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Autore: Lord Revan    02/11/2010    2 recensioni
Ezio Auditore ripensa alla propria vita come Assassino.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ezio Auditore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I tormenti dell'Assassino Sto correndo su un tetto, due guardie mi inseguono. Idioti, pensano di riuscire a prendermi, magari pregustano già elogi e favori da parte dei loro diretti superiori. Non sanno di essere già morti.

I pugnali da lancio vanno a conficcarsi nelle loro gole bianche, l'inseguimento finisce.

Sta piovendo. E' curioso che me ne accorga solo ora, visto che sono almeno dieci minuti che fuggo. Nessuno mi segue più, quindi credo di potermi riposare. Mi arrampico su per il Campanile di Giotto fino a che non trovo una finestra aperta.
Finalmente posso fermarmi e togliermi il cappuccio. La veste da Assassino è zuppa, così la sfilo. Aspetterò che smetta di piovere, poi ripartirò. Devo tornare a Monteriggioni ed aggiornare lo Zio.

Il rumore della pioggia sui vetri mi rilassa, mi dà pace. Riesco a pensare... mi chiedo come tutto sia iniziato... certo, la morte di mio padre e dei miei fratelli, il tradimento dell'Alberti, di sicuro non l'ho scordato. Ma mi chiedo... quand'è che ho perso la mia umanità?
Da quel giorno ho ucciso almeno centocinquanta fra personaggi politici, guardie, messaggeri dei Templari. Centocinquanta, a star bassi. Un numero impressionante, che farebbe rabbrividire chiunque. Ma non me.

La mia prima vittima fu una guardia, una guardia di Firenze che era entrata in casa mia per uccidermi, assieme ad un compagno. Duellai con lui, e alla fine lo infilzai con la lama che mio padre mi aveva lasciato. Subito dopo toccò all'altro. Ricordo che rimasi scioccato ma ricacciai indietro quella sensazione, avevo un compito da svolgere, anche se ero destinato al fallimento.

Come sono arrivato a ciò che sono oggi? Ho appena ucciso un Templare, sì, ma anche un padre di famiglia. Vidi la sua bambina - avrà avuto quattro, massimo cinque anni - in piedi sulla soglia della porta mentre io e la mia lama prendevamo la vita di suo padre. Non ho provato rimorso.

Cosa proverà lei? Ora forse nulla, probabilmente è disperata. Ma quando crescerà? Il desiderio di vendetta la consumerà come ha consumato me? Quanti "me" ho creato? Quanti ne creerò?

E' per una buona causa, è vero. Ogni bersaglio assassinato previene la morte di chissà quante altre persone. Ma qual è il prezzo? Come faccio a togliere la vita alle persone, per spietate ed abbiette che siano, e poi giustificare il tutto con le parole "è per una giusta causa"? Chi sono io, per dare loro la morte?

Le mie mani sono macchiate del sangue di troppa gente, la mia strada è lastricata di troppi cadaveri, troppi sono i fantasmi che osservano ogni mio movimento anelando un errore, che possa portare alla mia dipartita. Eppure io continuo a vivere come vivo. Una volta ero solo uno scavezzacollo il cui unico pensiero era il sesso. Ora tutto è secondario. Uccidere è la mia vita, io sono un Assassino.

Ogni tanto mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se non fosse stata così. Probabilmente sarei diventato un ricco banchiere, pieno di donne dedito a feste e divertimenti. Posso affermare con certezza di non provare neanche un po' di nostalgia per quella vita. Perchè non è la mia.

Io sono un condannato. Un condannato maledetto che non può fare altro che affondare sempre di più nella propria dannazione, consumando la propria anima nel tentativo di rendere questo mondo migliore. Uccidere per difendere la vita... che pensiero bislacco.

Ha smesso di piovere. E' ora di rivestire i panni dell'Assassino e andare.
  
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