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Autore: VaniaMajor    02/11/2010    1 recensioni
Raistlin è morto nell'Abisso, ma echi della sua impresa continuano a riverberare su Krynn. Il Portale non si è chiuso perfettamente e gli Dei temono un futuro oscuro. Solo lo Scettro dei Tre potrà scongiurare il pericolo. All'anima di Raistlin viene affidata una missione che cambierà il corso della Storia...
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ritorno dei Gemelli'
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Tanis tornò in casa con un sospiro, sfregandosi la barba in un gesto distratto. Laurana lo accolse con una luce interrogativa negli occhi luminosi.
«Cosa c’è, Tanis?» chiese.
«Porthios ci fa gentilmente sapere che non tollererà la presenza dei maghi per un’altra notte.- rispose Tanis, con un sorrisetto amaro- Qualcuno gli ha riferito della venuta di Silvara. Ha mandato un messaggero ad ordinarci di sloggiare entro il calare del sole.»
Laurana annuì, incupendosi. Tanis le passò un braccio attorno alle spalle e la strinse per un attimo a sé, comprendendo il suo tormento. Silvara se ne era andata prima di incontrarla, lasciandole soltanto un messaggio di Gilthanas, il fratello di Laurana. Laurana sentiva molto la mancanza del fratello con cui aveva condiviso l’infanzia e l’esperienza della Guerra delle Lance, ma comprendeva che il destino che lo aveva chiamato lo teneva lontano da lei. Inoltre, le pesava il fatto di dover restare a Qualinesti mentre Tanis avrebbe seguito il gruppo alla ricerca della terza Sfera dello Scettro dei Tre.
«Gli altri?» chiese Tanis, sapendo già la risposta.
«Sono di là.- disse Laurana, abbozzando un sorriso- Porthios poteva risparmiarsi il sollecito. E’ chiaro che Qualinesti non è che una tappa nel vostro viaggio.»
«Vorrei non averlo nemmeno cominciato, Laurana.- disse Tanis, annuendo- Ma ormai sono in ballo.»
I due si spostarono in sala da pranzo, dove gli amici erano riuniti, in attesa del ritorno di Tanis. Si stava discutendo sulla direzione da prendere una volta lasciata Qualinesti, e non si trattava di una decisione semplice.
Tanis guardò i suoi compagni ad uno ad uno. Katlin, la ragazza che aveva dato il via a quel pericoloso viaggio, sedeva tra gli altri due maghi, così pallida da fare ben poco contrasto con la sua veste bianca. Ombre scure le cerchiavano gli occhi, quasi che dopo la prima crisi la giovane avesse iniziato a deperire a vista d’occhio. La sua espressione, però, non aveva niente di stanco o patetico. Le brillava nelle pupille a clessidra una luce dura come diamante.
Alla sua destra sedeva Dalamar, le mani affondate nelle maniche della veste nera. Sembrava stranamente turbato, sebbene non ne fosse evidente il perché. A destra di Katlin, invece, c’era Raistlin, il cui viso non esprimeva alcuna emozione. Tanis si stupiva sempre più nel notare la somiglianza fisica tra la donna di Yolta e i gemelli Majere, ancora di più ora che gli occhi di Katlin erano stati maledetti. Katlin somigliava ai due perfino più di Kitiara.
Accanto a Raistlin, come sempre, c’era Caramon, che di tanto in tanto lanciava un’occhiata truce all’elfo oscuro, facendo presupporre a Tanis che i due avessero avuto una qualche discussione. Alla destra di Dalamar sedeva Crysania, calma e composta, e più oltre Tasslehoff, che si stava evidentemente annoiando a morte. Prova ne fu il fatto che alzò la testa con un sorriso gioioso all’ingresso di Tanis e Laurana, sperando con tutta evidenza che fossero latori di notizie interessanti.
«Chi era, Tanis?» chiese il kender, curioso.
«Porthios. O quantomeno un suo messo.- rispose Tanis, laconico, sedendosi a sua volta- Abbiamo tempo fino al calar del sole per lasciare Qualinesti. E’ un problema?»
«Non direi. Non abbiamo motivo di restare.» rispose Raistlin, con voce gelida. Tanis annuì, avendo previsto la risposta.
«E dunque, cosa facciamo?- chiese Caramon, intervenendo- Abbiamo due pezzi di quel benedetto scettro, ma da quello che ho capito non abbiamo idea di dove si trovi la terza parte.»
«Dici giusto, Caramon.- ammise Katlin- Non lo sappiamo.»
«E allora dove ci dirigiamo? Non esiste modo di trovare indizi?» chiese Crysania, corrugando appena la fronte.
«Non posso permettermi di cadere in trance, perciò questa possibilità è scartata in partenza.» disse Katlin, all’apparenza indifferente.
«Silvara ci ha detto che i draghi del Male le hanno teso un’imboscata. Presumo che ciò significhi che la Dea delle Tenebre possieda una visione piuttosto chiara di ciò che stiamo facendo.» argomentò Dalamar. Raistlin annuì.
«Ciò che le sfuggì quando io e Katlin uscimmo dall’Abisso, l’avrà di certo letto nella sua mente una volta preso possesso del suo corpo.» disse. Guardò Katlin e lei annuì.
«Lo ritengo molto probabile.- sospirò la giovane- In ogni caso, gli effetti si stanno palesando. Temo che fuori da Qualinesti non avremo un attimo di pace.»
«Motivo in più per non aggirarci per l’Abanasinia a casaccio.- disse Tanis, corrugando la fronte- Non c’è proprio niente che possiamo fare?»
«Qualcosa abbiamo, Mezzelfo.» disse Raistlin, con una luce astuta negli occhi dorati. Affondò una mano in una delle sue tasche segrete e ne estrasse un cilindro di metallo.
«Il Bastone!» disse Tasslehoff, eccitato, facendo per scendere dalla sedia nella speranza di osservare l’oggetto più da vicino. Un’occhiata fulminante dell’Arcimago lo fece desistere, rispedendolo mogio al suo posto. Katlin annuì, poi fece ruotare il polso destro e nella sua mano apparve la Sfera della Luce.
«Che state facendo?» chiese Caramon, perplesso.
«Paladine e Gilean ci dissero che i primi due oggetti ci avrebbero aiutati a trovare quello mancante.» spiegò Katlin.
«Come?» chiese Crysania, perplessa. I tre maghi si scambiarono un’occhiata.
«Ne abbiamo discusso.- continuò Katlin- Abbiamo studiato con attenzione soltanto il Bastone della Neutralità, in quanto era l’unico dei tre oggetti a nostra disposizione. Pare che l’incantesimo che ci permetterà di utilizzarlo…di utilizzarli, sia composto da tre parti. Una prima, relativamente semplice, è un incantesimo di accettazione.»
«Varrebbe a dire?» chiese Caramon, perplesso.
«L’oggetto giudica la nostra capacità di utilizzare il suo potere. Se non c’è reazione, significa che il mago non è in grado di usarlo.» rispose Dalamar, conciso. Katlin annuì.
«La seconda parte dell’incantesimo, atta a risvegliarne il vero potere, è molto complicata, per non parlare del fatto che la terza è un’invocazione mirata ancora da costruire, e abbiamo notato differenze sostanziali tra il Bastone e la Sfera della Luce. Ciò significa che il legame tra i tre oggetti risiede nella prima parte dell’incantesimo.»
«Fatemi capire.- intervenne Tanis, sporgendosi in avanti e corrugando la fronte- Attivando entrambi gli oggetti, si dovrebbe avere qualche reazione nella parte mancante?»
«E di conseguenza una traccia della sua presenza, sì.» ammise Katlin, annuendo. Guardò Raistlin, che era rimasto in silenzio.
«E’ l’unico modo che abbiamo di scoprire in che direzione muoverci.- mormorò l’arcimago- Come il Mezzelfo ha detto poco fa, non possiamo permetterci di aggirarci per l’Abanasinia a casaccio.»
«Sarà una cosa lunga?» chiese Crysania, preoccupata per ciò che alludeva la fretta che permeava le loro azioni.
«Molto breve, in verità.- disse Raistlin, poi piegò le labbra in un sorrisetto sarcastico- Se avete finito con le domande, potremmo passare ai fatti.»
Tanis fece un gesto d’invito, seccato dal tono, come se l’arcimago volesse far ricadere su di loro la colpa di aver perso tempo. Katlin e Raistlin si scambiarono un’occhiata, e per un istante sembrarono l’uno il riflesso dell’altro, poi Katlin poggiò una mano sul braccio ammantato di velluto scuro e sollevò la Sfera al livello del suo viso. Raistlin fece lo stesso col Bastone, tenendolo in equilibrio sulla mano, cosicché il Bastone restasse orizzontale.
Raistlin fu il primo ad iniziare. Scandì con voce bassa e melodica una serie di sillabe apparentemente prive di senso, e il Bastone vibrò nella sua mano. Si alzò nella stanza una sottile nota vibrante, un suono che un musicista avrebbe riconosciuto per la nota la. Raistlin tacque e fu la volta di Katlin. Con l’identico tono basso e mormorante, la giovane pronunciò l’incantesimo, che nessuno seppe classificare simile o differente da quello di poco prima.
La Sfera sul suo palmo si illuminò d’improvviso di luce intensa, la quale costrinse tutti a stringere le palpebre. Il bagliore divenne una pulsazione soffusa, una nota argentina echeggiò e la giovane maga tacque.
Un senso di attesa scese sui due maghi, i cui identici occhi dorati rimasero fissi sui due oggetti. D’improvviso, sia la Sfera che il Bastone si elevarono nell’aria, galleggiando a qualche centimetro dal palmo delle mani protese. Sia la Sfera che il Bastone presero a girare su se stessi a velocità sempre maggiore, seguiti con partecipazione da tutti. Il Bastone si fermò di colpo. La Sfera splendette, costringendo tutti a coprirsi gli occhi con le mani per non restare accecati.
Quando ritrovarono la vista, videro che Katlin e Raistlin sedevano tranquilli, senza che vi fosse traccia degli oggetti di potere.
«L’incantesimo è riuscito. Abbiamo una direzione da seguire.» asserì Katlin, con un sorriso duro come l’acciaio.
Tanis e Caramon si guardarono.
«Sarebbe a dire?» chiese il gigante.
«Nord-est, fratello mio.- sussurrò Raistlin, con un lampo indecifrabile nelle pupille a clessidra- Nord-est.»



Lasciarono Qualinesti quello stesso giorno, lasciandosi alle spalle Laurana e la terra degli elfi.
Cavalcarono attraverso i giorni afosi dell’estate, di tanto in tanto chiedendo conferma ai due pezzi dello Scettro sulla direzione da seguire. La risposta rimase costantemente nord-est e il gruppo iniziò a pensare che la Sfera delle Tenebre fosse nascosta in qualche luogo misterioso e lontano dall’occhio dell’uomo. Li preoccupava l’accenno di Silvara ai draghi del Male, ma non era cosa su cui avessero il potere di intervenire. Non ancora, perlomeno.
Furono attaccati con discreta frequenza durante il viaggio, ma i gruppi di draconici che incrociavano la loro strada si dimostravano sempre deboli e in numero insufficiente ad impegnarli per lungo tempo.
«Mi pare evidente che Takhisis non sta mettendo grande impegno nel fermare i nostri passi.- aveva infine osservato Raistlin, cinico- Mi chiedo cosa significhi questo.»
In realtà, l’Arcimago se ne era fatto un’idea più che precisa. Takhisis aveva piani su Katlin e sul modo di sfruttare il suo corpo. Come questo avrebbe influenzato gli eventi futuri, però, Raistlin non poteva indovinarlo.
Negli occhi di Katlin, ora identici ai suoi, aveva visto la consapevolezza di ciò che un tale futuro poteva significare per lei.
Quel pomeriggio cavalcava in retroguardia, il più possibile isolato dagli altri, sotto un cielo velato da una pesante cappa di calore. Le vesti nere lo soffocavano, ma lo proteggevano, e Raistlin non malediceva il caldo estivo quanto avrebbe fatto col gelo dell’inverno. I suoi occhi erano puntati su Katlin.
La giovane donna cavalcava tra Caramon e Dalamar, poco più avanti. Non aveva più avuto crisi da quella notte a Qualinesti, ma le forze la stavano lasciando come sangue da una ferita piccola ma profonda. Iniziava a stare curva in sella. Le mani che reggevano le redini erano poco più che ossa sottili ricoperte di pelle. Katlin non pronunciava parola, ma la volontà divina che le stava divorando l’anima la consumava come una candela.
Raistlin corrugò la fronte. Troppo di Katlin era rimasto celato. Raistlin sapeva che i segreti della donna gli avrebbero offerto la risposta ad ogni domanda, ma Katlin aveva la bocca cucita e la sua mente era impenetrabile, soprattutto ora che le cresceva dentro quel cancro che era il Male di Takhisis.
In quel mentre, Crysania si accostò a Katlin e le chiese qualcosa. La maga sorrise e le rispose, pacata. Raistlin corrugò la fronte. Non aveva più parlato con Crysania dalla notte in cui aveva violentato le sue aspettative. Per tacito accordo, entrambi avevano finto che l’avvenimento non fosse mai accaduto. Erano successe cose più importanti ed erano nel mezzo di un ricerca pericolosa. Raistlin, però, non faceva che rivivere nel sonno il momento in cui l’aveva stretta a sé, inalando il suo profumo, accarezzandole la pelle col proprio fiato rovente.
Si svegliava scosso e di pessimo umore, solo per vedere il suo volto innocente ancora addormentato, od osservarla mentre aiutava Katlin ad alzarsi con gesti misurati e graziosi. Si stava rivelando una tortura. La sua fermezza vacillava, i desideri che lo avevano spinto a tornare alla vita lo scuotevano con prepotenza.
“ Sai a cosa servono le seconde possibilità, Raistlin? A porre rimedio agli errori precedenti!”
Una parte di Raistlin credeva alla verità insita nelle parole di Katlin. L’altra, la disprezzava. Probabilmente aveva davvero paura di essere felice, perché un simile sentimento non l’avrebbe forse portato alla luce, mettendolo a nudo? Avrebbero sopportato di vedere il cuore nero che aveva in petto per ciò che era? L’avrebbe sopportato lui stesso?
«Shalafi…»
La voce di Dalamar lo riscosse dai suoi pensieri. Seccato, Raistlin scacciò quei pensieri fastidiosi dalla sua mente e volse lo sguardo sul suo apprendista, che aveva affiancato il proprio cavallo al suo.
«Shalafi, possiamo parlare?» chiese Dalamar, cupo.
«Di cosa, apprendista?» chiese Raistlin, socchiudendo appena gli occhi. Dalamar guardò di fronte a sé.
«Katlin.» rispose, secco.
«Oh.- mormorò Raistlin, sollevando appena un sopracciglio- Certo.» Avvicinò la sua cavalcatura a quella dell’elfo oscuro. «Dunque, apprendista: cosa ti turba nella mia giovane discepola?» chiese il mago, sarcastico.
«Molte cose, Shalafi.- rispose Dalamar, dopo un istante di riflessione- Chi è davvero Katlin? Cosa conosciamo di lei? Quasi nulla, questo è ciò che penso.»
Raistlin annuì, facendo un gesto perché l’elfo continuasse.
«Presumo che nei suoi segreti sia celato l’interesse degli dei nei suoi confronti, ed il perché Takhisis l’abbia scelta come corpo ospite.- proseguì Dalamar, sussurrando- Perché la caratterizza una così forte somiglianza con voi, Shalafi? Perché il suo potere è tanto forte? Soprattutto, quanto questi segreti possono nuocerci?»
Raistlin fissò il suo apprendista, che sostenne lo sguardo a fatica.
«Nient’altro, Dalamar?» chiese. Se anche l’elfo oscuro avesse intuito la provocazione del proprio maestro, scelse di ignorarla. Scrollò le spalle.
«Le domande sono mille, Shalafi.- ammise- Voi siete stato nella sua mente per alcuni mesi. Cos’avete letto nei suoi pensieri?»
Raistlin corrugò appena la fronte, ripensando ai mesi di apprendistato di Katlin. Appuntò lo sguardo sulla figura curva e sottile poco più avanti.
«La sua mente è un pozzo oscuro, Dalamar.- mormorò, rammentando il vuoto inerte contro cui aveva combattuto invano- I suoi ricordi del passato sono stati gettati in quel pozzo, che di certo lei stessa non visita spesso. Ho visto la presenza di una madre, e ricordi di un insignificante anno di vita. Ciò che Katlin è rimane celato.»
«Ma come è possibile che la sua mente vi sia stata preclusa?» disse Dalamar, stupito.
Raistlin sorrise appena, con grave cinismo.
«Odio e dolore fortificano la mente.- rispose Raistlin- Io e te lo sappiamo, apprendista, non è così? La sua anima è cresciuta nell’oscurità, e di essa si ammanta anche ora che vive nella luce. Mi raccontò di aver vissuto per lo più le vite mie e di Caramon, e a quei ricordi ho avuto accesso. Tra di essi, vi sono lunghe parentesi di buio. Sussurri privi di senso le aleggiavano nella mente durante il sonno e spesso qualcuno piangeva.»
«Un passato doloroso, quindi?» chiese Dalamar. Guardò Katlin e Raistlin non mancò di notare il lampo di partecipazione negli occhi obliqui dell’elfo, di norma estraneo a tali sentimenti.
«E’ ciò che credo.- disse l’arcimago, annuendo- Questo non risponde, però, né alle tue né alle mie domande, Dalamar. Perché gli Dei le abbiano offerto un dono che è una maledizione, o perché ora l’abbiano trascinata su Krynn verso la propria morte, esula da ciò che è in mio potere conoscere.»
«Verso la propria morte…- ripeté l’elfo, corrugando la fronte- Credete che Katlin morirà?»
«Lo ritengo probabile.- disse Raistlin, con freddezza- Ma non ora…non ancora. E’ utile a Takhisis che rimanga in vita ancora un po’.»
«Per quale motivo, Shalafi? Intende davvero sfruttare il Portale?» chiese Dalamar, a sua volta gelido.
«E’ questa la domanda di maggiore importanza, apprendista.- mormorò Raistlin, socchiudendo appena gli occhi dorati- E’ proprio questa.»
Dalamar strinse le labbra in una linea sottile. Non avrebbe dovuto…non avrebbe voluto provare tanta partecipazione per la sorte di quella Veste Bianca che era capitata di punto in bianco nella sua Torre, per riportare in vita il Maestro tanto odiato e tanto rispettato. Eppure, sentì qualcosa spezzarsi nel proprio petto al pensiero del suo imminente trapasso nel mondo dei morti. Già non sembrava altro che un uccellino dalle ossa sottili, tanto che un tocco troppo impetuoso avrebbe potuto spezzarla.
«Potremmo fare in tempo.- mormorò, non cosciente di stare parlando a voce alta- Potremmo scoprire ciò che ci occorre e battere la morte, nella forma della Dea, sul tempo.»
Raistlin non rispose, prendendo nota del fatto che Dalamar si stava legando alla giovane donna più di quanto avesse previsto. Non lo disilluse, per una volta. Forse perché anche nel suo animo qualcosa si dibatteva dal disgusto al pensiero di ciò che gli dei stavano facendo alla sua nuova discepola.
L’avevano eletta vittima sacrificale e Raistlin aveva una vasta esperienza in materia. Non era stata la sua anima, anni addietro, ad essere venduta per la vittoria di Paladine su Takhisis?



Il temporale li colse impreparati. Erano a due giorni di viaggio dalle Pianure quando il cielo si fece nero e i lampi iniziarono a squarciare l’aria. Non ebbero il tempo materiale di pensare a trovare un riparo adatto, perché la pioggia non attese: prese a scrosciare violentemente, inzuppandoli in pochi minuti.
Ora che Caramon e Tanis trovarono una zona riparata in cui costruire un rifugio di fortuna, erano tutti fradici fino alle ossa, e le loro orecchie piene del rimbombo dei tuoni si stavano facendo doloranti. Tanis e Caramon ce la misero tutta, aiutati anche da Tasslehoff e Dalamar, ma il riparo di fortuna risultò essere una piccola cupola di rami appoggiata ad una roccia, scossa dal vento e ben poco impermeabile. Era comunque il massimo che si potesse ottenere in un momento del genere, ed i compagni si stiparono all’interno, legando fuori i cavalli spaventati dalla tempesta.
«Dannazione, non ci voleva.» ringhiò Dalamar, contrariato, strizzandosi la veste zuppa.
«Avremmo dovuto prevederlo dall’afa soffocante di questo pomeriggio.- borbottò Tanis- Doveva pur sfogarsi in qualche modo.»
«E’ solo un temporale, passerà presto.» sentenziò Tasslehoff, prima di spiccare un balzo e di cacciare uno strillo quando un fulmine cadde poco distante.
Tanis corrugò la fronte e guardò gli altri occupanti del riparo improvvisato. Katlin stava tremando come una foglia. Era diventata così debole da non riuscire nemmeno a sopportare un po’ di acqua fredda, ma stringeva i denti e in quel momento stava aiutando Crysania ad accendere un fuoco. Il più preoccupante per condizioni di salute, in effetti, rimaneva Raistlin.
Il mago era sdraiato vicino alla parete di roccia, con Caramon inginocchiato al suo fianco. Respirava in rantoli, ed ogni tanto mandava qualche colpo di tosse sfiatato. Il suo viso era una maschera pallida.
«Come sta?» chiese il Mezzelfo.
«Male.- rispose Caramon, cupo- Ho paura che gli verrà la febbre e ha già tossito troppo.»
Tanis gli vide fra le mani un fazzoletto macchiato di sangue.
«E’ in grado di bere la medicina?» chiese Katlin, battendo i denti tanto che le sue parole risultarono quasi incomprensibili.
«Tu pensa ad asciugarti, o ti concerai come lui.- la rimproverò Caramon- Alla sua medicina ci penso io.»
«Lascia fare a me.» mormorò Crysania, prendendogli dalle mani le erbe mediche ed iniziando a preparare la strana mistura. La chierica lanciò un’occhiata a Katlin, ancora preda dei brividi. Le aveva impedito persino di fare una cosa innocente quale preparare la medicina del suo Maestro. Quali deformi sentimenti di gelosia le stavano crescendo nel cuore? Quasi avesse compreso il suo tormento, Katlin la guardò e sorrise.
«Guarirà prima se gliela preparerai tu.- disse tra le labbra tremanti, scherzosa- L’amore tende a manifestarsi nei modi più impensati.»
«Cosa?!- mormorò Crysania, arrossendo violentemente- Katlin, tu…»
Katlin si alzò in piedi e le mise una mano sulla spalla.
«Non ti arrendere. Le sue parole sono la sua armatura.» le disse, con sguardo deciso, poi si allontanò ed andò a sedersi più lontano, stringendosi le braccia al petto. Crysania rimase basita, comprendendo per la prima volta quanto Katlin sapesse del loro passato. Sentirlo dire non era come averne la prova tangibile e d’un tratto la vergogna verso la propria debolezza aumentò. Katlin non aveva alcuna intenzione di sottrarle Raistlin. Il rapporto tra loro era diverso…
La guardò di nuovo, mentre veniva raggiunta da Dalamar. L’elfo oscuro si sedette accanto a lei e dopo un istante di incertezza prese a strofinarle con forza le braccia, nella speranza di infonderle un po’ di calore. Crysania vide lo sguardo che intercorreva tra i due, e capì chi sarebbe stato a conquistare il cuore della donna di Yolta.
Crysania sorrise amara, scuotendo il capo di fronte alla propria cecità, poi andò da Raistlin. Caramon la aiutò a far sorbire la medicina all’arcimago e Crysania si accorse delle occhiate preoccupate e piene di contrarietà che il gigante stava lanciando a Dalamar.
«Troppa confidenza…» lo sentì borbottare, prima che Tanis lo richiamasse per aiutarlo a porre rimedio ad un cedimento strutturale del riparo.
Crysania guardò il volto sofferente di Raistlin, quasi traboccante dal dolore che quell'amore le provocava. Si scoprì sul punto di piangere e si morse con rabbia le labbra per impedirselo. Sfiorò appena il volto del mago.
Sobbalzò violentemente e tentò di ritrarsi quando Raistlin aprì gli occhi di scatto e le afferrò la mano, guardandola dritta in faccia. Crysania sentì di essere arrossita come una ragazzina e si arrabbiò con se stessa, ma Raistlin non disse nulla. Si limitò a guardarla intensamente e in quello sguardo Crysania lesse per un istante lo stesso tormento, le stesse domande che le straziavano l’anima. Poi, lui chiuse di nuovo gli occhi, senza lasciare la sua mano.
«Resta…vicina.» mormorarono le sue labbra.
Crysania ristette, stupita. Guardò Katlin, d’un tratto confusa, ma la giovane donna si era addormentata, raggomitolata a terra, e Dalamar la fissava, seduto al suo fianco. Nel sonno, aveva lo stesso viso del suo Maestro.
Crysania non si sottrasse alla stretta di Raistlin per tutto il resto della notte. La mattina successiva alla notte di tregenda, sia Raistlin che Katlin furono presi da una febbre violenta.
La compagnia non si mosse per quasi una settimana.



La prima a riprendersi da quell'intempestivo malanno fu Katlin. La ragazza sfebbrò in quattro giorni senza strascichi, ma la malattia la rese ancora più debole di quanto non fosse in precedenza. Nonostante ciò, era cosciente ed in grado di nutrirsi da sola, cosa che certo non si poteva dire di Raistlin. Crysania e Caramon si divisero al capezzale dell’uno e dell’altro, concentrandosi poi su Raistlin quando Katlin fu fuori pericolo.
L’arcimago restò pressocchè incosciente per tutta la settimana. Di norma, il suo sonno era tranquillo, ma ogni tanto veniva colto da strani deliri e nessuno riusciva a capire che cosa mormorasse tra sé. La sua anima combatteva guerre impossibili da ipotizzare, mentre il corpo lottava per riconquistare la salute. Grazie al cielo, Katlin non ebbe alcuna crisi di possessione durante il suo periodo d’incoscienza. Forse Takhisis sapeva che il corpo ospite non avrebbe retto alla sollecitazione.
Quella mattina il sole sorse su un cielo parzialmente coperto. Dalamar, già sveglio, sedeva discosto dal gruppo, vicino agli alberi. Era il suo turno di guardia e presto avrebbe svegliato tutti. Caramon era desto e vegliava suo fratello. Lui e la Dama, il cui rapporto con l’arcimago risultava sempre più palese, si alternavano al suo capezzale notte dopo notte. Quello era il settimo giorno di malattia per lo Shalafi, ma durante quella notte, a quanto ne sapeva, aveva avuto un sonno molto tranquillo.
Dalamar sospirò a mezza voce. I suoi occhi si appuntarono sulla figura raggomitolata di Katlin, che dormiva vicino a Tasslehoff. Un paio di giorni prima avevano avuto una discussione che aveva raffreddato leggermente i loro rapporti. Dalamar corrugò la fronte. Forse la questione era nata dal suo sempiterno sentimento d’inferiorità nei confronti dello Shalafi, ma riteneva anche di aver finalmente scoperto una sottile vena di ego e superbia in Katlin, tratto che l’accomunava ancora di più a Raistlin. Ciò che stava scoprendo di lei, e le parole che lo Shalafi aveva usato per descriverla, la rendevano sempre meno adatta, ai suoi occhi, alla Veste Bianca che indossava.
«Mi chiedo cosa veda durante il sonno.» aveva mormorato Dalamar quel giorno, soprappensiero, mentre offriva dell’acqua a Katlin. Erano rimasti in quattro al campo improvvisato, perché Caramon, Tanis e Tasslehoff erano andati a cacciare qualcosa per cena. Dama Crysania era accanto a Raistlin e gli inumidiva la fronte con una pezza bagnata.
Katlin aveva preso la ciotola e si era messa a bere a piccoli sorsi, le pupille a clessidra fisse sul suo Maestro. Dalamar aveva notato che ogni gesto o parola della donna era misurato. Iniziava a ritenere che la gran parte delle reazioni di Katlin non corrispondessero alla verità, ma ad un personaggio che si era costruita.
«Ne ho un’idea.» aveva infine sussurrato la giovane donna, cupa. Dalamar l’aveva guardata con più attenzione, osservando la sua eccessiva magrezza e le ombre scure attorno agli occhi. Katlin aveva sospirato. «L’Abisso lo segue.- aveva continuato, con voce gelida- Non tanto quello di Takhisis, quanto quello del proprio animo.» Non aveva aggiunto altro. Katlin era restia a parlare dell’animo di Raistlin quanto del proprio. Il legame che li univa, profondo ed elusivo, infastidiva profondamente l’elfo oscuro.
«E’ la maledizione che scegliamo di far nostra seguendo la Tenebra. Occorre farci l’abitudine.» aveva commentato Dalamar, riferendosi alle Vesti Nere, con voce in cui vibrava una nota di acrimonia che non era riuscito a trattenere. Katlin gli aveva lanciato un’occhiata in cui aveva brillato per un istante un lampo gelido, poi gli aveva rimesso in mano la ciotola vuota con malagrazia.
«Per alcuni, i mostri che si nascondono nelle tenebre sono più terrificanti che per altri, Dalamar. Credo che tu non ne sappia abbastanza per poter trarre conclusioni.» era stata la fredda risposta di Katlin, prima che la ragazza si stendesse e chiudesse gli occhi, mettendo fine alla conversazione. Dalamar si era risentito per il suo atteggiamento scostante, prima di comprendere che in qualche modo doveva averla offesa.
Probabilmente Katlin aveva percepito nelle sue parole la volontà di sottovalutare i tormenti dell’animo dello Shalafi e questo l’aveva contrariata. Dalamar si alzò dal suo posto, sentendo crescere in sé l’irritazione nel ripensare alla scena. Perché mai avrebbe dovuto concedere ad una donna di trattarlo con tale sprezzante condiscendenza? Cosa poteva sapere lei che non fosse conosciuto a lui, che aveva vissuto tre volte la sua giovane vita?
“Ma lei ha vissuto tre volte, nei suoi ventitré anni.” gli ricordò una vocetta malefica. Aveva conosciuto i tormenti di Raistlin, i dolori di Caramon…e di suo aveva un passato che lo Shalafi aveva ipotizzato oscuro, e un presente non certo felice. La guardò di nuovo, notando le linee di sofferenza che le tiravano la pelle del viso, e strinse le labbra.
Non riusciva a capacitarsi dell’attrazione fisica e mentale che quella giovane donna umana esercitava su di lui. Nondimeno, aveva il proprio orgoglio. Se Katlin desiderava riportare le cose tra loro ad un livello superiore alla semplice cordialità, avrebbe dovuto fare il primo passo.
Dalamar scosse la testa di fronte a quei pensieri puerili e si diresse verso Caramon. C’erano ben altre cose a cui pensare, in un momento come quello.
«Come sta?» chiese l’elfo oscuro, mettendosi a fianco del gigante buono. Caramon alzò gli occhi castani su di lui.
«E’ sfebbrato.- rispose, stanco ma soddisfatto- Può essere che riprenda conoscenza in giornata.»
«Ottimo.» mormorò il mago, annuendo. Più tempo perdevano in quel luogo, più si rendevano concrete le ipotesi terribili che l’intervento di Takhisis aveva messo loro davanti agli occhi.
Caramon osservò l’elfo allontanarsi per andare a svegliare Tanis, e corrugò la fronte. Per quanto non gli piacesse, doveva ammettere che l’elfo oscuro era un compagno di viaggio piuttosto valido. Se solo non avesse avuto certi pensieri per Katlin, forse gli sarebbe risultato perfino simpatico.
«Katlin non è Kitiara, e non dovrebbe nemmeno pensare a sfiorarla.» borbottò tra sé, contrariato. Guardò la figura addormentata della giovane maga e il suo viso si addolcì. Non sapeva perché si fosse affezionato a lei così in profondità. Provava un istinto di protezione naturale, quasi alla pari di ciò che aveva provato per Raistlin ai bei tempi, quando ancora le cose non avevano preso una brutta piega e la guerra li aveva costretti a diventare due uomini separati, invece che due entità complementari. Era un istinto nato quasi immediatamente, forse nell’istante in cui la giovane aveva aperto gli occhi su di lui e il suo pensiero era corso a Raistlin.
Eppure, Katlin era diversa da Raistlin. Per quanto dovesse ammettere la somiglianza fisica che li accomunava, fatto che non riusciva a spiegarsi, Katlin era molto diversa sia da lui che da Raistlin. Era una persona a sé stante, che si stava dimostrando molto più complicata e profonda che ad un primo acchito. Caramon le voleva bene come se avesse fatto parte della sua famiglia.
Corrugò la fronte. Ora Katlin stava rischiando la vita, come Caramon aveva temuto fin dal principio. Cosa poteva fare, lui, per impedirlo? Cosa poteva fare per far sì che il loro viaggio non fosse il preludio di una tragedia?
«Caramon…» sussurrò una voce spezzata, riportandolo immediatamente alla realtà.
«Ehi, Raist!- mormorò, sorridendo al gemello- Ben svegliato, fratello mio.»
Raistlin fece una smorfia.
«Acqua.» ordinò, perentorio, e Caramon gliela offrì, aiutandolo a bere.
«Si è svegliato?» chiese Tanis, alzandosi in piedi e stiracchiandosi.
«Sì, è sfebbrato.» rispose Caramon, più forte. Si rivolse di nuovo al gemello. «Come ti senti?» chiese.
«Secondo te?- fu il commento acido di Raistlin, prima che sospirasse- Quanto tempo sono rimasto incosciente?»
«Sei giorni. Questo è il settimo. Hai avuto una gran febbre, ma ormai sei fuori pericolo.» lo informò Caramon, senza dar peso al suo sarcasmo. Si alzò in piedi, facendo scricchiolare l’armatura.
«Una settimana persa…» sussurrò l’arcimago, contrariato.
«Che pretendevi?» commentò Caramon.
«Raistlin!- esclamò Tasslehoff, correndo al suo capezzale e inginocchiandoglisi accanto- Finalmente ti sei svegliato! Sai, iniziavo veramente ad annoiarmi a restare in questa radura. Non ci sono molte fonti di svago, se riesci a seguirmi. Nemmeno Katlin stava bene, così non ha potuto giocare con me. Stai bene ora, vero? Quando pensi che potremmo ripartire? E in che direzione? Sai che Dalamar…»
«Toglietemi di dosso questa zecca!» ringhiò Raistlin, girandosi su un fianco in modo da dare la schiena al povero Tas.
«Tas, non stargli troppo addosso.- lo richiamò una voce piuttosto flebile- A meno che tu non voglia restare qui ancora a lungo…»
«Non sia mai!- esclamò Tasslehoff, scattando in piedi e correndo via- Riprenditi con calma, Raistlin!»
Raistlin si fece cupo in volto.
«La voce di Katlin si è indebolita.» mormorò.
«Non solo la voce, purtroppo. Non che tu sia in condizioni migliori.» commentò Caramon. Raistlin si alzò faticosamente a sedere e il gemello lo aiutò ad appoggiare la schiena contro la parete di roccia. Il rifugio di rami aveva smesso di essere funzionale già da giorni, ormai. Raistlin scambiò un cenno del capo con Dalamar, poi guardo Katlin e Crysania, sedute poco distante. La chierica stava mettendo qualcosa sul fuoco per colazione. Katlin si stava passando le dita tra i capelli, cercando di pettinarli.
Crysania gli restituì lo sguardo fugacemente, Katlin invece sorrise. Il sorriso di uno spettro.
«Sei stata malata.» disse Raistlin, corrugando la fronte. La Veste Bianca era sempre più magra. La sua pelle si era fatta quasi trasparente.
«Non quanto te.» fu la sua laconica risposta. Non aggiunse altro e Raistlin sollevò appena un sopracciglio. Di norma, Katlin era molto più loquace, soprattutto quando vedeva all’orizzonte la possibilità di fargli saltare i nervi.
«Parla il meno possibile.- gli spiegò Caramon, piano, quasi avesse letto i suoi pensieri- Credo che mantenere il controllo le stia diventando sempre più complicato.»
Raistlin annuì, cupo.
«Tieni, Raistlin.- mormorò Crysania, avvicinandogli una ciotola con i resti della zuppa della sera prima e una manciata di frutti rossi- Devi mangiare.»
Raistlin storse la bocca, ma accettò il cibo dalle sue mani. Nel momento in cui le loro dita si sfiorarono, una scarica di elettricità passò tra i due, che si guardarono con una certa sorpresa. Raistlin si ritirò bruscamente e iniziò a mangiare in silenzio, a piccoli bocconi. Crysania lo guardò ancora per un momento, prima di alzarsi con un sospiro e tornare accanto a Katlin.
«Ti ha accudito insieme a me.» disse Caramon, interrompendo il flusso di pensieri irosi del gemello.
«E con questo?»  ringhiò Raistlin, seccato.
«Le hai chiesto tu di farlo. Non te lo ricordi?- sospirò Caramon, scuotendo la testa di fronte all’espressione marmorea di Raistlin- Insomma, non potresti trattarla con un po’ di gentilezza? Non hai imparato proprio niente?»
“Sai a cosa servono le seconde possibilità, Raistlin?” ripeté beffarda la voce di Katlin nella sua testa. Raistlin fece una smorfia, con una risposta caustica sulla punta della lingua, poi si fece cupo e tacque.
«Proprio perché ho imparato qualcosa, fratello mio, per quanto possibile mi farò odiare da lei.» mormorò infine. Caramon lo guardò. Raistlin si rese conto di quanto anche il gemello fosse cambiato, avesse imparato dal passato. Un tempo avrebbe iniziato a piagnucolare: ‘Non capisco, Raist!’ e si sarebbe lanciato in una filippica priva di senso. Ora, invece, rifletteva in silenzio sulle sue parole.
«Da una parte, ti do ragione.- disse infine, lentamente- Ma credo ancora che non sia la soluzione giusta.»
«Ma cosa vuoi capirne, tu?!» ribadì Raistlin, stizzito, chiudendo la questione. Caramon si strinse nelle spalle, senza prendersela per il tono.
«Se permetti, sull’amore ne so molto più di te.» disse. Raistlin gli lanciò un’occhiata di odio venefico e non rispose. Caramon capì l’antifona e lasciò cadere l’argomento, dirigendosi verso Tanis.
Raistlin poté così rilassarsi e finire di mangiare in silenzio. Quei pensieri non facevano altro che confonderlo e fargli perdere di vista i propri obiettivi. Già…ma quali erano i suoi obiettivi?
Raistlin riabbassò il frutto che aveva tra le dita senza nemmeno assaggiarlo. Per quale motivo era tornato in vita? Certo non per distruggere il Portale, non gliene poteva importare di meno. Certo non per salvare la vita di Katlin, che anzi era stata lo strumento con cui risvegliarsi dalla morte. Allora perché? Perché?
«Perché volevo…rimediare ad alcune cose. Volevo vivere.» mormorò tra sé.
E invece, che stava facendo? Aveva allontanato da sé qualsiasi tentazione e si era concentrato sullo scopo di portare a termine quella missione, che si stava rivelando un sacrificio umano. Nulla era cambiato. Stava davvero vivendo, o stava forse recitando la sua parte, in un’imitazione della sua vecchia vita?
Era paura quella che nascondeva sotto il proprio sferzante sarcasmo? Paura di tentare, di avventurarsi in territori non suoi, ove il sole splendeva troppo forte per i suoi occhi maledetti?
Guardò Crysania e per la prima volta si chiese se stesse davvero proteggendo lei, o non forse se stesso.



Più tardi, quella stessa mattina, sul campo regnava un silenzio pressocchè tombale.
Caramon e Tanis erano andati a cacciare qualcosa per pranzo, in quanto avevano finito le scorte e non si sarebbero mossi da lì prima del mattino dopo. Dalamar e Crysania riposavano, riprendendosi dai turni fatti durante la notte. Anche Raistlin dormiva, un sonno tranquillo che certo gli avrebbe restituito abbastanza forza da permettergli di cavalcare.
Gli unici due personaggi ben svegli e vigili al campo erano Tasslehoff e Katlin, i quali erano impegnati in un gioco di carte piuttosto complicato. Dove il kender avesse pescato quel mazzo di carte nessuno lo sapeva, ma Tanis aveva storto la bocca quando si era accorto dello stile aggraziato che caratterizzava le figure sulle carte.
Tas si era preso un souvenir da Qualinesti, senza alcun dubbio.
«Ho chiuso.» annunciò Katlin, con voce flebile.
«Cosa?! Maledizione…- borbottò Tas, che faticava a seguire tutte quelle regole astruse- Quanto siamo, tre a uno?»
Katlin annuì, sorridendo. Tas era riuscito a vincere una partita grazie alla sua sveltezza di mano…in poche parole, aveva barato. Secondo Katlin, era perfettamente inutile farglielo notare, in quanto il kender l’aveva fatto inconsapevolmente…come inconsapevolmente riempiva le sue borse degli oggetti più disparati. La giovane maga si stiracchiò, sentendo scricchiolare tutte le ossa, quindi si alzò in piedi lentamente.
«Dove vai, Kat?- chiese Tasslehoff- Tanis ha detto che non è prudente allontanarsi mentre lui e Caramon sono via. Potrebbero esserci in giro draconici o che so io.»
«Ho bisogno di sgranchirmi le gambe.- disse Katlin, annoiata- Non mi allontanerò di molto.»
«Allora vengo con te. Ti dispiace?- chiese Tas, alzandosi a sua volta da terra- Non è prudente che tu vada da sola.»
Katlin scrollò le spalle e sorrise.
«Chi svegliamo? Non possiamo mica lasciarli dormire.» chiese Tasslehoff, allegro alla prospettiva di fare due passi. A causa della malattia di Raistlin il loro viaggio era caduto in una sorta di impasse e il kender iniziava a sentirsi prudere i piedi ogni volta che si svegliava la mattina.
«Non sveglieremo nessuno. Mi fermerebbero e non mi va di discutere.- replicò Katlin, storcendo la bocca in una smorfia di autocommiserazione- Vieni qui, Tas.»
Tasslehoff la raggiunse, perplesso, e Katlin salmodiò qualcosa tra le labbra.
«Cos’hai fatto, Kat?» chiese il kender, vedendola voltarsi e iniziare a camminare senza che vi fossero stati segni evidenti del suo incantesimo, tipo qualche esplosione.
«Ho piazzato una trappola magica. Farà un gran chiasso, nel caso qualcuno la oltrepassi, così gli altri avranno tempo di svegliarsi.» spiegò Katlin, senza voltarsi. Tas la raggiunse, sorridente.
«Ottima idea! In effetti penso che avrebbero da ridire se ci vedessero andare in giro per i fatti nostri.» disse. D’altronde, Tanis glielo aveva proibito almeno cinque volte al giorno, da quando si trovavano lì! Sospettava che l’origine del divieto per Katlin fosse più seria, ma dopotutto lui l’avrebbe protetta. Gli sovvenne un pensiero. «E se Caramon e Tanis tornano al campo prima di noi?» chiese. Katlin storse la bocca in un ghigno non proprio benefico.
«In quel caso, sapremo che è ora di tornare indietro per prenderci la nostra lavata di capo, Tas.» mormorò. Tasslehoff scoppiò a ridere, poi prese a raccontare a Katlin qualcuna delle sue interessantissime storie.
Katlin continuò a dar retta a Tas con una parte della mente e diede anche le risposte giuste al momento giusto, ma in verità i suoi pensieri vagavano da qualche altra parte, barcollanti e incerti come il suo passo.
Katlin si sentiva prosciugare. Di giorno in giorno, sentiva il proprio spirito scivolare via, colare come sangue da una ferita aperta, una ferita che Takhisis le aveva inferto prendendo possesso del suo corpo. Già, il suo corpo…o ciò che ne rimaneva.
Katlin sapeva che gli altri erano impressionati da quanto fosse deperita, ma lei non aveva di questi pensieri. Il suo corpo avrebbe resistito ancora a lungo. Aveva già sopportato tutto questo,  in quella che ora sembrava un’altra vita, ed era giovane. Avrebbe resistito abbastanza da dare alla dea ciò che desiderava. Era per la sua anima che Katlin temeva. Oh, ancora per qualche tempo Takhisis non avrebbe tentato altre sortite. Mirava in alto, e avrebbe sferrato il colpo decisivo al momento opportuno. Ma questo si avvicinava.
Si avvicinava.
Sapeva che gli altri stavano facendo congetture su congetture. Sentiva negli occhi duri e gelidi di Raistlin la volontà di scavare dentro di lei per trovare le risposte. Sentiva il disagio che iniziava a permeare Dalamar di fronte ai tanti enigmi. Eppure, lei non possedeva neppure metà delle risposte. Ma non potevano saperlo. Non potevano, perché lei aveva chiuso a chiave il suo cuore, molto tempo addietro.
“Questa è la mia vita felice.- pensò, ridendo di se stessa- Un viaggio verso la morte dell’anima…che non è una vera morte, ma un limbo eterno.”
Rabbrividì nonostante la giornata calda e Tas le scoccò un’occhiata preoccupata, smettendo momentaneamente di parlare.
«Ehi, Kat…tutto bene?» chiese, con voce incerta. Non era più tanto sicuro che quella passeggiata fosse una buona idea. Katlin era bianca come un morto. La giovane sorrise.
«Tutto bene, Tas. Ma mi è venuta sete.- mentì Katlin, non desiderando turbare il kender- Dove hai detto che era il torrente?»
Tas la condusse attraverso gli alberi, tranquillizzato. Katlin lo guardò con affetto. Adorava la spensieratezza del kender. Era la sua unica panacea in quei giorni così oscuri e non voleva che Tas fosse del tutto consapevole del suo tormento.
Fu in quel momento, mentre Tas annunciava che erano quasi arrivati, che una palla di stracci andò a finire a testa bassa contro il kender, spedendolo per terra.
«Ehi, ma che…» sbottò Tasslehoff, mentre anche il fagotto di stracci crollava a terra.
«Tu che fa in mezzo…» ringhiò questa, poi due occhietti luccicarono tra strati di sudiciume e si appuntarono sul viso della stupefatta Katlin. Il fagotto mandò un grido di gioia e si catapultò addosso a Katlin, aggrappandosi alla sua gamba e minando il suo già precario equilibrio.
«Ehi! Ma questo è un nano di fosso!» esclamò Tasslehoff, sconcertato, mentre il suddetto nano abbracciava la gamba di Katlin con passione. Già…l’odore e l’aspetto erano proprio inconfondibili. «Ehi, la vuoi mollare?» aggiunse, notando che Katlin era impossibilitata ad alzarsi finché quel nano di fosso non l’avesse lasciata andare.
«Io te trovato!- gioì il nano di fosso, e qualcosa nella sua voce bloccò entrambi- Me cercato a lungo, ma ora te trovato!»
«Ma chi…» mormorò Katlin.
«Bupu!» esclamò Tasslehoff. La nana di fosso si voltò appena verso di lui.
«Tu essere kender lingua lunga.» borbottò, riconoscendolo.
«Bupu, ma che ci fai qui?!» chiese Tasslehoff, stupito. La nana di fosso sorrise, mettendo in mostra i denti che le erano rimasti.
«Me trovato mio uomo carino e gentile!» esultò, indicando Katlin. Lei e Tas si scambiarono un’occhiata, mentre Bupu guardava meglio chi aveva catturato e restava a bocca aperta. Lasciò la gamba della giovane maga e si avvicinò.
«Tu donna.» la accusò, indicandole il seno con un dito sporco.
«Direi di sì, piccola Bupu.» ammise Katlin, che all’improvviso sentì di stare per mettersi a ridere.
«Tu ha suoi occhi.- borbottò la nana, arrabbiata e confusa- Tu rubato?»
Katlin scosse il capo, faticando a non lasciarsi andare ad una risata, e Tas si batté il pugno sul palmo.
«Ho capito, cercavi Raistlin!» indovinò.
«Raistlin è qui vicino, piccola Bupu.- disse Katlin, alzandosi lentamente e posando una mano sul capo della nana di fosso per rassicurarla- Io sono sua amica e conosci già Tasslehoff. Ora, vuoi dirci perché lo stavi cercando?»
Bupu la guardò con sospetto, poi, forse ammorbidita dal fatto che quella donna somigliava molto al suo uomo gentile, scrollò le spalle.
«Me pensato che se lui sconfigge drago una volta, lui sconfigge anche due.» disse, discorsiva. Katlin rimase interdetta e Tas fece tanto d’occhi.
«Drago?» chiese il kender.
«Nero.» asserì Bupu, senza incertezze. Katlin divenne cupa.
«Dove, Bupu?- chiese- Dov’è questo drago?»
«A Xak Tsaroth.» li informò Bupu, facendoli impallidire.
Fu in quell'istante che la trappola di Katlin scattò, riempiendo al foresta di un fortissimo baccano.

   
 
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