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Autore: La_Confusa_B    31/10/2010    1 recensioni
Juliet Various è una ragazza normale... Almeno finchè non conosce Edward. La vita di Juliet verrà sconvolta da un sogno che le mostrerà parte del suo futuro, un futuro pieno di misteri e vicoli bui, di cui il protagonista è Edward, che non è esattamente ciò che sembra.
Genere: Fluff, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

 
Aprii gli occhi sbattendo energicamente le palpebre e strizzandomi gli occhi. Spostai la porta con la mano senza alzarmi e fui investita dalla luce che penetrava dalla finestra cucina. Mia madre non c’era. Da mia nonna probabilmente. Riuscivo quasi a sentire la sua voce al di là della parete. Mi alzai svogliatamente per prendere l’orologio dall’armadio. Non avevo sveglie in camera, nessun orologio, nessun pendolo a portata di mano. Erano tutti sotto le coperte dentro ad un armadio. Odiavo con tutta me stessa gli orologi. Così puntuali e precisi, scandivano ogni secondo con troppa regolarità. Quel ticchettio mi snervava a tal punto da dover eliminare ogni aggeggio che scandisse le ore. Erano le undici e trenta. Beh, ero in vacanza, potevo svegliarmi anche alle tre di pomeriggio. Mi diressi verso la finestra e aprii la serranda, accecandomi con la luce del sole. Eravamo a giugno, dodici giugno. Questa data mi riportò alla mente quello strano sogno che avevo fatto. Ma soprattutto, mi risvegliò il ricordo di quel ragazzo, che in realtà non avevo mai visto... Edward? Mai conosciuto un ragazzo con questo nome... Un ragazzo così stupendo, così dolce, così... Che diavolo Ju! Adesso ti stai innamorando di un sogno? Bah. Sistemai alla meno peggio il letto e mi diressi verso la cucina, dove c’era già la mia solita brioche preparata dalla mamma. Le mattine da quando erano iniziate le vacanze erano sempre simili, ma io le adoravo. Le adoravo perché anche la mia casa, per quanto buia e isolata, si illuminava dell’atmosfera estiva. Già, la mia casa era piccola e in periferia, nessun vicino di casa, nessun negozio a portata di mano. Una volta era la casa più grande della città, quando mia mamma era ancora piccola. C’era persino la serra! Ma poi è stata divisa in due parti, in una abitavo io, nell’altra i miei nonni. La mia stanza era dalla parte della campagna, quindi sempre la più luminosa... Ma anche la più esposta agli insetti. E io odiavo gli insetti. Nella mia stanza c’era odore di deodorante per ambienti al muschio bianco, come piaceva a me. Poi la piccola scrivania di legno vicino alla finestra, con un piccolo acquario dove nuotavano felici due pesci rossi, una lampada e il mio migliore amico: il computer. Passavo ore attaccata a quella scatola grigia che sapeva così tante cose... Di fronte alla scrivania l’armadio, strapieno di vestiti, ma inspiegabilmente non sapevo mai cosa indossare. Poi c’era il letto, rosa con le lenzuola bianche e strapieno di peluche. E per completare il tutto, la libreria, con i miei libri preferiti. Amavo leggere, quasi quanto adoravo scrivere. Alla libreria era attaccato un piccolo calendario ormai vecchio, ma che non volevo togliere perché c’erano raffigurati dei cuccioli di cani bellissimi. Su calendario era appeso un cuore arcobaleno con scritto “T. v. b.” e uno specchio con la Luna. Trovavo qualcosa di magico nella Luna e nelle stelle, speravo che potessero esaudire sempre i miei desideri. Purtroppo nessuno poteva esaudirli i miei sogni, perché neanche io sapevo cosa volevo davvero. Ero rimasta molto colpita dal sogno di quella notte, ma non potevo certo dire che mi ero innamorata di quel ragazzo conosciuto in sogno! Forse se ne avrei parlato ad Ashley avrebbe capito. Così accesi immediatamente il cellulare e inviai un messaggio alla mia migliore amica: “Buongiorno Ash! Comunicazione urgente, su msn tra dieci minuti!” Neanche il tempo di inviare il messaggio che mi arrivò una risposta: “Buongiorno July! Mattiniere eh? Ma che hai fatto stanotte che mi devi raccontare?! Arrivo al pc!” Sorrisi e mi catapultai in bagno infilandomi i primi vestiti che mi capitarono sotto mano. Corsi al computer e lo accesi, sussurrando –Sbrigati, sbrigati- . Entrai in un lampo su msn, ma proprio in quel momento mi accorsi di una cosa: non potevo raccontare il sogno. Non si sarebbe avverato. Era una cazzata, lo sapevo, ma ci credevo troppo per mandare tutto in frantumi. Così, decisi di raccontare semplicemente di aver fatto un sogno e di essermi... Innamorata di un ragazzo probabilmente inesistente. Un ragazzo meraviglioso, dolce, innamorato, simpatico, immortale e... Che non conosco. Non volevo dimenticare il suo viso, il suo sorriso, la sua voce, i suoi occhi. Ashley mi suggerì di scrivere il sogno, per non dimenticarlo. Ma io non avrei mai potuto descriverlo. Solo raccontarlo in maniera superficiale. –Voglio incontrarlo.-
******
Quella sera, andai a dormire prima del solito. Speravo di sognarlo un’altra volta. E infatti, successe. Eravamo in una stanza circolare, completamente spoglia. Non ero dentro alla stanza, ma neanche fuori. Era come se vedessi la stanza senza essere lì. Al centro c’era una sedia. Poi, sulla sedia, lui. Con la testa bassa, il petto nudo e le mani legate dietro. Aveva una lunga cicatrice sulla schiena. Poi, una ragazza. Con la sua chioma lunga e bionda, gli occhi cerulei e un abito nero aderente. Un paio di tacchi a spillo che battevano sul pavimento ogni volta che si muoveva, rendevano l’atmosfera più strana di quanto già non fosse. Poi, mi accorsi che la ragazza aveva un coltello in mano. Sì, la biondina doveva essere Isabel. Strofinava il suo strano coltello, sulle guance di Edward, e questo mi fece innervosire. Ma non riuscivo a muovermi, non potevo intervenire. –Perché continui a scegliere lei?- Urlo poi Isabel, forse parlando con se stessa. –Perché non è come te.- Sussurrò Edward. Ma lei lo sentì, e gli fece un altro taglio sulla schiena. Edward chiuse gli occhi, poi sorrise. –Non puoi uccidermi Isabel, è inutile. –Hai ragione, sono la tua creatrice e non posso. Ma posso farti soffrire fino a farti mettere in ginocchio. Mi chiederai di ucciderti. Ma io prima ucciderò lei. –Puttana.- Isabel gli afferrò una mano e fece un altro taglio, provocando in Edward un urlo. Poi, Isabel si avvicinò a me. O almeno, io la vidi vicina. Sorrise. –Lui è mio. Tu sei solo una fottuta stracciona che si è inserita nella sua vita. Ma non durerai molto carina.- Poi fu buio. Attorno a me non c’era nulla, solo una voce che sussurrava: -Lui non è mortale...-

******

I giorni seguenti passarono veloci. Il 15 Giugno era arrivato e questo significava l’inizio del grest. Svegliarsi presto ogni mattina, anche d’estate, una maglietta troppo larga per me, caldo asfissiante e bambini urlanti da tutte le parti. Fantastico. Questo era il programma delle mattinate del mio mese di Giugno. Eppure era una scelta mia. Io avevo insistito per andare a quel grest, io avevo convinto Ashley a venire con me. Non potevo tirarmi indietro. E comunque mia madre non avrebbe mai acconsentito, soprattutto dopo aver pagato. E così quella giornata così calda di Giugno, era destinata alla noia totale. O almeno, questo credevo. Mi alzai dal letto dimenticandomi di aprire gli occhi, sbattendo il piede contro la porta. Bellissimo inizio, non c’è che dire. Mia madre aveva già preparato la colazione: pane e nutella. Neanche fosse il cuoco della nazionale! Però non potevo lamentarmi, adoravo quella colazione. Mangiai ancora più lentamente del solito, trovandomi ovviamente in ritardo. Accesi il cellulare, che già alle 9.00 di mattina era inondato di messaggi. Ashley era già al grest, io ancora nel bagno di casa mia, in pigiama. La mia solita puntualità! Mi lavai e infilai in fretta due vestiti a caso e un paio di scarpe, sperando di non indossarne due diverse. Presi la mia borsa e infilai una bottiglia d’acqua e il cellulare. Pronta. Non c’era voluto poi molto... Un quarto d’ora. Mio padre era già dentro la macchina e aspettava me. Salutai la mamma e sfrecciai verso l’auto. Mandai un messaggio ad Ashley pregandola di aspettarmi fuori perché se fossi entrata da sola mi sarei persa. E infatti, arrivata al cortile, Ashley era lì ad aspettarmi. Indossava un paio di jeans chiari e una maglietta a maniche corte arancione. La ringraziai ed entrammo. Il salone era tappezzato di cartelloni di benvenuto, le tende del teatro risplendevano del loro rosso vellutato. Il pavimento era pieno di bambini che si tiravano i capelli, piangevano o si tenevano per mano. La responsabile, suor Josephin, chiamò per nome tutti gli animatori. Quando toccò a me sentii le mie guance diventare più rosse di un peperone. Ero sempre la timida di turno. Subito dopo di me, chiamarono Ashley,e poi un ragazzo di cui non riuscii a sentire il nome. Fummo divisi in squadre, e ogni squadra mandata in una stanza. Io e Ashley avevamo la squadra del Sole. Noi dovevamo andare in una stanza insieme alla squadra dell’Acqua. Cercai con lo sguardo gli animatori della squadra nostra coinquilina, e lì lo vidi. Il ragazzo che avevano chiamato dopo Ashley. Non avevo sentito il nome, ma il mio cuore lo conosceva già. Lui, in carne ed ossa, in tutto il suo splendore con i suoi occhi azzurri. Lui, era lì. Lui non era un sogno. Lui, era Edward. 
  
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