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Autore: sara71    01/11/2010    2 recensioni
Chi erano veramente Jane ed Alec prima di diventare l'asso nella manica di Aro e compagni? Un viaggio nella loro vita dove un bel giorno in maniera del tutto inaspettata qualcuno comincerà a seguirli da vicino.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Volturi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Capitolo 10

Capitolo 10

(Jean)


Ci avevo messo un po' a riprendermi. Fuori era poco più che l'alba, mi stiracchiai e sentii qualcosa cadere a terra. Mi chinai per raccogliere quella cosa e dopo averla osservata bene, mi resi conto che era la lettera che mio padre aveva dato ad Alexandre la sera prima. Guardai di fronte a me e vidi che mio fratello non c'era, dov'era andato? Mah, forse era solo sceso per sgranchirsi le gambe, per respirare un po' d'aria buona. Forse durante la notte non era riuscito a riposare e aveva chiesto ad Eleazar di poter cavalcare insieme a lui, dopotutto Alexandre era un ottimo cavallerizzo. Quindi inizialmente non mi preoccupai così tanto.

Dopo un paio d'ore rallentammo la nostra corsa progressivamente, fino a fermarci. Qualcuno bussò allo sportellino ed il viso di Eleazar fece capolino dentro la carrozza.

Buongiorno mademoiselle. Avete riposato un po'?”, mi chiese.

Abbastanza, grazie. Francamente ero troppo stanca per fare la difficile.”, risposi.

Sorrise e mi passò un biglietto dicendo: “Potete scendere mademoiselle, rimarremo qui fino all'imbrunire. La residenza è a nostra completa disposizione e ci sono alcune persone che si occuperanno di voi. Tra l'altro la colazione è pronta.”.

Lo guardai smarrita e gli chiesi: “Scusate monsieur, dov'è Alexandre?”.

Tornerà tra qualche giorno, al più tardi lo rivedrete a Volterra mademoiselle. Non preoccupatevi per lui, sta bene, aveva solo bisogno di riflettere, ma quel biglietto che vi ho consegnato è suo, forse leggendolo la vostra preoccupazione si dissolverà un poco.”, disse e si voltò andandosene.

Grazie.”, risposi.

Scesi dalla carrozza, ad accogliermi due dame che mi accompagnarono all'interno della residenza. Era un luogo assolutamente meraviglioso immerso in un parco enorme, mi servirono la colazione che mangiai di gusto, davanti a me quelle due buste.

Mi chiesero se preferissi fare un bagno caldo prima o dopo pranzo, ci pensai un secondo e dissi:

Se non è un problema preferirei dopo pranzo. Vorrei godermi un po' questo meraviglioso giardino.”.

Ma certo mademoiselle, potete fare ciò che desiderate, noi siamo qui solo per voi.”, disse una delle due donne che mi avevano accolta.

Alzandomi da tavola, presi le due buste e uscii in giardino; vagai per un po' in mezzo a quella natura rigogliosa: i profumi che arrivavano dai fiori, dalle piante aromatiche, dalle erbe spontanee, erano un connubio perfetto con i raggi del sole che filtravano lievi dalle fronde degli alberi.

Ad un certo punto lungo la via trovai un posto dove sedermi. Era una specie di poltrona scavata dentro una roccia enorme: vi erano dei cuscini, ne presi un paio e mi accoccolai su quella strana sedia tirando fuori i due biglietti.

Aprii per primo quello di mio fratello, quello di mio padre volevo leggerlo insieme a lui, ma poi ripensai a quello che Eleazar mi aveva riferito e mi dissi che probabilmente aspettare Alexandre non avrebbe avuto alcun senso e quindi richiusi il suo biglietto e presi quello dei miei genitori.

Lo aprii con trepidazione, di sicuro mio fratello non l'aveva letto poiché la ceralacca era ancora intatta; lo scritto era breve e scritto fitto fitto come era abitudine di mia madre e diceva:


Cari Jean e Alexandre,


ciò che sta accadendo alla nostra famiglia in questi giorni ci pesa come macigni sul cuore. Sappiamo che allontanarvi da noi è l'unica soluzione per mettervi in salvo: questa notte mentre voi sarete in viaggio, vostro padre ed io daremo il via insieme ad altre persone, ad una serie di azioni atte a rovesciare la monarchia.

Se tutto andrà bene ci rivedremo presto, ma se così non fosse, vi chiediamo di perdonarci e di capire che abbiamo agito in questo modo solo perché lo ritenevamo giusto.

Eleazar ha tutte le istruzioni che vi permetteranno di entrare in possesso dell'intero patrimonio che io e vostro padre abbiamo provveduto a mettere da parte per il vostro avvenire.

Non scordate mai, figli miei, che vi amiamo.

Con profondo affetto.


Vostri mamma e papà.”


Lasciai cadere il biglietto a terra, lacrime calde rigavano il mio volto, la notte appena trascorsa sarebbe stata foriera di buone o cattive novelle. In un lampo di lucidità mi resi conto che ci avevano fatti partire quella stessa sera perché volevano agire subito, in anticipo, forse temevano di essere stati scoperti ed avevano avuto la necessità di accelerare tutto quanto. Sperai che qualcuno ci portasse delle notizie da Parigi, ma in realtà in fondo a me stessa ero certa di non voler sapere perché nel caso le notizie non fossero state quelle sperate non sapevo come avrei potuto reagire.

Se a questo aggiungevo il fatto che Alexandre si era eclissato lasciandomi solo un biglietto.....

Ero completamente sola, in balia di un destino che non avevo scelto e alla mercé di una creatura che conoscevo solo in parte.

Presi il biglietto di Alexandre lo aprii, non sapevo cosa aspettarmi, ma poteva andare peggio di così?


Cara Jean, mia carissima sorella,


quando leggerai questo biglietto io sarò lontano, lontano da te e dalla mia vita com'è ora. Ho scelto il mio destino Jean, e questo nuovo destino mi permetterà di avere un'altra possibilità: la possibilità di non sentire più dolore, né gioie, nessun sentimento, nessuna emozione. Non preoccuparti Jean, tornerò da te molto presto e ti chiederò di unirti a me in questa nuova vita.

C'è un tempo per ogni cosa sorella ed il tuo tempo è quasi maturo.

A presto.

Alexandre


Che cosa significavano quelle parole? Perché mio fratello mi sembrava definitivamente impazzito? Quelle parole sembravano un enigma irrisolvibile, uno di quelli che che si trovano sulle iscrizioni delle piramidi egizie e che gli studiosi provano per anni a decifrare senza successo.

Nuovo destino, niente sentimenti, stava dipingendo una vita fredda come il ghiaccio, sembrava avesse deciso di farsi strappare il cuore dal petto.

Mentre leggevo si era alzata una leggera brezza che mi accarezzava il viso e mi scompigliava qualche ricciolo capriccioso, chiusi gli occhi e ripensai al sogno della notte precedente. Era il medesimo di sempre, ma questa volta l'avevo visto in faccia. Provai a ricordarne i particolari, provai ad immaginarmi nuovamente vicino a lui e immaginai di sfiorargli il viso, la fronte e poi giù, il profilo del naso e poi le sue labbra, tutto sommato scarne, ma rosse. E poi pensai di potermi perdere nei suoi occhi così rossi, rossi come il sangue. A quel pensiero spalancai i miei e come per incanto tornai nella foresteria, davanti a me quel dipinto. Tutti quelli che vi si trovavano stavano intorno ad un unico uomo: lui, la creatura del mio sogno. Gli stavano intorno come si sta intorno a colui che comanda, a colui che detta le regole e fa sì che vengano rispettate.

Cominciavo a chiedermi perché ripetutamente quel sogno tornasse, ormai con costanza quasi tutte le notti ed ogni notte si arricchiva di qualche nuovo particolare, come se avesse voluto prepararmi, come se mi avesse voluto dire che prima o poi ci saremmo incontrati sul serio. C'era qualcosa in fondo al mio cuore che mi diceva che non dovevo aver paura, che nessuno mi avrebbe fatto del male, men che meno lui. Aveva qualcosa che mi affascinava, in fondo a quegli occhi color rubino ero certa che avesse un'anima retta e sensibile.

Sì era certamente così.

Stavo delirando, questa era un'altra certezza.

Mi appisolai finché una di quelle dame non venne a cercarmi.

Oh mademoiselle. Siete qui, eravamo preoccupati.”, disse.

Scusatemi, mi sono appisolata, si sta così bene qui.”, risposi.

L'importante è che stiate bene. Ma ora venite mademoiselle.”, nella sua voce un velo di malcelata preoccupazione.

Ci dirigemmo veloci verso la residenza, mi trattavano come fossi una principessa ed io li lasciai fare contenta di vivere serenamente quei brevi momenti.

Aspettammo che facesse buio e poi Eleazar mi invitò a salire in carrozza: salutai le due dame che erano state con me quel giorno e le ringraziai, poi sparii nuovamente dentro il mio mezzo di trasporto.

Viaggiammo tutta la notte, la mattina dopo eravamo vicini, molto vicini, all'Italia. La trafila fu la medesima del giorno prima, sostammo in una residenza fuori mano, immersa nel verde, ma questa volta ebbi il coraggio di chiedere notizie dei miei genitori.

Eleazar disse: “Stiamo aspettando un emissario da Parigi, non appena sarà qui vi informerò. Ve lo prometto mademoiselle.”.

Voglio sapere tutta la verità Monsieur. Non mi importa quanto sarà dura da sopportare, voglio la verità.”, dissi abbassando lo sguardo.

Come desiderate mademoiselle.”, disse e se ne andò.

La giornata scivolò via tranquilla, sul finire del pomeriggio Eleazar tornò a farmi visita, aveva qualcosa in mano e non appena mi fu vicino disse: “E' un dispaccio mademoiselle. Il mio emissario è arrivato ora da Parigi.”, mi porse quel pezzo di carta, ma prima che io potessi prenderlo ritirò la mano e guardandomi attraverso gli occhiali disse: “Volete veramente leggerlo mademoiselle? Siete sicura che ne valga veramente la pena?”.

Ho altra scelta? Che le notizie siano o meno confortanti non mi resta comunque nulla della mia vita. Nemmeno Alexandre è qui con me e quindi preferisco sapere.”.

Tesi la mano per prendere il dispaccio.

Vorrei fare due passi, volete accompagnarmi Monsieur?”, chiesi.

Devo dare alcune disposizioni prima della partenza mademoiselle. Se volete scusarmi.”, e mi lasciò senza aggiungere altro.

Mi incamminai lungo i viali del giardino e mi sedetti sotto un salice piangente; con le mani tremanti aprii quel dispaccio: era breve e scarno, diceva:


.....I partecipanti alle azioni di guerriglia della scorsa notte verranno puniti con la morte. Insieme agli esecutori materiali sono stati arrestati anche coloro che sono considerati i mandanti dell'intera operazione. L'esecuzione, per ordine del re, si terrà domani stesso davanti alla Bastiglia....”.


Lessi i nomi della lista, ad un certo punto il mio cuore si fermò per un attimo, tra i ventitré condannati alla ghigliottina figuravano i nomi di mio padre e mia madre, del marchese e della moglie e con mia grande sorpresa anche i nomi dei genitori di Philippe. Morti, tutti morti.

Un urlo straziante uscì dalla mia bocca: un senso di solitudine profonda e di totale impotenza mi avvolse, ma le lacrime rimasero incastrate dove si trovavano o forse più semplicemente non ne avevo altre da piangere.

Sentivo l'orrore e la disperazione arrivare come una tempesta pronta a travolgermi, ma nel momento in cui stavo per lasciarmi andare sentii una mano appoggiarsi sulla mia spalla.

Mi voltai di scatto ed Eleazar era lì, lo guardai e con un movimento fluido e leggero egli mi strinse delicatamente a sé.

Ditemi che questo dolore finirà prima o poi. Ve ne prego Eleazar, ditemi che finirà.”, dissi disperata ed alzai lo sguardo verso il suo viso.

Presa da non so quale istinto mi sporsi verso di lui e cercai le sue labbra, dio quanto le avevo desiderate all'inizio, ma fu lui stesso a bloccare la mia foga.

Jean,”, disse scostandosi un poco, ma senza lasciare la presa sull'abbraccio: “andrà tutto bene. Tutto questo orrore finirà molto presto e diventerà solo un ricordo sbiadito nella tua mente..., ma io non sono quello di cui hai bisogno, non in quel senso almeno. Ma ti starò accanto Jean e non solo perché questo è il mio compito, ma in questo tempo trascorso in casa vostra mi sono affezionato a te e a tuo fratello. Ecco è come se tu fossi una sorella per me, sono convinto che in un modo o nell'altro tu abbia molto da dare e voglio aiutarti a superare questo momento di difficoltà. Tutto ciò che hai vissuto in questi ultimi mesi ti ha aiutato a rafforzare il tuo carattere Jean. Ora sei una donna forte e diventerai altrettanto determinata e combattiva. Stanne certa.”.

Per la prima volta da quando lo conoscevo, Eleazar aveva mostrato una parte di sé a me sconosciuta, per la prima volta mi aveva parlato in maniera diretta e sincera, non provavo vergogna per il mio strano tentativo di baciarlo e lui non me lo fece pesare. Mi abbandonai provata tra le sue braccia ed egli mi cullò dolcemente finché non mi addormentai.


(Eleazar)


Sapevo bene che Jean era allo stremo e consegnarle quel dispaccio significava spedirla dritta all'inferno senza possibilità di ritorno.

Ma non potevo negarle la verità, in qualche modo avevo il sentore che quella notizia mi avrebbe permesso di ottenere da lei ciò che volevo, nonostante fossi anche convinto che non sarebbe stato semplice come lo era stato con il giovane Alexandre. Di solito quando trovavo qualcuno con particolari doni o attitudini, non mi preoccupavo più di tanto, facevo quello che dovevo fare e poi se non accettavano la situazione ci pensavano i capi, ma questa volta era diverso.

Forse il motivo era il fatto che tutto fosse iniziato per fare un favore alla marchesa che in realtà era una mia lontanissima parente ed era la custode del mio segreto.

Da generazioni nella mia famiglia il segreto di quanto mi era accaduto, veniva tramandato e le custodi erano sempre state donne. Ora che la marchesa non c'era più, Caroline sarebbe stata la nuova custode. Con la custodia, lei riceveva per diritto la nostra protezione per il resto della vita, ma se lei non avesse partorito una figlia femmina il nostro segreto sarebbe morto con lei.

Sì forse era per questo che mi sentivo così protettivo nei confronti di Jean e Alexandre. Quando li avevo incontrati per la prima volta a casa dei marchesi, mi resi subito conto che avevano grandi talenti nascosti e latenti. Due doni complementari, come loro due d'altronde, loro due parti equamente divise di un intero. E allora dopo aver messo al sicuro François, ero stato io stesso a chiedere alla marchesa di intercedere presso i de Moreaux, perché mi permettessero di occuparmi dell'incolumità di quei due gemelli. La marchesa, ricordai, ne fu molto felice perché lei e suo marito consideravano quella famiglia, molto ricca, ma priva di qualsiasi titolo nobiliare, molto importante e volevano loro un gran bene.

Scoprii solo più tardi i loro propositi verso la monarchia e che il padre di Jean amministrava fino all'ultimo centesimo del marchese, garantendogli molto, molto più del normale guadagno.

E poi i loro figli erano estremamente legati e questo in qualche modo mi facilitava il lavoro. Durante l'estate ero tornato a Volterra e avevo parlato con lui, gli avevo illustrato ciò di cui potevano essere capaci e lui ne era rimasto profondamente affascinato, era già sicuro che loro sarebbero diventati i suoi protetti e che lei lo avrebbe reso felice dopo tanto tempo. Su quest'ultimo punto avrei avuto qualcosa da ridire, ma contrariarlo non sarebbe stato saggio e quindi tenni i miei pensieri per me. D'altronde io dovevo solo eseguire gli ordini per perseguire il mio compito ed il mio compito era quello di trovare persone talentuose in giro per il mondo e convincerle che c'erano anche altre alternative nella vita e poi condurle da lui che avrebbe fatto il resto. Lo facevo ormai da un po', era stato lui a trovarmi e ad educarmi. Poi uno molto simile a me si era accorto delle mie potenzialità e così mi avevano spedito nel mondo alla ricerca di altri che volessero condividere e difendere la regola anche a costo della vita.

Non sempre ero d'accordo con i suoi modi, ma d'altronde io non stavo quasi mai a Volterra e quindi non ci facevo molto caso, ma anche se avessi voluto no sarei stato in grado di oppormi e poi sapevo che un giorno me ne sarei andato con qualcuno che ancora non c'era, ma che sarebbe arrivato presto.


(Jean)


Mi risvegliai in carrozza, doveva essere già mattina, anche se fuori pioveva ed il cielo doveva essere molto più che grigio.

Sentii bussare allo sportello ed un secondo dopo Eleazar era di fonte a me.

Buongiorno Jean. Posso ancora chiamarvi per nome?”, chiese gentilmente.

Annuii sorridendo lieve e ripensando a quello che era successo il giorno prima:mi faceva piacere che mi chiamasse così, anche se aveva ricominciato a darmi del voi.

Come state?”, aggiunse,

Frastornata e stordita....credo. E poi dormire ogni notte in carrozza non aiuta.”, dissi.

Non preoccupatevi Jean. Siamo in Italia ora, sta notte dormirete in un letto comodo. Non è più necessario viaggiare di notte e tra un paio di giorni saremo a Volterra. Potrete finalmente rivedere Alexandre....”.

"Grazie Eleazar.”, dissi e allungai la mano per sfiorare la sua: era così fredda, non avevo mai avuto il coraggio di chiedere il perché e non lo feci nemmeno in quel momento.

Avevo comunque il sospetto che presto l'avrei scoperto.

Viaggiammo tutto il giorno sotto una pioggia copiosa, la classica pioggia d'estate. All'imbrunire arrivammo nel luogo dove avremmo passato la notte. Cenai da sola e poi chiesi di essere accompagnata nella mia stanza, ero stanca e volevo cercare di riposare, ma prima di andare Eleazar mi raggiunse per avvisarmi che l'indomani saremmo arrivati a destinazione. Finalmente avrei visto Volterra, ma soprattutto avrei rivisto mio fratello.


(Alexandre)


Il fuoco ardeva ed il dolore che sentivo era inenarrabile, ma ormai ero in grado di tenerlo sotto controllo. Quando avevo lasciato mia sorella affidandomi ad Eleazar egli mi aveva detto: “Non posso farlo io, non me lo perdonerebbe ed io rischierei di venire annientato....”.

Portami da lui allora.”, gli risposi.

Io non posso abbandonare tua sorella, ma ti farò accompagnare.”.

Mi aveva affidato ad uno dei suoi uomini, in una sola notte eravamo arrivati a destinazione.

Aspetta qui!”, mi aveva detto il mio accompagnatore e si era eclissato lungo un corridoio.

Mentre attendevo in una bellissima stanza che dava sulla piazza di Volterra, mi appisolai. Fu un sonno profondo e ristoratore, l'ultimo della mia vita, perché dopo quello che avrei subito, non avrei mai più dormito.

Eleazar era stato prodigo di consigli e di particolari su quello che sarebbe stato il dopo e quando avevo metabolizzato ogni singola sua parola, mi era sembrato abbastanza semplice da affrontare.

Ma prima avrei dovuto vivere quel dolore, quel dolore tanto intenso che avrebbe cancellato quelli che si erano indelebilmente impossessati del mio cuore e della mia anima. Non vi era dolore più sconvolgente di quello che avevo già provato e quindi avrei accettato di buongrado di ardere anche per il resto dei miei giorni, pur di aver cancellati i miei ricordi.

Non sapevo quanto tempo fosse passato, ma ad un certo punto il mio accompagnatore tornò.

Vieni.”, disse: “Lui ti sta aspettando.”.

Mi condusse lungo quel corridoio che egli aveva già percorso, lasciai che la mia attenzione venisse catturata dalle innumerevoli opere d'arte che stavano appese al muro oppure ben abbarbicate alle loro nicchie.

I quadri erano tutti così chiari, così pieni di luce, come se volessero illuminare il mio percorso verso l'ignoto. E poi eccola in fondo a quel lungo corridoio stava una porta aperta, non c'erano echi di voci, ma solo pace e silenzio. Sulla soglia mi bloccai per un attimo, in quell'istante tutta la mia vita mi passò davanti agli occhi: l'infanzia felice in seno alla mia famiglia, l'adolescenza e le prime scoperte e poi Caroline e il nostro amore e poi di nuovo quella lacerante sensazione di perdita e di dolore sconfinato che mi si infrangeva addosso come l'acqua di un fiume in piena.

Fu quell'ultima immagine a far muovere i miei passi verso quella figura tanto strana, ma allo stesso tempo così interessante.

Anche se in tutta franchezza credevo che da lui sarei andato comunque, egli aveva uno sguardo così particolare, era come una calamita, mi convinsi in fretta che chiunque fosse stato preda di quello sguardo avrebbe accettato di fare qualsiasi cosa, anche di camminare a piedi nudi sulle braci.

Mi venne incontro a sua volta tendendomi la mano; Eleazar mi aveva reso partecipe del fatto che egli possedeva il dono di ascoltare i pensieri altrui solo toccandoli, quindi immaginai che volesse leggere i miei in quel momento.

Benvenuto a Volterra mio giovane aspirante.”, disse e la curva di un sorriso apparve sul suo volto cereo.

Ma su, vieni, avvicinati. Non temere, Eleazar mi ha molto narrato di te e della tua gemella. Vuoi?”, chiese infine facendo cenno alla mia mano. Gliela porsi senza incertezze ed egli la accolse tra le sue, gelide, inchiodando i miei occhi ai suoi.

Perso in quello sguardo, per la prima volta dopo molto, moltissimo tempo, mi sentii finalmente libero, libero di guardare, libero di toccare, libero di respirare, finalmente libero di vivere.

Ad un certo punto lo vidi ammutolire, sul suo viso un'espressione di profonda meraviglia.

Così è lei..., quale dono mi ha fatto il mio grande amico Eleazar...”, disse, poi tacque ancora a lungo.

Quando questo dialogo silenzioso si concluse, egli lasciò andare la mia mano e fece alcuni passi indietro senza distogliere i suoi occhi dai miei.

Mio giovane amico, molto è il dolore che hai provato, ma grande è stata la serenità con cui l'hai affrontato. Sai già quale sarà il tuo destino se decidi di andare fino in fondo ed anche quale sarebbe nel caso tu volessi rinunciare....”, disse risoluto.

In entrambi i casi riuscirei a perseguire il mio obbiettivo...dimenticare.... è l'unica cosa che desidero ora...., non sono venuto qui per rinunciare...”, riuscii a dire e distolsi lo sguardo da lui.

Rimase lì ad osservarmi per alcuni attimi infiniti e poi mi si avvicinò nuovamente e quando mi fu vicino, molo vicino, sentii la sua voce risuonare come musica nelle mie orecchie.

Respira per l'ultima volta mio giovane aspirante.”.

Poi un dolore lancinante alla gola ed il fuoco ed il dolore.

Non sapevo per quanto tempo sarei rimasto lì a contorcermi in silenzio, ma più il tempo passava e più mi rendevo conto che quel fuoco stava lavando via i segni della sofferenza: ciò che desideravo di più, dimenticare, stava diventando realtà.

Ornai il fuoco era al termine, l'incendio era quasi spento ed il dolore governabile: avevo una nuova consapevolezza di me stesso. Mi sentivo forte, potente, ma allo stesso tempo sapevo che tutto ciò mi sarebbe costato la sottomissione alla regola, al suo volere, allo stile di vita che lui voleva per tutti noi, perché anche se lui non era il capo dichiarato, era quello con la personalità più spiccata fra i tre fratelli e per tacito accordo egli era il portavoce dei tre, ma anche colui che alla fine decideva per tutti.

Ad un certo punto tutto si zittì e non sentii più nella tranne un bruciore incontenibile alla gola: sapevo cos'era, era la sete.

Eleazar era stato chiaro su questo punto: la sete era la connotazione più naturale della mia nuova natura. Sì perché da quel momento non ero più un essere umano, ma solo un'ombra lieve di ciò che ero stato: da oggi sarei stato un vampiro.

Assetato di sangue.

Mentre aprivo gli occhi mi giunse chiara la voce del mio accompagnatore che diceva: “E' sveglio.”, e la sua voce rispondere: “Accompagnalo e fai in modo che soddisfi la sua sete. Non vorrei che mettesse a rischio la vita della sorella, una volta arrivata qui.”.

Mia sorella, sì Jean, la mia gemella. L'avevo lasciata nella carrozza diretta qui mentre ancora dormiva. Sarebbe arrivata tra qualche giorno ed io le avrei mostrato le bellezze di questa nuova vita e l'avrei convinta ad unirsi a noi.

Se non avesse accettato, mi sarei saziato del suo sangue.





ANGOLO DELL'AUTRICE


Grazie ad ayumi e ad aniasolary che continuano a seguirmi puntualmente. Grazie anche a quanti mi seguono senza commentare.

Alla prossima.

  
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