un po' pericoloso, lei una volta ha provato a camminarci sopra e ha rischiato di cadere e farsi male seriamente. Gli si avvicina, perché ha intenzione di avvisarlo.
«Ehi, scu...» si blocca, a bocca aperta, non appena lui volta la testa verso di lei.

Parole: 1205 (cap 1), 1308 (cap 2)
Fic in due capitoli. Mikan/Natsume ;)
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Yuka Azumi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pensieri e Parole'
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Ordinary Day (Pt 1)

Just a day, just an ordinary day
Just trying to get by
Just a boy, just an ordinary boy
but... he was looking to the sky.


084. Lui

«Oh, no!» strilla la ragazza, inciampando in uno scalino non visto. E pensare che si è anche messa a contarli! Con sguardo sconfitto, fissa la spesa, ormai maleficamente riversa fuori dalle buste, sul marciapiede grigio e umido per via della pioggia appena passata, e sbuffa, guardandosi intorno, come se magicamente possa arrivare la fatina buona che rimetta tutto al proprio posto. Sospira, sconsolata. «E adesso che faccio?» ci sono le buste rotte davanti ai suoi occhi e un sacco di cose da portare a casa. Questo è davvero un giorno sfortunato, pensa, cercando di salvare il salvabile, oltre a delle confezioni rotte che è obbligata, a malincuore, a buttare. È iniziato tutto quella mattina, quando ha deciso di fare il bucato per alleggerire il lavoro a sua madre, che non fa altro che lavorare. L'ovvia conclusione è stata che i capi rossi hanno stinto su quelli bianchi. Se l'avesse saputo prima, di certo non li avrebbe messi insieme! E non vuole pensare a cosa potrà preparare per cena, perché ormai metà è finita nel cestino più vicino. Recupera l'unica busta rimasta integra e si impegna per farci entrare ciò che è rimasto.
Facendo molta attenzione a come trattare la busta superstite, Mikan si dirige a casa, un passo lento dopo l'altro, per evitare ulteriori incidenti e riesce miracolosamente a raggiungere la porta di casa propria senza ulteriori intoppi. Un punto per lei.
«Mamma?» chiama, anche se non si aspetta davvero una risposta. Di solito lei sta a lavoro fino all'ora di cena, ed è impossibile che alle sei del pomeriggio possa già essere a casa, ma la speranza è l'ultima a morire. Svuota la busta sul tavolo, prendendola dal fondo e scuotendola per essere sicura di non dimenticare niente. È successo più volte che abbia buttato la busta con qualcosa dentro, e preferisce non ripetere l'esperienza. Fissa ciò che è rimasto, con aria sconfitta: ci sono gli ingredienti per un po' di minestra d'uova. In fondo può anche prepararla, pensa, non sarebbe stato un dramma, l'importante è ricordarsi dove ha messo quel vecchio libro di cucina che le ha regalato il nonno, non appena ha saputo che lei e sua madre andavano a vivere insieme. Ricorda che le ha detto qualcosa come:
«Almeno così non rischi di avvelenarla.» che non è stato proprio un complimento, ma lei sapeva che era una battuta.
Intanto prende una scodella in cui poter diluire la farina con l'acqua, però prima le serve una pentola in cui cucinare il brodo. Apre lo sportello in cerca della pentola giusta, ma poi un pensiero le trapassa la mente, come una specie di coltello che rigira in una ferita già aperta. L'ha giusto usata qualche ora prima, per tentare di cucinarsi il pranzo, ma è esplosa nel microonde, e solo perché si è dimenticata di togliere la pellicola. Una cosa davvero sensazionale. Di solito, cucina qualche ramen istantaneo, ma quel giorno, la sorte ha voluto che non ce ne fossero in casa e ha dovuto provvedere come ha potuto.
La soluzione è uscire di nuovo per comprarla, prima che Yuka lo scopra e si preoccupi troppo, giungendo alla – errata, senz'altro – conclusione che non può cavarsela da sola. L'ultima cosa che Mikan vuole è che stia in pensiero per lei, quando ha di sicuro cose più importanti da fare.
Afferra le chiavi ed esce di nuovo dalla porta, assicurandosi di avere il portafogli con sé, ricordandosi di quando è dovuta tornare indietro a prenderlo perché l'aveva dimenticato, lasciando la spesa sul nastro. Era stato imbarazzante, terribilmente imbarazzante. Non solo aveva bloccato la fila, suscitando le rimostranze dei clienti dietro di lei, ma tutti i cassieri si erano messi a ridere. In definitiva, il bilancio di quella giornata e di alcune di quelle precedenti, non era affatto positivo.
Lei comunque, non si lascia abbattere, anche se fa caso a quanto sia stata un'imbranata, senza qualcuno che la controllasse costantemente, eppure non era mai stato un problema, per lei, cavarsela da sola. Pensa che, in effetti, non è mai stata completamente sola, almeno non quando frequentava la scuola. Ha sempre cercato di pensarci il meno possibile, perché il ricordo è davvero troppo pesante da sopportare, però ogni tanto la sua mente dispettosa incappava in quei ricordi. Non ha idea di che fine abbiano fatto i suoi vecchi amici, se stiano bene, se Hotaru alla fine si sia trasferita all'estero o meno: niente. E non ha neanche potuto salutare tutti come avrebbe voluto.
Sospira per evitare a qualche altro brutto pensiero di tornarle in mente. Finora ha creduto che non sarebbe più successo, ma col tempo ha capito che non era possibile dimenticare come se niente sia successo. Decide di concentrarsi più su quello che deve comprare che su altro. Il sole sta tramontando, anche se piuttosto presto, pensa lei, concedendosi un sospiro e stiracchiandosi.
Senza accorgersene, è arrivata alla spiaggia: è quasi estate, ed è contenta che presto possa buttarsi tra le onde e nuotare un po'. Si avvicina alla ringhiera che la separa dalle scale per scendere e godersi un po' la sabbia. Il tramonto è bellissimo riflesso sul mare, perché i colori del cielo sono gli stessi di quello specchio d'acqua e creano un effetto mozzafiato.
Fa scorrere lo sguardo sulla strada davanti a sé e nota un ragazzo: un normalissimo ragazzo che fissa il cielo, proprio come lei. I capelli neri sono scompigliati dal vento e indossa degli occhiali da sole, tiene le mani in tasca ed è appoggiato alla ringhiera, ma dalla parte interna, un posto un po' pericoloso. Lei lo sa bene: una volta ci ha provato e ha rischiato di cadere e di farsi male seriamente. Gli si avvicina, perché ha intenzione di avvisarlo.
«Ehi, scu...» si blocca, a bocca aperta, non appena lui volta la testa verso di lei, perché è una faccia che non le è assolutamente nuova. Cerca di parlare, ancora, ma non ci riesce.
L'unica cosa che il ragazzo fa e sfilarsi gli occhiali da sole, rivelando i suoi brillanti occhi rossi, che colpiscono Mikan come una secchiata d'acqua fredda: è lui.
Lo vede fare un sorrisetto, gli occhiali ancora stretti in mano, a mezz'aria. «Finalmente ci rincontriamo,» dice, scavalcando l'ostacolo e mettendosi di fronte a lei. «Mutande-a-Pallini.» Mikan arrossisce e spalanca gli occhi al suo vecchio nomignolo e cerca qualcosa con cui controbattere, ma lui la batte sul tempo, come al solito. «Non hai idea di quanto tempo ci abbia messo per trovarti.»
«Mi... mi stavi cercando?» le sembra impossibile che lui possa aver fatto tutto questo solo per lei, e non perché non sappia che ne è capace, ma semplicemente perché le sembra troppo bello per essere vero. Lui si limita ad alzare le spalle, perché la risposta è semplicemente troppo ovvia. Così, Mikan, sorride. «Direi che mi hai trovata,» prende un bel respiro, è tanto che non pronuncia quella parola e solo ora si accorge di quanto in quel preciso istante, sembri che il tempo passato all'Accademia non sia stato una specie di sogno molto realistico. «Natsume.»

*****

Ve l'avevo promessa ed eccola qui! Il prossimo – e ultimo – capitolo la prossima settimana (o quella dopo), verso sabato o domenica, vedremo ;).

E ora le risposte alla recensione di "Stand in the rain":

marzy93: sono contenta che ti sia piaciuta ^^, in effetti ho sempre pensato al loro rapporto come qualcosa di dolce ma di triste. Insomma, subito dopo che si sono messi ufficiosamente insieme, è successo quel che è successo... che sfiga -.- comunque, grazie per la recensione, e non mancare di farmi sapere che ne pensi di questa ;)
E ora filo a scrivere capitolo 18, che ho un po' di tempo :)
  
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