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Autore: Daphne_Descends    01/11/2010    3 recensioni
Santa Barbara, California.
Daniel Smith aveva sempre avuto delle certezze: la terra sarebbe sempre girata intorno al sole, i Gauchos avrebbero vinto il campionato e lui non sarebbe mai riuscito a sopportare May Harris.
Ma non sempre nella vita tutto va come ti aspetti e se di mezzo c'è anche l'amore allora sei proprio fregato.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Losing grip

 

 
 

Palleggia. Tira. Canestro. Palleggia. Tira. Canestro. Palleggia. Tira. Canestro.
Ero totalmente concentrato sulla palla; c’eravamo soltanto io, lei e l’altro. No, non era una telenovela romantica.
La verità era che dovevo allenarmi a giocare a pallavolo per il torneo di quartiere, non gingillarmi sul campo di basket, ma il fatto era che, anche se Damon e Josh volevano affrontarsi, non era detto che sarebbero capitati uno contro l’altro e se uno di loro fosse finito contro May sarebbe stato eliminato in cinque minuti.
Quindi che motivo c’era di sprecare il mio tempo con la pallavolo?
Tirai di nuovo la palla, facendo l’ennesimo canestro.
In realtà era un’altra la sfida che mi innervosiva: quella contro Norris. Per quanto odiassi ammetterlo lui era davvero un ottimo giocatore e non ero sicuro di poter riuscire a batterlo. Se non altro, però, May stava migliorando. Per fortuna.
«Lo sapevo che ti avrei trovato qui».
Fermai il pallone e mi voltai verso Ryan, scostandomi i capelli dalla fronte sudata. Che grande scoperta, il campo da basket era l’unico luogo che riusciva a calmarmi.
«Chi ci fai da queste parti?» gli chiesi, asciugandomi la faccia con il bordo della canottiera. Mamma non ne sarebbe stata contenta.
«Volevo chiederti se ti andava di fare un giro, devo scattare delle foto dal lungomare» mi spiegò allegro.
«Non posso. Non c’è nessuno in casa e Damon è fuori senza chiavi».
«Dov’è andato?»
Feci una smorfia «A casa Harris. May gli sta insegnando a giocare a pallavolo» sibilai disgustato.
Lui alzò le sopracciglia «E a te no? Povero, piccolo Danny, lasciato tutto solo!»
«Oh, taci! Chi vuole imparare uno sport stupido come la pallavolo?» tirai con forza la palla sul cemento, facendola rimbalzare in un angolo.
Ryan ghignò divertito «Te la sei presa, vero? Damon sì e tu no».
Gli lanciai un’occhiataccia «Ti ho detto che non me ne importa nulla! Che facciano pure quello che vogliono, anzi, sai cosa ti dico? Vengo con te» così Damon imparava a fraternizzare col nemico.
«Almeno vai a dirglielo» mi consigliò Ryan ridacchiando come uno stupido. Cosa ci trovava di così divertente proprio non lo sapevo.
«Io a casa di Harris non ci vado!»
«Ti vergogni?»
«Vai al diavolo!»
 
E fu così che mi ritrovai a suonare il campanello della mia simpatica dirimpettaia con Ryan che cercava di trattenere le risate, sperando che la signora Harris non ci fosse per evitare che mi invitasse a bere qualcosa e non mi lasciasse più andare.
Fortunatamente aprì Juliet che ci salutò allegramente «Ciao ragazzi, cosa posso fare per voi?»
Nonostante fossero passati due anni dalla fine della mia cotta per lei, non potevo fare a meno di sentirmi imbarazzato «Ciao Juls, Damon è ancora qui?»
«Sì, è con May ed Emily sul retro. Stanno facendo una confusione allucinante, ma sta bene» mi rispose con un sorriso.
«Bene» più o meno «Volevo so-».
«Emily?» mi interruppe Ryan, spostandomi di lato «Emily Snow è qui?!»
Juliet lo fissò sorpresa e mi lanciò un’occhiata perplessa «Sì, per-».
«Perfetto!» esclamò il mio amico, con un sorriso che avrebbe potuto abbagliare anche i bagnanti in spiaggia, stringendo le mani di Juliet e guardandola implorante «Vero che possiamo restare?» piagnucolò.
«Ehm… sì, cer-» Juls lo fissò stralunata, probabilmente pensando che fosse pazzo, prima di venire interrotta di nuovo.
«Grazie!» esclamò Ryan, superandola e fiondandosi dentro, come se fosse stata a casa sua.
Io mi massaggiai la fronte esasperato «Scusa, ma si è preso una sbandata per la Snow e non capisce più nulla. Non che prima fosse tanto normale».
Juliet scoppiò a ridere divertita «L’avevo immaginato. Vuoi entrare anche tu?» mi chiese ironica.
Io scrollai le spalle e varcai la soglia con un sorriso.
Che si spense quando mi ritrovai nella loro cucina faccia a faccia con May.
Lei sbuffò «Certo che sei davvero una persecuzione».
Decisi di ignorarla, mentre Juliet prendeva le mie difese «Sii un po’ più cordiale, May. Stai diventando troppo acida».
Si fissarono per un attimo, impegnate in una di quelle conversazioni fatte di sguardi che io proprio non capivo per nulla. Alla fine May alzò le spalle, chiuse il frigorifero e tornò in giardino.
Juliet sospirò, seguendola ancora per qualche istante, poi si voltò verso di me «Io devo mettere via un paio di cose, ma arrivo subito, tu intanto raggiungi pure gli altri» mi salutò con un cenno del capo e un sorriso, per poi avviarsi al piano superiore.
Io sospirai e uscii dalla porta di servizio, tornando alla calura pomeridiana. Sotto il sole, Damon si passava la palla con May ed Emily, che ogni tanto gli correggevano la postura o la posizione delle mani, mentre Ryan scattava foto qua e là, puntando l’obbiettivo sempre nella direzione della Snow.
«Ehi, Dan!» esclamò Damon non appena mi vide «Sei venuto a giocare anche tu?»
Dovetti mordermi la lingua per non dire niente di offensivo nei confronti della padrona di casa, che si limitava a fissarmi con i suoi occhi azzurri.
«No. Sono venuto per…» non sapevo cosa rispondere, perché nonostante in alcuni momenti avrei voluto strangolarlo, Ryan rimaneva il mio migliore amico e non ero sicuro che fosse la cosa giusta rivelare che l’avevo soltanto seguito nel suo sprint verso Emily.
Ma fu proprio lei che mi evitò una risposta «Damon ha detto che partecipi anche tu al torneo. Perché non ci alleniamo insieme?»
«Sì, alleniamoci tutti insieme!» esclamò Ryan con sguardo acceso.
Alzai gli occhi al cielo «Tu non partecipi» gli ricordai annoiato.
«Questo non vuol dire che non ami la pallavolo con tutto il mio cuore!» mi lanciò uno sguardo divertito, che si trasformò non appena Emily gli rivolse la parola.
«Ti piace la pallavolo?» chiese curiosa.
A qualche metro di distanza vidi May esibirsi nella mia stessa smorfia.
«Ma certo che mi piace! E’ il mio sport preferito!» Ryan il Conquistatore alla riscossa.
Mentre quei due cominciavano a parlare, Dom venne a farmi vedere quello che aveva imparato.
«E so fare anche il muro! Solo che May dice che sono troppo basso» le lanciò uno sguardo colmo di risentimento, che lei ignorò «Io non sono basso».
Alzai un sopracciglio verso May, che rispose con una scrollata di spalle. Certo, a lei non importava dover sopportare per la prossima settimana le lamentele di Damon e i suoi inutili tentativi di allungarsi.
«Ma anche se fa l’antipatica è molto brava a spiegare» continuò poi con un sorriso, facendomi quasi strozzare con la mia stessa saliva.
«May? Brava a spiegare?»
«Sempre meglio di te, Smith» sibilò irritata, incrociando le braccia con aria stizzita.
«Non ci credo».
«Non me ne importa».
«Perché allora non provate? Io gioco con Damon» propose Juliet, appena arrivata.
«Non ci penso nemmeno!» esclamammo all’unisono io e May, lanciandoci subito dopo un’occhiataccia.
Ma lei ci ignorò candidamente «Ti va, Damon?» gli chiese con un sorriso, lui non poté fare a meno di accettare e ricambiare, visto che adorava indiscutibilmente Juliet.
E io e May fummo lasciati a fissarci con odio.
«Sia chiaro, non voglio imparare nulla da te».
«Sia chiaro, non voglio insegnare nulla a uno come te».
Sbuffammo entrambi e non riuscii a trattenermi dal domandarle «Non dovresti allenarti a basket, invece di pallavolo?»
Lei roteò gli occhi azzurri «Odio il basket tanto quanto tu odi la pallavolo».
«Però ti tocca farlo».
«Anche a te».
Era frustrante parlare con May: non faceva altro che ributtarti in faccia tutto quello che le dicevi. Dovevo ammettere che mi era capitato di pensare a come potesse essere parlarle come facevo con Juliet, ma c’era sempre qualcosa che mi bloccava, perché non riuscivo a pensare a lei come a sua sorella. Se immaginavo di stare con lei, o litigavamo o facevamo altre cose, che mi lasciavano spesso col fiato corto e una strana sensazione nello stomaco. Non avevo quasi mai pensieri di quel genere, e men che meno avrei voluto averli su di lei, però ero un ragazzo e certe cose le notavo, anche da sbronzo.
Se mi piaceva Juliet per il suo aspetto, non poteva non piacermi anche May, visto che erano gemelle, l’unica cosa di May che non riuscivo proprio a sopportare era il suo carattere scontroso. Se fosse stata diversa non mi sarei stupito se me ne fossi innamorato.
«Dimmi la verità» cominciò dopo qualche secondo «Quanto è forte Norris?»
Feci una smorfia e distolsi lo sguardo, tutto quello che riuscii a mormorare fu un «E’ bravo».
Ma lei capì lo stesso, perché se ammettevo che una persona che non sopportavo era brava, allora era brava sul serio.
Imprecò lievemente e borbottò «Allora dovrò fare sul serio».
Sentendo quelle parole un piccolo dubbio si fece strada dentro di me «Non vorrai dire che fino ad adesso hai giocato e basta».
May non rispose subito, ma alzò un sopracciglio biondo divertita «Gioco a pallavolo, Daniel, so come usare una palla».
Per la prima volta nella mia vita lo sguardo di May riuscì a mandarmi a fuoco le guance e io ringraziai chiunque avesse deciso di rendere la giornata di oggi così tremendamente calda. Piccola imbrogliona.

 

 

Il torneo di quartiere fu un delirio.
Come c’era da aspettarsi vinsero May ed Emily, entrambe giocatrici titolari della squadra dell’università. Damon saltellò letteralmente di gioia quando vincemmo contro i fratelli Wilson e io mi divertii un mondo a stracciare Matt. Ma niente poteva battere la faccia sconsolata del mio capitano quando May gli rifilò un altro due di picche. In realtà ero piuttosto convinto che continuasse a provarci con lei per puro divertimento, perché avevo notato le occhiate che lanciava a Juliet, quando pensava che nessuno stesse guardando.
Il culmine si raggiunse quando Ryan stampò un bacio sulla bocca di Emily, che la prese decisamente meglio del previsto, visto che cominciarono ad assomigliare spaventosamente a due ventose, tanto erano appiccicati. A quanto pareva la loro relazione non aveva fatto altro che svilupparsi in meglio dalla prima volta che si erano parlati, qualche tempo prima.
Io e May avevamo continuato gli allenamenti e lei stava dando davvero il massimo e dovevo ammettere, seppur riluttante, che quando voleva sapeva essere molto brava.
Ed incredibilmente era in grado anche di non essere insopportabile, specie quando, invece di insultare me, lanciava improperi a Norris e la Green.
Sì, iniziava a diventare più semplice starle accanto. Non che fosse il mio passatempo preferito, chiaro. Se potevo, preferivo ancora starle il più lontano possibile, non mi ero rincitrullito del tutto. Solo che avevo iniziato a notare che la sua espressione tranquilla era molto più bella di quella stizzita. E che aveva un bel paio di-
«Ehi, bello addormentato, ci sei?» Matt mi agitò una mano davanti agli occhi, riscuotendomi fortunatamente dai miei pensieri, che stavano prendendo una piega preoccupante.
«Che vuoi?» esclamai ad alta voce, cercando di superare il frastuono della musica.
Lui mi fissò con un’espressione divertita «A cosa stavi pensando?» urlò, chinandosi verso di me, dall’altra parte del tavolo «Sembravi un ebete!»
Feci una smorfia «Non è vero!».
«Ti prego, sembravi Ryan mentre guarda la Snow!»
Spalancai la bocca, offeso «Non dire cazzate!» Come se avessi davvero potuto avere quell’espressione da imbecille pensando a May «A proposito, dov’è finito Ryan?»
Matt scrollò le spalle «E’ da un pezzo che se n’è andato con la sua bella, probabilmente nel parcheggio a limonare. Sul serio, ma su che pianeta sei finito, nel frattempo?»
Gli lanciai un’occhiataccia «Taci!» Non avremmo dovuto lasciare che fosse Ryan a decidere il locale dove andare quella sera, sicuramente si era messo d’accordo con Emily per trovarsi lì, anche quando avrebbe dovuto passare la serata con noi, i suoi migliori amici. E di sicuro Emily non era venuta da sola, ma si era portata dietro May e io non avevo voglia di trovarmela davanti quando potevo evitare di vederla, con la sua gonna corta e le gambe scoperte. E i capelli sciolti che svolazzavano qua e là, lasciandosi dietro una scia di odioso profumo alla mandorla, e la scollatura indecente, che praticamente ti obbligava a dare una sbirc-
«Lo stai facendo ancora!» esclamò Matt esasperato, svegliandomi dalla trance in cui ero piombato.
Saltai su, spaventato «No!» negai, spalancando gli occhi. Cacchio, l’avevo fatto di nuovo.
Vidi Matt alzare gli occhi al cielo «Si può sapere cosa ti succede? Sei più strano del solito!»
«Sto benissimo! E non ho niente che non va!» strillai con voce un po’ più acuta del normale, guadagnandomi un’occhiata inquisitoria.
«Senti» cominciò lui, fissandomi attentamente «sei uno dei miei migliori amici, ti conosco praticamente da dieci anni e so che l’unica volta che hai avuto quella faccia è stato quando pensavi continuamente a Juliet. Ora mi spieghi cosa diamine mi stai nascondendo» il suo sguardo si incupì appena, non appena menzionò Juliet.
«Ti piace Juliet?» gli chiesi a bruciapelo.
Ebbe uno strano tic del capo ed esitò, prima di lanciarmi un’occhiataccia e sibilare «Non cercare di sviare la conversazione!»
Cazzo.  Non potevo certo dirgli che era da almeno una settimana che avevo strani pensieri su May. Non l’avrei ammesso neanche morto!
«Non ti sto nascondendo niente, perché dovrei?» cercai di non incontrare i suoi occhi penetranti, cosa alquanto semplice nella confusione del locale.
Ryan era la persona che sapeva tutto di me, che mi conosceva meglio di chiunque altro, ma a Matt non serviva conoscermi alla perfezione, perché lui era in grado di leggermi dentro con una sola occhiata. Mi metteva addosso una dannata fifa.
«Mi hai preso per un deficiente? A momenti sbavavi, porca miseria!»
«Io non sbavo!» esclamai inorridito. E sicuramente non per May.
«Continua a crederci, amico».
Sbuffai esasperato e mi alzai di scatto «Vado a fare un giro».
Matt non mi rispose, ma quando gli passai accanto mi afferrò per un braccio e mi guardò dritto negli occhi «Non è Juliet, vero?»
Se non fossi stato preoccupato e infuriato con me stesso, sicuramente sarei scoppiato a ridere della sua espressione insicura, che non mostrava mai a nessuno, invece mi limitai a fare una smorfia e scuotere la testa. Non era Juliet, non quella volta, ma ci si avvicinava parecchio.
Mi feci largo tra la gente che affollava la pista da ballo, diretto verso l’uscita, evitando le mani delle sconosciute e cercando di farmi sommergere dalla musica alta, così da dimenticare tutto quanto.
 
Non c’era umidità nell’aria e, a confronto del caldo soffocante della discoteca, lì fuori si stava benissimo.
Mi appoggiai con la schiena al muro, lontano dai gruppetti di fumatori e le coppie che, senza il minimo pudore, si strusciavano contro qualsiasi superficie solida.
Cosa mi stava succedendo? Avevo sempre ignorato il fatto che May assomigliasse a Juliet e che il suo aspetto fosse uno dei migliori che avevo mai visto. Cos’era cambiato, allora? Perché improvvisamente mi ritrovavo a pensare a lei in quel modo? Forse era da troppo tempo che non avevo rapporti di nessun genere con una ragazza e allora mi incantavo sulla prima che trovavo. Sicuro.
Odiavo quella fottutissima situazione. Cosa cazzo aveva May di particolare? Era bella da mozzare il fiato, ma il suo carattere da stronza compensava abbondantemente e fino ad un mese fa non la sopportavo. E non la sopportavo tutt’ora… cazzate! Era diventato quasi piacevole stare con lei. Era simpatica e divertente quando voleva e il suo sorriso mi faceva girare la testa.
Sospirai e chiusi gli occhi, cercando di trovare la forza di entrare di nuovo e cercare una ragazza qualsiasi con cui passare la serata e che mi avrebbe fatto passare tutti quegli strani pensieri.
«Ti ho detto di non toccarmi, stronzo!»

Ma porca di quella-
«Andiamo, non ti ho fatto niente!»
«Ah sì? Vedi allora come ti concio io, se allunghi ancora una volta quelle manacce!»
«Senti piccola-».
«Non osare finire la frase! Non ti conosco nemmeno!»
«Guarda che sei tu ad avermi baciato!»
«Sì, ma questo non ti autorizzava ad infilare la tua merdosa mano sotto la mia gonna!»
Aprii gli occhi all’istante, puntandoli qualche metro alla mia destra, dove proprio la persona a cui stavo cercando di non pensare litigava furiosamente con un ragazzo.
Avevo avuto ragione a non volerla incontrare, perché la sua gonna era davvero troppo corta e avevo l’impressione di avere un debole per le sue gambe.
E probabilmente non ero l’unico, visto come la stavano guardando alcuni ragazzi.
Serrai la mascella, tentando a tutti i costi di ignorarla e tornarmene dentro, ma quando quel tipo le afferrò il polso e la tirò verso di sé scoppiai.
Sapevo perfettamente che era in grado di difendersi da sola, considerato lo schiaffo che gli mollò subito dopo, tanto forte da costringerlo a lasciarla e portarsi una mano alla guancia colpita, e quello scoraggiò sicuramente gli altri spacconi che rimasero a fissarla stupiti, però ero stufo e preferivo mettere a tacere quella strana sensazione nello stomaco.
Mi staccai dal muro e mi avvicinai, maledicendomi in ogni lingua per quello che stavo facendo, la afferrai per un braccio e lei si voltò di scatto, come se fosse stata pizzicata da un animale. I suoi occhi lampeggiavano, ma aggrottò le sopracciglia confusa quando mi riconobbe «Andiamo» dissi, voltandomi e portandomela dietro, di nuovo nel locale; stranamente lei mi lasciò fare, senza lamentarsi né dire niente.
Mentre mi facevo di nuovo spazio tra la gente che si scatenava a ritmo di musica, diretto al tavolo da Matt, le lanciai delle brevi occhiate, constatando poco felicemente che era esattamente come me l’ero immaginata e quello non andava bene per niente.
Per di più Matt non c’era, ma non era di certo una grande sorpresa, probabilmente era andato a ballare con qualche ragazza.
«Eri con Emily?» le chiesi, scrutando la sala.
«Sì, prima che sparisse con il tuo amico. Ora puoi anche lasciarmi il braccio, sai?»
Non mi ero nemmeno reso conto di trattenerla ancora; la mollai all’istante, ma continuai a fissarla, mentre mi studiava.
«Che c’è?» le chiesi scorbutico, imponendomi di guardare i suoi occhi e nient’altro.
Lei si portò una ciocca di capelli dietro le spalle e fece schioccare la lingua «Beh, accompagnami a casa, no?»
Spalancai la bocca, oltraggiato «Cosa?! Perché dovrei, scusa?»
«Non so, forse perché abiti davanti a me e il tuo amico mi ha portato via il passaggio?»
«Sei proprio insopportabile».
«Lo so. Andiamo?»
Sbuffai, roteando gli occhi annoiato «Va bene. Ma solo perché me ne stavo andando anch’io».
«Sì, certo».
Quanto mi faceva infuriare quando mi guardava in quel modo: col sopracciglio alzato e quel ghigno storto, come se sapesse perfettamente che stavo mentendo, ma facesse finta di credermi.
Mandai velocemente un messaggio a Matt, facendogli sapere che me ne andavo, mentre May apriva la strada verso l’uscita del locale. Starle dietro non era difficile, visto l’enorme numero di ragazzi che la fermavano per chiederle di ballare, e lei sembrava innervosirsi ogni passo che faceva, tanto che alla fine non mi stupii quando mi prese per mano e mi tirò più vicino. Cosa c’era di meglio per liberarsi degli scocciatori che far vedere di essere già impegnate?
Mi lasciò una volta superata la pista da ballo e si diresse a passo sicuro verso l’uscita, mentre i miei occhi si posavano sulle sue gambe e quello che c’era sopra. Fantastico, fottutamente fantastico.
Una volta fuori la guidai verso la mia macchina e salimmo senza dire una parola, come per tutto il resto del viaggio di ritorno, perché non avevamo niente di cui parlare.
Parcheggiai nel mio vialetto e scesi, subito imitato da May; ci fissammo per un istante da sopra il tettuccio dell’auto e poi parlammo nello stesso momento.
«Non c’era bisogno di aiutarmi».
«Da dove diamine è sbucato quello?»
Realizzare di aver pensato alla stessa cosa per tutto il tragitto, mi fece rabbrividire, anche se non avrei saputo dire se in positivo o negativo.
«A voi ragazzi non si può dare un dito che vi prendete l’intero braccio» sbuffò May, alzando gli occhi al cielo.
«Se vai in giro a baciare sconosciuti è ovvio che penseranno che sei una facile» sibilai più acidamente di quello che volevo.
«O già, quindi se una ragazza che non conosci ti bacia tu pensi che voglia fare sesso con te» disse sarcastica, fissandomi con una smorfia.
Appoggiai le braccia incrociate al tetto della macchina «Io no, ma alcuni sì. La prossima volta bacia qualcuno che conosci, almeno non corri rischi» risposi con voce aspra.
«Ti stai offrendo volontario?» fece schioccare la lingua divertita, lasciandomi a bocca aperta, prima di salutarmi con un cenno del capo e avviarsi verso caso sua.
Dovetti stringere forte i pugni per evitare di andarle dietro e offrirmi davvero volontario. Quando si chiuse la porta alle spalle, sbattei ripetutamente la testa sull’auto, insultandomi a mezza voce.

Cosa diavolo mi stava succedendo?

 

«Ti piace?»
Mi trattenni dall’insultarla, optando per un più diplomatico «Cosa vuoi che me ne importi?»
May fece un verso stizzita e incrociò le braccia, iniziando per l’ennesima volta il suo stupido discorso sull’importanza di scegliere un colore per la sfida contro la Green e Norris.
Io me ne stavo beatamente stravaccato sulla sdraio nel giardino sul retro e, nascosto dietro le lenti scure dei miei occhiali da sole, guardavo quello che non avrei potuto guardare senza.
Odiavo l’estate. Perché doveva fare così caldo? E chi era l’idiota che aveva inventato i pantaloncini da donna? Probabilmente un povero maniaco represso che voleva vedere quello che nessuna gli aveva mai mostrato.
In quella posizione, le gambe abbronzate di May erano all’altezza dei miei occhi. Non era colpa mia se le guardavo. E se alzavo lo sguardo potevo tranquillamente osservare la sua pancia piatta, lasciata appena scoperta dal bordo della sua canottiera; purtroppo la scollatura era inaccessibile, ma sapevo accontentarmi.
«Mi stai ascoltando, idiota?» berciò irritata, schioccandomi le dita davanti alla faccia.
«Certo, certo» borbottai di rimando, senza degnarmi di alzare gli occhi verso di lei. Figuriamoci se stavo a sentire quello che aveva da dire.
«La Green mi ha detto che lei vuole il verde per la sua squadra, maledetta! E non mi ha neanche dato la possibilità di ribattere, visto che mi ha già fatto vedere le loro magliette! Ehi, mi stai ascoltando?!» si chinò su di me, reggendosi con le mani alla sdraio e portando il suo viso all’altezza del mio. Stava continuando a parlare infuriata, ma era come se non la sentissi nemmeno, visto che il mio sguardo dalle sue labbra piene scese più giù, fino a posarsi sul suo seno. Generalmente non ero un maniaco, quel ruolo l’avevo sempre lasciato a Ryan, ma avere la ragazza che da un paio di settimane a quella parte mi faceva ribollire il sangue e avere pensieri per niente casti a pochi centimetri di distanza, mise al tappeto il mio cervello. E inavvertitamente le sfiorai la gamba con una mano.
Lei non se ne accorse neppure, troppo presa a sputare insulti, io non le staccai gli occhi di dosso, perché nessuno sano di mente l’avrebbe fatto, e la mia mano si posò da sola poco sopra il suo ginocchio, decidendo di sua spontanea volontà di restare lì.
«-odio, non ho intenzione di perdere, in nessun campo, chiaro? Quindi diamoci una mossa a trovare un colore!»
Alzai un sopracciglio e la linea dello sguardo «Che colore?» chiesi ingenuamente, non sapendo in che guaio mi stessi andando a cacciare.
Lei tremò di rabbia «Non te le lavi le orecchie?! Razza di idiota, ti ho detto che dobbiamo trovare un colore per la nostra stupida squadra! Ed è da mezz’ora che lo ripeto! Perché diavolo non mi ascolti mai?!»
Ignorai i suoi insulti e roteai gli occhi «Non c’è bisogno di farne un dramma, è solo un colore».
Mi fulminò e mi strinse il colletto della maglietta, strattonandomi verso di lei e appoggiando un ginocchio accanto alla mia gamba «Se non mi dici all’istante che maglietta vuoi metterti per la sfida giuro che ti castro» mi sibilò, stringendo gli occhi azzurri.
Avevo sempre avuto un certo istinto di sopravvivenza, per cui riaccesi il cervello, che si premurò innanzitutto di spostare la mia mano in un altro posto, e dissi il primo colore che mi venne in mente «Rosso!»
«Rosso?» allentò la presa e aggrottò le sopracciglia pensierosa «Sì, direi che si può fare» si rialzò di scatto, privandomi del panorama e si sistemò la canottiera, tirando in basso e scoprendo un po’ in alto, cosa che non mi rese per niente triste «Beh, ora vado, ci vediamo domani per l’allenamento e guai a te se ti fai trovare ancora a letto!»
Feci una smorfia «Sei venuta alle sette, May! Che persona sana di mente si sveglia alle sette durante le vacanze estive?» mi lamentai, incrociando le braccia.
«Mi stai dando della pazza?» sibilò, con le mani sui fianchi, facendo calamitare il mio sguardo in quella zona.
«Te la sei data da sola».
«Faccio finta di non averti sentito: sono già in ritardo» con un brusco cenno del capo mi salutò e si voltò per andarsene. Si era girata così in fretta che non avevo avuto il tempo di distogliere lo sguardo, per cui rimasi a fissarle il sedere finché non scomparve.
Sospirai e ripresi il blocco che avevo lasciato da parte con l’arrivo di May: era un po’ rovinato, ma faceva ancora molto bene il suo lavoro. Sfogliai distrattamente alcune pagine, piene di schizzi o disegni completi e arrivai a quello che avevo iniziato quel pomeriggio, che rappresentava semplicemente un pezzo del mio giardino.
Ripresi a disegnare, perdendomi nel frattempo nei miei pensieri: non avevo ancora chiaramente capito quello che mi stava accadendo in quell’ultimo periodo, però sapevo che fissare May diventava di giorno in giorno sempre più piacevole e la cosa non mi dispiaceva affatto.

 

 

 

 


 

N/A: Solo due cose su questo nuovo capitolo: innanzitutto mi scuso se ci sono troppe parolacce, ma Daniel è così, punto. Secondo, come avrete notato il tempo scorre più velocemente, arrivando a circa due settimane dall’inizio della storia, senza soffermarsi sul torneo di pallavolo del quartiere. Daniel ha avuto modo di conoscere meglio May, perché nonostante abitino da anni e anni uno di fronte all’altra, non si sono mai veramente frequentati, quindi è per il fatto di averla scoperta che inizia a fare quei pensieri, perché May è diversa da come appare a prima vista. Poi c’è Ryan che in un lampo ha conquistato Emily (almeno una relazione facile! XD) e si da un po’ più spazio a Matt e Juliet. Non ho nient’altro da dire, tranne che il titolo “Losing grip” è una canzone di Avril Lavigne.
A questo link si può trovare un’immagine di Daniel (Matt Lanter! *ç*) e May (è l’unico volto che riesco a darle, anche come espressioni): Spin forum
Spero di sentire le vostre opinioni su questo capitolo!
Un grazie a tutti quelli che hanno letto e soprattutto Penny Black per aver commentato: penso di averti già risposto sul forum, Irene, ma comunque lascia che ti dica che hai inquadrato alla perfezione il carattere di May e i motivi della sua reazione contro Daniel nel capitolo precedente. In più ti dico solo che, anche se non sembra, Daniel ha un forte ascendente su di lei! Per questo si lascia trascinare e zittire.

Alla prossima!

   
 
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